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« ContinuaXXVII Domenica del Tempo... »

XXVI Domenica del Tempo Ordinario anno A

Post n°175 pubblicato il 03 Ottobre 2017 da IMMAGINIRCFO
 

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 21,28-32

«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L’ultimo». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. E’ venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.

Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta
Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta
Volume 6 - Capitolo 407 - Pagina 319 (29 marzo 1946)

Gesù vi arriva in una fresca aurora. E sono belle queste fertili campagne del buon Nicodemo in queste prime luci del sole. Belle nonostante che molti campi siano già segati e mo­strino l’aspetto stanco dei campi dopo la morte dei grani che, a biche d’oro, oppure ancor stesi come salme al suolo, aspettano di essere portati sulle aie. E con loro muoiono i fiordalisi stel­lari e zaffirei, le violacee bocche di leone, le corolle minute del­le scabiose, il labile calice delle campanelle, le ridenti raggiere delle camomille e margheritoni, i violenti papaveri e i cento al­tri fiori che, a stelle, a pannocchie, a grappoli, a raggiere, ride­vano prima là dove ora è giallore di stoppie.

Ma, a consolare il duolo della terra spogliata dei grani, stanno le fronde degli al­beri da frutto, sempre più festose per i frutti che crescono e si spennellano di sfumature e che, in quest’ora, brillano di uno spolvero diamantifero per le rugiade non ancora arse dal sole.

I contadini sono già al lavoro. Lieti di essere prossimi alla fine del penoso lavoro della mietitura. E cantano falciando, e ridono allegri, incitandosi a chi è più svelto e chi è più esperto nel menare la falce o stringere i covoni… Schiere e schiere di contadini ben pasciuti, che sono lieti di lavorare per il padrone buono. E, ai margini dei campi, o dietro ai legatori, dei bimbi, delle vedove, dei vecchi, che attendono di spigolare e che at­tendono senza ansia, perché sanno che ce ne sarà per tutti, co­me sempre, «per ordine di Nicodemo», come spiega una vedo­va a Gesù che l’interroga.

«Egli sorveglia», dice, «perché di proposito siano lasciati steli e steli fuor dei covoni, per noi. E non contento ancora di tanta carità, dopo aver preso il giusto frutto in proporzione al seme, distribuisce il resto a noi. Oh! non aspetta già a far questo nell’anno sabatico! Ma sempre lo fa di beneficare il povero con le sue biade, e così fa con le ulive e coi vigneti. Per questo Dio lo benedice con raccolti di miracolo.

Le benedizioni dei poveri sono come rugiade sui semi e sui fiori, e fanno che ogni seme dia più spighe e non un fiore cada senza allegare a frutto. Quest’anno, poi, ci ha fatto sapere che tutto è nostro, perché anno di grazia. Di che grazia parli non so. Se non è perché si dice fra noi poveretti e fra i suoi servi felici che egli è, in segre­to, discepolo di Quello che si dice il Cristo, il quale predica l’amore ai poveri per mostrare amore a Dio… Forse Tu lo co­nosci, se sei amico di Nicodemo… Perché gli amici di solito hanno gli stessi affetti… Giuseppe d’Arimatea, ad esempio, è grande amico di Nicodemo, e anche di lui si dice che sia amico del Rabbi… Oh! che ho detto! Dio mi perdoni! Ho nuociuto ai due buoni della pianura!…». La donna è costernata.

Gesù sorride e chiede: «Perché, donna?».

«Perché… Oh! dimmi, sei Tu vero amico di Nicodemo e di Giuseppe, o sei uno del Sinedrio, uno dei falsi amici che nuo­cerebbero ai due buoni se avessero certezza che sono amici del Galileo?».

«Rassicurati. Sono vero amico dei due buoni. Ma tu sai molte cose, o donna! Come le sai?».

«Oh! tutti le sappiamo! In alto, con odio. In basso, con amore. Perché, anche se non Lo conosciamo, noi amiamo il Cri­sto, noi derelitti che Egli solo ama e che insegna ad amare. E tremiamo per Lui… Così perfidi i giudei, farisei, scribi e sacer­doti!… Ma io ti do scandalo… Perdona. È lingua di donna e non sa tacere… Ma è perché tutto il dolore ci viene da essi, i potenti che ci opprimono senza pietà e che ci obbligano a di­giuni non prescritti dalla Legge, ma imposti dalla necessità di trovare denari a pagare tutte le decime che essi, i ricchi, hanno messo sui poveri… Ed è perché tutta la speranza è nel regno di questo Rabbi che, se tanto è buono ora che è perseguitato, che sarà mai quando potrà essere re?».

«Il suo Regno non è di questo mondo, o donna. Egli non avrà né regge né armati. Non imporrà leggi umane. Non elar­girà denari. Ma insegnerà ai migliori a fare ciò. E i poveri tro­veranno non due o dieci, o cento amici fra i ricchi, ma tutti co­loro che credono nel Maestro uniranno i loro beni per aiutare i fratelli senza beni. Perché d’ora in poi non più sarà detto “pros­simo” il proprio simile, ma ”fratello”, in nome del Signore».

«Oh!…». La donna è stupita, sognante quest’era di amore. Carezza i suoi bambini, sorride, poi alza il capo e dice: «Allora mi assicuri che non ho nuociuto a Nicodemo… parlando con Te? Mi è venuto così spontaneo… I tuoi occhi sono così dolci!… Così sereno il tuo aspetto!… Non so… Mi sento sicura come fossi presso un Angelo di Dio… Ho parlato per questo…».

«Non hai nuociuto. Sta’ certa. Anzi hai dato al mio amico una grande lode, per cui Io lo elogierò, e più caro che mai mi sarà… Sei di questi luoghi?».

«Oh! no, Signore. Son di fra Lida e Bettegon. Ma quando c’è da aver sollievo si corre, Signore, anche se lunga è la via! Più lunghi sono i mesi d’inverno e di fame…».

 
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SEQUENZA

[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.
-Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.
-Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
-Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.
-Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.
-Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.
-È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.
-Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
-Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.
-Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.
-È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.
-Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
-È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.
-Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
-Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
-Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
-Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
-Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!
-Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.
-È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]
-Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.
-Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.
-Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
-Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

 
 

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