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SENTENZA N. 2904/06 CASSAZIONE SEZIONE LAVORO

Post n°6 pubblicato il 17 Luglio 2006 da comitaticdaitalia
 

Praticanti? No, grazie. Quando finisce il tirocinio e fino all’ esame ”
dipendenti.”
3/12/2006 Archiviato in: Generali SENTENZE
(Sezione lavoro, sentenza n.2904/06; depositata il 10 febbraio

Con una pronuncia a dir poco rivoluzionaria, e foriera di molteplici
ricadute, la Cassazione restituisce dignità al lavoro svolto dai praticanti:
da porta caffè, compra marche da bollo, topi di
biblioteca, …… a lavoratori subordinati.

Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 10 novembre 2005 – 10 febbraio 2006,
n. 2904

Svolgimento del processo

Con ricorso del 15 marzo 1993 al Pretore di Latina, L.M., consulente del
lavoro, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo 193/93 con quale le era
stato intimato il pagamento in favore di P.C. della somma di lire 19.023.000
a titolo di differenze retributive e Tfr in relazione ad un rapporto di
lavoro subordinato asseritamene intercorso dal 15.1.1985 al 30.11.1992.
Deduceva l’opponente che la C. aveva frequentato il suo studio professionale
come praticante, senza alcun vincolo di subordinazione, dal 1985 al
23.10.1991, data della stipula di un contratto di formazione e lavoro;
osservava che la C. si era dimessa senza preavviso il 30.11.1992, per cui
dalla somma pretesa andava detratta l’indennità di mancato preavviso;
proponeva domanda riconvenzionale di risarcimento per i danni che la C. le
aveva provocato svolgendo in modo non diligente le proprie mansioni.
Costituitosi il contraddittorio ed espletata l’istruzione, il Pretore, con
sentenza 1270/95, rigettava l’opposizione e la domanda riconvenzionale.
Entrambe le parti proponevano appello.
Il Tribunale di Latina, disposta una consulenza tecnico contabile, con
sentenza non definitiva 48/2001, revocava il decreto ingiuntivo e condannava
la M. al pagamento in favore della C. della complessiva somma di lire
4.275.398 oltre accessori, per differenze retributive; con sentenza
definitiva 72/2002 condannava la M. al pagamento in favore della C. a titolo
di Tfr della somma complessiva di euro 2.574,81 oltre accessori.Per quanto
qui ancora interessa, in ordine alla durata dei rapporto di lavoro
subordinato il Tribunale, sulla scorta delle testimonianze raccolte,
osservava che la C. aveva sostenuto con esito positivo l’esame di Stato per
l’abilitazione all’esercizio della professione di consulente del lavoro
nella sessione 1987/88 e che la M. era venuta a conoscenza di tale
circostanza solo nei marzo 1988; da tale data, e fino alla stipula dei
contratto di formazione e lavoro, secondo il giudice del gravame era dunque
intercorso tra le parti un rapporto dì lavoro subordinato, poiché la C.
svolgeva nello studio compiti ben precisi sotto la direzione ed il controllo
della M., era tenuta all’osservanza di un orario di lavoro, era retribuita
mensilmente con stipendio fisso, ed era in definitiva stabilmente inserita
nell’organizzazione dello studio professionale.
Quanto alle differenze retributive dovute dalla M., il Tribunale, assumendo
che nel ricorso introduttivo la lavoratrice non aveva presentato un
conteggio dettagliato e analitico, limitandosi ad una mera elencazione delle
somme pretese, riteneva di poter liquidare alla C. solo le somme
riconosciute dalla M. (lire 1.206.475 per due mesi di retribuzione; lire
1.105.940 per ratei 13^ mensilità; lire 278.000 per ratei ferie). Quanto al
Tfr, il Tribunale, sulla scorta della disposta CTU, e tenuto conto della
durata del rapporto di lavoro dall’aprile 1988 al novembre 1992, nonché
dell’inquadramento nel quinto livello retributivo del CCNL dipendenti studi
professionali (riconosciuto dal datore di lavoro ed in mancanza di una
domanda di inquadramento superiore), liquidava alla lavoratrice la somma di
euro 2.574,81.Per la cassazione di tali sentenze P.C. ha proposto ricorso
sostenuto da tre motivi. L.M. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, lamentando genericamente violazione di legge e vizi di
motivazione, la ricorrente si duole che il Tribunale, con motivazione dei
tutto illogica e contraddittoria, abbia fatto decorrere il rapporto di
lavoro subordinato dall’aprile 1988, anziché dalla fine del praticantato,
ultimato in data 29.3.1987, pur avendo dato atto di tale circostanza.
Con il secondo motivo la ricorrente si duole dei fatto che il Tribunale le
ha riconosciuto l’inquadramento nel quinto livello del CCNL dipendenti studi
professionali (fattorini e uscieri), mentre l’esponente aveva svolto sempre
le superiori mansioni proprie del terzo livello. Lamenta che il Tribunale ha
determinato l’inquadramento senza tener conto delle mansioni effettivamente
svolte dalla ricorrente e senza confrontare tali mansioni con quelle
precisate nelle declaratorie contrattuali.
Con il terzo motivo la ricorrente censura in primo luogo la sentenza
impugnata per aver affermato che i conteggi allegati al ricorso introduttivo
non erano utilizzabili perché del tutto generici. Sostiene la ricorrente che
avendo indicato le mansioni svolte ed il contratto collettivo applicabile il
Tribunale poteva superare ogni dubbio disponendo una CTU.
Con un secondo profilo di censura contesta, infine, la liquidazione dei TFR,
perché determinata sulla base di un periodo di lavoro inferiore a quello
effettivo e sulla base di un errato inquadramento.
Il primo motivo del ricorso, relativo alla data di decorrenza dei rapporto
di lavoro subordinato, è fondato. Sul punto specifico la motivazione della
sentenza impugnata si presenta, infatti, contraddittoria ed
insufficiente.Sostiene il Tribunale che il rapporto di lavoro subordinato
abbia avuto inizio dal marzo 1988, cioè da quando la M. venne a conoscenza
del positivo superamento dell’esame di abilitazione professionale da parte
della C., mentre l’attività prestata dalla C. nello studio della M. prima
dei conseguimento dell’abilitazione rientrava nell’addestramento
professionale indispensabile per sostenere il relativo esame. Il giudice dei
gravame, inoltre, riporta il contenuto delle deposizioni testimoniali dalle
quali ha tratto la prova delle mansioni svolte dalla C. nel corso della sua
collaborazione presso lo studio professionale e conclude che dal momento in
cui la M. venne resa edotta del conseguimento dell’abilitazione
professionale l’attività della C. non fu più impiegata quale necessario
strumento perchè la stessa potesse acquisire le nozioni necessarie per
conseguire il titolo professionale, ma divenne un elemento interno al
sinallagma contrattuale mutando la causa dei contratto nel mero scambio tra
prestazione e retribuzione”.
Il Tribunale, però, non ha tenuto conto del fatto che la C. aveva cessato la
pratica professionale in data 30.10.1987, come da certificato dal Consiglio
Provinciale Albo Consulenti dei Lavoro del 3.4.1987, allegato al ricorso per
decreto ingiuntivo, per cui l’attività prestata dall’attuale ricorrente
nello studio professionale dal novembre 1987 al marzo 1988 con identiche
modalità - circostanza questa che non risulta contestata da controparte -
non era più sorretta dalla causa dell’apprendimento professionale. In
presenza di tale certificazione del Consiglio dell’ordine, che attesta la
data dì compimento del periodo di pratica professionale, non è sufficiente
affermare che il praticantato può svolgersi anche per un tempo superiore a
due anni. Sta di fatto che nel caso dì specie il praticantato è stato
completato alla data indicata dal Consiglio dell’Ordine. Il giudice del
gravame non ha spiegato perchè non ha ritenuto di tener conto di tale
circostanza di fatto, risultante dalla documentazione versata in atti dalla
C., né ha chiarito i motivi per i quali le prestazioni rese dopo il
compimento dei praticantato e fino al marzo 1988 non configurassero esse
stesse un rapporto di lavoro subordinato.Sono dunque fondate le doglianze
espresse dalla ricorrente con il primo motivo di ricorso, che va dunque
accolto.L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del terzo,
nella parte in cui la ricorrente lamenta che la liquidazione del TFR è stata
effettuata sulla base dì un periodo di lavoro inferiore a quello
effettivamente prestato.
Sono invece infondati il secondo motivo ed il terzo motivo, quest’ultimo
nella parte in cui la ricorrente lamenta la mancato utilizzazione dei
conteggi contenuti nel ricorso per decreto ingiuntivo.
Per quanto concerne l’inquadramento nel quinto livello del CCNL dipendenti
studi professionali, oggetto dei secondo motivo, va rilevato che il
Tribunale ha correttamente osservato che la C. nell’atto introduttivo non
aveva rivendicato un livello superiore, neppure per l’esercizio di fatto di
mansioni superiori ex articolo 2103 Cc, né tale richiesta era stata avanzata
successivamente, per cui alla lavoratrice andava attribuito il livello
riconosciutole dalla datrice di lavoro, La ricorrente in modo del tutto
infondato addebita in ricorso al Tribunale il mancato accertamento d’ufficio
delle mansioni in concreto svolte dalla lavoratrice e del suo corretto
inquadramento, dimenticando che anche nel rito del lavoro l’attività dei
giudice è vincolata dalle domande delle parti.
Per quanto concerne poi la mancata utilizzazione dei conteggi riportati nel
ricorso per decreto ingiuntivo, oggetto parziale del terzo motivo di
ricorso, il Tribunale ha dato adeguata motivazione della sua decisione
rilevando che di detti conteggi non era possibile tener conto, perché privi
della indicazione del contratto che si invocava come applicabile, e quindi
dei parametri di riferimento, nonché della qualifica rivestita o rivendicata
e delle somme già percepite. Trattasi di una valutazione in fatto non
suscettibile di censura in sede di legittimità, sia perché congruamente
motivata, sia perché la ricorrente non ha riprodotto nell’impugnazione i
conteggi allegati al ricorso introduttivo, sicchè la Corte, che non è
abilitata all’esame diretto degli atti processuali, non è in condizione dì
valutare la decisività delle doglianze.In definitiva, deve essere accolto il
primo motivo, mentre il secondo motivo ed il primo profilo di censura dei
terzo devono essere respinti, restando assorbito il secondo profilo di
censura del terzo motivo. Di conseguenza le sentenza impugnata deve essere
cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altro giudice,
designato in dispositivo, che provvederà anche alla liquidazione delle spese
del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo dì ricorso, rigetta il secondo ed il primo
profilo di censura del terzo; dichiara assorbito il secondo profilo di
censura del terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di
cassazione, alla Corte di Appello di Roma.


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