La Espada Maldita
La storia d'amore senza tempo di Dona Amaranta Molina e Lorenzo Beltramelli
Post n°4 pubblicato il 24 Gennaio 2011 da laespadamaldita
Toledo. Ho lasciato che un'agenzia di viaggi decidesse per me; in fondo il posto non è ciò che più mi preme quanto lasciare la mia casa e l'Italia per qualche tempo. ***** Cammino per queste strade strette e ripide da secoli ormai. Toledo è diventata parte di me. Il sangue scorre nelle mie vene come il fluire lento e pacifico del fiume Tago che abbraccia questa antichissima città. Si narra che i suoi fondatori siano stati i romani, e quale altro popolo poteva gettare le basi di tanta bellezza? Ma io non ricordo molto di quel periodo anche se nella mia famiglia ho sentito narrare storie bizzarre, ma non posso esserne certa. La mia stirpe è nata proprio in quegli anni ed ha attraversato secoli di storia senza alcun problema, fino a quando non è scoppiata la folle mania dell'inquisizione. Mia nonna, mia madre e mia zia sono finite su rogo con l'accusa di stregoneria ed io dovrei unirmi a quel triste destino...se, prima non troverò l'uomo che mi salverà dal fuoco eterno! Tra poco lui sarà qui, a Toledo. La mia mente veggente mi dice che arriva dall'Italia e che solo lui sarà in grado di aiutarmi. Mi siedo davanti la cattedrale e guardo le persone che si godono questa meraviglia architettonica. Nessuno mi vede. Ma io assaporo il loro stupore e ascolto i commenti. Ammalia ogni visitatore questo luogo. Io non voglio abbandonarlo. Qui sono nata ed è qui che voglio vivere o morire. Tengo la mente occupata per non sentire le urla delle donne che bruciano sul rogo attizzato proprio in questa piazza. Davanti ai miei occhi vivono due epoche: quella presente, di cui non faccio parte, e il 1650, anno della mia presunta morte. Mi chiamo Doña Amaranta Molina, ho venticinque anni e sono nobile di nascita, oltre che strega per discendenza materna. La prima notte a Toledo è funestata da incubi. Sogni che non so spiegarmi, visioni di fuochi e fiamme, grida strazianti, e.....il viso di una ragazza. Ella soffre, anche se silenzioso riesco lo stesso a sentire il suo pianto disperato. E quando sto per chiederle chi sia e qual è il suo nome, mi sveglio madido di sudore, quasi scioccato da quelle immagini. Varco la soglia di quel negozio inconsapevole ancora che non vi sarei più uscito. ***** Non fatico a scorgerlo tra i turisti intenti a fotografare ogni angolo della città. Lo vedo subito anche se è di spalle. Ha qualcosa di ingombrante in mano. Mi sembra una macchina fotografica...se così si chiama quel marchingegno che tenta di riprodurre la realtà. Al mio tempo c'era bisogno di un abile pittore, oggi, basta schiacciare un pulsante. Mah! Non posso perdermi in pensieri futili, devo assolutamente entrare nel negozio insieme a lui. Anzi, devo esserci prima che lui compri qualsiasi cosa! La bottega di don Raimundo ha attraversato quasi sei secoli, forte delle sue splendide lame che lo hanno reso famoso nelle corti di tutta Europa. La spada di mia nonna è in vendita da troppo tempo ormai. Grazie al cielo il prezzo richiesto è esorbitante e nessuno sarà mai interessato ad acquistarla, tanto meno questo ragazzo italiano. Devo fare di tutto perché apra il libro esposto al fianco del prezioso cimelio di famiglia. E' un'antichissima copia del Cantar de Mio Cid che avrà il potere di rendermi visibile solo se lui, il prescelto dal Destino, lo aprirà. Non è in vendita quindi devo trovare una scusa perché attragga il suo interesse. Certo non sarà facile fargli cadere lo sguardo su un volume consunto dal tempo nel mezzo ad un'allettante e curiosa esposizione di lame. Attraverso la porta... Non ho alcun bisogno di aprirla, sono uno spirito! Lui si volta e per la prima volta dopo un'eternità maledico il fatto di esserlo. Vorrei specchiarmi nella vetrina per controllare il mio aspetto ma non posso farlo. Sono aria, inconsistente, invisibile e disperata. Lui è bello, talmente tanto da togliere il fiato. Questo complica la situazione. Il cuore non deve accelerare i battiti e , invece, lo sta già facendo. Sono in preda al panico e non guardo neppure dove sto mettendo i piedi, ho gli occhi ammaliati dal suo fisico prestante, i capelli ondulati e di un corvino così lucido da sembrare dipinto su tela. Sta esaminando un tagliacarte inciso sullo stile seicentesco. Inavvertitamente colpisco con un fianco proprio il Cantar de Mio Cid che cade a terra sotto lo sguardo attonito del proprietario del negozio. Il cliente è troppo distante per averne causato la caduta.... ***** E arriva anche la nausea ora a darmi tormento. Deve essere stato il viaggio in aereo, non può esserci altra spiegazione. Faccio dei profondi respiri sotto gli occhi del proprietario del negozio, che mi ha salutato nella sua lingua madre. Io ho risposto solo con un cenno della mano e non perché non sono in grado di farlo in spagnolo; il mio attuale stato di disorientamento mi impedisce anche di parlare. Fortuna che trovo un poco di refrigerio nella frescura del negozio; se non altro smetterò di sudare come se avessi il fuoco sulla pelle. Forse ho qualche linea di febbre. Più che un negozio di spade avrei bisogno di una farmacia in quel momento. Il proprietario del negozio non mi degna di uno sguardo intento com'è a riordinare alcuni oggetti sul bancone. Ripongo nello zaino ciò che ho tra le mani, la cartina della città e la macchinetta fotografica, e sto per formulare nella testa una frase in spagnolo da rivolgergli per chiedergli dove posso trovare una farmacia lì vicino, quando gli occhi mi cadono sulle numerose lame esposte sotto il vetro delle teche di legno, disposte in fila su tre delle pareti del negozio. Ce ne sono davvero per tutti i gusti; i prezzi devono dipendere dalla grandezza e della manifattura delle singole lame, e forse anche dai secoli che hanno attraversato. Mi soffermo a guardarne qualcuna, in maniera distratta e approssimativa, dimenticando in tal modo il senso d'abbandono che mi ha pervaso fino ad ora. Sapete cosa è il destino? Destino è compiere un'azione che siamo certi ci porterà da qualche parte. E sicuro nel leggere quelle righe scritte con inchiostro nero a mano da una calligrafia ordinata ed elegante, ho scelto il mio destino. O forse è il destino che è venuto a reclamarmi... Mi sta indicando. Gli trema la mano. Il proprietario è appena passato al mio fianco per posizionare il libro al suo posto. Mi avvicino lentamente mentre lo vedo sbiancare in faccia e piccole gocce di sudore solcano la sua fronte abbronzata. Sono così poco presentabile? Abbasso lo sguardo sulla mia veste e riesco a scorgerla. Dopo secoli di assoluta inconsistenza fisica inizio a percepire anche il suo colore sbiadito. Se non sbaglio un tempo doveva esser di un azzurro acceso, ora, invece, sembra di un bianco sporco. Tutto questo ha un solo significato: è davvero lui, il prescelto! Allungo le braccia, ma quelle sono ancora invisibili. Siamo solo a metà dell'opera. Deve assolutamente portare via il Cantar de mio Cid dal negozio o tra poco svanirò nel nulla....come faccio a farglielo capire? Non mi sembra un gran cavaliere e il negoziante continua a blaterare alle mi spalle. Se urla o gli dice qualcosa di me lo reputerà un pazzo per gettarlo a pedate fuori dalla bottega. Non può ancora sentire la mia voce, ma se apre di nuovo il romanzo epico....allungo di nuovo la mano e indico il volume elargendogli uno dei miei sorrisi più ammalianti, almeno credo. Sono secoli che non mi specchio... |