Creato da QuartaT il 15/07/2007

La Quarta "T"

Una raffineria in piena città. Oltre a Tette, Torrone e Torrazzo, a Cremona incombe la "T" di Tamoil, o di Tricloetilene, solvente cancerogeno rilasciato nel terreno, o, se preferite, la "T" di terrore...

 

 

Lo schifo viene a galla

Post n°3 pubblicato il 19 Luglio 2007 da QuartaT

Articolo pubblicato sul quotidiano Cronaca, 18 luglio 2007
di Federico Centenari, Alessandro Rossi

Per l’inquinamento della Tamoil ci sono già i primi indagati dalla Procura della Repubblica di Cremona. La dottoressa Cinzia Piccioni, sostituto procuratore, non ha certo perso tempo di fronte all’allarme per la contaminazione della falda.

La magistratura, sempre criticata per la sua lentezza, questa volta è stata più rapida delle autorità preposte alla tute­la della salute pubblica che soltanto sette anni dopo l’autodenuncia da par­te della Tamoil si sono viste costrette ad ammettere tutto solo perché questo giornale (La Cronaca) ha avuto il coraggio di pubbli­care i primi terribili dati del disastro ambientale Ovviamente ce il massimo riserbo sul nome degli indagati anche se non è difficile ipotizzarli.

Ii Pm ora attende di avere ii quadro completo dei dati di inquinamento delle falde (non è più soltanto quella superficiale ad essere contaminata ma anche quella a 40 e a 70 metri). La dot­toressa Piccioni costituirà una task for­ce di tecnici ed esperti che analizze­ranno i risultati dei campioni di acqua e di terreno. Solo con il quadro com­pleto della situazione, Sara possibile evidenziare gli eventuali aspetti penali della gravissima situazione di degrado ambientale. La dottoressa Piccioni ha definito la situazione “molto preoccu­pante e grave per la tutela del patrimo­nio idrico di Cremona e per la tutela della salute di tutti i cittadini”. Il ma­gistrato ha poi dichiarato che ora è im­portante cercare di conoscere le cause della situazione prima di predisporre un piano di bonifica. La magistratura si è mossa sulla base delle notizie for­nite da “Cronaca” e di un esposto pre­sentato dal Coordinamento del Comi­tati Ambientalisti.

Nell’esposto i comitati chiedevano tra l’altro alla magistratura di appurare co­me mai simili dati emergono solo oggi, nonostante la raffineria operi sotto di­versi proprietari dal 1960, quali siano state le campagne avviate dagli Enti Locali (Provincia di Cremona, Comu­ne di Cremona, Regione Lombardia, ASL, Arpa) di analisi del suolo, dell’aria e dell’acqua e quali i risultati; considerato che già dal 2000 potevano essere svolte analisi nella Raffineria Tamoil; quali analisi sono state svolte dagli Enti Pubblici competenti e pre­posti e con quali risultati; perché i ri­sultati non sono mai stati resi pubbli­ci;quale sia la reale profondità e l’estensione raggiunta dall’inquina­mento dell’acqua della falda e dei terreni.

Tutte domande alle quali la magistra­tura cercherà di dare risposte.

Intanto dall’Arpa abbiamo appreso che la falda idrica di Cremona sotto il ter­reno su cui sorge la raffineria Tamoil, ha concentrazioni di idrocarburi nell’acqua fino a 60/70 metri di profondità da 200 a 500 volte superio­ri ai limiti di legge.

Fino ad ora le analisi sono arrivate fi­no a 70 metri, trovando tracce di in­quinamento. Si pensa che il terreno potrebbe essere compromesso anche oltre i 70 metri raggiunti fino ad ora. Inoltre a monte della Tamoil, dalle analisi effettuate dall’Arpa oltre la cinta muraria della raffineria, sono state trovare tracce di solventi chimi­ci altamente cancerogeni.

In questo caso le indagini sono solo all’inizio e i responsabili dell’Agenzia stanno ancora indagando per capire quale possa essere il soggetto respon­sabile di tale inquinamento.

Si tratta del tricloetilene, trovato in due rilevazioni con una concentrazio­ne di 17 e 34 microgrammi contro un limite di legge di 1,5 e il tetracloroetilene, trovato con una concentrazione di 500 microgrammi contro un limite di legge di 1.

­I due componenti trovati a nord della raffineria di Cremona, al di fuori del perimetro, sono solventi clorurati, una famiglia di inquinanti molto comuni, in particolar modo il PCE ( Tetracloroetilene) ed il TCE (Tricloetilene).

Tricloetilene (C2HCl3): è una sostanza nociva per via inalatoria e può determinare effetti irreversibili. Uno dei suoi organi bersaglio è il fegato

Il percloroetilene (o tetracloroetilene), per le sue caratteristiche di ottimo solvente, viene utilizza nello sgrassaggio dei metalli e in alcune attività dell’industria chimica, farmaceutica e tessile.

II percloroetilene è un solvente noci­vo per l’uomo e pericoloso per l’am­biente.

Questi composti non sono stati mai usati in raffineria, quindi provengono da lavorazioni a monte. Certamente della Tamoil è invece la contamina­zione delle falde con toluene, etilben­zene, idrocarburi vari, xilene, l’anti­detonante Mbte. In un pozzo si è tro­vato persino piombo.

Questo dimostra che l’inquinamento persiste nella storia della raffineria da tempo.

Da una decina di anni è stato messo al bando dalle benzine e sostituito co­me antidetonante da Mbte. Questo però dimostrerebbe la continuità della discesa nel terreno degli inquinan­ti.

All’interno della Tamoil sono stati scavati dall’Arpa e dalla stessa azien­da una cinquantina di pozzi piezome­trici per valutare l’inquinamento, undici sono stati scavati all’esterno mentre sono stati prelevati anche pa­recchi campioni di terreno che sono analizzati in queste ore.

Ed è proprio l’analisi del terreno esterno quello che più preoccupa: se fosse contaminato, l’unica operazione di bonifica possibile - come ieri ci ha dichiarato il dottor Fedenico Balestre­ri, esperto di medicina ambientale -sarebbe un’ampia scorticatura di qualche decina di centimetri, traspor­tando il terreno in discarica.

Un’operazione colossale sia per i costi che per i tempi. Insomma potremmo essere solo all’inizio della scoperta di un inquinamento dalle dimensioni enormi, nonostante le rassicurazioni degli amministratori locali: “è tutto sotto controllo, non c’è da essere preoccupati”, ha detto il sindaco. Purtroppo nulla è stato mai sotto con­trollo in questi anni e questo ci preoc­cupa parecchio.

 
 
 

I termini della questione

Post n°2 pubblicato il 16 Luglio 2007 da QuartaT

Parliamoci chiaro: Cremona è una città per molti aspetti bella, gradevole, te la giri a piedi e in bicicletta senza soffocare (eccessivamente) nello smog del traffico, ha un centro storico da mozzare il fiato. Legambiente l’ha premiata per due volte di fila, negli scorsi anni, come città più vivibile nel rapporto “Ecosistema urbano”. Ma è anche un luogo dove si vive pericolosamente vicini a industrie pesanti, come se mai fosse stato espresso il concetto di “delocalizzazione”. Ovvero lo spostamento delle attività nocive per la salute a distanze di sicurezza: lo si è fatto persino a Milano.

Fotografia di Cremona scattata dal satellite:

Nel cerchio rosso l’area della raffineria

Nel cerchio blu l’ubicazione dei centri sportivi e delle piscine

Nel cerchio giallo il quartiere Po

Nel cerchio rosa il resto della città. La linea azzurra segue il corso del Po

Non sono uno di quelli che dice di “no” a tutto: finché saremo costretti a servirci in dosi massicce del petrolio le raffinerie saranno necessarie. Quello che non è necessario, e anzi è criminale, è mantenerle così vicine ai centri abitati. Perché, nonostante venga garantito l’impegno a monitorare costantemente l’impatto ambientale e a ridurre le emissioni, i danni ci sono. E sono danni gravi, come verrà illustrato. E sono danni, ahimé, che chi ha interessi in gioco fa di tutto per nascondere. (Segue)

 
 
 

Cos'altro se non lo schifo

Post n°1 pubblicato il 15 Luglio 2007 da QuartaT

Una raffineria di 800mila metri quadrati costruita praticamente all'interno di una città,

la falda acquifera inquinata da idrocarburi fino ad almeno settanta metri di profondità,

migliaia di famiglie che hanno utilizzato le piscine delle società sportive e ora scoprono di aver nuotato per anni nel veleno,

le autorità competenti (Provincia e Comune in testa) che sapevano dal 2001 e hanno taciuto,

così come i media asserviti agli industriali.

Da oggi scriverò di questo.

 
 
 

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