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Biografia di Giosuè Carducci
Post n°205 pubblicato il 15 Giugno 2006 da fra.gas
Tag: CARDUCCI, LETTERATURA
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Vai a: Navigazione, cerca Giosue Alessandro Michele Carducci (Valdicastello, Pietrasanta, LU 27 luglio 1835 - Bologna 16 febbraio 1907) è stato un famoso poeta. Fu il primo italiano a ricevere il premio Nobel per la letteratura (1906). Indice
Nacque nel 1835 a Valdicastello, una frazione di Pietrasanta in Versilia, da Michele e Ildegonda Celli, ma nel 1839 la famiglia si trasferì a Bólgheri Castagneto, in Maremma, dove il padre, implicato nei moti carbonari del '31, esercitava la professione di medico condotto. Tra questi paesaggi, il cui ricordo si riscontrerà in molte delle sue poesie, il giovane Giosuè trascorse felicemente la sua infanzia fino al 1848, quando il padre deve trasferirsi perché accusato di attività antigovernativa. Nel 1849 la famiglia si stabilì a Firenze dove Giosuè compì gli studi presso gli Scolopi acquisendo una buona preparazione in campo letterario e retorico e nel 1853, dopo aver vinto il concorso per un posto gratuito presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, si iscrive alla Facoltà di lettere dove nel 1855 conseguirà la laurea con una tesi sulla poesia cavalleresca e nello stesso anno pubblica le sue prime poesie sul mensile "L'Arpa del popolo". Nel 1856 insegnò retorica presso il ginnasio di San Miniato vivendo una intensa esperienza che riporterà poi nel 1863 nelle pagine di carattere autobiografico, Risorse di San Miniato. Nel corso di questo anno il poeta andò affermando la sua poetica antiromantica e con il gruppo di amici formato da Giuseppe Chiarini (1833-1908), Ottavio Targoni Tozzetti (1833-1899), Tommaso Gargani (1834-1862) ed Enrico Necioni (1837-1896) fondò la società letteraria degli Amici pedanti dal taglio fortemente classicistico e antiromantico intervenendo in modo battagliero nelle discussioni tra manzoniani e antimanzoniani ai quali ultimi appartiene. Sospettato dalla polizia per le sue idee filorepubblicane, venne sospeso dall'insegnamento e per la durata di tre anni visse a Firenze guadagnandosi da vivere con il lavoro presso l'editore Barbera del quale cura l'edizione dei piccoli volumi della "Bibliotechina Diamante" e dando lezioni private. I luttiColpito nel giro di due anni da due gravi lutti, nel 1857 si suicidò il fratello Dante e nel 1858 morì il padre, Carducci trascorse un periodo di grande sconforto che espresse attraverso alcune sue liriche, ma nel 1859 il matrimonio con la cugina Elvira Menicucci, dalla quale ebbe quattro figli, lo aiutò a superare il forte lutto. Il ritorno all'insegnamentoRiammesso all'insegnamento, gli venne affidato un incarico presso il liceo di Pistoia dove insegnò per tutto il 1859 latino e greco. Con decreto del 26 settembre 1860 venne incaricato, dall'allora ministro della Pubblica Istruzione Terenzio Mamiani Della Rovere, a tenere la cattedra di eloquenza italiana, in seguito chiamata Letteratura italiana presso l'università di Bologna dove rimarrà in carica fino al 1904. Pubblica nel frattempo Juvenilia che raccoglie tutte le poesie del decennio precedente. Nel 1863 pubblicò con lo pseudonimo di Enotrio Romano l' Inno a Satana che, pur ottenendo successo, fomenterà vivaci polemiche. Sempre di quell'anno è la pubblicazione Delle poesie toscane di A. Poliziano. La poesia laicaLa sua poesia intanto, sotto l'influsso delle letterature straniere ed in particolare di quella francese e tedesca, divenne sempre più improntata di laicismo mentre le sue idee politiche andavano orientandosi in senso repubblicano. Oltre all' Inno a Satana pubblicherà nel 1868 la raccolta maggiormente impegnata dal punto di vista politico: Levia Gravia. Il legame alla massoneriaNel 1866 fondò la "Falsinea" una loggia massonica e vide la stampa il saggio Dante e l'età sua. Il legame alla massoneria e all'unione democratica gli costerà come punizione la richiesta da parte del ministro Broglio del trasferimento alla cattedra di Letteratura latina di Napoli, trasferimento che Carducci rifiuterà. Nel 1870 morirà la madre e il figlio Dante di soli tre anni lasciandolo in un cupo dolore che cercherà di alleviare con l'intenso lavoro letterario. Poeta nazionaleNel 1871 il poeta conobbe Carolina Cristofori Piva, una donna ricca di ambizioni culturali, con la quale inizia un fitto scambio epistolare e nel 1872 ha inizio la relazione amorosa. Alla donna, chiamata Lina o Lidia nelle lettere e in alcune poesie, dedicherà molti dei suoi versi e fu proprio in questo periodo che la fama del poeta, come guida nazionale della cultura italiana, si consolidò. Di questi anni è l'ampia produzione poetica che verrà raccolta in Rime Nuove (1861-1887) e in Odi barbare (1877-1889). Prosegue l'insegnamento universitario e alla sua scuola si formano uomini che diventeranno famosi come Giovanni Pascoli, Stefano Ferrari, Renato Serra, Alfredo Panzini e Manara Valgimigli. Nel 1873 si recherà per la prima volta a Roma e pubblicherà A proposito di alcuni giudizi su A. Manzoni e Del rinnovamento letterario d'Italia. Nel 1878 , in occasione di una visita della famiglia reale a Bologna, scrisse l'Ode Alla Regina d'Italia in onore della regina Margherita, ammiratrice dei suoi versi e venne accusato di essersi convertito alla monarchia suscitando forti polemiche da parte dei repubblicani. Negli anni che seguirono collaborò con il giornale "Fanfulla della Domenica" di impronta filogovernativa (1878), pubblicò le Nuove Odi Barbare e i Giambi ed epodi, collaborò alla Cronaca bizantina e lesse il famoso discorso Per la morte di Garibaldi (1882). Nel 1890 venne nominato senatore e negli anni del suo mandato sostenne la politica di Crispi , che attuava un governo di stampo conservatore, anche dopo la sconfitta di Adua. Nel 1899 pubblicò la sua ultima raccolta di versi, Rime e Ritmi, e nel 1904 sarà costretto a lasciare l'insegnamento per motivi di salute. Nel 1906 l' Accademia di Svezia gli conferì il premio Nobel per la letteratura. Cronologia delle opere
Non è sempre facile seguire lo sviluppo della poesia del Carducci attraverso le raccolte da lui edite. Il poeta infatti organizzò più volte e in modo differente i suoi componimenti e ne diede una sistemazione definitiva solamente più tardi nell'edizione delle Opere. [modifica] Bibliografia carduccianaRisale al 1857 la pubblicazione delle Rime, dette Rime di San Miniato a cui fa seguito nel 1868 la prima raccolta organica in quattro libri dei Levia Gravia che venne pubblicata con lo pseudonimo di Enotrio Romano. Esce poi nel 1871 un volume diviso in tre parti intitolato Poesie. Nel 1872 apparvero le Primavere elleniche, poi passate nella raccolta delle Rime Nuove, dedicate a Lidia che riprendevano i modelli antichi e l'anno seguente, 1873, uscì il volume Nuove poesie di Enotrio Romano composto da quarantasei componimenti di vario genere. Nel 1877 uscirono le Odi barbare, il primo libro in versi costruiti secondo gli schemi della metrica barbara al quale fece seguito nel 1882 le Nuove Odi barbare e nel 1889 le Terze Odi barbare. Giambi ed Epodi, la raccolta che contiene gran parte delle poesie polemiche e giacobine precedenti, apparve nel 1882 e nel 1887 saranno pubblicate le Rime Nuove che contengono il meglio della poesia precedente priva di metrica barbara ma basati, come sottolinea la parola rime, sui metri della tradizione romanza. La raccolta definitiva delle Odi barbare apparve nel 1893 e includeva tutti i componimenti delle tre raccolte precedenti. L'ultima raccolta, Rime e Ritmi, venne pubblicata nel 1899 e inglobava sia le poesie basate sulla metrica barbara che quelle sulla metrica italiana. IN FRONTE A UNA RACCOLTA DI RIME
Forse avverrà, se destro il fato assente Vóto che surga pio di sen mortale, Giuseppe, e s’a piú ferma età non mènte Il prometter di questa audace e frale,
Che in piú libero cielo aderga l’ale, D’amor, di sdegno e di pietà possente, Questo verso, che fioco or passa quale Eco notturna per vallea silente:
Pur caro a me, che del rio viver lasso, Ma ogn’or di voi, sacre sorelle, amante Lo inscrivo qui come in funereo sasso:
Pago se alcun dirà — Tra ’l vulgo errante Che il bel nome latino ha volto in basso Fede ei teneva al buon Virgilio e a Dante —.
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il 16/06/2008 alle 11:41
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Inviato da: fra.gas
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