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Il debito pubblico italiano. Craxi il solo colpevole?

Post n°17 pubblicato il 03 Febbraio 2010 da ltedesco1

È forse utile, dopo che la polvere delle polemiche suscitate dal decennale della morte di Bettino Craxi va posandosi, spendere qualche parola sulla principale accusa, al di là di quelle, pur rilevanti, mosse sul terreno penale, indirizzata all'ex Presidente del Consiglio: l'esplosione del debito pubblico negli anni Ottanta.

Partiamo, allora, da qualche dato.

In generale, il rapporto spesa pubblica-prodotto interno in Italia è stato elevato dal dopoguerra fino agli Novanta. La crescita della spesa è stata assai rapida fino ai primi anni Settanta per poi rallentare leggermente. Esauritosi il miracolo economico, però, i tassi di crescita del Pil in questo decennio diminuiscono sensibilmente. Questo ha comportato un notevole aumento della quota della spesa pubblica sul prodotto interno lordo che ha superato all'inizio degli anni Ottanta la soglia del 40%.

Dagli inizi degli anni Settanta, poi, si abbandona la linea del pareggio del bilancio e si ricorre al debito per finanziare la spesa. Se esaminiamo la sua composizione, constatiamo come nel decennio 1970-1980 si verifichi un incremento massiccio della quota assunta dagli interessi passivi. Il totale della spesa sul Pil passa infatti dal 32% del 1970 al 42 del 1980 ma al netto degli interessi va dal 30,4% al 36,5.

Se è poi vero che la spesa arriva nel 1990 a toccare il 53% del Pil, è anche vero che essa aveva raggiunto la soglia del 50% già nel 1982! Come ha ricordato Michele Salvati nel suo Occasioni mancate. Economia e politica in Italia dagli anni '60 a oggi, tra il 1979 e il 1982 la spesa pubblica è cresciuta di quasi sette punti percentuali, <<la maggior crescita che si sia mai verificata in un lasso di tempo così breve>> (p. 69). Chi presiedette i governi in quegli anni? Craxi? No, Andreotti, Cossiga, Forlani e Spadolini.

Vogliamo forse dunque scagionare Craxi da ogni responsabilità circa la crescita del debito pubblico alla metà degli anni Ottanta? Certamente no, che, come ricorda sempre Salvati, se è vero che nel 1988, all'indomani quindi della fine della stagione craxiana, l'indebitamento al netto degli interessi si era ridotto al 2,9%, quello complessivo per gli elevati tassi reali era schizzato all'11,2% e il rapporto del debito sul Pil a un incredibile 92,6%. Inoltre negli anni in cui Craxi governava, gli altri grandi Paesi europei avevano fatto meglio nel contenimento della spesa sul prodotto interno lordo approfittando di un ciclo economico espansivo.

Intendiamo allora solo suggerire che Craxi non fu il solo e forse neanche il maggiore responsabile della crisi fiscale del nostro Stato.

È curioso poi constatare come coloro che ieri, a torto o ragione, stigmatizzavano Craxi, tanto per fare qualche esempio, per la sua politica estera filoatlantica (vedi la vicenda dei missili a Comiso) o di contenimento delle retribuzioni da lavoro dipendente (vedi il taglio della scala mobile), oggi gli riconoscano proprio la bontà di quelle posizioni, nel mentre lo condannano per l'esplosione del debito. Ma quest'ultima accusa veniva raramente mossa a Craxi negli anni Ottanta. Fin dagli anni Sessanta, infatti, l'ampliamento della spesa pubblica in diversi settori, come quello previdenziale, è un dato comune a tutti i Paesi dell'Europa continentale ma, come è stato osservato, <<l'evoluzione del debito e della spesa per interessi sarebbero stati significativamente diversi se, per esempio, a parità di entrate, la normativa previdenziale fosse stata adeguata fin dai primi anni ottanta alle nuove condizioni demografiche>> (D. Franco, L'espansione della spesa pubblica in Italia, Bologna, 1993, p. 210). Ma forse questo chiedevano ieri i detrattori odierni della allegra finanza degli anni della Milano da bere?

 

Luca Tedesco

 

 

 
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