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NO LOMBROSO DAY

Post n°147 pubblicato il 04 Gennaio 2010 da servoarbitrio

Il Sud organizza il "No Lombroso Day"

Cesare Lombroso era di origini ebraiche. Ma oggi, a oltre un secolo dalla sua morte, a dargli addosso non sono (per fortuna di tutti) orde di naziskin con la bava alla bocca. Niente svastiche e niente braccia tese nel saluto hitleriano: il movimento avverso all’antropologo criminale che sta montando con un gruppo numeroso su Facebook (circa 2000 membri) se dovesse scegliere un simbolo, propenderebbe forse per il simpatico Pulcinella. Tuttavia, c’è poco da ridere, la questione è seria e, guardacaso, si pone proprio mentre ferve il dibattito sull’Unità d’Italia, appressandosi le celebrazioni per il centocinquantenario.

Ad accendere la miccia di una Fuorigrotta polemica contro l’autore di L’uomo delinquente e Genio e follia è la recente apertura, a Torino, del museo che presenta il suo ricchissimo archivio, con tanto di crani, armi, abiti, maschere mortuarie... E, soprattutto, un concetto che serpeggia lungo tutta la produzione lombrosiana, vale a dire la presunta inferiorità dell’uomo meridionale rispetto a quello del Nord. «Quel museo - sostengono i promotori dell’iniziativa di boicottaggio della “galleria degli orrori” piemontese - contiene studi utilizzati dagli stessi nazisti e ormai smentiti nettamente dalla scienza ufficiale. Cesare Lombroso, infatti, teorizzò l’inferiorità della “razza meridionale”, che sarebbe stata geneticamente portata alla delinquenza».

E a questa conclusione giunse «sulla base di misurazioni di centinaia di resti e di crani prelevati al seguito delle truppe piemontesi che invasero il Regno delle Due Sicilie e massacrarono migliaia di meridionali che si erano ribellati a quell’invasione cancellandoli dalla storia come “briganti”». Non è tutto: «I “neoborbonici” chiedono al ministro Alfano la restituzione dei resti dei “briganti” meridionali». Non siamo alla sommossa. Nessuno si sogna di imbracciare lo schioppo e di marciare sulla capitale sabauda per lavare con le armi la grave onta subita. Ma, inserita nel contesto della sempiterna diatriba Nord-Sud, la presa di posizione è destinata a fare più rumore di un innocuo borbottio del Vesuvio. L’orgoglio mediterraneo alza la voce: «Organizziamoci per una manifestazione da tenere a Torino presso il Museo sito in Via Pietro Giuria 15 entro Gennaio 2010. Sarà una buona occasione anche per ricordare (nella città sede di Casa Savoia) la colonizzazione subita dal Meridione ad opera di “ITALIAUNITA S.P.A”, succursale Sabauda della Massoneria e del Grande Capitale». Come si vede, la carne al fuoco è tanta, e fa pensare al bollito misto, non a caso una specialità piemontese, piatto gustoso, ma pesante. Conviene ricordare, allora, che le fonti alle quali Lombroso attingeva per i suoi studi criminologici, in un’Italia dominata dall’ideale positivista e dall’illusione di tutto catalogare e tutto sistematizzare, piegando spesso e volentieri i fatti alle opinioni, erano due: il carcere e il manicomio.

L’antropologia, allora, non scendeva nelle strade, non frequentava gli stadi, le discoteche, le scuole. E la televisione, che oggi sappiamo essere il più grande catalogo vivente di «tipi» cui attingere, era di là da venire. Se a ciò aggiungiamo che anche allora il Paese viaggiava a due velocità, con il Nord che, per quanto ancora diffusamente agricolo e arretrato, si avviava all’industrializzazione e il Sud che rimaneva quasi tutto ancorato alla ruralità, comprendiamo come fosse facile, per una scienza immatura, aggrapparsi ai ruvidi pastrani dei briganti calabresi o lucani. E se le prove documentali mancavano? Ci si rivolgeva altrove. Lo dimostra il seguente episodio che sarà musica per le orecchie dei meridionali del nascente «No L. Day». Una volta Lombroso chiese al capo della polizia parigina fotografie di donne delinquenti per illustrare un’opera.

Quando il libro fu pubblicato, egli ne inviò una copia a Parigi. Soltanto allora i destinatari del grazioso omaggio si accorsero dell’errore commesso: all’italiano, invece delle immagini di pericolose criminali, erano state inviate quelle di alcune commercianti che avevano chiesto licenza di vendita. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.

 
 
 
 
 

CRISI ECONOMICA E FINANZIARIA, CROLLA ANCHE IL DUBAI

Post n°145 pubblicato il 26 Novembre 2009 da servoarbitrio

Borse europee in caduta libera
Timori per l'esposizione di Dubai

TRAGEDIE NELLE BORSE DI TUTTO IL MONDO, IL DUBAI, TECNICAMENTE, E' FALLITO.

CI SARA' "EFFETTO DOMINO"... DIO SALVI I PICCOLI RISPARMIATORI!


 
 
 

''Presidente, gradisca'': ecco le memorie di Patrizia D'Addario

Post n°144 pubblicato il 22 Novembre 2009 da servoarbitrio

''Presidente, gradisca'': ecco le memorie di Patrizia D'Addario

"Berlusconi col pigiama bianco, come un fantasma": il libro da martedì in libreria.

Ha un titolo allusivo e felliniano il libro di memorie di Patrizia D'Addario, da martedì prossimo in libreria.
S'intitola, infatti, "Presidente, gradisca" e ogni riferimento non è puramente casuale. Rimanda, infatti, a una famosa scena dell'Amarcord di Federico Fellini, in cui una prorompente Magali Noel si offre al potentre dell'epoca dicendo: "Signor principe, gradisca".
 
 
Un capitolo su Il Fatto quotidiano oggi in edicola
Un capitolo delle memorie della D'Addario, pubblicate dalla casa editrice Aliberti, è anticipato oggi da Il Fatto quotidiano.
"Così cercarono di farmi fuori" è il titolo di apertura del giornale diretto da Antonio Padellaro, che dedica 4 pagine ad alcuni dei passaggi più "bollenti" del libro, compreso quello della notte nel lettone di Putin, in cui Berlusconi si presenta nella stanza da letto tutto vestito di bianco - pigiama bianco, vestaglia bianca - "sembrava un fantasma".
Patrizia ribadisce, a ogni passo, di possedere tutte le registrazioni dell'insolita notte.
"Presidente, gradisca" è scritto da Patrizia in prima persona, ma l'escort più famosa d'Italia per la notte passata con Berlusconi a Palazzo Grazioli, si è giovata della collaborazione di Maddalena Tulanti, giornalista del Corriere della Sera (è la direttrice del Corriere del Mezzogiorno di Bari).
 
 
 

risorse per una nuova ricchezza

Post n°143 pubblicato il 14 Novembre 2009 da servoarbitrio

La sfida degli outsider, donne e giovani
le risorse per rilanciare l'economia

Esce oggi in libreria “La sfida degli Outsider” di Angela Padrone (Marsilio, 176 pagine, 12 euro). Il libro, con la prefazione di Emma Bonino e la presentazione di Michel Martone, analizza la paradossale condizione dell’Italia dove le donne, i giovani e tutti coloro che non sono già “ben introdotti”, non hanno uguali possibilità di successo, anche se sono le principali risorse su cui si può scommettere per rilanciare l’economia e la crescita della società. Eccone alcuni estratti dall’Introduzione e dalle Proposte finali.

«PER essere donna hai fatto abbastanza carriera, no?!»
Questo è il commento (vero) di un leader d’azienda a una dirigente che voleva discutere del proprio futuro. Una risposta che, esplicitamente o implicitamente, viene data molto spesso. Nessun uomo, sia pur poco meritevole, si è mai sentito dire niente del genere. In compenso, agli uomini giovani, negli ultimi anni è capitato spesso di sentir ripetere: «Questa è la prima generazione che ha la prospettiva di un futuro peggiore di quello dei propri genitori». Anche questa è una condanna a priori, una profezia che rischia di autorealizzarsi, proprio a danno di chi si vorrebbe sostenere.
Ecco. Donne e giovani, all’alba degli anni 2010, affrontano la sfida più difficile. Un paradosso letale: politici, economisti, giornalisti li citano a ogni passo. Hanno appeal, fanno colore. Ma molto spesso sembrano specchietti per le allodole, non realtà in carne e ossa. (...)
Donne e giovani, se finalmente riusciranno a liberarsi degli stereotipi e dei vincoli che li zavorrano, possono essere la grande risorsa, il grande serbatoio di opportunità dell’Italia.
Ma devono scuotersi di dosso la rassegnazione. (...)
Gli uni e le altre sono soli di fronte a una sfida quasi impossibile. Quei pochi che ce la fanno, che superano la barriera di fuoco e strappano posizioni di responsabilità, riconoscimenti e poltrone, ci riescono a prezzi altissimi. Il costo di solito è rinnegare se stessi. E quando sono «dall’altra parte», quando riescono a conquistare un posto elevato, restano sempre soli, perché sono dei diversi.
Tuttavia, quest’ampia fetta della società italiana sembra credere poco nella politica, è rappresentata pochissimo nel Parlamento italiano, nei sindacati, nei Cda delle grandi società e delle società quotate, nei ruoli dirigenziali più alti di istituzioni pubbliche e aziende private. Nelle segrete stanze delle banche, questi templi moderni nei quali si consumano i riti contemporanei, i nostri outsider non ci sono. Nella crisi finanziaria che ha sconvolto il mondo nell’autunno 2008, le donne per esempio non c’erano. Ma questo forse è un buon segno. (...)
Non basta che alcuni individui che hanno l’etichetta di «nuovi» vengano cooptati nell’olimpo del potere, giocando però con regole vecchie e fatte da altri.
Gli outsider ce la faranno solo quando imporranno una propria agenda, quando porteranno nei luoghi che contano una propria visione del mondo, allargando in questo modo la visione del mondo di tutti.
Fino a che gli outsider rimarranno tali, invece, ci sarà un deficit di democrazia, ci sarà ancora sempre qualcuno più uguale degli altri. (...)
LE QUOTE
Basta con il tabù. Accettiamo l’idea che le quote possano essere uno strumento utile per cambiare una situazione bloccata e accelerare una trasformazione che potrebbe altrimenti essere lunga, lenta, e il cui esito non è comunque scontato. Parliamo di quote per le categorie poco presenti al governo, nelle istituzioni, nelle società pubbliche e nelle società quotate.
È oramai inaccettabile che oltre il 50% della popolazione non sia rappresentato adeguatamente nei posti di responsabilità. Pazienza se qualcuno, per prime proprio le donne, la considererà un’ammissione di debolezza: sì, siamo deboli. Lo dicono i numeri.
In una democrazia non basta dire «siamo tutti uguali». Vanno prese iniziative adeguate per agevolare l’ascesa di gruppi svantaggiati, affinché questi imparino a gestire il potere. La soluzione delle quote, delle politiche attive per i gruppi sottorappresentati, è stata adottata molte volte nella storia, dall’antica Roma dei patrizi e dei plebei, all’America postsegregazionista, ed è stata introdotta da poco perfino in Norvegia.
Possiamo farlo anche in Italia: quote rosa e quote verdi darebbero una scossa a un potere troppo immobile.(...)

 
 
 
 
 

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Un blog di: servoarbitrio
Data di creazione: 21/05/2007
 

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