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« politica, economia, cris...''Presidente, gradisca... »

risorse per una nuova ricchezza

Post n°143 pubblicato il 14 Novembre 2009 da servoarbitrio

La sfida degli outsider, donne e giovani
le risorse per rilanciare l'economia

Esce oggi in libreria “La sfida degli Outsider” di Angela Padrone (Marsilio, 176 pagine, 12 euro). Il libro, con la prefazione di Emma Bonino e la presentazione di Michel Martone, analizza la paradossale condizione dell’Italia dove le donne, i giovani e tutti coloro che non sono già “ben introdotti”, non hanno uguali possibilità di successo, anche se sono le principali risorse su cui si può scommettere per rilanciare l’economia e la crescita della società. Eccone alcuni estratti dall’Introduzione e dalle Proposte finali.

«PER essere donna hai fatto abbastanza carriera, no?!»
Questo è il commento (vero) di un leader d’azienda a una dirigente che voleva discutere del proprio futuro. Una risposta che, esplicitamente o implicitamente, viene data molto spesso. Nessun uomo, sia pur poco meritevole, si è mai sentito dire niente del genere. In compenso, agli uomini giovani, negli ultimi anni è capitato spesso di sentir ripetere: «Questa è la prima generazione che ha la prospettiva di un futuro peggiore di quello dei propri genitori». Anche questa è una condanna a priori, una profezia che rischia di autorealizzarsi, proprio a danno di chi si vorrebbe sostenere.
Ecco. Donne e giovani, all’alba degli anni 2010, affrontano la sfida più difficile. Un paradosso letale: politici, economisti, giornalisti li citano a ogni passo. Hanno appeal, fanno colore. Ma molto spesso sembrano specchietti per le allodole, non realtà in carne e ossa. (...)
Donne e giovani, se finalmente riusciranno a liberarsi degli stereotipi e dei vincoli che li zavorrano, possono essere la grande risorsa, il grande serbatoio di opportunità dell’Italia.
Ma devono scuotersi di dosso la rassegnazione. (...)
Gli uni e le altre sono soli di fronte a una sfida quasi impossibile. Quei pochi che ce la fanno, che superano la barriera di fuoco e strappano posizioni di responsabilità, riconoscimenti e poltrone, ci riescono a prezzi altissimi. Il costo di solito è rinnegare se stessi. E quando sono «dall’altra parte», quando riescono a conquistare un posto elevato, restano sempre soli, perché sono dei diversi.
Tuttavia, quest’ampia fetta della società italiana sembra credere poco nella politica, è rappresentata pochissimo nel Parlamento italiano, nei sindacati, nei Cda delle grandi società e delle società quotate, nei ruoli dirigenziali più alti di istituzioni pubbliche e aziende private. Nelle segrete stanze delle banche, questi templi moderni nei quali si consumano i riti contemporanei, i nostri outsider non ci sono. Nella crisi finanziaria che ha sconvolto il mondo nell’autunno 2008, le donne per esempio non c’erano. Ma questo forse è un buon segno. (...)
Non basta che alcuni individui che hanno l’etichetta di «nuovi» vengano cooptati nell’olimpo del potere, giocando però con regole vecchie e fatte da altri.
Gli outsider ce la faranno solo quando imporranno una propria agenda, quando porteranno nei luoghi che contano una propria visione del mondo, allargando in questo modo la visione del mondo di tutti.
Fino a che gli outsider rimarranno tali, invece, ci sarà un deficit di democrazia, ci sarà ancora sempre qualcuno più uguale degli altri. (...)
LE QUOTE
Basta con il tabù. Accettiamo l’idea che le quote possano essere uno strumento utile per cambiare una situazione bloccata e accelerare una trasformazione che potrebbe altrimenti essere lunga, lenta, e il cui esito non è comunque scontato. Parliamo di quote per le categorie poco presenti al governo, nelle istituzioni, nelle società pubbliche e nelle società quotate.
È oramai inaccettabile che oltre il 50% della popolazione non sia rappresentato adeguatamente nei posti di responsabilità. Pazienza se qualcuno, per prime proprio le donne, la considererà un’ammissione di debolezza: sì, siamo deboli. Lo dicono i numeri.
In una democrazia non basta dire «siamo tutti uguali». Vanno prese iniziative adeguate per agevolare l’ascesa di gruppi svantaggiati, affinché questi imparino a gestire il potere. La soluzione delle quote, delle politiche attive per i gruppi sottorappresentati, è stata adottata molte volte nella storia, dall’antica Roma dei patrizi e dei plebei, all’America postsegregazionista, ed è stata introdotta da poco perfino in Norvegia.
Possiamo farlo anche in Italia: quote rosa e quote verdi darebbero una scossa a un potere troppo immobile.(...)

 
 
 
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Data di creazione: 21/05/2007
 

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