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Un blog creato da almostblu0 il 27/09/2005

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MUSICA

Almost Blue



Almost blue
Almost doing things we used to do
There's a girl here and she's almost you
Almost all the things that your eyes once promised
I see in hers too
Now your eyes are red from crying

Almost blue
Flirting with this disaster became me
It named me as the fool who only aimed to be

Almost blue
It's almost touching it will almost do
There's a part of me that's always true...always
Not all good things come to an end now it is only a chosen few
I've seen such an unhappy couple

Almost me
Almost you
Almost blue

 

 

tratto da   "IL   DIARIO   DOPPIO"

Post n°12 pubblicato il 04 Ottobre 2006 da almostblu0
Foto di almostblu0

[....]

In Val Ferret, ai piedi del Monte Bianco, una valanga più di un anno fa (se cito correttamente), è scesa su un piccolo abitato, spazzando parte soltanto di quelle case. Si tratta dell’abitato di Planpinceux, ci fermiamo qui ormai verso le 14 per pranzare in un bar, piccolo ma carino.

A stomaco vuoto, si sa, non si vede neanche se piove (e il tempo non è bellissimo ad ogni modo) e che una valanga sia caduta qui non mi passa neanche per la mente.

Con il panino tra i denti, però, comincio ad osservare che le case non sembrano proprio in ristrutturazione, sembrano solo rotte, mi chiedo perché non le aggiustino dunque, sono così graziose e in un posto incantevole.

Mi si fa notare, da persona lungimirante, che qui è appunto caduta una frana, non lo ricordavo e adesso rammento la notizia sentita al telegiornale. Guardo la montagna, oltre la strada, dal versante opposto al monte Bianco, subito mi pare chiaro che una valanga che cade da quella posizione non può che sconfinare, sebbene tanto lontana e arrivare a queste case apparentemente al sicuro.

A questo punto le domande si fanno pressanti e chiedo, mi si dice che la valanga ha ridotto così le case e che non viene dato loro il permesso di ricostruirle, di aggiustarle, con il pretesto che si trovano in un posto pericoloso. Ancora che mettere in alto, sulla montagna, i taglia-valanghe non è cosa da chiedere, quelli ci sono più a valle dove i centri abitati sono più affollati.

Gli abitanti di questo posto però sono ancora qui, vivono qui, anche se hanno paura e comunque vogliono le loro case. Verissimo, sono poche case, ma inserite con perfezione in questo paradiso di montagne. Chissà se ci fosse un hotel dotato di tutti i confort, a oltraggiare il paesaggio avrebbero messo i taglia-valanghe…

Invece ci sono alcune famiglie e un bar, modesto.

E nemmeno capisco se si è indicato altro sito per costruire una casa, mi parrebbe doveroso gesto di aiuto per chi è stato colpito in prima persona da un evento naturale che ha spazzato la sua abitazione in pochi decimi di secondo.

Questa è solo misura di proporzioni, qui i colpiti sono pochi, a Longarone erano tanti (ma là vi era anche la volontà di provocare una strage). Questa dunque non è notizia abbastanza grande per un articolo in prima pagina, non è cosa da ricordare sui libri di scuola, non lo ricordano davvero più che i pochi che ci abitano.

Ed è la dannata misura del valore che diamo all’essere umano. Quando i colpiti sono pochi, quei pochi meritano meno compassione, i tanti di più e via dicendo.

Sbagliato.

Sbagliato.

Di questo vorrei parlare anche in merito alla strage dell’ 11 settembre 2001.

Patrizia.

 
 
 

VITTIME?

Post n°11 pubblicato il 15 Settembre 2006 da almostblu0
Foto di almostblu0

You said you'd never fake it
You swore we'd always make it last
And it sounded so real
And I fell into your love trap
Lying, yes, I was the perfect fool
I believed every word
And it never occurred to me
Is this a game are you just playing
Will I be losing you

Oh am I a victim of love, victim of love
Did you take me for a ride
Victim of love, victim of love
Then I hope you're satisfied
Victim of love, victim of love
Were you only using me
Victim of love, victim of love
What a fool you made of me

My friends warned me about you
I laughed, how could I doubt your love
Then I saw you with him
And my world crumbled around me
I felt life slip away from me
There's a void inside me
Where my heart used to be
So now, this was a game you were just playing
And now I'm losing you

Oh I'm a victim of love, victim of love
Well you took me for a ride
Victim of love, victim of love
Well I hope you're satisfied
Victim of love, victim of love
You were only using me
Victim of love, victim of love
What a fool you've made of me

(ELTON JOHN)

 
 
 

Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 06 Dicembre 2005 da almostblu0

IL   BACIO  VORACE

 

Ti scrutano i miei occhi di spade

nella tua anima affossata,

scrosciante eppure vaporosa,

ti osservano immani distese di te,

la lingua vorace e mia ti entra

turbinosa in bocca e mio il bacio,

affannata e avida di te,

insabbiate ragioni finire

e il semplice perdersi e trovarti

languido, fra le tue labbra

e morirci dentro,

infame il desiderio

appena perché troppo profondo

e cieco e disperato,

annunciato e sfavillante.

Mi muore,

si, nella tua bocca il bacio

voluto e adorato

e ti rinasce sulla lingua,

e ancora, non lasciarti fermare,

non un istante tuo, ma nostro

nebbioso e insabbiato istante,

non un respiro che ti sia possesso

tuo solo, ma mio

e mio sei, mio

e di te stesso e libero

e scarcerato d’ogni dubbio

e mio sei nel bacio che ti comincia

folle nella bocca per il tuo corpo

senza rosei spazi,

senza durata ed estensione

e mio, mio sei nella follia umida,

nelle sciolte fauci bramato,

assetato e placato,

estatico nel mio baciarti.

( da "Riverberi di luce")

 
 
 

 

Post n°9 pubblicato il 04 Dicembre 2005 da almostblu0

ELFO   NERO

 

 

Lontani,

silenzi che si toccano piano,

presi da microchip e cavi,

catturati da monitor e connessioni,

sentieri di giorni passati

snocciolati piano o veloci

e caffé presi e sigarette spente,

frettolosi e rilassati anelli di fumo,

e le tue tristezze sciolte in una frase sola,

i miei dolori stesi su una riga appesa

lenta sul filo di una finestra.

Lontane anime sparse

e il tempo chiuso di una notte

e l’aria fredda che soffia da uno spiraglio

piccolo di finestra,

densi ricordi e discorsi e viaggi,

le mie passioni e indiani lakota,

navi che partono nel tuo tempo

e ridere, ma pensare

e piangere ma solo dentro.

Mai d’anima profonda abbastanza

si stupisce il mio fiato

e di vedere con quei soli occhi ciechi

e profondi abissi belli di coralli rossi

in un solo cuore,

tu lontano,

tu presente e il mare mio

perso e dilaniato e soffuso,

tu e il mare uscirmi in un soffio di vita.

Patrizia P. (da "Riverberi di luce")

 
 
 

Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 01 Dicembre 2005 da almostblu0

Mi sono ammalata!

Ma non è niente, nulla proprio di grave.

Se però ci si sofferma a cosa è una piccola malattia, forse si capisce meglio cosa significa stare ancora peggio.

Bronchite e raffreddore, un po’ di febbre.

Intanto, anche a conoscere qualche attento trucco per alleviare i problemi (suggerito dal medico), alcune cose non si riescono a evitare.

Le labbra che bruciano sono una cosa davvero antipatica.

E dover correre a soffiarsi il naso (poi il mio!) neanche è bello.

L’antibiotico ti stronca un po’ e hai sempre sete.

Poi non senti il sapore di molti cibi e ti mangi la frutta (se sei fortunato), quella pare meglio di qualunque cosa.

Se hai anche un carattere attivista, doverti fermare davvero è un momento non simpatico.

E a questo aggiungo che a me piace l’acqua, quindi mi ci butterei anche con la bronchite, ma per ora tento di resistere un po’.

Mentre stai parlando con qualcuno ti viene in mente che invece di sentire la tua voce sente quella di un trans (non ho nulla contro i trans, anzi, mi piacciono proprio, ma mi terrei volentieri la mia voce), anzi, peggio.

Quella di un muratore con la raucedine (i muratori notoriamente hanno la voce bassa).

Poi ti bruciano i dorsi delle mani, perché devi anche aver preso freddo. E se arriva il medico del controllo il desiderio di tossirgli in faccia o di starnutire proprio sulla sua borsa marrone lo trattieni a stento.

Dite:

…ma che ne fai una tragedia per una bronchitella?

Ma noo, ci scherzo pure.

Si sta male però, diciamolo.

Poi mi ricordo alcune cose…su questo argomento.

 

Il morbillo lo presi a circa sei anni, allora non c’erano vaccini.

Anzi, le mamme appena girava voce che c’era un’epidemia di rosolia ti ci facevano baciare tutti i compagni/e sulle guance, sperando che quella, odiatissima malattia, te la facessi da bambina e non da donna incinta.

Se invece erano orecchioni guai a uscire da camere accuratamente disinfettate, ma solo se si era maschi.

Il mio morbillo arrivò come la tempesta.

Pluff!

Febbre altissima, faccia del mio caro medico di famiglia (quello che ha assistito alla mia dopo-sbronza a 4 anni e all’indigestione da dieci banane/acqua fredda/uova) e poi il delirio del nulla.

Quando vidi quel viso e dietro quello di mia madre preoccupato ero nella stanza da letto dei miei. Poi mi svegliai in corridoio e mi chiesi subito cosa ci facevo e chi mai mi aveva messo lì.

Pensavo, e lo ricordo, di essermi addormentata qualche ora e mi chiedevo come avevano fatto a muovere il letto senza svegliarmi.

Io che a un colpo solo di tosse mi ridestavo anche dall’inferno.

Poi, ascoltando la mamma parlare capisco che non era un sonnellino pomeridiano.

Lei insiste nel dire che sono stata così per 5 giorni, e che mi hanno tutti i giorni portata lì perché lei potesse tenermi sotto controllo in ogni momento.

Cinque giorni!

A me è parso che mi avessero derubato, io lo ho proprio odiato il morbillo.

Mi sono resa conto di non aver alcun ricordo, nessuno.

Non un viso, non una carezza (eppure mia madre mi coccolava tanto quando ero ammalata), non un gesto, non un minimo dolore o sensazione.

Non un bacio mentre mi addormentavo, non una voce sentita, non un rumore in casa, neanche una porta sbattuta o un soffio d’aria.

Il nulla vuoto.

Mia madre diceva che era per la febbre alta.

E a me non stava bene lo stesso.

Allora se eri ammalato col cavolo che ti davano medicine e comunque io non ricordo di averne prese (a parte sei iniezioni di penicillina che mi fruttarono la mia prima bicicletta.. bisogna sempre ricattare i genitori con la paura delle iniezioni!).

Così il morbillo mi rubò cinque giorni di vita, mi è rimasta questa brutta impressione della malattia.

Poi quando mi proposero di vaccinare i miei figli contro il morbillo e altre malattie io non ci pensai due volte.

 

E qui siamo ancora a cose allegre.

Poi non mi va di scorrervi, da vittima, cose peggiori, ma ne ho passate di ben peggio di un morbillo.

 

Ora non parlo di me, ma preferisco non dire a chi mi riferisco.

 

Quando devi fare certe terapie, come la chemioterapia, ti devono anche collegare un tubicino, sul petto, che finisce in una bomboletta che poi tieni allacciata in vita.

Lo si fa senza anestesia, fa molto male.

Fa ancora peggio quando ti dicono che hai un tumore metastatico.

Poi cominciano le terapie e se sei un vero duro ce la fai, altrimenti le terapie ti radono al suolo.

Chemio e radio, ti dicono anche che è meglio evitare di abbracciare i bambini dopo la radioterapia.

Si va avanti così per anni e tanto, anche dopo, e sempre se sei stato fortunatissimo, devi sempre controllarti.

Ma non lo dico per scoraggiare, la persona di cui parlo è viva e ne valeva la pena, assolutamente si. Non sono io a dirlo, proprio è così.

 

Se invece perdi i reni devi fare la dialisi.

Nel più dei casi tre volte a settimana per 4 ore circa.

Ma io l’ho vista fare anche per tutto il giorno e tutti i giorni.

Ero lì, c’era una donna anziana anche.

Una donna quasi cieca che diceva tutto il possibile (improperi) alle infermiere, perché voleva sempre un dottore.

Le macchine pulsano e pompano sangue, guardi il filtro e lo pensi, che è strano che quel coso sostituisca i reni, ma è così.

Vedi e guardi il  sangue e pensi che quello è il suo, della persona che è lì sul letto.

Poi ci sono le altre macchine.

Guardi i monitor e segui le misteriose tracce dei battiti cardiaci. Poi guardi le placche appoggiate che usano per rianimare il cuore e pensi che hanno usato anche quelle.

E le ore passano e passano gli anni.

Qualcuno, fortunato, fa il trapianto (e la persona di cui parlo l’ha fatto e sta bene, anzi: benissimo) altri non lo fanno mai.

A volte un cuore non arriva in tempo e guardi in faccia un parente che ha perso il padre dopo anni di corse negli ospedali.

 

E a volte non hai neanche voglia di piangere.

Leggi un foglio assurdo dove c’è scritto:

tumore metastatico

e non sei così stupida da capire che cosa vuol dire.

Pensi al giorno in cui un radiologo ti ha controllato i linfonodi (i miei dannati linfonodi…sempre sul piede di guerra ma sani) e ti ha detto con  la voce più dolce del mondo (cosa vuol dire sentirsi dire che non devi aver paura):

“Signora, non c’è niente che non va nei suoi linfonodi. Ha capito? Non ha niente di grave!”

E tu non riesci a dire altro che un grazie, sperando che sia compreso.

 

Poi pensi a quando hai fatto un’ecografia all’addome dopo 5 terapie di antibiotici e perché stavi male e una dottoressa ti ha detto:

..ma chi è il suo medico…mica si prescrivono le ecografie (l’eco non ha nessunissima controindicazione) così, mica possiamo tutti fare l’ecografia…”

E tu hai pensato di prenderla a calci sul posto…

 

Oppure guardi l’arto della persona che ami come la tua mano (non i figli quelli li ami anche sopra la tua stessa vita) destra, da cui escono due tubi d’acciaio collegati a viti e bulloni. E pensi che l’osso lo hanno segato in due, ma che adesso è tutto a posto.

 

Oppure porti una persona cha ami al pronto soccorso e, se spesso trovi dottori solertissimi, ricordi anche quando hai dovuto lottare con i denti per ottenere ascolto.

 

Allora sai perché quando una persona ti dice che non ha coraggio di uscire da una situazione difficile (e dipende sempre da cosa, ma qui mi riferisco a minime cose) ti viene voglia di prenderla per le orecchie e portarla dentro un ospedale…

 

A volte siamo deboli e non vogliamo fare, a volte siamo un po’ vili e stanchi, ma adagiarsi su una sciocchezza e vittimizzarsi per tutta la vita non è per nulla giusto, non lo è assolutamente.

 

Per questo adesso, anche se sto male, ho ancora voglia di ridere. O di sorridere, di parlare, di vivere.

E’ troppo poco il mio star male per fermare una sola cosa di me.

 

Accidenti, devo correre a soffiarmi il naso…ma ci esce di tutto eh…tranne i biglietti da 500 euro, di tutto!

 

 

 Patrizia.

 
 
 

Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 21 Novembre 2005 da almostblu0

VIAGGIO   IN   EGITTO

 

 

 

Questa sindrome di cominciar fiabe con il “c’era una volta” ha da fini’!

Non c’era.

Non c’era, ma ce lo messo io, il protagonista di questa fiaba nel mondo reale.

Intanto siamo in Egitto, l’anno preciso non ve lo sto a dire, perché miei cari, di far conti proprio non mi va.

Siamo, più o meno, al tempo in cui dovrebbero aver finito le tre grandi piramidi di Giza.

Se osservate, attentamente, la bellezza del Nilo, al sorger del sole, vi accorgete che questo mondo sa esser anche paradiso.

Il silenzio domina, incontrastato, i fiori di loto appaiono, rasserenanti e fieri. L’acqua solo fa qualche tenue rumore.

Il buio cessa d’essere per l’aurora splendida che cammina lenta dentro gli occhi di chi guarda.

Insomma: du’ palle!

Da invidia, però.

Ai piedi della grande piramide di Cheope, ancora intatta (vandali carogne), immensa, c’è una vestale del tempio di Amon.

Vestita di bianco e con la pelle scura. Nera immagine d’ebano dentro veli bianchi. Lunghi capelli sollevati dal vento (eh.. un minimo di romanticismo ci va), le lunghe mani abbandonate sui fianchi.

Guarda il nascere del sole e la piramide.

Pensa e sogna giorni di infanzia, felici. Fugge dal presente di essere rinchiuso nel suo ruolo.

Pensa, però, anche alla domanda di dimissioni (in carta bollata e spedita direttamente al faraone, bontà sua, con quel che costano i postini a piedi), fatta da tempo, ormai.

Forse sta per essere accettata.

Anches (che sarebbe il nome della vestale, logico, no?) sorride, pensando che presto potrà andare a fare quel sospirato viaggio sulle Ande (che vi credete che gli antichi Egizi non sapessero un tubo?), esattamente sul Cerro Torre. Anticipando di secoli interi Cesare Maestri, convintissimo poi s’esser stato un mito nello scalarlo.

Comunque sia è stato bravissimo, ma Anches è arrivata prima, mi duole darne notizia.

Mentre la piccola vestale (si è pure piccola, beh? ..a quei tempi l’altezza media era piuttosto scarna, tipo bambino delle medie, anzi, per quel tempo lei era altissima..), pensa ai fatti suoi, arriva una persona.

Da lontano una figura bluastra (i vestiti, non era il mago Othelma!), si avvicina.

Anches pensa: chi è tanto stolto, oltre a me, di andare in giro, solo, per i piani di Giza a quest’ora?

“Ci vengo spesso, invece, e non ti ho mai vista.” Risponde lui, ormai a pochi passi.

Nome?

Pensa lei.

“Tutquelchevuol.” Dice lui.

Figo, pensa lei. Ma un diminutivo ce l’hai?

Chiamami Tut, pensa lui.

Ben, Tut, e che aria di Nilo ti spinge alla piramide e alla sfinge? Pensa, insistentemente lei.

Non ho sonno, pensa lui. Fregando alla grande Dario Argento, anzi, suggerendogli il titolo di un film d’orrore.

Era un bravo ragazzo, mi si è montato la testa, pensa di non dormire solo lui. Veh, che non dormivano anche in tempi passati!

Dormire troppo fa male alla salute e accorcia la vita, ma fate tutti secondo vostro uso e costume. Anche nudi, se vi piace dormire scoperti.

Tut a ‘sto punto di domande pensate ne ha abbastanza. La prende per mano e la porta nella piramide.

Ci so già stata, pensa lei, demotivata. Preferivo star fuori a guardare il sole e la piana.

Ma ti faccio vedere una cosa che non conosci, pensa lui.

Eh, immagina Anches, mo’ vediamo del granito nuovo di miniera!

Invece no!

Tut la porta prima nella stanza del re, poi la fa salire sopra, fra le volte dei piani sovrastanti. Quelli che servono ad alleggerire il peso della piramide sulla camera del re. Altrimenti, gli ingegneri lo sanno (eh Andrea?), sarebbe già crollata e addio foto turistiche!

Sali e sali arrivano all’ultimo piano. Ma siamo in luoghi stretti e angusti, tutt’altra cosa che una stanza al Ritz. E’ pieno di nulla.

Silenzio tombale, è il caso di dirlo, e uno scarabeo che si fa i fatti suoi in un angolo. Granito grigio scuro, perché la luce, qui, sta a limite piuttosto basso.

Però Tut estrae dalla tunica (che volevate che avesse i jeans?), una pila. Seee, see, gli egizi avevano pile, e allora?

Nella mia fiaba le avevano. E comunque le avevano, grosse, artigianali, molto artistiche e poco luminose confrontate alle nostre, ma le avevano.

Con questa pila rischiara la stanza. La appoggia al pavimento e si siede, Anches si siede pure lei.

Si appoggia al muro.

Pensano senza parlare.

Anches si fumerebbe anche lo scarabeo, ha lasciato a casa la pipa del nonno. Una voglia di fumare che non vi dico (Sirchia, manco gli antichi Egizi ti comprendono!), ma poi passa.

Tanto quando esco di qui, pensa, mi fumo sette pipe e un narghilé intero.

Adesso però pensano.

Lei appoggiata al fianco destro alla parete, lui seduto di fronte a lei, a gambe incrociate.

Pensano e pensano, tutto non si può dire.

E’ per via della legge sulla privacy (unico caso noto in cui sia servita), non posso narrarvi tutti i pensieri dei due giovani.

Lei pensa: e mo’?

Lui: ma stai zitta!

Scherzavo, immagina lei, sempre teso come le corde di mandolino (see, see, avevano pure il mandolino!).

Non è che se ti tocco ti incavoli, pensa lui.

Si, mi incappuccio proprio! Pensa lei.

Ok, stiamo così allora, rimugina lui.

Perché vuoi toccarmi? Medita lei.

Perché sembri eterea come le farfalle che volano sul Nilo, asserisce lui. Sei diafana, eppure vera, sei dolce e un poco schiva. Lontana e presente. Mia e non mia. Qui e non qui.

“A due passi dal Nilo ti ho incontrato, appoggiata ad un muro ti ascolto. Il tempo passa e so, di te, quello che non dici, l’aria si svela e anche il tuo sorriso. Non so nulla, ma vorrei restare qui, e sempre. Non so perché e ti vorrei con me, ancora. Forse in questo luogo non ci troveranno, forse qui possiamo restare. Non lo so. Ma vorrei uscire, anche, da qui e portarti a spasso sul Nilo. Un viaggio lungo quanto sette vite e un solo navigare quieto. Come le farfalle che volteggiano sul fiume.”  Disse lei, e fu tutto.

Senza dire altro uscirono, lo scarabeo si sentì un po’ più solo.

La luce abbandonò la camera nera. E la piramide ebbe un sussulto che i secoli non comprenderanno.

Come se fosse sogno, all’uscita lei camminò verso il tempio, senza voltarsi mai.

Lui verso la reggia.

Ogni tanto, sempre meno spesso, andarono ancora nella piramide.

Senza dire nulla prima, come se sapessero sempre quando l’altro era presente.

Avrebbero potuto uscire, gridare a tutti che partivano per le Ande, per un porto, per una sola spiaggia, non lo fecero mai.

 

Adesso sono morti.

Tut giace nel suo sarcofago dorato, anzi, giaceva. Figurati se lo hanno lasciato in pace. Profanato anche lui, poi si seccano dei profanatori moderni. Ad avere scuse di scoperte, di capire il passato, si può osare qualunque profanazione?

Tanto è morto, per quanto sia ben imbalsamato non lo potete portare in vita e parlare di lui non serve, se non per raccontare una storia antica.

Giace, immobile nel tempo passato.

Anches è morta pure lei, ma le ha detto meglio. L’ha ritrovata un ingegnere prussiano, invece di profanarne l’immagine e di scandagliarne le bende, la tiene in casa sua.

Chiusa in una cantina ventilata, a giusta temperatura stile egiziano. Le ha messo un po’ di sabbia attorno e uno scarabeo in un angolo.

Di notte, quando nessuno fa rumore, lui va da lei.

Di notte, quando nessuno sa, lui la abbraccia forte. Lei si risveglia, vivissima, eterea e semplice come era allora.

Fanno l’amore e parlano, fanno l’amore e ridono, fanno l’amore e basta.

Chiusi in uno strano locale tondo, anacronistico, fanno l’amore e si mandano messaggi. Immagini e poesie, lucidi riflessi di luce.

Lei gli racconta del Nilo e delle piramidi, lui del tempo presente. Lei di strane immagini antiche e lui di computer.

Ma non pensate male, che a far volare la fantasia troppo ci si perde nel nulla. State a quel che vi dico: per far l’amore, a volte, basta una parola. Non vi fissate sul sesso.

Ci siete un po’ fissi, eh?

Ma, si, è anche a forza di guardare Beatiful, Sharon Stone e Leonardo di Caprio. A forza di cassette porno e di Melisse.

Mah, a dir cazzate nel mondo moderno, come in quelli antichi, ci si guadagna.

Sfissatevi da queste illusioni, sono inganni e mele sfiorite.

Loro comunque, Anches e l’ingegnere senza nome (non me lo hanno detto), fanno l’amore e se è poco per voi, pazienza.

 

 Patrizia P. (da Fiabe modernissime).

 

 

 

 
 
 

Signor maestro Giovanni P (ometto il suo cognome finchè non avrò il suo permesso, e perchè metterlo?)...

Post n°5 pubblicato il 04 Novembre 2005 da almostblu0

Egregio Signor Giovanni, maestro elementare di ruolo, spero adesso, Le scrivo per dirLe...

..che avevo bisogno di tempo, di uno spazio dove tu, Giovanni, fossi anche escluso. Non posso stare sempre con tutte le persone care, che mi sono attorno (e mai crederò che il merito sia essenzialmente mio).

Io e te, Giovanni, ci conosciamo bene, da tempo e il tempo che usammo per parlare, in chat, discutere, conferire informazioni l'uno all'altra e viceversa, fu usato con perizia.

Mi ricordo esattamente le parole (non tutte è Signor maestro! ...e mai a memoria) scambiate, i discorsi sulla scuola, sui ragazzi in difficoltà, sul tuo lavoro (e di tanti altri maestri) così difficile e sui colleghi/e.

Forse qualcuno pernserà:

...questo è un messaggio privato, non interessa tutti.

Infatti questo messaggio dovrebbe esser privato, ma forse c'è qualcosa che va dato anche ad altri.

Tutti abbiamo difficoltà nel lavoro e in tutto il resto, quando ero ragazza io volevo fare, e lo desideravo molto, la maestra. Fu scelta che non feci e l'ho fatto comunque (in parte) per i miei figli. Ma so cosa significa (perchè di maestri in gamba ne ho avuti tanti e tanti...e forse ne arriveranno ancora) esser buon maestro.

Essere buon maestro significa :

1 - Avere sempre tutti i sensi accesi e rivolti verso i ragazzi

2 - Cercare di acquisire tutto il possibile pr darlo e gratis (non è mica che sian ricchi i maestri)

3 - Sostituire i colleghi anche se sei stanco morto

4 - Lasciare che essi saltino sulla TUA cartella e la distruggano ma farsi rispettare come persona

5 - Avere sempre fiducia nella propria professione

6 - Rendersi conto che, molto, si sta imparando da quello che pare un ammasso informe di esseri correnti/striscianti/chiaccheranti/giocanti/vaganti/disattenti/disobbedienti ecc e recitarsi a memoria, almeno 7 volte al mese la poesia di Prevert "Le cancre"

7 - Dimenticarsi, talvolta, nozioni e formule, date e personaggi, titoli e informazioni per mandare a loro il messaggio unico e inequivocabile : IO, MAESTRO AMO LA SCUOLA E QUESTO VI DO SOPRA OGNI COSA. Che se non gli mandi questo (e tu lo sai, Giovanni, tu ch lo fai sempre lo saI), se non gli fai venire la voglia di domande, se non gli trasformi poeti e musici, come storia e geografia, in fiabe adatte al loro tempo non desidereranno mai capire.

Allora Giovanni, grazie di aver fatto, per me anche, il maestro (ho imparato un po' io, spero un poco anche tu), maestro di vita con me, non più di elementare, ma elementarissimo insegnare.

Adesso però, sarebbe meglio se, da amico, restassi.

Se mi sono allontanata, se mi sono chiusa, tu sai i motivi, li ho detti. Ho anch'io cose belle da dirti/darti. Adesso possiamo restare davvero in sintonia.

La donna che ami, scusa se mi permetto, ti ama. Lo leggo nelle tue parole. Nel modo in cui l'hai descritta a me. Attendilo, ti prego, quell'abbraccio grande che arriverà come un messaggio d'amore, il più bello che possa arrivare a te, dopo tanto dolore e tante pene.

Arriverà, a suo tempo, ma la lentezza con cui arriva lo renderà ancora più bello. Goditi questo momento e vivilo tutto, anche i silenzi, anche i dubbi.

Per ora, ma per sempre, a te e a Lei, la donna della tua vita, il mio abbraccio, il mio più grande che posso, ora, di amica, di vera amica.

A questo e a te stesso, appoggiati quando sei triste (poi me lo dici vero?...quando ci sentiamo che sei triste o felice) e vai avanti!

Quando ti stringerò la mano, quel giorno che non sappiamo ancora quando arriverà, la stringerò ad un uomo felice. E spero di vedere il sorriso di una dolce creatura al suo fianco.

Adesso, cammina, Signor Maestro, muoviti che io "ho da correre" avanti e se vogliamo giocare questo gara di pallone mica puoi stare fermo lì, a guardarmi!!!

Baci...teneri baci piccini!

Patrizia P.

P.S.: Caro Maestro, avevo fatto degli errori e Lei non li ha corretti, bravo. E' giusto, ma son tornata a correggermi da sola, se è metafora spero che sia anche un pensiero attivo.

 
 
 

Animali strani

Post n°4 pubblicato il 19 Ottobre 2005 da almostblu0

Femminam perniciosus perniciossissimum viperam velenosas venemum cauda et caput draconis sfigam supremam matrii esseri incautum sposatii et grandissimam rompipallas et capperis et ancoram in secula seculorum (suocera)

Mater : magistri et modestam et dolcem et bellissimam et simpaticas et immesem genitricem caput supremum familia et obesam intelligentia et bontadem taliis casii dicet : mettit amagliettam salutem

Pater : magistri et negat euros et qualsivogliam valutas sua menter tuas valutas es semprem disponibilem et ello es grandem lavoratorem et quandos tu es giovanes schiacciatorem te su pavimentos onde tu nos sortes di casam sua sic recartii discotecam et cinemas et amicos tuos dicet : tu es grandem scansafatichem et innetos et filio degenerem etc etc anches se tu portas casas miliones et miliones

Maritis/Mogliem : incauta sposatii impedimentom di qualunquem pacem et divanum stravaccarum et leggerem et scriverem et ovunques va spaccam animam tuam et  tuos contos in bancam et tua tranquillitade et pure bigne con pannam rompet sicut nocciolinam

Amantem : personam perfettam fino a quattodicesimos coitus interrupto avanti vedi paragrafos precedentem

Dentistam : gravem difettos geneticos portatis usarem violezas sua onde clientes sofrii et guadagnarem sesterzi et minumum 7m auto costosissimem onde lui muoves sues chiappas mentre tuos conto scemas et rimbecillisces in eternum

Datorem di lavoros : essere indubbiam tirchieriam et pidocchios non aumentam pagam mia et nulla anche altri manco se inflazionem andessem sotto africas e oceanos indianos et filiis sua ugualem padrem et nipotem pure et no si ammalam mai solo per direm dipendetes tutti : pelandrones et pigrii io pago voi casam

Baristas : grandem personam absolutas perfectionem quando tu es bisognosos de attenzionem et caffè et grappino et toast farcitas et piadinem et coca et tutti lo benedici perpetuam

Berlusconis : personam raram per fortunas nostra gravem malattiam degerativam colpiscet et ello credem esserem madonnam nera et deus et filii suo et parentem tutta familia et ancoram crede arcangeli gabrieli esset et voluntas sua no es contemplatam da costitutione et no ello vat in galeram mai et nulli convincet ello andarem casa sua manco se dicet millem anno et secula seculorm et anche papa chiedet : vattinne, ma ello facciat bronzom et acciaios inox rompet cojone italianis tutti anche bertinotti  Bush dicet : credet esser faccias de bronzos ma ello es grandes superiores anche Clinton, sia fattas voluntas tua ma restas in italia. Et dicet questo toccandos sotto cavallos patalonem

 
 
 
 

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