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MEMORIA

 

Pippo Di Vita e Mario Limentani,

ex deportato dai campi di sterminio

 

Memoria non è semplice ricordo del passato, anche perchè non c'è un prima e un poi, ma c'è la vita nel suo dinamico  e mutabile dinamismo. In questa logica la memoria diviene il recupero del vissuto, che si fa esperienza nel presente, per progredire nel futuro.

Altrimenti "chi dimentica il proprio passato è condannato a riviverlo" e a stagnare nel proprio fango.

Memoria, quindi, è vita per il progresso dell'uomo.

 

Dedica da parte di Mario Limentani a Pippo Di Vita, firmata  sul volume "La scala della morte",   scritto da Grazia Di Veroli.

Il testamento che affida a pippo Di Vita la memoria di Mario Limentani.

 

DALLA SCUOLA ALL'EUROPA

Testatina

Programma Euroscola

Ha iniziato la sua attività di docente, nella scuola secondaria superiore, nel lontano 1982, quando la costruzione europea, in pieno travaglio, stava preparandosi all'apertura delle frontiere. Nel 1991 inizia la sua avventura al Parlamento Europeo come promotore di iniziative, ancora oggi in atto, che condurranno giovani siciliani al programma "Euroscola".

Euroscola è un programma che prevede, presso la sede del Parlamento europeo di Strasburgo, la simulazione di una giornata di seduta parlamentare da parte di circa 700 studenti provenienti dai 27 paesi dell'UE.

 

 

TRENO EUROPEO

TRENO EUROPEO

DALL'1 AL 5 MAGGIO 1993

 

Palermo, Capo d'Orlando, Reggio Calabbria, Metaponto, Bari, Acerra, Napoli e Roma

Promosso da:

Ist. Reg. di Ric. e Form. Cult. "Jacques Maritain"

Parlamento Europeo

 

In collaborazione con:

Commissione europea

Ferrovie dello Stato

 

Sotto l'Alto Patronato

Presidente della Repubblica

 

Con il Patrocinio

Presidente del Parlamento Europeo

 

Su idea, progettazione, organizzazione e coordinamento di

Pippo Di Vita

 

PIPPO E GLI ALTRI

I personaggi incontrati da Pippo Di Vita durante i suoi anni di attività

Card. S. Pappalardo

 

  P. Pino Puglisi

 

                

        Teresa di Calcutta

 

 

 P. Bartolomeo Sorge s. j.

 

        Dario Argenti

 

      Giuliano Gemma

 

      Stefania Sandrelli

 

 

      Vincenzo Consolo

 

                   

             Uto Ughi  

 

    

       Marco Travaglio    

 

     

       Mario Limentani

 

             Don Luigi Ciotti

 

     Valentino Picone

 

         Salvo Ficarra

 

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IlL PALAZZO DEI PUPI

Post n°174 pubblicato il 07 Agosto 2022 da pippodivita
 

 

Dal 25 agosto 2022 sarà in distribuzione il nuovo lavoro di Pippo Di Vita, "Il Palazzo dei Pupi. Mafia, processi giustizia e impunità", edito da Armando Siciliano Editore (Messina-Civitanova Marche), con la prefazione di Giovanni Chinnici, figlio del giudice Rocco e la premessa di Carmine Mancuso, figlio del maresciallo di polizia Lenin (ucciso insieme al giudice Cesare Terranova). E' stata inserita anche la postfazione di Lucio Raspa, giornalista e già dirigente scolastico.

L'autore analizza alcuni processi di mafia, a partire dalla fine dell'800, fino ai giorni nostri. evidenziando, in tutti, a partire dalle indagini che li preparavano, un certo cliché di anomalie costituito da quei meccanismi giudiziari (non luogo a procedere, legittima suspicione, insabbiamenti, depistagi) che per quasi duecento anni anni permesso alla mafia di sopravvivere, malgrado le imputazioni, divenendo sempre più longeva e forte.

L'autore intravede una longa mano esterna che manovra stragi, omicidi, sequestri e lupare bianche, che da nord a sud, dopo il secondo conflitto mondiale, hanno caratterizzato le pagine nere della nostra Italia.

In tal senso rilegge figure delle istituzioni (politici e magistrati) e della chiesa che hanno negato la presenza della mafia.

Dall'altro, mette in risalto la storia di uomini valorosi delle istituzioni che hanno combattutto alacremente l'onorata società, fino alla morte. 

 
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27 GENNAIO: OLOCAUSTO O SHOAH ?

Post n°172 pubblicato il 23 Gennaio 2021 da pippodivita

 

 

 


Il 27 gennaio 2021 si celebra la giornata mondiale della Memoria delle vittime della Shoah.

La Memoria, nella sua accezione più pura, non deve essere intesa come semplice ricordo, ma come una testimonianza che proviene dal passato, per comprendere ancor meglio il presente, affichè maturi, in particolare nelle giovani generazioni, il rispetto della dignità umana, per la creazione di un futuro più prospero. La Memoria, pertanto, non è solo storia, ma è anche quel piccolo tassello per la costruzione di un progresso autentico e favorevole dell'umanità.

La memoria, quindi, anche in dimensione pedagogica, non deve essere considerata come un mero esercizio personalistico e privatistico, ma una azione collettiva, affinché possa divenire "modello di vita" per l'intera società.

È per queste considerazioni che l'ONU, in seguito alla risoluzione 60/7 del 1º novembre 2005, ha fissato il 27 gennaio di ogni anno, come data ufficiale della Giornata Internazionale di Commemorazione in Memoria delle vittime della Shoah, lo sterminio del popolo ebraico.

Ma cinque anni prima l'Italia, precorrendo i tempi, con la legge n. 211 del 20 luglio 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000, istituiva il "Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti", stabilendo, per la prima volta, che per il 27 gennaio, a partire dall'anno 2000 e per tutti gli anni a venire, fosse celebrata la giornata nazionale della memoria delle vittime dei campi di sterminio nazisti.

Dato che le migliaia di campi di sterminio in Europa non furono liberati insieme, ma in tempi diversi (ad esempio, Buchenwald fu liberato l'11 aprile 1945, Bergen-Belsen il 15 aprile 1945, Mauthausen il 5 maggio 1945, ecc.), fu scelta la data di liberazione del campo più rappresentativo, nella storia del massacro nazista, quello di Auschwitz (anche perchè il primo campo ad essere liberato dagli alleati fu quello di Majdanek, vicino a Lublino, in Polonia, nel luglio del 1944), che avvenne proprio il 27 gennaio 1945, con l'ingresso delle truppe sovietiche della 60ª Armata del 1º Fronte ucraino, comandata dal Maresciallo Ivan Konev.  Fu proprio quella scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti, che rivelarono compiutamente, per la prima volta al mondo, l'orrore del genocidio nazista.

Ma rivolgendomi ai docenti delle discipline umanistiche, che per il carattere precipuo dei loro insegnamenti sono in prima persona interessati allo svolgimento di questo argomento, chiedo maggiore accortezza all'utilizzo dei termini, nel rispetto del dramma vissuto dal popolo ebraico e da tutte le altre vittime coinvolte da questo brutale obbrobrio (tra cui soldati, politici, preti, omosessuali, zingari, ribelli al regime, figli di un dio minore e tanti altri), ed evitare la parola olocausto. Si, perché l'uso di una parola sbagliata può fare la differenza, generando maggiori confusioni. Infatti spesso si è definita erroneamente, questa giornata, come celebrazione della memoria dell'"olocausto". Questa definizione non fa per nulla giustizia agli ebrei, infatti l'unica parola che descrive in modo chiaro ciò che 12 milioni di persone (tra cui sei milioni di ebrei) hanno drammaticamente vissuto sulla loro pelle, è "Shoah". Vediamo perché.

La parola Olocausto (dal gr. tardo holókauston, composto da hólos "tutto, intero" e di un derivato di kaíō "brucio") si riferisce ad un rituale religioso arcaico, in uso, anche, nella cultura greca ed ebraica (secondo la tradizione giudaica, lo si attribuirebbe a Mosè), che comportava il sacrificio di una vittima (animale) che doveva essere bruciata interamente, infatti, il sacrificio dell'olocausto prevedeva che la vittima venisse completamente consumata dal fuoco sacro.

Nella Bibbia lo si trova nel libro dei Numeri, 28,3 "Dirai loro: questo è il sacrificio consumato dal fuoco che offrirete al Signore; agnelli dell'anno, senza difetti, due al giorno, come olocausto perenne", e nel Levitico, 1 "Se la tua offerta è un olocausto di bestiame grosso, egli offrirà un maschio senza difetto; l'offrirà all'ingresso della tenda del convegno, perché sia accetto al Signore in suo favore".

Successivamente, nell'ultima metà del secolo scorso, per antonomasia, il termine "olocausto" lo si è riferito al genocidio perpetrato dai nazisti nei confronti degli ebrei d'Europa e di altre fasce della popolazione.

In tal senso, l'uso (inappropriato) del termine olocausto, individuerebbe nel popolo ebraico quella genìa da sacrificare, durante la seconda guerra mondiale. Al contrario, oggi è palese a tutti che ciò che subì quel popolo non fu un atto sacrificale, ma un vero e proprio massacro, studiato e pianificato, non per sacrificare sugli altari della storia un intero popolo, ma per un motivo assai più devastante, quanto molto più concreto e reale. Infatti, lo scopo di quella barbarie era di sterminare un'intera etnia, tant'è che a partire dalla fine del 1940 gli stessi nazisti definirono quella atroce azione, la "soluzione finale della questione ebraica" (in lingua tedesca Endlösung der Judenfrage), e con la conferenza di Wannsee (vicino a Berlino), il 20 gennaio 1942, furono decise le modalità con cui questa doveva essere eseguita.

Dopo questo preambolo, vorrei sottoporre all'attenzione del lettore la testimonianza, che io diffondo dal 2014, di Mario Limentani (Venezia, 18 luglio 1923 - Roma, 28 settembre 2014), deportato del campo di sterminio di Mauthausen, che dal 2000 ho accompagnato, fino alla sua morte, in giro per le scuole di Palermo e d'Italia (prima del 2000 non aveva mai fatto alcuna testimonianza).

"Passa Limentani, il romano, strascicando i piedi, con una gamella nascosta sotto la giacca" (da Se questo è un uomo di Primo Levi - 1958).

Così lo raffigura Primo Levi nel suo famoso libro e dopo cinquantacinque anni me lo trovo davanti a me, alto, robusto con un faccione roseo e allegro, si allegro. Quell'uomo che aveva subito sevizie e torture di tutti i tipi, si mostrava a me, il 27 gennaio 2000, allegro e ridente, ricco di battute scherzose e pieno di speranza, ma poi, nell'intimità della mia casa, il volto cambiava e la memoria, all'improvviso, esplodeva con racconti che terrorizzavano gli animi. A lui quelle cose non gliele avevano raccontate, ma le aveva vissute e viste. Aveva 18 anni quando fu arrestato a Roma, il 27 dicembre 1943, dalle guardie fasciste perché trovato senza documenti. A quella giovane età, il 5 gennaio 1944, fu deportato, per 18 mesi, nei campi di sterminio di Dachau, Mauthausen, Melk e Ebensee (sottocampi di Mauthausen). Così giovane aveva visto il fumo delle ciminiere dei forni crematori diffondere l'odore di bambini inceneriti, così come mi raccontava, aveva sentito le prime urla e poi il silenzio assordante della bimba di due anni, palleggiata e sballottata, come se fosse un pallone, dai calci degli SS, e poi tirata sul filo spinato, come pezza da piedi, e bruciare tra i fili della corrente. Subito dopo questo ricordo, calavano sul suo viso poche lacrime e la domanda era sempre la stessa: "cosa aveva fatto quella bambina per meritarsi tutto questo". Mi raccontò dei pugni, dei calci, delle ore di bastonate, tali da avergli modificato i suoi connotati, mi fece rabbrividire quando mi narrò di quella volta che di notte, dopo un lungo cammino nel bosco gelido ed innevato, fu portato in una casupola e gli furono tolti, come chiodi conficcati nel legno, quindici denti per il puro gusto barbaro di un ufficiale delle SS ubriaco. E fu in quel momento che, ancora raccontava, iniziò a deperire fino ad essere buttato tra i cadaveri che dovevano essere infornati nel forno crematorio, ma per puro caso riuscì a salvarsi, grazie all'ingresso nel campo dei carri armati americani. Pesava 27 Kg e due etti e da tempo non si chiamava più Mario ma era diventato un "pezzo", un'oggetto, immatricolato con il n° 42.230, che doveva ripetere velocemente ed in tedesco.

E poi l'incubo, tra i tanti: "ogni giorno dovevamo scendere e salire 186 gradini con blocchi di granito in testa e, se le forze ti abbandonavano e cadevi, finivi giù dal burrone. Lì morivano tutti i giorni duecento, duecentocinquanta persone... Noi la chiamavamo la scalinata della morte mentre quelli delle SS dicevano che era il muro dei paracadutisti. Oltre cinquanta metri di altezza dal suolo". Quella scalinata l'aveva scolpita nella mente, l'aveva metabolizzata, era diventata oggetto continuo dei suoi incubi notturni e faceva parte della sua futura esistenza, tant'è che quando mi fece scrivere la dedica sul libro che Grazia Di Veroli scrisse su di lui, "La scalinata della morte", nel letto della sua malattia, a poche settimane dalla sua morte, così fece scrivere per me (non aveva più la forza di farlo da solo, ma riuscì a firmare di suo pugno): "A Pippo, al peggio amico mio (anche in quel doloroso momento riusciva a scherzare), sulla scalinata della morte, che in questi anni mi ha portato in giro per l'Italia, adesso lui andrà in giro al posto mio".

Questa sua dedica è per me un impegno civile e vitale, per aiutare i giovani a capire come costruire un futuro di pace e prosperità, continuando a portare avanti quanto Mario mi ha insegnato. "Molte notti io mi sveglio e mi pare di stare lì. Mi pare di stare nel campo e vedere con gli occhi i maltrattamenti che hanno fatto ai miei compagni, quello che hanno fatto a me. È una cosa indimenticabile, non si può scordare, io vado per le scuole, porto i ragazzi a Mauthausen, non lo faccio per me ma lo faccio per il loro avvenire, per prevenire che un domani possa di nuovo succedere una cosa simile".

 

 
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CHIESA TRA MAFIA ED ANTIMAFIA

Post n°171 pubblicato il 23 Dicembre 2020 da pippodivita

Nel Cristianesimo sono insiti, in modo connaturato, i valori della legalità e della giustizia, insegnati da Cristo nella pericope evangelica: "Dai a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Ma la Chiesa, che veicola i principi cristiani, non può scrollarsi di dosso quello che è stato per decenni il suo rapporto con la mafia e di conseguenza con l'antimafia, quest'ultima fatta di vescovi e sacerdoti che, per il semplice fatto di aver testimoniato Cristo, hanno donato la vita. 

Sappiamo benissimo, come in passato di mafia non si doveva parlare e, soprattutto dalla politica, veniva negata, ma la politica non fu un caso isolato, in questa sequenza negazionista nei confronti della mafia, infatti anche la Chiesa, in passato, non si è esonerata da questo bieco atteggiamento, quasi protettivo, nei confronti dei mafiosi, quella stessa Chiesa che ha visto martiri della mafia, Padre Pino Puglisi (Palermo, 15 settembre 1993) e Don Giuseppe Diana (Casal di Principe, 19 marzo 1994), oltre all'impegno dei tanti preti e vescovi, attivi sagacemente nell'antimafia. Tra questi non può non essere ricordato, pur se brevemente, il Cardinale Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo dal 17 ottobre 1970 al 4 aprile 1996, che con la sua Pastorale sociale e giovanile, aderente al Concilio Vaticano II, portò avanti una sensibilizzazione non solo ai valori spirituali, ma anche a quelli umani e sociali, sostenendo una battaglia forte ed ardimentosa contro ogni forma del male, compresa quella assunta dalla mafia.

Purtroppo prima del cardinale Pappalardo, "la Chiesa (le mafie, n.d.a.) non le ha mai combattute, non c'è stato mai un aperto contrasto fino ai tempi recenti. Un lunghissimo silenzio dei cattolici, del clero, delle gerarchie locali e nazionali, ha dominato incontrastato accompagnando l'evolversi di quei fenomeni criminali anche quando avevano assunto fama internazionale e la parola mafia era diventata il termine per antonomasia in tutto il globo per indicare la criminalità organizzata. Anzi, la storia della Chiesa in quei territori si svolgeva parallela a quell'espansione e più di una volta con essa si intrecciava, soprattutto in Sicilia" (articolo di Isaia Sales, "Chiesa e mafie", tratto da il Portale "Kainos", numero 12 - malavita, Pubblicato 15 Gennaio 2013: http://www.kainosportale.com/index.php/12-malavita/86-ricerche12/271-chiesa-e-mafie).

In un articolo del 1989, su "La Repubblica.it", fu riportato il contenuto di una relazione epistolare tra il Vaticano ed il cardinale di Palermo del tempo, Ernesto Ruffini (arcivescovo di Palermo dall'11 ottobre 1945 al11 giugno 1967) che di seguito riporto: "'Eminenza reverendissima, la Chiesa evangelica valdese ha pubblicato un manifesto per deplorare i recenti attentati dinamitardi che hanno provocato numerose vittime fra la popolazione civile ...' La lettera, 17 righe, era partita dal Vaticano il 5 agosto 1963. Firmata da monsignor Angelo Dell'Acqua. Indirizzata all'arcivescovo di Palermo Ernesto Ruffini. Dalla segreteria di Stato di Sua Santità si chiedevano notizie sulla cosiddetta mafia, si rivolgeva poi il suggerimento se non fosse il caso che si promuovesse un'azione positiva e sistematica per dissociare la mentalità della mafia da quella religiosa.... L'anno, il ' 63, è quello della strage di Ciaculli, delle Giuliette imbottite di tritolo che saltano in aria, dell'inizio della prima grande guerra tra i clan. La lettera di monsignor Dell' Acqua fu ispirata da Paolo VI. La risposta del cardinale Ruffini arrivò sei giorni dopo, l'11 agosto. 'Eccellenza reverendissima, mi sorprende alquanto che si possa supporre che la mentalità della cosiddetta mafia sia associata a quella religiosa... E' una supposizione calunniosa messa in giro, specialmente fuori dalla Sicilia, dai socialcomunisti, i quali accusano la Democrazia cristiana di essere appoggiata dalla mafia, mentre difendono i propri interessi in concorrenza proprio con organizzatori mafiosi o ritenuti tali'" (https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/04/16/il-cardinale-disse-forse-la-mafia-nemmeno.html).

Ma ancora, non si può dimenticare cosa il Cardinal Ruffini scrisse, nella Lettera pastorale del 22 marzo 1964, intitolata "Il vero volto della Sicilia", in cui il prelato difendeva il popolo siciliano contro le false rappresentazioni che ne infangano il buon nome. Sulla mafia, che minimizza e riduce ad una semplice attività criminale, presente non solo in Sicilia ma nel resto d'Italia e dell'Europa,  ecco cosa afferma integralmente: "Una propaganda spietata, mediante la stampa, la radio, la televisione ha finito per far credere in Italia e all'Estero che di mafia è infetta largamente l'Isola, e che i Siciliani, in generale, sono mafiosi, giungendo così a denigrare una parte cospicua della nostra Patria, nonostante i grandi pregi che la rendono esimia nelle migliori manifestazioni dello spirito umano. Prima del 1860 sembra che nessuno parlasse mai di mafia. L'etimologia del nome è piuttosto oscura, ma l'opinione più probabile è quella che la fa derivare da una parola araba usata dai contadini trapanesi per indicare cave di pietre dell'epoca saracena, nelle quali si erano dati convegno o si erano rifugiati i untori dell'Unità d'Italia e gli organizzatori occulti delle squadre rurali di appoggio a Garibaldi nell'impresa dei Mille. Quei partigiani chiamati «mafiosi», perché provenienti dai covi delle mafie, apparvero facilmente dinanzi al pubblico, uomini d'onore, valorosi ed eroici. Il titolo di mafioso venne quindi esteso a significare persone e costumi di particolare parvenza ed eleganza; ma poi assunse il valore attuale di associazione per delinquere, e qui è necessario richiamare le condizioni dell'agricoltura nella Sicilia Centrale e Occidentale di quei tempi. Venuta meno la difesa che proveniva dall'organizzazione feudale e infiacchitesi il potere politico, i latifondisti ebbero bisogno di assoldare squadre di picciotti e di poveri agricoltori per assicurare il possesso delle loro estese proprietà. Si venne così a costituire uno Stato nello Stato, e il passo alla criminalità, per istinto di sopraffazione e di prevalenza, fu molto breve. Tale può ritenersi, in sostanza, l'origine della mafia contemporanea. Ne può destar meraviglia che il vecchio, deplorevole sistema sia sopravvissuto, pur essendo cambiato il campo dell'azione. Le radici sono rimaste: alcuni capi, profittando della miseria e dell'ignoranza, sono riusciti a mobilitare gruppi di ardimentosi, pronti a tutto osare per difendere i loro privati interessi e per garantire la loro supremazia nell'orticultura, nel mercato e nei più disparati settori sociali. Questi abusi sono divenuti a poco a poco tristi consuetudini perché tutelati dall'omertà degli onesti, costretti al silenzio per paura, e dalla debolezza dei poteri ai quali spettavano il diritto e l'obbligo di prevenire e di reprimere la delinquenza in qualsiasi momento, a qualunque costo. Si rileva per altro dai fatti che la mafia è sempre stata costituita da una sparuta minoranza. Inoltre se è vero che il nome di mafia è locale, ossia proprio della Sicilia, è pur vero che la realtà che ne costituisce il significato esiste un po' ovunque e forse con peggiore accentuazione. Per non rifarmi a vecchie date, chiunque abbia letto anche di recente i giornali ha potuto notare - non di rado con somma indignazione e forte deplorazione - delitti inqualificabili commessi altrove, in Europa e fuori, da bande perfettamente organizzate. Quelle città e quelle Nazioni hanno il vantaggio di potere isolare le loro nefandezze, non avendo un nome storico che le unisca, ma non per questo giustizia e verità permettono che si faccia apparire il popolo di Sicilia più macchiato delle altre genti".

In tempi più moderni, da non dimenticare, ad esempio, che la Cassazione, ha definitivamente assolto padre Mario Frittitta, Carmelitano scalzo, condannato in primo grado per favoreggiamento aggravato nei confronti del capomafia Pietro Aglieri. Il prelato è stato assolto in appello e definitivamente scagionato dalla Suprema Corte "per aver commesso il fatto nell'esercizio di un diritto"; di fatto, il sacerdote incontrava il boss latitante, lo confessava e celebrava messa nel suo nascondiglio, debitamente arredato con un altarino, per avere esercitato il suo ministero di sacerdote.

"Ma il titolo di prete mafioso per eccellenza spetta a don Agostino Coppola, parroco di Cinisi. colui che il 16 aprile 1974 nei giardini di Cinisi sposa Totò Riina (latitante) con Ninetta Bagarella. Insieme a lui c'erano altri due preti, don Mario e don Rosario. Don Coppola venne 'combinato' mafioso (entrò in Cosa nostra) a Ramacca nel 1969. È celebre l'esclamazione di Pippo Calderone rivolta al fratello Antonino: «Gesù Gesù, anche un parrino in Cosa Nostra». Don Agostino era legato a Luciano Liggio e nipote di un capo di Cosa nostra Frank Coppola. Amministrava i beni della diocesi di Monreale (la più chiacchierata di Sicilia) e faceva da mediatore nei sequestri di persona fatti dai Corleonesi (quello di Cassina, di Luigi Rossi di Montelera e dell'industriale Emilio Baroni). Fu arrestato nel 1974, e nella sua abitazione vennero trovati 5 milioni provenienti dal riscatto di un sequestro di persona. Il colonnello Russo, ucciso poi dalla mafia, era convinto che don Agostino avesse nascosto Luciano Liggio latitante a Piano Zucco, zona in gran parte controllata dal prete e dai suoi fratelli Giacomo e Domenico. Tra il 1971 e il 1973, periodo di permanenza di Liggio latitante nel palermitano, padre Agostino Coppola acquistò beni per 49 miliardi di lire" (articolo di Isaia Sales, "Chiesa e mafie", tratto da il Portale "Kainos", numero 12 - malavita, Pubblicato 15 Gennaio 2013: http://www.kainosportale.com/index.php/12-malavita/86-ricerche12/271-chiesa-e-mafie).

Ho voluto riportare solo pochi casi di preti invischiati con la mafia, ma la casistica è molto più lunga e penosa, ma per chi scrive è fondamentale far comprendere, a chi pensasse il contrario, che chiunque abbia avuto ed ha sete di potere e di denaro all'ennesima potenza, indipendentemente dal ceto sociale di appartenenza, nella mafia ha sempre trovato il suo fedele alleato, al di là del tipo di abito che indossa.

Ce lo insegna, per concludere la carrellata, il Cardinal Paul Casimir Marcinkus, morto nel 2006, in stretto contatto con Michele Sindona (mafia e massoneria) e Roberto Calvi (presidente del banco Ambrosiano e appartenente alla P2), presidente dello IOR (Istituto per le Opere di Religione), alias la banca del Vaticano, che per un certo periodo divenne la banca del riciclaggio del denaro sporco della mafia. Famoso il suo personale coinvolgimento nel crack del Banco Ambrosiano di Calvi (che il 18 giugno 1982, fu trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri sul Tamigi, con dei mattoni nelle tasche), per il quale sfuggì agli arresti, solo perché utilizzò il passaporto diplomatico Vaticano, ma fu coinvolto, comunque, in tanti altri scandali, come quello sulla morte di Papa Luciani (Giovanni Paolo I), che si racconta, lo volesse sollevare dall'incarico dello IOR, o il sequestro di Emanuela Orlandi, e tanto altro.

Comunque, non dimentichiamo, malgrado la Chiesa nel passato abbia convissuto con la mafia, le posizioni prese, in questi ultimi decenni, da due Pontefici che sono stati gli unici a pronunciare il nome Mafia e a prendere una posizione apertamente contraria alla ad essa in modo duro e deciso, come nessun altro capo della chiesa aveva mai fatto: Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco.

"È del 2012 la notizia che Papa Benedetto XVI ha autorizzato il decreto riguardante il martirio del "servo di Dio" Giuseppe Puglisi, ucciso "in odio alla fede" il 15 settembre 1993. Una decisione che, sottolineando il ruolo di "martire" del sacerdote ucciso per la sua opera evangelica, "scomunica" indirettamente la mafia e i suoi killer: "Il martirio di Don Puglisi mette in luce tutte le tenebre del mondo della mafia e dell'illegalità, un mondo lontano dal Vangelo che padre Pino Puglisi ha smascherato", ha detto l'arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo. "La mafia ha i suoi dei e i suoi idoli", "non perdona, non condivide e uccide, tutto l'opposto del vangelo che perdona, condivide e di certo non uccide". La notizia della scomunica ai mafiosi appare scontata alla luce del Vangelo, ma meno alla luce della storia della Chiesa, rimasta per anni silenziosa (come abbiamo già constatato) sulla mafia. Come non ricordare a proposito le parole di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi di Agrigento, parole fuori programma. Il comportamento, quello della comunità cristiana, che ha delle attenuanti nelle particolari condizioni storiche dell'Isola e nelle vicende del secondo Dopoguerra caratterizzate dalle tensioni politiche ed ideologiche tra cattolici e comunisti.

Fu Paolo VI a chiedere per primo un intervento specifico contro la mafia e una pastorale adeguata alla situazione che promuovesse un'azione positiva e sistematica, con i mezzi che le sono propri - d'istruzione, di persuasione, di deplorazione, di riforma morale - per dissociare la mentalità della cosiddetta "mafia" da quella religiosa.

Ancora oggi però non esiste in ambito cattolico uno studio complessivo sul fenomeno mafioso né esiste una pastorale antimafia" (La Legalità, Sfida alla Fede Adulta, di Marco De Carolis).

 
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TRA DAD E DDI, LA CLASSE DOV'È FINITA?

Post n°170 pubblicato il 23 Dicembre 2020 da pippodivita

A tempo di Covid, tra DPCM ed Ordinanze regionali, la scuola è stata oggetto di chiusure. Quelle dell'Istruzione di primo grado sono state chiuse solo in alcune regioni, mentre per quelle di secondo grado la chiusura ha interessato tutto il territorio nazionale. L'Infanzia e l'Istruzione primaria sono invece aperte quasi tutte, tranne casi sporadici, a motivo di momentanee quarantene. Ovviamente, in questo contesto di pandemia la fanno da padrone la Didattica A Distanza (DAD) e la Didattica Digitale Integrata (DDI).

Per DAD s'intende quella tipologia di didattica che, a motivo del primo lockdown 2020, ha permesso alle scuole di chiudere l'anno scolastico, proseguendo l'attività didattica educativa da casa, attraverso l'uso degli strumenti informatici e svolgendo le lezioni in due modalità. La più utilizzata è quella sincrona, in quanto le lezioni si sono svolte in una piattaforma informatica scelta dalla scuola e con la presenza online in contemporanea del docente e degli studenti. In questo tipo di didattica, l'insegnante e i suoi alunni, si trovano nello stesso momento in un unico ambiente che viene definito classe virtuale. Durante l'attività sincrona vi è una diretta interazione simultanea tra docente e alunni e l'apprendimento avviene in tempo reale, generando quella che è identificata come classe virtuale. L'altra modalità, meno utilizzata, è quella asincrona, che non prevede la presenza in contemporanea di docente e studente all'interno della classe virtuale, infatti l'insegnante non è presente online, ma segue il processo di apprendimento degli studenti al di fuori dei vincoli di tempo e di luogo. La lezione asincrona può svolgersi, ad esempio, attraverso la fruizione di una videolezione preregistrata dall'insegnante che viene vista dallo studente senza vincoli di orario, piuttosto che con l'utilizzo di filmati didattici forniti agli studenti.

Con l'avvio del nuovo anno scolastico 2020-2020, il MIUR, attraverso il DM 39 del 26/06/2020, ha adottato un nuovo Piano Scuola, con il quale ha inteso pianificare le attività scolastiche, educative e formative delle Istituzioni del Sistema Nazionale di Istruzione.

Facendo riferimento al Regolamento sull'Autonomia (DPR 8 marzo 1999, n. 275), il documento traccia alcune ipotesi per la definizione e costruzione di nuovi percorsi formativi che siano adeguati, in questo nuovo contesto di emergenza epidemiologica da Covid-19, al normale proseguimento del processo educativo di insegnamento/apprendimento degli studenti, attraverso la definizione di precisi ambiti di intervento organizzativo.

Tra questi è previsto, "per le scuole secondarie di II grado, una fruizione per gli studenti, opportunamente pianificata, di attività didattica in presenza e, in via complementare, Didattica Digitale Integrata (DDI), ove le condizioni di contesto la rendano opzione preferibile ovvero le opportunità tecnologiche, l'età e le competenze degli studenti lo consentano".

La DDI è una metodologia innovativa di insegnamento-apprendimento complementare a quella tradizionale della scuola in presenza, che potrebbe sostituire, solo in questo periodo di pandemia, la DAD, infatti il Piano Scuola già prevedeva, la sua utilizzazione, solo se si fosse reso "necessario sospendere nuovamente le attività didattiche in presenza a causa delle condizioni epidemiologiche contingenti".

Questo particolare tipo di didattica è attivata principalmente nelle scuole secondarie di secondo grado e, soltanto in caso di nuovo lockdown, potrebbe essere applicata anche in tutti gli altri ordini scolastici (infanzia, primaria, scuola secondaria di primo grado).

Quanto sopra descritto mostra strumenti alternativi alla didattica in presenza, che possano permettere, in tempi circoscritti all'emergenza, la prosecuzione dell'anno scolastico. Ma bisogna precisare un dato fondamentale, infatti, senza voler mettere in discussione il preoccupante procedere del SARS-CoV-2 (il Betacoronavirus che causa la patologia COVID-19), tali modalità di didattica, se non vi fossero motivi fondati scientificamente sulla pericolosità della scuola come bacino di contagio, possono essere problematiche per il processo di crescita degli alunni. Ciò è affermato, tra gli altri, anche da un componente del Comitato Tecnico-scientifico del Governo nazionale, il Prof. Alberto Villani, pediatra del Bambino Gesù di Roma, che in una intervista rilasciata a fine ottobre di questo anno, ha dichiarato che "la scuola non è fonte di casi positivi e focolai. I contagi non si sono sviluppati in classe ma nell'ambiente esterno". Ma ancora, a conferma di ciò, il coordinatore dello stesso Comitato, Agostino Miozzo, in un forum all'ANSA, ripreso da Orizzontescuola.it, ha dichiarato che "Da settimane abbiamo dato indicazioni che allo stato attuale la scuola non è un pericolo - sottolinea - Le condizioni sono mutate, ci sono delle regole, i ragazzi vanno con la mascherina, devono stare distanziati e ci sono stati investimenti importantissimi". Ecco perché "l'ambiente scuola è un ambiente relativamente sicuro, fermo restando che il rischio zero in questa pandemia non c'è". Dunque i ragazzi vanno "riportati in aula prima possibile". Per questo sono "incomprensibili e imbarazzanti" certe scelte "estemporanee" di governatori e sindaci in contrasto con i provvedimenti governativi" (Orizzontescuola.it, Cronaca 25 nov. 2020 - 19:46).

Tra l'altro, in molti dei Paesi del Vecchio Continente hanno scelto di non chiudere le aule delle scuole, anche se sono dovuti ricorrere negli ultimi giorni a maggiori restrizioni che hanno cambiato la vita degli alunni. Lo stesso Primo Ministro britannico Boris Johnson, che, all'inizio di questa pandemia ha tenuto un atteggiamento negazionista e superficiale, ha escluso le scuole dal nuovo lockdown nazionale, che è entrato in vigore il 5 novembre, fino a martedì 2 dicembre. Si perché le scuole devono essere le ultime, eventualmente, a chiudere e solo in un lockdown totale.

Da insegnante ritengo che la scuola non debba essere chiusa, tranne che in comprovati casi di necessità, per un semplice motivo, perché la "classe", luogo non solo fisico per la formazione e la crescita dei giovani, con tutto ciò che questo concetto racchiude in sè, non può mai essere sostituita da una DAD. Infatti la Didattica a Distanza, così come è già stata utilizzata, non può e non deve essere considerata la didattica del futuro, ma semplicemente una didattica dell'emergenza, temporanea e isolata solo ed esclusivamente a momenti di altissima gravità. Infatti, la didattica (quella che da qualche mese definiamo in presenza) ha suoi metodi e suoi strumenti, che hanno valore e rilevanza solo all'interno di una dialettica e di una relazione fatta di corporeità, di gesti, di scambi visivi e sonori, di sguardi, oltre che di contenuti e saperi da trasmettere, e ciò si costruisce dentro quel contesto che è la classe, da intendere non solo nel senso topico, cioè del locale in cui si svolge la lezione, ma nel senso dinamico, fatto di relazione ed interrelazione corporea, emozionale e disciplinare, tra docente e discenti. Anche gli oggetti della classe, il proprio banco, la lavagna, la relazione fisica con i compagni e quella speciale con i docenti, sono parte integrante della didattica e dell'insegnamento scolastico, che la propria casa, o la propria stanzetta, non possono sostituire. Insegnare vuol dire lasciare il proprio segno e ciò può avvenire solo nella presenza di persone che insieme interagiscono ed insieme, guidate, crescono. Il virtuale non è scuola e per la didattica non deve essere considerato il futuro, altrimenti ciò che viene definito processo di scolarizzazione, si snatura, divenendo altro.

Deve comunque essere chiaro, al di là di tutto, che per tornare a scuola e ristabilire il contatto con la classe, luogo principe dell'educazione-apprendimento, bisogna mettere la scuola nelle condizioni di essere in sicurezza, e consentire, in particolare, agli insegnanti di scuola dell'infanzia di avere tutti i presidi indispensabili per lavorare in modo sereno e sicuro.

Quindi scuola in presenza si, ma solo a certe condizioni.

 

 

 
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PROFILO PROFESSIONALE

  

 

  • Docente utilizzato, presso le istituzioni scolastiche, per la progettazione didattica ed europea e come conferenziere
  • Dirigente sindacale
  • Europrogettista nell'ambito dei Fondi e dei Programmi dell'UE
  • Formatore in europrogettazione
  • Musicoterapeuta
  • Esperto in Pubbliche Relazioni
  • Organizzatore di Grandi eventi
  • Consulente istituzionale in politiche comunitarie
  • Consulente dei fondi europei del portale on line "Obiettivo Europa"
  • Scrittore
  • Conduttore radiofonico
  • Già docente di religione nell'istruzione secondaria di II grado
  • Già docente di Teologia dogmatica nella Scuola Teologica di Base Diocesana "San Luca Evangelista" di Palermo
  • Già Conferenziere europeo della Rete Team Europe della Commissione europea (dal 1997 al 2010)
 

ENTI DI APPARTENENZA

 

IPSSAR "P. BORSELLINO"  Palermo

ISTITUTO DI TILOLARITA'

 

IIS "Polo - Bonghi" di Santa Maria degli Angeli - Assisi                            

ISTITUTO DI SERVIZIO

 

"SNADIR"  (Sindacato Nazionale Autonomo Degli Insegnanti di Religione) 

CONSIGLIERE NAZIONALE, SEGRETARIO PROVINCIALE e COORDINATORE REGIONALE UMBRIA/MARCHE 

 

"OBIETTIVO EUROPA"       Roma         

MEMBRO ESPERTO             

 

FEDERAZIONE GILDA UNAMS Perugia/Umbria

MEMBRO DIRETTIVO PROVINCIALE di PERUGIA e REGIONALE dell'UMBRIA

 

CELM - Comitato Europeo per la legalita' e la memoria

PRESIDENTE e SOCIO FONDATORE


ENTI IN CUI HA GIA' OPERATO

MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO - Perugia

SOCIO FONDATORE e COMPONENTE DEL DIRETTIVO

 

KIWANIS CLUB FOLIGNO

SOCIO

 

ATTIVITA' SINDACALE

 

Corso Formazione SNADIR - ADR 

Roma 04 maggio 2017

E' organizzatore e coordinatore del Corso Formazione SNADIR - ADR, svoltosi a Roma su:  "La dimensione europea dell'educazione".

https://www.youtube.com/watch?v=hTYnsFCvplI

Intervista a Pippo Di Vita


Corso Formazione SNADIR - ADR - Uffici Dioc. IRC Umbria 

Assisi 10 marzo 2016

E' organizzatore e coordinatore del Corso Formazione SNADIR - ADR - Uffici Dioc. IRC Umbria per IRC di Umbria, Marche, Abruzzo, Toscana, Lazio e Campania. Vi hanno partecipato 300 docenti di IRC.

http://www.ragusaoggi.it/linsegnamento-della-religione-cattolica-nella-riforma-la-buona-scuola-31-anni-dallintesa/

Intervista a Pippo Di Vita 


7° Congresso Nazionale SNADIR

   Rimini 28-29 Novembre 2015   

 Intervento di Pippo Di Vita

Presentazione emendamento Frate aprile 2022

INCARICHI

Componente del Consiglio Nazionale dello SNADIR, Segretario Provinciale SNADIR di Perugia e Coordinatore Regionale per l'Umbria e l'Abruzzo.

E' membro del Consiglio regionale dell'Umbria della Fedederazione sindacale Gilda - Unams (FGU) .

 

CONVEGNI E CONFERENZE A CUI HA PARTECIPATO

 

Convegno Palermo 1997 a Palazzo delle Acquile

 

Dal 1982 partecipa, in qualità di relatore, a conferenze, convegni e tavole rotonde su l'UE e su legalità, comunicazione interpersonale, teologia e catechesi. Ha svolto questa attività, oltre che a Palermo e provincia, e in molte città siciliane, anche in Italia, a Vicenza, Roma, Ancona, Napoli, Benevento, Potenza, Viterbo, Bari, Metaponto, Cosenza, Reggio Calabria, Assisi, Bastia Umbra, Ancona, Perugia, Terni e FolignoIn Europa, dal 1991, ha tenuto incontri presso il Parlamento Europeo, a Strasburgo e Bruxelles, e anche all l’Universitat des Saarlades a Saarbrucken (Germania) e  nel 2008 presso l'Ecole européenne Uccle - Bruxelles (Belgio).

 

ATTIVITA' RADIOFONICA

 

 

RADIO SPAZIO NOI - CIRCUITO NAZIONALE IN BLU

Da Gennaio a Luglio 2003: Conduzione di "Spazio Europa" (12 puntate).

Da Febbraio a Luglio 2004: conduzione di  "Viaggio in Europa" (12 puntate).

Da Novembre 2004  a Maggio 2005: conduzione di "L'Europa a scuola" (12 puntate).

05 Ottobre 2005: Intervista telefonica su ingresso della Turchia nell'Unione europea.

Da Ottobre 2005 a Maggio 2006: conduzione di "Viaggio in Europa"(12 puntate).

 

ALTRE RADIO

7 Marzo 2018RADIO GS - Presentazione "Mafia ed antimafia, ..." (1 ora).

http://www.greenstage.it/AUDIO/7-03-2018%20cosi%20e%20se%20vi%20piace

13 Marzo 2018Radio Libera 21 Marzo - Intervista su legalità ed antimafia (15').

https://www.spreaker.com/show/radio-libera-21-marzos-show

(Partire dal punto 67,30)

 

GRANDI EVENTI ORGANIZZATI

  • FESTA DELL’EUROPA, il 9 maggio 2014 e 2015 a Foligno e 2016 ad Assisi/Bastia Umbra. Dal 1997 fino al 2010, il 9 Maggio, a Palermo, Benevento, Bari, Cosenza, Termini Imerese (PA). 
  • SETTIMANA DELL’AMICIZIA ITALO/CINESE, Palermo, dal 16 al 22/10/2006. 
  • FORUM EUROPEO SCUOLA/EUROPA, Palermo, il 22 Novembre 2002. 
  • DALAI LAMA seguito da Richard Gere e Marco Columbro, Maggio 1996, per conto di Amnesty International.
  • TRENO EUROPEO, dal 1 al 5 maggio 1993 da Palermo è giunto a Roma attraversando le  città di Capo d’orlando, Messina, Reggio Calabria, Cosenza, Metaponto,  Bari, Acerra e Napoli. 
  • STEND DEL PARLAMENTO EUROPEO A PALERMO, a Palermo dal 23 Maggio al 6 Giugno 1992,  in occasione della Fiera Campionaria del Mediterraneo.
  • REFERENDUM SULLA LEGGE 194, tra il 1980 ed il 1981, a Palermo, Manifestazione con Madre Teresa di Calcutta. 
 

RICONOSCIMENTI E PREMI

 

 

 

Roma 26 novembre 2017 (Campidoglio): Targa finalista - Premio giornalistico e letterario "Pier Santi Mattarella:

Cosenza 26 ottobre 2013: 1° classificato - poesia inedita - Premio Internazionale "La Rinascenza della Calabria". Poesia vincitrice: "Uomini Soli".

Palermo 2005: Targa del Presidente del Consiglio comunale per l'organizzazione della Festa dell'Europa.

Ravanusa 2003: Targa in occasione della presentazione del volume “Racconti europei”.

Palermo 2001: Targa “Angelo Valentini” dell’Ufficio per l’Italia del Parlamento europeo.

Palermo 1996: Medaglia celebrativa della Città di Palermo, da parte di Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, per l’attività svolta a favore della dimensione europea.

Arcidiocesi di Palermo 1983: Medaglia  celebrativa della Dedicazione della Cattedrale di Palermo, donata dall’Arcivescovo Cardinale di Palermo, S.E. Salvatore Pappalardo, per l’impegno profuso nell’attività diocesana.

Carini 1985: 2° Premio “Premio Cultura Pino Evola”.

 

PRESENTAZIONE DEI LIBRI

PRESENTAZIONE DI "ESISTERE"

Palermo, 28 Marzo 2013

Bastia Umbra (Pg), 1 giugno 2013

 

PRESENTAZIONE DI "IL TEMPO"

Foligno (Pg), 16 dicembre 2014

 

PRESENTAZIONE DI "EVOLUZIONE"

Bastia Umbra (Pg), 5 novembre 2016

 

Palermo, 15 dicembre 2016

 

PIPPO DI VITA

 

 

 

 

 

 

 
 

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