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Il caso Balotelli: razzismo nel calcio

Post n°403 pubblicato il 22 Maggio 2013 da mariopulimanti
 

Il caso Balotelli: razzismo nel calcio

 

Spesso simboli del neonazismo e slogan antisemiti si presentano negli stadi di calcio, dove il razzismo si può esprimere tramite gli insulti razzisti dei tifosi o pratiche d’emarginazione per opera degli organismi di controllo a tutti i livelli, dei club o di altri protagonisti del calcio.

 

Le forme di razzismo più comuni nel calcio riguardano i giocatori neri, anche si vi sono tuttavia altre forme rivolte a persone con origini diverse quali musulmani e ebrei.

Perciò Mario Balotelli ha fatto bene a reagire ai cori razzisti che continuano a piovere dalle tribune dei campi di calcio sui giocatori di colore.

Si tratta un fenomeno troppo spesso dovuto ad indifferenze e connivenze, frutti di una visione sin troppo semplicistica dello stadio, ritenuto un luogo in cui tutto è permesso, in cui vige la libertà di sfogare tutte le tensioni accumulate lungo l’arco dell’intera settimana con comportamenti che in altri luoghi ed in altri contesti sarebbero immancabilmente esclusi e condannati.

Il razzismo è un problema che riguarda tutta l’Europa ed in genere a subirlo sono le minoranze etniche e gli immigrati, con maltrattamenti e discriminazione.

 

In molte parti dell’Europa le minoranze che sono vittima del razzismo provengono da regioni o paesi limitrofi.

 

Nei paesi dell’Europa Occidentale, le vittime provengono spesso dalle ex colonie d’Africa, Caraibi e Asia oppure sono figli d’emigranti.

Si è convinti che si tratti di un fenomeno contenibile all’interno della curva di uno stadio, ma è sbagliato pensarla così perché in questo modo si finisce con l’offrire ai militanti neorazzisti l’impulso a continuare lungo questa strada, sfruttando lo stadio come luogo di propaganda e di reclutamento di nuove leve, consapevoli di quanto sia breve il rendersi successivamente protagonisti di pestaggi al di fuori di quel contesto sportivo, a danno del diverso.

La provocatoria dichiarazione di Balotelli: "la prossima volta che accade abbandono il campo", va quindi compresa perché è lo sfogo, legittimo e giustificato, di un ragazzo che non si sente tutelato e protetto, come invece dovrebbe essere.

Essere razzisti vuol dire credere nella superiorità di una razza, religione o gruppo etnico.

 

Il razzismo in genere viene espresso con un trattamento meno favorevole, insulti o pratiche che causano svantaggio e può essere espresso intenzionalmente o per mancanza di comprensione e ignoranza ed in genere si manifesta apertamente o in maniera subdola.

 

Vi sono anche delle forme di razzismo che resistono da secoli, come l’antisemitismo, che resta un serio problema in alcune parti del continente: ancora oggi infatti in alcuni paesi la comunità ebrea continua ad essere oggetto di pregiudizi ed accusata di essere all’origine dei problemi che affliggono la società.

 

Ma anche l’omofobia -cioè l’irrazionale timore ed intolleranza nei confronti dell’omosessualità, dei gay e delle lesbiche-  è un fenomeno altrettanto comune nel calcio, tanto è vero che in tutti i paesi europei “gay” è diventato un sinonimo di tutto ciò che non piace ai tifosi, tanto che sembra quasi che l’omofobia ed il sessismo siano per molti tifosi una parte integrante della cultura calcistica.

 

Inoltre si è recentemente registrata anche una crescita dell’Islamofobia che ha provocato atti violenti e discriminazione nei confronti dei musulmani.

Se per molti anni non si fosse fatto finta di niente, minimizzando e derubricando a inoffensive ragazzate gli striscioni e gli ululati razzisti e se i tifosi che si sono resi protagonisti di queste gesta fossero stati puniti in modo adeguato e allontanati dagli stadi, oggi, Mario Balotelli non avrebbe alcun bisogno di dire quel che ha detto.

E  verrebbe fischiato o applaudito per le sue gesta sportive o per le sue intemperanze.

Ma non per il colore della sua pelle.

Matteo Renzi, nel suo ultimo libro “Oltre la rottamazione” ha citato il caso di Balotelli auspicando una modifica imminente della legge Bossi-Fini che ha, tra l'altro, impedito a un ragazzo nato a Palermo e vissuto a Brescia di andare alle Olimpiadi di Pechino perché ancora non aveva compiuto 18 anni.

Certo, può sembrare un compito improbo capire come un club possa affrontare un problema che nasce da generazioni di conflitti ed una storia che si rifiuta di scomparire.

 

Nel calcio c’è bisogno di mobilitazione continua: i club dovrebbero essere fieri di combattere il razzismo, mantenendo alta la visibilità delle loro iniziative durante la stagione.

 

Ciò può essere fatto con striscioni e cartelloni ai margini del campo di gioco, come spesso raccomandato dall’UEFA, oppure attraverso messaggi nel corso di programmi, annunci pubblici o sulla cancelleria ufficiale del club.

Occorre, quindi, puntare sull'educazione e la sensibilizzazione, dare voce alle attività che vengono svolte dalle curve non solo puntando l'indice accusatore verso le più razziste, ma soprattutto mettendo in luce quelle che si impegnano in tutta Europa per ricordarci che un altro calcio è possibile.

Solo in questo modo sarà possibile arrivare a una società multiculturale e rispettosa dei diversi stili di vita, colori, culture.

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

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frakazzodaferrara
frakazzodaferrara il 24/05/13 alle 16:55 via WEB
mi spiace, non condivido. Il viziatissimo e capriccioso diversamente bianco è pagato come un Nobel per tirar calci al pallone allo stadio (posto notoriamente non per educande) e quindi o calcia o va a lavorare alla catena di montaggio !
(Rispondi)
YukaakuY
YukaakuY il 24/05/13 alle 21:00 via WEB
Balotelli e' una testa di c. a prescindere dal colore della pelle. Che poi lo chiamino sporco negro e' un dettaglio, non possono dirgli morto di fame e si arrangiano come possono, i cretini da stadio.
(Rispondi)
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