Creato da lauro_58 il 10/11/2006

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A volte ho vinto, molto più spesso ho perso. Cammino tra le strade della speranza senza ripari. E se inizia a piovere, mi fermo e guardo attorno. Poi alzo il bavero del cappotto, accendo una bionda e ricomincio a camminare.

 

 

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L' attesa del dottore marinaio

Post n°144 pubblicato il 18 Maggio 2008 da lauro_58
 

Questo testo partecipa al gioco narrativo "Storia d'amore" proposto da Writer.


Lo scirocco tirava forte di lato; veniva da destra guardando verso nord e tendeva a rinforzare ma ero deciso a lasciare il porto lo stesso.
Dottore esce anche con questo vento ?”
“Sarò prudente Maestro, ed il vento mi è amico.”
“Mi raccomando, la aspettiamo per la rivincita a briscola stasera da “Trancio”.
Da queste parti quando dici Trancio dici tutto; bar, trattoria, nome del gestore ma soprattutto ritrovo per pescatori ed anime marinare. Per quelli di qui sono il Dottore per via del mio lavoro, al lavoro invece sono il Marinaio, per via della mia passione. Esempio della doppia natura umana sempre divisa tra intelletto ed impuso. Un po’ come l’ emblema della doppia natura umana per i marinai; la sirena! Creatura frutto della fantasia, è usata come metafora per descrivere la donna ideale, avvenente e magnetica, desiderosa di guadagnare un’anima e diventare umana accettando anche di perdere il suo connotato animale pur di avere la possibilità di amare. Come quella catturata nel 400 in Olanda e poi portata ad Harleem. Era nuda, si lasciò vestire, imparò a mangiare e pian piano si integrò nella società e lì visse fino a tarda età. Ma non parlò mai in attesa si dice dell’amore che mai arrivò. Oppure come quella avvistata agli inizi del 900 non lontano dal porto di Sanit John. Venne descritta come un essere dall'aspetto seducente, il viso di una splendida fanciulla, i capelli dai riflessi azzurri; anche lei in attesa dell’amore che non arrivò.
Perché l’amore è … la fine di un’ attesa.
Di queste cose ne parlavo con zio Celeste, mi insegnò lui ad amare il mare. Zio Celeste era un pescatore, lo conobbi che ero già ragazzo. Del nostro primo incontro nel parlatorio del carcere ricordo i suoi occhi emozionati e sinceri ed il suo imbarazzo. “Una brutta storia” mi diceva papà quando gli chiedevo perchè lo zio era in carcere, ma non aggiungeva altro. Mi sembrava impossibile che una persona come lui avesse fatto qualcosa di così grave da meritarsi tutti quegli anni di galera. Già perché divenni grande ma lui era ancora dentro. Presto rimasi il solo ad andare a trovarlo e lì in parlatorio ci raccontavamo di tutto. Era innamorato della vita zio almeno quanto lo era del mare. Mi confidò tutti i suoi segreti riguardo la navigazione, i venti e come leggere il cielo e le nuvole e gli uccelli quando si è al largo. Mi raccontava anche delle sirene, sapeva mille storie e leggende, e lo faceva con tale trasporto che sembrava ci credesse davvero. Un giorno glielo dissi: “Zio, dì la verità che ci credi alle sirene ! lui mi rispose:
“Ci  sono mondi sconosciuti all' uomo, mondi di mezzo senza confini in cui chi ci entra deve considerarsi un prescelto. Un marinaio passa molto tempo in mare, forse troppo ma se durante il suo veleggiare un vento caldo di scirocco precedesse una nebbia messaggera e girando lo sguardo dove il vento gli pettina i capelli scorgesse un’isola senza molo, il viaggio del marinaio sarebbe finito. Il vento cesserebbe, nel cielo una gran quiete, nel mare in silenzio il moto dell'onda ristagnerebbe. Niente più attesa, il vento dormiente, i flutti in bonaccia, il mare levigato limpido ed azzurro mostrerebbero quello che deve essere."
“Allora vedi che ci credi alle sirene zio?” gli risposi io, ma lui non disse null’altro.
Capii più tardi quello che intendesse dire, aveva trovato il modo di dare un senso ad un’illusione; quella di avere ancora una possibilità.

Quando mi innamorai di Chiara, mi resi conto subito che era la donna i cui occhi mi avrebbero visto morire, la donna della mia vita, la fine dell’attesa. Faceva la maestra e tutte le mattine costeggiando il mare andava al paese vicino per insegnare. Una strada tutta curve, con un tratto che saliva per poi ridiscendere dopo una curva chiamata “la curva del picco”. Era detta così perché quando la strada girava lì proprio sul gomito, il vuoto a strapiombo sugli scogli precipitava talmente a picco sul mare da sembrare più vuoto. Si portò via Chiara troppo presto, in un giorno di scirocco, dopo una nottata di pioggia intensa, la strada era bagnata ed il vento tirava forte; probabilmente anche lei andava forte, per non arrivare tardi dai suoi ragazzi. Il mare non la restituì. Quel giorno era un giorno speciale perché avevo un anello ed una proposta di matrimonio per lei. Ci volle parecchio prima che trovassi la forza per tornare da zio Celeste. Quando lo feci, mi domandò cosa fosse accaduto. Gli dissi tutto e fu allora che mi rivelò il fatto.  Venti anni di galera per aver ridotto in fin di vita il barone del paese.
Persona in vista, persona influente a cui era difficile dire di no. Lo fece una ragazza, la sua ragazza. Il barone non era abituato ad essere respinto e la prese con la forza; così aveva deciso così doveva essere. Lei non resse la vergogna per la violenza subita e si gettò dalla curva del picco. Anche il suo corpo non venne restituito dal mare. Zio Celeste accecato dal dolore e dalla rabbia disse che cercò la pace. Disse che la pace non è soltanto il contrario di guerra, la pace è di più. Pace è la legge della vita umana. Pace è quando noi agiamo in modo giusto, è quando tra ogni singolo essere umano regna la giustizia. Non c’era nulla di giusto in quello che aveva fatto il barone; quando capì l’approssimazione dell’animo umano verso i potenti decise di agire. Pagò il suo debito, quello che non mi disse è che da lì a tre giorni il debito sarebbe stato saldato. Galera finita, avrebbe potuto completare quello che doveva.
Ma non si seppe più nulla di lui, nessuno sa cosa successe. Lo videro salpare malgrado un’ inizio di burrasca con il vento che andava rinforzando; un vento caldo di scirocco che tirava di lato.  Sparì lui e la barca, si pensa ingoiati dal mare; d’altronde aveva perso l’abitudine ed andare di bolina con quel vento sarebbe stato pericoloso anche per i più esperti. Come per me oggi.
In fondo è un azzardo anche la mia uscita. Girando lo sguardo verso destra scorgo un banco di nebbia. Controllo incredulo la bussola incastonata sul parapetto della chiglia, lo faccio più volte … è incredibile stavo guardando verso est, sud-est per la precisione. Lo scirocco mi pettina i capelli; decido di entrarci nel bianco. Quando lo faccio il vento cessa, intorno una gran quiete, nel mare il moto dell'onda ristagna. Poco distante da me, un’isola senza molo, qualcosa si muove sotto il pelo dell’acqua chiara e celeste. Calo la scaletta ed immergo la mano, un gorgo o qualcos’altro non so … è come se me la prendesse e mi invitasse a scendere. Quando mi immergo vengo risucchiato dolcemente, vedo appannato ma distinguo il suo viso ed i suoi occhi color smeraldo che guardano i miei. Nella testa le parole dello zio:

Mentre ch'io parlo, la nave alata veleggia;
ed ecco qual nebbia lontana, il lido delle Sirene sorgere su dal mare...
Il vento cessato, nel cielo gran quiete,
nel mare in silenzio
il moto dell'onda ristagna:
certo qualcosa di diverso ha l'aria calmata, il mar levigato e assonnato...
Caduto il vento, dormono i flutti in bonaccia ed il tutto ha inizio per non finire più.

Nel cuore una certezza:
Se l’ amore è la fine di un’attesa, la mia attesa era finita.

>>> On air O’ Sailor <<<   

L' attesa del dottore marinaio è un riflessodigitale di Lauro

 
 
 
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