Creato da lauro_58 il 10/11/2006

Next 2.0

A volte ho vinto, molto più spesso ho perso. Cammino tra le strade della speranza senza ripari. E se inizia a piovere, mi fermo e guardo attorno. Poi alzo il bavero del cappotto, accendo una bionda e ricomincio a camminare.

 

 

« Lettera d'amoreUna promessa da mantenere »

Incipit

Post n°172 pubblicato il 09 Febbraio 2009 da lauro_58
 

Questo racconto partecipa al gioco narrativo 'Incipit' di Writer

             Il pesciolino rosso  

Era una magnifica giornata, tiepida e  trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima.

Guardo l'acquario, Chicca dorme ancora.
E' un pesciolino rosso, non so se sia maschio o femmina. Per questo ci vorrebbe Claudia. Da lei ho imparato anche che i pesci dormono sospesi.
Io non lo sapevo, la prima volta che ho visto fare così ad un pesciolino, ho pensato fosse morto.
"E' il loro modo di sopravvivere." disse. "Prendono le distanze da ciò che li circonda galleggiando al centro esatto del loro mondo, aspettando che torni la luce."
Conobbi Claudia al campetto di periferia. Io ero il più piccolo e stavo sempre in porta. Lei, che aveva la mia stessa età, invece giocava. Correva e tirava calci incurante della gonna; spesso cadeva per gli sgambetti e potevamo vedere le mutandine a fiori. Credo lo facessero apposta. Ma tutti ridevano divertiti, compresa lei.
"Fallo!!" gridava. Poi senza pensarci troppo, prendeva il pallone e tirava direttamente in porta fregando tutti.
Lei sapeva che con me in porta era una pacchia. Per via dei fiori o forse perché quando la vedevo mi prendeva una bella fregola alle budella. Fatto sta che mi impallinava come un gruviera.
"Tu non sei come gli altri." mi disse un giorno.
"Neanche tu sei come le altre." risposi.
"Le altre sono ragazze, io sono ragazza, non è come andare alle giostre sui calci in culo."
A quindici anni mio fratello mi regalò la sua Vespa.
"Se riesci ad aggiustarla è tua!" mi disse. Ero seduto cercando di capire cosa fare quando arrivò lei.
"Cosa ti è successo."
"Non riesco a metterla in moto."
"Fammi vedere?"
Le bastò armeggiare un po' per farla partire.
"Cosa è quello ?" mi chiese poi.
"Il motore." risposi.
"E' il cuore della moto e quando non và, ti devi sporcare le mani se ci tieni."
Se le ripulì sulle mie guance ridendo; era bellissima quando rideva. Avevamo quindici anni, ma lei sembrava averne venti e non per come aggiustava la vespa. Poi mi disse:
"Dai portami al lago."
Saltò dietro e si strinse a me. Sentivo le sue tette sulla schiena ed il suo profumo in testa. Mi fece rallentare vicino ad una panchina dove c'era seduto un tipo che fumava. Scese prima che mi fermassi e la vidi sparire con quel tizio; tornai indietro in un lampo.
Accompagnai Claudia al lungomare per tutta l'estate. Mi piaceva portarla in giro per via delle tette. Non mi piaceva tornare da solo e non mi piaceva quel ragazzo che fumava; quando tornavo lo facevo a manetta e il cuore della vespa non durò molto.

Ogni tanto spariva dalla circolazione, e ritornava sempre con un tizio diverso. Ma alla spiaggetta del lago, a quel tempo, ci veniva solo con me. Erano perfetti quei momenti, passati al riparo da occhi indiscreti; le montagne innevate intorno sembravano abbracciarci mentre facevamo il bagno quasi nudi. Dopo ci rivestivamo ancora bagnati per non sentire freddo. Claudia non portava più le mutandine a fiori, ma non la smetteva di correre dietro ai ragazzi e continuava a prendere calci nel culo. Era come mia madre, dopo un po che usciva con qualcuno diventava triste, piangeva e mi chiedeva di abbracciarla. La spiaggetta con mamma era il divano. Non capivo perché le donne a cui volevo bene facessero così. Io cercavo di essere uguale agli altri, di smettere di giocare in porta insomma, ma era come se fossi trasparente. Allora sparii per davvero, pesciolino rosso morto, defunto! Ed invece aveva solo smesso di nuotare, interrompendo qualsiasi movimento aspettando che tornasse la luce.

Deve essere così, perché da ieri sera ho questa fregola alle budella che mi brucia dentro come il culo della moka che ho messo sul fornello e che borbotta il primo caffè della giornata.
E' successo che ha squillato il cellulare, guardo. Sul display c'è scritto Chicca. A Claudia piaceva quando la chiamavo così.
Rispondo.
Un tizio parla al posto suo. Mi dice che non sapeva cosa fare e che aveva chiamato me perché sul cellulare di Claudia c'era solo il mio numero. Balbetta che erano al lago e lei stava male.
L'ho trovata sola, quasi non respirava, aveva preso un bel calcio stavolta. Le ho tolto il laccio dal braccio e l'ho portata in ospedale.

"Ci sarà da sporcarsi le mani." dico alla mia pesciolina.
Le piace quando mi bagno un dito, lo intingo nella bustina del mangime e mi avvicino. Lei scodinzola, prende la rincorsa, schizza fuori e appoggia la bocca sul polpastrello.
Come fosse un bacio.


Il pesciolino rosso è un riflessodigitale di Lauro 

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

AREA PERSONALE

 

FACEBOOK

 
 

 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963