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Post n°154 pubblicato il 17 Gennaio 2013 da sperosempre11
A volte me lo chiedo. Ma se ad un ipocondriaco venissero tolte tutte le "Sue malattie ", non credete di perderlo come amico ? L'ho imparato, intellettualmente e professionalmente, per questo, stasera ne voglio parlare. Queste persone si aggrappano come ventose ai lamenti, a tutto ciò che li irrita, e non fanno che ripetere:" Queste sono ferite e le vorrei guarire ". Ma, in fondo in fondo continuano a creare sempre più ferite poichè hanno paura che spariscano, se dovessero guarire. Ehh, già, può sembrare paradossale, ma è così. Osservate bene queste persone. Guardatele bene come si attaccano alle loro "malattie": ne parlano come se fossero argomenti da prima pagina su un quotidiano. Non parliamo poi dei loro stati d'animo negativi perchè tocchiamo il massimo dell'audiance forzata. Il fatto è che sembrano compiacersi nel parlarne. Ogni giorno, nella mia "bottega" ne arriva sempre uno: lo stesso. Ed io lo debbo ascoltare; caschi il mondo. Per anni, non per un'ora ogni tanto. Il bello è che se la godono. Si sentono dei martiri...con tutta quella montagna di "malattie" e problemi pesanti come "macigni", e pieni di rabbia, di odio, di avidità, di ambizione, e osservandoli bene mi sembra tutta una follia. Infatti, mi stanno chiedendo di venire curati e guariti dei loro "dolori unici ", ma leggendo bene l'espressione dei loro volti si legge chiaro che in relatà godono a parlarne, e che se quei problemi dovessero svanire davvero, perderebbero il loro "svago". E adesso come mi diverto ? Sembrano dire ! Immaginarsi, queste persone trovarsi un bel mattino sani come un pesce, di cosa parlerebbero durante la giornata ? Queta gente va dallo psichiatra, con la stessa facilità di chi va al bar per un caffè. Poi, magari, escono da uno studio, per entrare in un altro, per potere dire:"Sono stato dal tal Professore...e contente: " Ha preso la pietra, con me. Non ce l'ha fatta !" Come se avessero vinto una partita a scacchi. Che tutti gli psichiatri hanno fallito. Ho ascoltato la storia di un ipocondriaco che non smetteva di parlare dei suoi malanni. Nessuno gli credeva. Tutti gli esami che aveva fatto non avevano registrato un bel niente; eppure, la sua presenza giornaliera dal suo dottore era un rito cui non poteva rinunciare. Il dottore, a poco a poco che, di qualunque cosa sentisse parlare in televisione, o letto sui giornali, l'uomo aveva subito quei sintomi, e il giorno dopo...eccolo lì, presente in sala di attesa con l'espressione triste di chi aveva le ore contate. Alla fine il povero e malcapitato dottore scoppia:" Non mi faccia impazzire, anch'io leggo le stesse riviste e ascolto "Elisir" come lei.....eppure, il giorno dopo mi vedo comparire lei con tutto quel fascio di sintomi !" L'uomo; il povero malato si indispettì:" Ma chi crede di essere lei, l'unico dottore in questo paese ?" Smise di andare da quel medico. In breve, e per accorciare, voglio dire che, forse un po' tutti, non so, sguazziamo nella nostra infelicità. Perchè ? Vediamola insieme questa commedia tragica. |
Post n°153 pubblicato il 16 Gennaio 2013 da sperosempre11
Sappiamo che il sesso rappresenta una necessità fisica e psicologica ineliminabile, e nello stesso insieme sembra la causa che provoca il caos più totale nella vita di ognuno. E' un problema, insomma. Ma perchè facciamo di ogni cosa con cui entriamo in contatto un problema ? Addirittura abbiamo reso Dio un problema, abbiamo fatto dell'amore un vero problema, e abbiamo fatto del sesso un problema. Ma perchè ? Perchè ogni cosa che facciamo diventa un problema ? Perchè riduciamo la nostra stessa vita un problema ? E perchè soffriamo ? Non sarebbe il caso di smetterla e porre fine con tutte queste ragnatele di problemi che ci fabbrichiamo portando il peso giorno dopo giorno anno dopo anno ? Il lavoro, il sesso, il guadagnare denaro, il pensare, il sentire, il fare esperienze....., un fagotto di fardelli che ci bloccano persino i movimenti al punto da farci dire: " La vita è diventata un problema !" Forse la ragione non risiede essenzialmente nel fatto che pensiamo sempre a partire da un punto particolare, da una prospettiva prefissata ? Pensiamo sempre a partire da un centro per poi giungere alla periferia, eppure quest'ultima rappresenta il centro della maggior parte di noi, cosi chè, ogni cosa con la quale entriamo in contatto diventa superficiale. Ma la vita è tutt'altro che superficiale; richiede un vivere pieno e poichè viviamo solo in maniera superficiale, ciò che conosciamo sono unicamente reazioni superficiali. Qualsiasi cosa facciamo alla periferia è destinato inevitabilmente a creare un problema ed è così che si svolge la nostra vita; la viviamo in superficie; sulla sua dura scorza che non ci consegna la fondementale sostanza, e siamo felici di viverci con tutti i problemi che ciò comporta. Tutto questo caos, dentro cui ci trastulliamo, pur facendoci male, non è forse artefice la nostra mente ? Voi che dite ? I punti che ho toccato sono diversi. Non manca dunque, il pasto. |
Post n°152 pubblicato il 13 Gennaio 2013 da sperosempre11
Tutti abbiamo paura. Nessuno può dire di non averla provata. Chi afferma di non averne, ha paura di ammetterlo. Ma, in definitiva, cos'è la paura ? Sappiamo che esiste, ed esiste soltanto in realzione a qualcosa. Indubbiamente da sola non esiste. Una cosa è certa. Non posso avevere paura di ciò che non conosco. Quando dico a me stesso che ho paura della morte, ho davvero paura di quell'ignoto oppure ho p paura di perdere ciò che conosco ? Beh, è davvero un guazzabuglio. In realtà non che io abbia paura della morte, ma ho paura di venire privato di una realtà che la sento appartenermi. Voglio dire, in definitiva, che la mia paura è in relazione a ciò che è a me noto, e non a ciò a me ignoto. Possiamo dire che la paura nasce dalla coscienza; ma la nostra coscienza, se ci pensiamo bene, è formata da tutto ciò da cui veniamo condizionati; perciò, è da ammettere che la coscienza è ancora il risultato di qualcosa a noi noto. Ho paura, quindi, del noto, di ciò che conosco. Ho paura del noto, il che significa che ho paura di perdere le persone a me care, le cose e le idee, ho paura del dolore che potrebbe insorgere quando perdo qualcosa, oppure quando non la ottengo. C'è la paura del dolore. Il dolore fisico è una reazione nervosa, ma il dolore psicologico sorge quando mi tengo aggrappato alle cose che mi danno piacere e soddisfazione, perchè allora ho paura di chiunque che me li porti via. In conclusione, ovunque c'è desiderio di autodifesa c'è paura. Non devo perdere quello che ho.
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Post n°151 pubblicato il 12 Gennaio 2013 da sperosempre11
Si legge e si ascolta dappertutto, di quell'auto definirsi semplici e sensibili. Una sorta di perfezione. Vorrei discuterne con voi, di cosa sia la semplicità, e magari, da lì arrivare alla sensibilità. Credo che i due termini abbiano lo stesso DNA. Non solo, ma sembra pure che pensiamo che la semplicità sia solo un'espressione esteriore di "ritiro"; virgolettato di proposito: avere pochi beni vestire in modo estremamente sobrio quasi a rasentare la povertà, non avere una casa prorpia e in banca avere il tanto necessario per vivere; non di più. Ebbene, a mio avviso questa non vuole significare essere semplici, ma soltanto dei messinsceni esteriori. A me pare che la semplicità non è soltanto l'adattamento a un modello, per quanto valido si presenti esteriormente, ma una realtà di grande intelligenza. Sfortunatamente la maggior parte di noi inizia ad essere semplice ad iniziare dalla parte eteriore. E' relativamente facile avere poche cose ed essere soddisfatti di quelle poche cose; l'accontentarsi del poco, insomma, e magari condividere con altri. Ma questo è sufficiente perchè possiamo definirci persone semplici ? Credo, e dò per certo che ciò non implica che lo siamo pure interiormente. E questo perchè, per come il mondo è attualmente, le cose materiali ci incalzano sempre più dall'esterno, e di conseguenza la vita diventa più complicata Per sfuggirle tentiamo di disfarci di qualcosa di materiale che ci impedisce la libertà di vivere e che ci minacciano. Mi correggo. Più che disfarcene, pensiamo sia cosa giusta rinunciare a questi "pesi" che rallentano i nostri passi.. Quindi pensiamo di essere semplici attraverso la rinuncia. Un gran numero di santi, di maestri; o eremiti, ha rinunciato al mondo; e mi pare che una simile rinuncia da parte di chiunque di noi non risolva il problema, fino a quando la semplicità non sgorga dall'interiore, non proviene dall'interiore, il solo modo autentico di riflesso di semplicità esteriore. Quindi il problema di fondo è come essere semplici, perchè la semplicità di cui parlo rende sempre più sensibili. Una mente sensibile, un cuore sensibile, sono essenziali per una percezione e ricezione rapida. |
Post n°150 pubblicato il 10 Gennaio 2013 da sperosempre11
Non è un vestito già confezionato, ma stoffa da tagliare e cucire. Non è un appartamento chiavi in mano, ma una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso riparare. Non è una vetta conquistata, ma una scalata appassionante e cadute dolorose. Non è un si trionfale che si segna fra sorrisi e applausi, ma è una moltitudine di "SI" che punteggiano la vita fra una moltitudine di "NO" che si cancellano strada facendo. Non è l'apparizione improvvisa di una nuova vita perfetta fin dalla nascita ma sgorgare di sorgente e lungo tragitto di fiume dai molteplici meandri, qualche volta in secca, altre volte traboccante, ma sempre in cammino verso il suo infinito mare. (M.Q.) |
Inviato da: un_uomonormale0
il 27/02/2021 alle 19:09
Inviato da: un_uomonormale0
il 27/02/2021 alle 18:55
Inviato da: un_uomonormale0
il 27/02/2021 alle 18:53
Inviato da: daredevil665
il 16/11/2014 alle 10:27
Inviato da: renepolicistico
il 26/02/2013 alle 20:53