Messaggi di Dicembre 2017

Cittadini o sudditi?

Post n°533 pubblicato il 27 Dicembre 2017 da diogene51
 

 

 

 

Stamattina ero in un ospedale ad accompagnare un paziente. Nell'attesa, mi sono messo a leggere i cartellini appesi davanti alle porte. C'è un grande uso di sigle. Alla porta degli ambulatori c'era scritto S.O.C. [eccetera] Ad una porta S.O.S. [eccetera]. Ora, SOS sanno tutti cosa vuol dire: letteralmente “Save Our Souls” ma il significato implicito è una richiesta di soccorso, quindi vale per “pronto soccorso” o simili. Ma S.O.C.? “Save our C...?”. No, evidentemente. Suppongo “Servizio”...e poi? A che servono tutte queste sigle, dato che non devono essere lette dagli operatori che sanno bene cosa e chi c'è nelle stanze. Servono, secondo me, ad ingenerare un senso d'ignoranza, di impotenza, in una parola di sudditanza verso “color che sanno”, quelli che stanno in alto, quelli che capiscono ciò che il povero paziente ignora. Poi magari, dentro, trovi un medico che ti chiede se gli dai il permesso di prendere nota della visita, il che invece mi sembra assurdo, e poi, magari, ti rimbrotta perché sei andato alla visita prima di quanto suppone fosse necessario, quando ci sei andato sulla base di una richiesta di un sanitario che ti ha visitato precedentemente e che ha disposto quella visita lì.

 

Insomma tu non sei un cittadino che ha sempre pagato le sue tasse (come posso garantire del paziente in questione), ma un suddito, sballottato tra cose che non capisce e che non deve capire, perché altri sono quelli che decidono per lui.

 

 
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Sissi

Post n°532 pubblicato il 23 Dicembre 2017 da diogene51
 
Foto di diogene51

 

Non ho mai scritto un post sulla mia povera Sissi, che si vede in una foto di quando era giovane. Ad essa è dedicato il primo box del mio profilo, quando l'abbiamo persa. E veramente ci siamo molto amati reciprocamente. Rispondeva al richiamo, cosa non frequente nei gatti. L'avevamo presa per nostra figlia, che desiderava tanto un animaletto, ma ero generalmente io che l'accudivo (lettiere, ecc.). Generalmente i gatti amano dormire sul letto, ma scelgono i piedi, invece lei voleva venire su,   vicino alla nostra testa. Si è ammalata presto di dermatite atopica, che solo il cortisone poteva curare. Si strappava il pelo, quel suo bel pelone soffice. In conseguenza le è venuto il diabete insulino-dipendente e per anni le abbiamo fatto due iniezioni al giorno e anche delle flebo quando era disidrata. Era molto docile con noi, ma quando dovemmo lasciarla qualche giorno dal veterinario, diventò una belva, non si faceva toccare. Io credo che fosse intelligente, perché riconosceva l'immagine allo specchio, anche se pensava che fosse un altro gatto e soffiava.

 

Aveva infatti più paura dei gatti che dei cani, che guardava incuriosita, se questi non la volevano aggredire. Non aveva problemi a viaggiare, la portavamo su e giù tra casa e campagna e anche nel camper si sentiva a suo agio. Purtroppo alla fine le è venuta l'insufficienza renale e abbiamo dovuto salutarla. L'ho seppellita in campagna, seminando sopra dei fiori perenni.

 

 

 

 
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romanzi

Post n°530 pubblicato il 21 Dicembre 2017 da diogene51
 

 

Aprendo il filone letterario (della “mia” letteratura in realtà) sto scoperchiando la voglia di scriverne e dovrò darmi una regolata. Però, intanto, vi parlerò di “Piccoli uomini” il primo (o il secondo) di una fortunata serie che le ragazze non millennials sicuramente hanno letto. Lo lessi una prima volta verso i dieci-undici anni in una edizione ridotta, poi volli l'integrale ad un mio compleanno. Non era una bella traduzione (traduceva i nomi propri e si sforzava di cambiare l'ambientazione dagli Stati Uniti dell'800 ad un'Italia indefinibile), aveva delle illustrazioni. Lo lessi e lo rilessi un'infinità di volte, imparandolo praticamente a memoria e facendone lo spunto per le mie fantasie, che hanno sempre costituito una parte importante della mia vita psicologica.

 

Il romanzo non è assoltamente banale: vi sono riflesse le concezioni pedagogiche del padre della Alcott, Amos Bronson (1799-1888), creatore di scuole innovative, basate, tra l'altro, sul rispetto per gli studenti.

 

Un passo è indicativo: Nat, un trovatello accolto nel collegio descritto dalla Alcott, dice sempre bugie. Il direttore della scuola, che è il marito di “mamma Jo”, lo rimprovera più volte, ma, ad una nuova bugia, pretende di essere frustato e il ragazzo, disperato e piangendo, frusta il suo benefattore. Il ricordo del fatto gli impedirà di dire bugie in futuro. Trovo che sia una scena molto bella e istruttiva e rimpiango di non averla saputa tradurre in realtà da genitore.

 

Il romanzo fa parte di un ciclo che inizia con “Piccole donne” (che non ho letto ma di cui ho visto il film) e segue con “I ragazzi di Jo”, che ho voluto leggere anche se qualcuno, in famiglia, mi prendeva in giro, considerandolo un romanzo da signorine. Poi mi pare che ci sia “Le piccole donne crescono” ed altri. Certo, sono libri dei buoni sentimenti, forse oggi fanno sorridere, ma per me Piccoli uomini è stato importante.

 

 
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Walden

Post n°529 pubblicato il 18 Dicembre 2017 da diogene51
 

 

A proposito di libri...”riposto” un post che un controllo sui tag dimostra che ho già scritto, me ne ero dimenticato... comunque ormai ve lo propongo, scusate :) .Forse qualcuno si domanda cosa sia quel libro che compare come mio preferito nel profilo: “Walden”. L'autore è Henry David Thoreau (1817-1862), scrittore, filosofo ed abolizionista americano. Scoprii da solo, da ragazzino, il libro e l'autore, prima che il '68 lo rendesse celebre e ne facesse un suo idolo. Sosteneva che si ha il diritto di ribellarsi ad uno stato ingiusto attraverso la disobbedienza civile, che è anche il titolo di un suo saggio. Nel 1846 rifiutò di pagare una tassa per la guerra al Messico e fu incarcerato. Per lui il ritorno alla natura, che sentiva in modo panteistico, era essenziale per riscoprire la vera essenza dell'uomo e liberarsi delle sovrastrutture della cultura. Per questo nel 1845 si ritirò a vivere in una capanna da lui costruita sulle rive del lago Walden, vicino a Concord (Mass.), la sua città, e vi visse per due anni, mantenenedosi con grande frugalità. Ricorda che uno dei cibi preferiti era il pane intinto nello zucchero. Nel libro descrisse la sua vita sulle rive del lago, in mezzo ad una natura ancora incontaminata, aggiungendovi le sue riflessioni, spesso permeate da massime delle filosofie orientali, di cui era cultore. Il suo sentimento della natura corrispondeva al mio, all'età in cui lo lessi, attorno ai 15 anni; anch'io, a quell'epoca, ero panteista e mi piaceva visitare i boschi nelle giornate ventose e sentire nel frusciare degli alberi la divinità della natura con la quale mi sentivo in comunione...

 

 
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Jules Verne

Post n°528 pubblicato il 12 Dicembre 2017 da diogene51
 

 

Da un po' di tempo sto rileggendo i romanzi di Verne. Penserete che sono un po' rincitrullito, come quell'amico, che vedendomi una volta con uno di questi libri, comperato sulla bancarella nella bella edizione di Principato, mi ha detto:“ma sono libri da bambini!”.

 

Non sapeva, come forse non sapete voi, che Jules Verne è stato recentemente accolto nelle edizioni de La Pléiade, che è il Pantheon dei buoni scrittori francesi. Non leggevo questi libri da ragazzino (li leggeva mio fratello maggiore) e invece li ho letti da grande e li trovo assai interessanti. Forse i ragazzi di oggi non li leggono, prché appaiono datati. Verne era un visionario, e immaginava macchine e cose che sarebbero poi venute col tempo, come il viaggio verso la luna.

 

Amo in particolar modo la trilogia de “Ventimila Leghe sotto i mari”, “I figli del Capitano Grant” e”L'Isola misteriosa” - soprattutto l'ultimo, che ho letto e riletto. Non so se c'entra il rimpianto per non averlo letto nell'infanzia, perché è un vero romanzo formativo, con spunti psicologici assai interessanti, per esempio la rieducazione umana di Ayrton, che è una vera e propria psicoterapia ante litteram: anticipa in certo modo quell'”ascolto benevolo” che sarà della psicanalisi. Il romanzo è anche interessante dal punto di vista storico: è una specie di summa della tecnologia della metà del XIX secolo, quando un uomo colto e intelligente, un ingegnere come Cyrus Smith, poteva padroneggiare ogni processo tecnologico elementare e, praticamente dal nulla, accendere il fuoco, calcolare la posizione di un punto sulla Terra, fabbricare la terracotta, raffinare e forgiare i metalli, fabbricare il sapone, le candele o anche la nitroglicerina...Che differenza dai tempi nostri quando uno scienziato si specializza non in una disciplina (es.la fisica), né di un settore (l'astrofisica) ma solo di buchi neri, o della corona solare!

 

 

 
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