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In camera da letto ho ben tre orologi: due su ciascun comodino ed uno sul cassettone. Mentre spalanco le finestre per cambiare l'aria alla stanza, butto distrattamente l'occhio all'unica sveglia radio controllata presente sul comodino di mia moglie e, chissà perché, deduco che sia mal sincronizzata. Le altre due stanno segnando un'ora in meno, con ovviamente pochi minuti di differenza perché quella in cui solitamente imposto l'allarme per la sveglia, di proposito la tengo sempre un po' più avanti.
Ma è davvero possibile che il segnale orario, che arriva in onde lunghe da chissà dove, non sia davvero riuscito a tenerla in passo? Ho la soluzione: se illumino per un attimo lo schermo del mio smartphone, avrò l'immediato responso a cui credere. Qui non è questione di maggioranza, ma di precisione.
Con mia grande sorpresa, il cellulare mostra lo stesso orario dell'orologio che usa Maria Luisa. Aver dormito un'ora in più di quel che inizialmente pensassi, non ha contribuito a rendermi più reattivo e permettermi di mettere a fuoco subito il vero stato delle cose. Ancora incredulo mi aggiro per casa ed allineo altri segna tempo che sono sopravvissuti così a lungo senza il passaggio all'ora legale.
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Tengo quasi sempre il cellulare in modalità aereo. Mentre lavoro è un atto dovuto; in altri momenti non so, forse per risparmiare la carica della batteria. E così mi capita di lasciarlo anche quando viaggio in automobile. E se non resta disattivo, generalmente è in modalità silenziosa.
Spesso non avverto la vibrazione e mi accorgo solo più tardi delle chiamate. Ieri sera però, mentre uscivo dall'ufficio, prima di salire in auto ho pure attivato il Bluetooth. Così se qualcuno chiama, posso rispondere subito, ho pensato fra me.
Certe cose le senti nel sangue prima che accadano. Mancavano ancora alcuni chilometri a Cremona e chiama Andrea, la telefonata più gradita che avrei potuto ricevere in quel momento.
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Già che ero sveglio presto ho approfittato per fare gli auguri ad un amico. Non perché lui sia padre, anche se in verità lo è di molti figli che ha in cura come pastore d'anime, ma perché in questa giornata dedicata a San Giuseppe è il suo genetliaco, per sfoderare un termine desueto.
E così scopro, ma farei meglio a scrivere "riscopro", la bellezza della genitorialità anche senza esse procreativi, senza essere padri nel senso proprio del termine avendo fatto da tramite con quel cinquanta percento di cromosomi affinché in una culla così mirabile come il grembo di una madre si sviluppasse da due gocce infinitamente piccole un nuovo essere infinitamente grande.
In quel piccolo seme le potenzialità c'erano già tutte e dobbiamo essere grati alla vita se siamo stati capaci di farlo crescere rigoglioso e forte come splendida creatura per fare un giorno altrettanto o perlomeno offrire un po' di buona ombra che tenga al riparo e dia sollievo nelle calure sempre più intense delle nostre fragili esistenze.
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Mentre mi muovo svogliatamente per le vie del centro e mi perdo tra le anse del mercato del sabato che anima la città riempita di tanti volti sorridenti e variegati, che non sembrano patire troppo le insidie di questo freddo pungente che muove in alto velocemente le nubi ed altrove addensa copiosi covoni di nebbia, incrocio Nicoletta che mi sfila di fianco senza puntare il suo sguardo verso il mio.
Estraggo una mano dalla confortante tasca e, mentre richiamo con voce decisa il nome della collega di Maria Luisa, le afferro garbatamente il braccio così che possa capire bene chi, nell'affollato via vai, si sia preso la briga d'intercettarla.
Mi accoglie un generoso sorriso, subito seguito dai complimenti per il libro di cui per altro avevo già ricevuto suoi commenti da mia moglie. Ma indubbiamente fa piacere sentirli rinnovati di persona. Aggiunge poi che all'inizio della lettura aveva pianto tanto, e posso comprendere bene le ragioni di questa grande empatia, ma poi... E le parole restano ferme nell'aria senza che lei abbia a completare la sua affermazione con qualcosa di esplicito e conclusivo di cui in effetti non c'era bisogno perché ben delineato dalla sua espressione di gioia intensa. "Salutami tanto Maria Luisa!" in rapido congedo ricco di buone sensazioni, come a volte non le possono trasmettere incontri fortuiti di maggiore durata che spesso ci frastornano con chiacchiere e notizie utili, ma che non riescono ad infondere un senso di amicizia vera.
Dopo la pubblicazione di alcune lettere scritte intorno ai vent'anni e sottratte all'oblio della scatola di latta in cui erano state riposte con cura da Santina oppure fortunosamente rinvenute da Maria Luisa fra le pagine di un libro di mia madre, penso sia giusto tornare ora a stendere una riflessione su qualcosa che mi sta a cuore, saldando un debito contratto alcuni mesi fa, quando ho pubblicato la copertina del libro e non ho voluto aggiungere tante parole di commento.
E cosi, mentre allungo i passi in direzione radiale e mi allontano dal brulicante centro, mi vien da pensare che potrei distribuire gratuitamente alcune copie del libro a sconosciuti passanti con in cambio l'impegno di farmi avere tramite email un sintetico parere a lettura ultimata o anche abbandonata.
Il fatto che la quasi totalità di quanti si siano ritrovati fra le mani "Piccola anima" ci abbia restituito, in buona parte a me, ma ancor di più a mia moglie che è stata, e lo è tuttora, entusiastica distributrice, un giudizio ed un apprezzamento lusinghieri, non riesce a togliermi il desiderio di sapere cosa possa pensare un lettore che non mi abbia mai incontrato prima.
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Inviato da: cassetta2
il 22/01/2023 alle 14:14
Inviato da: cassetta2
il 16/08/2022 alle 22:45
Inviato da: OsservatoreSaggio
il 22/09/2021 alle 17:11
Inviato da: DoNnA.S
il 13/09/2021 alle 09:54
Inviato da: cassetta2
il 25/04/2020 alle 10:25