Creato da VELENOnelleVENE il 21/09/2007

PUNTO. E A CAPO

Minchiate assortite gusto fragola, vaniglia, rabarbaro, caffè o mais.

 

 

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IL MIO ALLEGRO CANE MORTO

Post n°103 pubblicato il 30 Giugno 2011 da VELENOnelleVENE

Non aveva mai avuto una gran simpatia per l’acqua. Anche con quaranta gradi all’ombra innaffiarla con la gomma del pozzo costituiva farle un dispetto. Molte volte mi aveva seguito nelle mie scampagnate lungo l’argine del canale davanti a casa nostra, avvicinandosi alla sponda con circospezione solo per dissetarsi se l’acqua era abbastanza alta. Le anatre che vi starnazzavano invitanti la facevano impazzire per il suo innato istinto predatore, ma mai si sarebbe tuffata ad inseguirle come avevo visto fare ad altri dei miei cani.

L’avevo scelta io tra le sei femmine bastarde nate dal pastore tedesco di un falegname che conosceva mio padre. Erano i primi di maggio del 1997 e la cucciolata aveva appena due settimane. La mia attenzione era stata immediatamente catturata da quel fagottino a pelo corto che a malapena teneva gli occhi aperti e ancora non era assolutamente in grado di reggersi sulle zampe, MA GIA' ABBAIAVA. Contro le sorelle, contro la madre, contro di noi. Era diversa da tutte le altre anche per colore e dimensioni. Indubbiamente era la più piccola. Ben nutrita, ma la più piccola. Una striscia di pelo nero le partiva da dietro il collo e finiva nella coda contro il resto del mantello marrone focato tipico dei pastori tedeschi.

Aveva appena cinquanta giorni quando il falegname ci intimò di venircela a prendere. La caricammo sul sedile posteriore della vecchia Uno dicendo a mia sorella, di appena quattro anni, di tenerla ferma. Nei pochi chilometri di strada la pazienza della bambina fu già messa a dura prova dall’esuberanza del cucciolo. Le fu attribuito in ragione di ciò il nome GAIA. Mostrava ora ben evidenti anche alcuni caratteri del padre, un collie. Il muso leggermente più affusolato rispetto al pastore tedesco, le orecchie a mezz’asta che mai avrebbe drizzato completamente ma soprattutto quella ben definita linea nera “di eyeliner” a sfilare gli occhi che conferisce fierezza e dolcezza insieme allo sguardo di Lessie, se avete presente.

 Le sue dimensioni rimasero sempre abbastanza ridotte, un animale di taglia media sui ventidue-ventitrè chili di peso al massimo del suo sviluppo. La libertà assoluta del giardino e delle campagne di casa nostra di cui godeva durante il giorno ne avevano modellato il fisico come raramente si osserva nei cani urbani. Le spalle ed i glutei erano fasci di nervi e muscoli capaci di farla gareggiare senza sforzo col Ciao di mio babbo a tavoletta lungo le capezzanie.

Era meglio non provocarla al gioco perché la sua esuberanza poteva diventare in brevissimo tempo incontenibile. Non mordeva per ferire ma ugualmente la violenza dei suoi assalti ludici mi lasciava le braccia piene di graffi e segni. Alle volte, quando la sua ilarità si scatenava oltre misura, tendeva agguati. Si nascondeva subdolamente dietro una porta o dietro la macchina in garage, dritta, immobile ed in silenzio spiando le mie mosse. Non appena le voltavo le spalle usciva allo scoperto e, rapida come un aspide, mi pizzicava le natiche con i minuscoli incisivi, facendomi ricordare di lei per giorni quando mi sedevo.

Di quando in quando riusciva a catturare un fagiano. Non li toccava mai. Si limitava a spezzargli la schiena ed abbandonarli nella corte. Se avevamo la fortuna di rinvenirli quando erano ancora caldi si mangiava fagiano in umido.

Non sporcava mai nel cortile di casa né nel box in cui la chiudevamo la notte. Attendeva rigorosamente di essere liberata la mattina per espletare i suoi bisogni fisiologici in campagna.

A volte avevo la sensazione di avere a che fare con una intelligenza superiore che si spacciava per cane. Sapeva spiegare perfettamente  anche con un solo sguardo o un movimento rapido della testa il suo desiderio di mangiare o di guidarmi da qualche parte. Fu la confidente della mia adolescenza solitaria ed arrabbiata. Quando non c’erano parole ma solo lacrime per dire dei miei genitori che non si parlavano, una lingua sbrigativa ed impaziente le leccava via come a dire “Semttila di frignare, andiamo a correre!”.

Non la facemmo mai accoppiare ma del resto non era particolarmente socievole con i suoi simili. Maschi o femmine che fossero.

Invecchiando aveva cominciato a ridurre le scampagnate. Gli occhi castani si erano velati di cataratta ma non diventò mai completamente ceca. Né completamente sorda benchè negli ultimi anni non la svegliassero neanche le cannonate. Anche l’olfatto – e di conseguenza il gusto – si era notevolmente affievolito per cui cominciò a schifare le normali crocchette ed accettare solo quelle per gatti o per cani anziani congegnate più saporite. Nonostante il notevole appettito che l’accompagnò fin quasi ai suoi ultimi giorni di vita, andò via via perdendo peso verso la fine.

Il suo odio per il veterinario era atavico. Non si risparmiò un tentativo di staccargli una mano nemmeno dopo l’emorragia celebrale che la colpì la scorsa estate e che la lasciò per diversi giorni quasi incapace di alzarsi ed alimentarsi. Un cane della sua taglia può aspirare a vivere non più di quattordici – quindici anni. Tredici ci sembravano anche abbastanza. L’avevamo già data per spacciata allora ed invece nel giro di alcune settimane fu di nuovo abile, compatibilmente con l’età.

Ma ora, da alcune settimane le complicanze della sua vecchiaia si erano aggravate, rendendole sempre più difficile alzarsi. Il peso dei suoi anni la avviliva visibilmente mentre ci vedeva muovere per la corte ad una velocità per lei ormai proibitiva. Nonostante ciò non si è mai risparmiata di starci appresso non appena vi riusciva agitando la coda in segno d’affetto. L’abbiamo curata finché ce l’ha consentito con omogeneizzati, cortisone e digitale per il suo vecchio cuore.

La mattina del 27 giugno si è infine allontanata da casa. Ha percorso con le sue ultime forze i centocinquanta metri che la separavano dal canale e vi si è gettata.

Era solo un cane certo, ha seguito il suo istinto. Ma come si fa a non credere che abbia compiuto un atto di coraggio indotto dall’autocoscienza quando è il tuo cane per metà della tua vita?!E come si fa dunque a non piangerlo come si piangono gli uomini?! Continuo a vedermela nella testa incamminarsi lenta e silenziosa verso il canale, consapevole di essere già finita salutare la vita con un lieve ondeggiare della. coda. IL MIO ALLEGRO CANE MORTO.

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Commenti al Post:
Halmv
Halmv il 10/01/12 alle 09:06 via WEB
il mio se n'e' andato l'anno scorso., silenziosamente come il tuo. La dignita' che hanno questi animali prima di morire e' commovente oltreche' indimenticabile.
 
 
VELENOnelleVENE
VELENOnelleVENE il 12/01/12 alle 00:12 via WEB
sì è stata un grande cane, anche se poi l'abbiamo subito "rimpiazzata" con un'altra splendida bastarda resta sempre nei nostri pensieri!
 
Nera_Mente
Nera_Mente il 27/06/12 alle 12:10 via WEB
"ma già abbaiava" mi ha dato i brividi questo post.
 
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