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Clandestini, governo sotto il tiro del “fuoco amico”

Post n°1643 pubblicato il 23 Aprile 2014 da accorsiferro
 

Caritas, Enti locali, sindacati, perfino Arci e Unhcr sparano a zero sulle politiche di accoglienza di Renzi & C.: «Situazione al collasso per colpa di un Esecutivo cialtrone. Era meglio quando c’era il ministro Maroni»

di Andrea Accorsi

Tutti contro il governo per l’emergenza sbarchi. Caritas, sindacati, Enti locali, perfino - udite udite - l’Arci e l’Alto commissariato Onu per i rifugiati sparano a zero sulla «miopia» e gli «errori» dell’Esecutivo renziano. Che cade così vittima, oltre che della propria incapacità, del “fuoco amico” di associazioni e amministratori che pure si sono sempre prodigati per spalancare le porte ai clandestini.
Prendete la Caritas: quella che stiamo vivendo, lamenta Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas italiana, è «un’emergenza annunciata, frutto di una miopia del governo, o meglio di una mancanza di volontà politica di gestire il problema immigrazione». Per Forti «nessuno del governo ha pensato di chiamare le organizzazioni per fare un piano sulla situazione dell’accoglienza, come invece fu fatto dal governo Berlusconi al tempo del conflitto in Libia. Maroni pensò a un tavolo con i protagonisti dell’accoglienza sui territori. Oggi, invece, che questo tavolo è ancora più necessario, nessuno se ne occupa. Non c’è nessuna pianificazione, è tutto improvvisato».
Forti se la prende anche con il fatto di aver messo in campo l’operazione Mare nostrum senza pianificare al contempo un rafforzamento delle strutture e dei centri di prima accoglienza, e con l’incognita dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, «il cui annunciato ampliamento per situazioni di emergenza come quella attuale, rimane ancora bloccato per questioni burocratiche del tutto inspiegabili».
Anche Filippo Miraglia, responsabile immigrazione per l’Arci, lamenta la scarsa attenzione delle istituzioni verso le associazioni che da tempo chiedono di avere voce in capitolo nella gestione degli arrivi dei migranti. «Le prefetture si rivolgono a noi per l’accoglienza - spiega - ma quando si tratta di ragionare sulle soluzioni non veniamo presi in considerazione». Miraglia denuncia come «le persone vengono più volte spostate e accolte in strutture inadeguate come bed & break-fast, alberghi e non vengono seguite da nessuno. La gestione complessiva degli interventi di accoglienza - taglia corto - è cialtrona e approssimativa».
Per dare un’idea della situazion, basti dire che, come rileva l’Anolf, l’Associazione nazionale oltre le frontiere della Cisl, il sistema di accoglienza dei clandestini in Sicilia è al collasso dopo i 20 mila arrivi dei primi mesi di quest’anno, quando per il ministro Alfano ne sono attesi altre centinaia di migliaia entro l’estate. A Pozzallo (Ragusa) gli 800 clandestini giunti il giorno di Pasqua sono assistiti da appena 10 volontari della Croce Rossa Italiana.
Per la portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) Carlotta Sami, «tutto è lasciato alla buona volontà degli amministratori locali, ma serve una regia centrale, un piano che il governo non è riuscito ancora a fare». A destare preoccupazione sono in particolare i minori non accompagnati: «Ne stanno arrivando tanti e se si allontanano c’è un reale rischio di abusi o di sfruttamento». Per tutti, «la prospettiva molto spesso è finire ai margini della società, mentre chi arriva vuole costruirsi una vita migliore e non finire su una panchina».
Alzano la voce anche gli amministratori locali di sinistra. Stefania Saccardi, vicepresidente della Regione Toscana e renziana doc, accusa il governo di «incapacità organizzativa»: «Mandano gli immigrati nei bed & breakfast - dice - mentre i posti Sprar sono vuoti. È inimmaginabile una procedura come questa in cui i prefetti arruolano le strutture sul territorio mettendoci dentro decine di immigrati senza dire nulla ai sindaci». Mentre l’assessore alle Politiche sociali dell’Emilia-Romagna, Teresa Marzocchi, considera un errore l’accoglienza “lineare” attuata dal governo: «A ogni comune - spiega - vengono assegnati gruppi di 50 profughi senza tener conto né delle caratteristiche dei territori né di quelle delle persone».

 

dalla Padania del 23.4.14

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