Un po' di noi...

La giornata più lunga nella vita di Matteo Salvini comincia alle 8, nella stanza di un albergo a Torino. La sera prima è finita a tarda ora (Salvini era alla cena con le delegazioni estere ospiti del Congresso), il Segretario in pectore della Lega è un po' pallido ma rilassato. Raggiunge il Lingotto puntuale, alle 10, e subito ruba la scena a tutti, anche se arriva quasi alla chetichella, in giacca jeans e scarpe sportive, mischiandosi ai militanti e ai delegati che entrano alla spicciolata nelle rispettive sale del polo fieristico torinese.
Mano nella mano della sua compagna, Salvini è subito accerchiato da sorrisi, strette di mano, richieste di foto, cori. "Vai Salvini!", "Segretario", "Egregio!", "Fai vedere il braccialetto", "Matteo-Matteo": l'accoglienza del popolo leghista non potrebbe essere più calda.
Matteo si concede a fotografi e operatori tv, avanza a fatica fra i sostenitori, saluta quasi tutti per nome. Baci, abbracci, incoraggiamenti, pacche sulle spalle, tante mani che si stringono con calore, le immancabili foto-ricordo lo accompagnano ad ogni passo. Prima una rapida occhiata all'auditorium, dove sono già iniziati gli interventi dal palco, poi una capatina nella sala adiacente, dove sul maxi schermo scorrono le riprese in diretta dei lavori del Congresso, con i relatori che riprendono le sue parole sull'euro. Fra i tanti, l'abbraccio con Oscar Lancini, il sindaco di Adro finito nel mirino della magistratura.
Qualcuno rimane sorpreso di trovarselo davanti o al fianco, come un militante qualsiasi. E coglie subito l'occasione per l'ennesimo saluto, l'ennesima foto. Lui si concede a tutti, saluta anche le persone al lavoro ai gazebo e dietro i banchetti, trova perfino il tempo di rispondere al cellulare.
Riceve un bavaglino con il Sole delle Alpi per la sua piccola, finalmente guadagna la sala stampa dove si ferma a guardare la diretta dello schermo, sfoglia una copia della "Padania", spedisce un sms. Il tempo di riprendere fiato è brevissimo, è già ora della conferenza stampa con i rappresentanti delle delegazioni straniere, preceduta da un caloroso saluto all'olandese Wilders.
Pochi minuti dopo il primo faccia a faccia con i giornalisti, è sul palco dell'auditorium, dove gli siederà a fianco Umberto Bossi. Si appunta sulla giacca una spilla con Alberto da Giussano, prende alcuni appunti, scatta qualche foto col tablet agli spalti gremiti di giovani e tappezzati di striscioni. Quando prende la parola sono le 12.35, parla in maniche di camicia senza interruzione per un'ora e un quarto, infiammando a più riprese la platea con le sue bordate contro la stampa romana e i prefetti, i sindacati e Bruxelles, gli immigrati e chi fomenta polemiche interne al Movimento. Finisce attorniato da sindaci e governatori padani che ha chiamato sul palco e con il voto dei delegati, che sancisce la sua nomina a erede di Roberto Maroni al timone del Carroccio.
L'ultimo abbraccio sul palco è con Bossi, un bacio alla compagna prima di avviarsi a rispondere alle domande degli inviati di giornali e tv. La lunga giornata di Salvini si concluderà in serata con il ritorno nella sua Milano, da nuovo Segretario di una Lega rinnovata, al vertice e nello spirito.