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Messaggi del 03/03/2015

Quell'Estate del 1986

Post n°418 pubblicato il 03 Marzo 2015 da MANonTHEmoonMilano
 

Era l’Estate del 1986, la ricordo ancora con emozione e affetto. Fu l’unico viaggio, l’ultimo che feci con mio padre. Non avrei mai pensato che sei anni dopo lui sarebbe andato via per sempre.

Avevo 13 anni, ero poco più che un ragazzino, non sapevo quale sarebbe stata la strada da percorrere nella mia vita e cosa sarebbe accaduto. Anzi diciamoci la verità, vivevo quella leggerezza che mai più sarebbe tornata nella mia esistenza che è tipica di quell’alba di vita che avevo appena cominciato.

Le mie estati, lunghissime, calde, divertenti erano quelle tipiche di un bambino dell’epoca: interminabili partite a pallone a San Licandro, uscite serali, le mamme che ci chiamavano dal balcone per farci tornare a casa all’ora di pranzo e cena. Poche docce, sudate immani, energia allo stato pure, amicizie infinite e indimenticabili, sogni improbabili e impraticabili.

La scuola era finita, l’anno dopo si sarebbe fatta la terza media, anno dunque di esami. E quella Estate spensierata era l’apice di una fanciullezza che si stava tramutando in adolescenza incontrovertibile che avrebbe traghettato il mio piccolo sarcofago pieno di vita verso l’età adulta e tutte le sue difficoltà.

Il San Luigi era la mia casa, l’Istituto Salesiano che ora è stato cancellato da Messina ma non dai ricordi di chi come me c’è stato, la strada e la canicola messinese d’Estate con le sue notti infinite e luminose il luogo in cui rifugiarsi e vivere le meravigliose energie che avevamo, inesauribili, dentro.

Quell’Estate però era diversa.

Qualche settimana prima del suo inizio era accaduta una cosa speciale: l’Acr Messina era stato promosso in serie B. In città si viveva l’entusiasmo per una promozione attesa e si sognava ad occhi aperti.

Era il Messina imbattibile al Celeste di Franco Scoglio (4 anni di imbattibilità): un catino inespugnabile, sempre con almeno 20.000 spettatori in serie C, con partite e campioni memorabili.

Nei campetti dove giocavamo volevamo emulare Franco Caccia, Beppe Catalano e Totò Schillaci, idoli ineguagliabili di quell’epoca.

Mio padre ed io andavamo sempre allo Stadio a vedere l’ACR, andavamo almeno due ore prima della partita. Eravamo sempre in Tribuna, sulla destra vedevo la Curva Sud che cantava e urlava a squarciagola, sempre imbandierata e festante.

Quell’ultimo campionato di C, un vero inferno con avversarie tutte aspre, forti e rognose, si concluse con una indimenticabile partita con il Cosenza al Celeste vinta per 3-2: me lo ricordo ancora, andammo allo stadio 5 ore prima con bandiere, trombe, e vedere 30.000 spettatori (ben oltre la capienza) era uno spettacolo ineguagliabile.

Venticinquemila bandiere, un tifo assordante e la promozione in B resero quel giorno indelebile nella mia memoria.

Allo stadio c’era con me sempre mio padre: io e lui avevamo un rapporto speciale. Il calcio era la nostra passione, lui era un ex giocatore di serie A anche se poi, follemente, decise di lasciarla nel pieno per fare un complesso musicale.

Un pazzo, dal quale ho ereditato il genio e la follia, oltre una grande inventiva e la capacità innata di risolvere i guai in maniera incredibile, scegliendo strade che per altri erano impercorribili.

Insomma mio papà era la divinità irraggiungibile, da grande avrei voluto essere come lui: ottimo padre di famiglia, sempre presente e serio, oltre che in grado di badare a tutti.

Solo io e mio padre in quello stadio, e sempre a seguire il Messina. L’altra parte della mia famiglia non era interessata al calcio. Quello era dunque il nostro momento speciale e unico.

L’Estate del 1986 mi regalò la sorpresa più bella. Il primo viaggio io e mio padre da soli.

La meta era Città della Pieve, in Umbria, sede del ritiro del Messina.

Mi  sembrava un sogno: avrei dormito nello stesso albergo dei miei stessi eroi, li avrei visti da vicino, li avrei potuti toccare con mano.

Uscire dalla Sicilia, per andare in Umbria era un vero viaggio epico per quel bambino che era.

Mi ricordo ancora quelle giornate come fossero ieri. Partimmo in quattro, con altre due persone del rione dove abitavo, che però erano indipendenti e le vidi solo il giorno dell’arrivo e della partenza.

Mio padre, Carlo, era amico intimo di Scoglio e della sua famiglia, infatti l’ex tecnico di Messina e Genoa aveva la casa arredata da noi. Quindi quando arrivammo in Umbria ci furono grandi feste al loro incontro. Scoglio si fidava molto dei giudizi tecnici di mio padre e se lo portava a seguire gli allenamenti dei giallorossi.

E  li che conobbi Pierantonio Bosaglia, che quell’anno veniva da Como per difendere i pali della mia squadra del cuore. Ero un bambino e mi ricordo sempre della sua enorme umanità.

E’ incredibile come la vita sia piena di sorprese: adesso, e  sono passati quasi 30 anni, di quel Bosaglia che ho conosciuto da bambino, sono diventato molto amico a Milano. Condividiamo spesso eventi dei Bindun e grandi mangiate insieme. Oltretutto io sono la sua memoria storica. Una stupenda persona che per me è un onore conoscere.

In quel ritiro ho conosciuto anche Maurizio Scarsella, pochi lo ricordano, giocò solo una partita a fine stagione chiuso com’era dal grande Beppe Catalano. Ora Maurizio non c’è più, morto di Aids qualche anno fa: non era forse un professionista integerrimo, ma era un uomo libero, viandante della vita. Legò molto con mio padre.

Tutto però era un momento spensierato, dicevo sopra, della mia infanzia. In quei giorni mi ricordo tantissimi aneddoti.

Scoglio, che era un vero pazzo, requisì mio padre per andare a vedere il Campobasso a Marina di Pietrasanta, ma la partita NON ESISTEVA. Tornammo a Lucca, dove il Professore aveva casa, e in autostrada si dimenticò di pagare il pedaggio e tornò a piedi al casello per pagarlo.

Tobia, figlio del grande mister, era mio coetaneo e passavamo sempre il tempo insieme. Una sera, sempre a Città della Pieve, io, mio padre e Tobia mangiammo una pizza in un bellissimo locale tipico del posto. C’erano dei musicisti che erano la per fare un concerto. Mio padre che conosceva sei lingue fece amicizia con costoro: si scatenò un concerto all’interno della trattoria, con “Ciuri Ciuri” e altre canzoni cantate con questi artisti. Durò due ore, una serata indimenticabile: ammirai quell’uomo che era mio padre, capace dal nulla di creare un sogno e una emozione. Si avvicinò un tipo in cannottiera e chiese a mio padre se fosse un emigrante come lui.  Forse fu quello il momento, ma lo compresi dopo, che amai l’idea di essere anche io un artista. I padroni furono, mi ricordo, così entusiasti che decisero di offrirci ogni sera la cena.

 

Di quei giorni indimenticabili mi ricordo l’amichevole del Messina a Moiano, 8-0 il finale. Le sfide a carte e cantando dei giocatori la sera in albergo, Bellopede con la sigaretta di nascosto, la tristezza di Schillaci che era infortunato e non poteva giocare, Mancuso (lui si) davvero maleducato e i casinisti Rossi e Napoli tuffarsi nella piscina dell’Hotel Barzanti (il cui proprietario soleva correre nudo all’alba nel campo di calcio).

Era il primo e ultimo viaggio con mio padre. La canzone degli Scotch,  “Stasera la luna ci porterà fortuna”, tormento alla radio, era la colonna sonora di quella emozione.

Dopo quel giorno il tempo passò, la mia famiglia iniziò a disgregarsi per colpa della chiusura della nostra fabbrica di Mobili e poi del Negozio, Hogares, che avevamo in centro a Messina.

Non avemmo più i soldi per un viaggio simile, vedevo mio padre sempre più preoccupato ma sempre attento a me e mio fratello,” i suoi gioielli amava ripetere lui”.

Quella esperienza fu la prima e l’ultima con mio papà che se ne è andato in un’altra calda estate, quella del 1992 che fu concomitante con la retrocessione a Modena del Messina in serie C1: come se un cerchio si fosse chiuso all’improvviso.

Era l’ultima canicola della fanciullezza, le cose sarebbero dunque cambiate. A distanza di anni non la dimenticherò mai, penso fino alla fine dei miei giorni.

Non so se mio padre sia orgoglioso di me e di quel che ho fatto, non posso dirlo ma lo spero. Lui rimarrà sempre la mia guida e la mia lampadina nelle difficoltà.

Ma una cosa la so, quei colori e odori, quel percorso in auto, quella gente e quelle serate, quegli abbracci dopo una rete del Messina, anche se ora sono distante migliaia di chilometri da la, rimarranno scolpiti nella mia anima.

Ciao Papà.

 

Alan

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: MANonTHEmoonMilano
Data di creazione: 30/12/2009
 
 

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