Creato da littlelone il 06/02/2014

anarchy in UAE

le avventure di un espatriato

 

 

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ma io qui a dubai come ci sono arrivato? per caso!

Post n°12 pubblicato il 30 Maggio 2014 da littlelone
 

ho riletto i primi post, per essere sicuro di non ripetermi troppo. mi ha fatto uno strano effetto l'entusiasmo con cui guardavo a questo posto, oggi che dubai è la mia realtà quotidiana. 

 

circa un anno fa ho fatto l'ultimo lavoro per l'azienda con cui lavoravo prima. poi è arrivata l'estate. ho lavorato in varie situazioni, ma chiamate da loro "sbrisga", niente. non è interessante come e perchè mi abbiano messo da parte, eccetto il fatto che ci sono volute settimane di telefonate e mail per capirlo. da solo, perchè all'oggi nessuno mi ha ancora detto "sei stato licenziato". sintetizzerò il mio disappunto per l'accaduto e per chi lo ha fatto accadere con un "a'nfameallanimadelimortaccituaeditunonnoedituttastamanicadestronzi". eccetto uno, nessuno dei miei colleghi si deve sentire coinvolto, intendo quelli che lavoravano già quelli del reparto telefonate meno, visto che li ricordo tutti con affetto e riconoscenza, soprattutto quelli che ogni tanto via FB mi aiutano a imparare qualcosa! fine del disclaimer.

passata l'estate, i suoi chiccosi eventi portofineschi, i festival sui monti e al mare e altre belle cose mi iniziavo però a domandare come avrei campato in futuro. mandare un centinaio di curriculum (ho studiato, anche se poco, latino, so che in latino sarebbe curricula, ma in italiano resta curriculum) ad aziende che si occupavano di altro rispetto a ciò che ho sempre fatto mi era servito a ricevere qualche domanda tipo "ma hai conosciuto veramente jovanotti?" e poco altro. mandai solo un c.v. a un amico di roma in ambito "showbiz", in seguito a pressanti richieste da parte di caterina senza riporre la minima aspettativa in questa cosa. ikea e decathlon non mi avrebbero assunto nonostante sia in grado di montare una libreria billy in meno di trenta secondi  o di cambiare le ruote di una bicicletta. per fortuna mi si prospettò l'ipotesi di andare a raccogliere le olive e trasformarle in olio insieme a delle persone amichevoli e interessanti oltrechè in possesso di vero seghetto zubat, sintomo di professionismo contrapposto al mio dilettantismo con seghetto da 8 euro. iniziai quindi a fantasticare di un futuro nel settore della bioagricultura, ignaro della fatica immane e del tempo che richiede ogni singola goccia di olio e pregno dell'entusiasmo tipico dei principianti. non faceva ancora un freddo boia a genova a fine ottobre ma in compenso pioveva un giorno si e l'altro pure. tuttavia la ridotta truppa dei raccoglitori ROR accumulava olive e iniziava a vedere con gioia i primi litri di olio frutto di tanti sforzi. buonissimo tra l'altro. appena il tempo di realizzare che se avessimo venduto l'olio carissimo avremmo guadagnato circa 20 centesimi l'ora senza contare la benzina della vespa e mi arrivò una telefonata, via skype, acceso per pura coincidenza alle otto di mattina. dall'altra parte un azzimmatissimo signore, tale habib, che mi chiedeva se fossi pronto a partire per doha. risposi di si e tagliai la conversazione, dicendo che lo avrei richiamato poco dopo, visto che dovevo accompagnare lorenzo all'asilo. nel mio piccolo cervello si sono scatenate alcune domande. la prima "dovecazzoèdoha?". la seconda "equestochiè?". la terza "comehaavutoilmiocontatto?". la quarta "quelmessaggiocheparlavadidohaechehocancellatoforsenoneraunoscherzo?". l'atlante mondiale edizione 1997 mi aiutò a capire dove fosse  doha, tra il nulla, l'arabia saudita, il niente e il golfo persico. poi servirono un paio di telefonate per ricostruire il viaggio del mio c.v. che da roma era arrivato a dubai, ad un'azienda, technopro, che mi aveva contattato per un mese di lavoro proprio in qatar. l'ultima telefonata la feci ad enrico della doc che mi aveva mandato un messaggio con scritto qualcosa su doha, e che io avevo prontamente derubricato a scherzo. da lui ottenni importanti informazioni sulla provenienza della telefonata, la tipologia di azienda e i lavori che svolgeva oltre che sul contesto in cui avrei lavorato. vi riporto la conversazione: "pagano?""si". due ore dopo avevo accettato il lavoro. senza sapere nulla di quello che avrei fatto e nemmeno esattamente quanto avrei guadagnato.

con immenso dolore abbandonai i miei raccoglitori riuniti, le colline, la liguria e le olive per iniziare questa nuova breve avventura.

a doha technopro aveva un sacco di lavori in contemporanea. il primo giorno conobbi il gruppo impegnato nel montaggio degli impianti audio per la parata militare del national day. la sera mi dissero: scusa ci siamo sbagliati, devi andare all'aspire, un palazzetto dello sport (gigante: campo da calcio a 11, pista di atletica, volley, scherma, basket, piscina, una roba tipo 10 palaeur!) a occuparti dei radiomicrofoni per una mega convention: welcome in technopro, dove l'organizzazione è un optional rigorosamente non incluso! fui fortunato perchè all'aspire si mangiava decisamente bene, ma non tanto perchè dal punto di vista delle radiofrequenze è il posto più difficile del mondo. c'era un fonico americano talmente incapace da far passare in secondo piano qualunque boiata potessi fare, un dream team libanese indimenticabile, un collega italiano con cui mi trovai benissimo e un project manager greco a cui piacque il mio modo di lavorare. fu così che conobbi il capo. un'immagine degna di tutti gli stereotipi che avevo sull'uomo d'affari libanese. camicia bianca sbottonata, oro a nastro, unghiazza "da tassista greco", parlantina feroce. ma anche una conoscenza approfondita dell'audio, essendo stato un tecnico, e una capacità di usare le storie per affascinare, coinvolgere, intortare davvero fuori dal comune, mischiata a una curiosità che sembrava sincera nei confronti dell'interlocutore. parlammo mezz'ora dei trascorsi, di alcune amicizie in comune, del mio passato lavorativo. in cinque minuti poi mi fece abbassare il prezzo della mia prestazione di 500 eurini, ma rimanendo nell'ambito del soddisfacente. finito il lavoro all'aspire, una settimana dopo, mi ritrovai a parlare con lui. quattro ore questa volta. di dubai dove mi stava chiedendo di trasferirmi, della sua azienda, del contratto, della casa dove avrei abitato e di un milione di altre cose. mi colpì il fatto che stesse cercando di convincermi ad accettare la sua proposta. il vecchio capo nei cinque anni precedenti mi ha degnato di circa 200 parole, inclusi gli articoli, e un paio di velate minacce facendomi comunque sentire un questuante che gli rompeva un po' i coglioni volendo lavorare. nabil mi piacque. verso la fine delle quattro ore avvenne la contrattazione economica: "qual è la cifra minima al mese per cui ti trasferiresti, alle condizioni che ti ho detto?" "xxxx dollari al mese" "ok!". credo mi sia scappato un mezzo sorriso, allora.  insieme al rimprovero "dovevichiederedipiùcazzo!". 

non so ancora se quella scelta fu giusta o meno. ma so per certo che in quel momento ero così stufo di chiedere lavoro, come se fosse un'elemosina che mi bastò veramente poco per decidere. restai ancora una decina di giorni in qatar, lavorando proprio alla parata militare, prima di tornare a casa. festeggiai anche il compleanno, l'ultimo giorno, con un'epica pasta al sugo e un po' di colleghi (god bless you!). 

strana sensazione. stava iniziando una nuova vita. per caso. i miei problemi stavano per cambiare. un'altra volta.

 

 
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