Androyde

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SpringBox
Musica di Androyde
Liberamente fruibile e diffusa in rete sotto licenza Creative Commons

Sol maggiore. Ha un bellissimo nome: “sole maggiore”, pare, astro massimo, stella di elevata magnitudo, costellazione di suoni scelti nella galassia dell’udibile. E’ una tonalità amica a molti: ha una sola alterazione in chiave ed è facile da leggere. I chitarristi, poi, hanno a disposizione la triade di sol suonando a vuoto, senza alcuno sforzo, la seconda, la terza e la quarta corda. Nello stato noto come “sovrappensiero” mi trovo sovente a pizzicarle con indolenza. Altrettanto spesso vengo ipnotizzato dagli abbellimenti, e in particolare dalle none aggiunte. È così che iniziano le cose a volte, per inerzia. E a primavera (quella era la stagione) le idee figliano come conigli: sorge un brano che è un filo di fumo. Si alza con un tema impalpabile e non torna su se stesso, creando nuove immagini a ogni soffio di corrente, prima di sparire dalla fessura della finestra. Un brano nato dalla familiarità, conversando oziosamente con lo strumento che amo.

Ho iniziato a suonare a undici anni. Era una chitarra oscena, piombata tra le mani dai recessi di un armadio. Un patchwork con la cassa di un giocattolo, tastiera stretta come quella di un'elettrica,  impraticabile con le corde in nylon, meccaniche decorative, senza mi cantino. Ma era affinità elettiva. Intuivo i movimenti. La prima cosa che ho imparato, a orecchio, è il tema di "Scarborough Fair", suonato spostando l'indice sinistro avanti e indietro sul Si. Poi il riff di "Sweet Jane". Poi la fatica degli accordi, e qui mi meraviglio ogni volta…perché ho affrescato in mente il ricordo del dolore ai polpastrelli mentre provo le posizioni con il barrè, e il pensiero: "chissà se ce la farò mai". Lo sforzo più produttivo mai fatto. Vi viene da ridere?

Immagine: Paul Klee – “Bianco polifonicamente incorniciato” (1930)