Creato da umamau0 il 15/04/2008

Sarcophaga Carnaria

ciò che è non può essere vero

 

 

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Le notti di Oppenheimer hanno occhi taglienti come i denti di uno squalo bianco.

Post n°25 pubblicato il 08 Agosto 2014 da umamau0
 
Foto di umamau0

 

Sono 75. 75 chili. Ho perso cinque chili. Cinque in meno di un mese. E l’ago della bilancia scassata punta precisamente il centro di quel numero sbiadito dal tempo, come se fossi in piedi su questa bilancia dal ’75: da quando sono nato.

Salgo sulla bilancia la lancetta gira e da un mese sento quella voce che, in francese con accento polacco, continua a ripetere: “Togliere, togliere, togliere”. Io tolgo, tolgo, tolgo: tolgo parole, tolgo vestiti, tolgo le scarpe e le calze sudate. Restano gli occhi che cercano occhi nello spazio, musica che scava dentro e un filo rosso, che ti parte dai piedi sporchi, attraversa le vertebre, esce dalla fronte e ti lega a una nuvola. Così cammini e corri. La pelle dei piedi diventa dura e segnata dalle cicatrici. Ma le assi nere, come dice qualcuno:” Rimangono fredde e dure. Minchia se sono dure, quando si fanno verticali e capriole”.

E poi

E poi succede che una sera, una sera di un giorno qualsiasi. Sali su una sedia e, mentre senti il suono di un sax che ti accompagna, e pensi a chi piscia birra nelle aiuole dell’Esselunga; puntando lo sguardo negli occhi di chi ti guarda, parli. Parli per cinque lunghissimi minuti: tanto prevede la tua “Gabbia Ritmica”.

Finito tutto ascolti gli applausi e con un piccolo salto scendi dalla sedia. Hai ancora le mani sudate e il cuore che batte forte, quando qualcuno si avvicina e ti fa i complimenti e qualcun altro il giorno dopo scrive:“Quando Francesco sale in piedi su una sedia e inizia a parlare. I miei pensieri svaniscono. Ecco ora la mia mente è vuota; e lui, come il bambino che vuole essere giraffa, si prende tutto lo spazio e dalle sue parole il poeta ritorna ed emerge l’idea di creare un nuovo teatro fra la gente e con la gente, il coraggio di rompere con la tradizione, la sfrontatezza di mettersi contro il potere dello stato. Una volontà che spinge ad essere libero di muoversi dentro una forma il cui limite si espande ogni qualvolta si preme per oltrepassarlo. Un inizio che rimane sempre inizio, un orologio riposto sopra uno sgabello; Majakovskij era così e nessuno ci può fare niente”.

Mentre loro sorridono e mi fanno i complimenti, io mi chiedo se attraverso i miei occhi lo hanno visto davvero. Se hanno visto quel bambino da solo, lì sul palco vuoto. Tutti sono fermi è la platea ascolta assorbita dall’oscurità

e lui, con il microfono in mano, cerca di muoversi come gli ha detto la maestra e con la voce che gli rimane ripete una poesia a memoria guardando fisso la piccola linea di luce che filtra attraverso le tende chiuse in fondo alla sala. L’occasione è di quelle importanti. Si festeggia il quarantesimo anniversario dalla “Liberazione” la sala è piena di autorità e genitori. Lui attacca subito dopo che gli altri hanno finito di cantare “Soffia il vento” – la maestra aveva raccomandato di cantare “ la nostra primavera” e non la “rossa” come c’era scritto sul testo: perché l’unico rosso che rimaneva era quello sullo scudo bianco crociato della Democrazia Cristiana. Infatti alle Presidenziali del 25 giugno del 1985, Cossiga batte Pertini 752 a 12 – quel bambino con la faccia rossa e la mano sinistra serrata in un pugno sulla pancia finisce di dire la poesia,il sipario si chiude e la gente applaude.

Ma,chissà se quelli che mi stanno davanti e sorridono lo hanno visto. Chissà se hanno visto i suoi occhi lucidi. Chissà se hanno visto come tremava. Chissà se lo hanno visto dietro il sipario mentre si pisciava addosso


Salirò sempre su una sedia per parlare e guardare la gente negli occhi, perchè la Storia è fatta da tutti e la memoria non è di proprietà di nessuno.

Perché li uomini che salgono sulle sedie e parlano non fanno mai una gran fine: si fa prima a dimenticarli.

Penso agli uomini che hanno dato la vita per la libertà per questo paese. Penso hai loro nipoti, che a colpi di decreti legge cancellano la Costituzione, che sanciva e garantiva la nostra libertà. Penso a quei ragazzi davanti alla scuola, che non sanno proprio chi fosse Aldo Moro, ridono e rispondono: “Sì, Sì lo so è il cantante!”.

Salirò sempre su una sedia parlerò, guardando la gente negli occhi e ai miei figli insegnerò la Costituzione.

Poco importa, se le stelle nelle notti di Oppenheimer hanno occhi che tagliano come i denti di uno squalo bianco.

Poco importa se ho la gamba di legno intarsiata di varici,la mano ancora immersa nel liquido amniotico di una madre morta e non sarò mai leggero come Torgeir Wethal.

Poco importa se ci sarà sempre qualcuno che, con la faccia di chi è appena uscito da sotto i cingoli della Storia, mi dirà: “Ma che ti interessa? Fai come me: vivi e lascia vivere”.

Salirò sempre su una sedia, per non perdere la memoria.

E poi

E poi, quando mi accorgerò di essere incinta. Starò seduto sulla sedia. Mi servirà pazienza e riposo, acido folico e vitamina B e le mie finestre forse un giorno partoriranno cinghiali con ali di cherubini.


La prima parola che diranno? “Habeas Corpus”


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PATRICIA HIGHSMITH

"Non capisco la gente a cui piace far rumore; di conseguenza la temo, e poiché la temo, la odio. é un circolo vizioso emotivo"

 

 

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