Creato da umamau0 il 15/04/2008

Sarcophaga Carnaria

ciò che è non può essere vero

 

 

« Le notti di Oppenheimer ...Decades, special thanks to: »

Decades

Post n°26 pubblicato il 20 Agosto 2014 da umamau0
 
Foto di umamau0

"Quelli che trascurano di rileggere si condannano a leggere sempre la stessa storia"

Roland Barthes

 

Era la fine della primavera dell’86, avevo dieci anni e, nei pomeriggi dopo la scuola, mi potevi trovare arrampicato sulla ringhiera del cortile per vedere il torneo di minivolley.

Sì, giocava anche Emilio. No, io no. Hai mai visto un bambino spastico vincere un torneo di minivolley? Sì, certo, qualche palleggio nel riscaldamento o a fine partita mentre si smontava la rete non me lo negavano mai. Sì, giocavo anche a calcio come tutti gli altri bambini. Ma tu hai mai visto un bambino zoppo segnare un gol? Così, mi dicevano che dovevo stare in porta, perché se perdi palla centrocampo sei lento a rientrare e se segnano è colpa tua. Ma tu hai mai visto un bambino con un braccio offeso che para i rigori?

Nella primavera dell’89 avevo tredici anni ero alto 1 e 80 e il mio cazzo era più lungo di quelli degli altri ragazzini, ma mi serviva a poco. Sì, lo so, sembra strano, ma crescevo più velocemente degli altri. Da qualche mese avevo imparato ad allacciarmi le scarpe. Sì, me lo aveva insegnato il ragazzino che tutti prendevano per il culo come il più scemo della scuola.

Quella era la primavera in cui mi liberavo definitivamente delle scuole medie. E quello che rimaneva di quegli anni era il vomito e il pianto per la scuola dell’obbligo, il sangue che colava dalla bocca di un mio compagno che aveva ricevuto il mio pugno più forte, il mio soprannome: Banana. E le parole che le mie professoresse dissero a mia madre: “Signora, ma le pare che un bambino che non sa leggere né scrivere e con lacune così gravi possa continuare gli studi? Lo tenga a casa, o se vuole lo può sempre mandare al professionale.” Sai, mia madre piangeva, ma io non lo sapevo. Io non ho mai studiato e non ho mai fatto i compiti a casa. Mi piaceva la storia e la geografia. Proprio in quei giorni ho parato il rigore al ragazzino più bravo del paese. A settembre, nel cortile dell’Istituto tecnico commerciale per ragionieri e programmatori, ho segnato il più bel gol che uno zoppo abbia mai segnato: faccio due tunnel ai due ragazzi che mi stanno davanti e infilo la palla sotto le gambe di chi sta in porta. No, lo studio non migliorava e la ragioneria non l’ho mai studiata. La storia era la materia che mi piaceva di più. Nel ’92, per scommessa, ho parato nove rigori su dieci e ho vinto la mia prima partita di beachvolley. Sì, giocavo con Emilio ed eravamo i più piccoli di tutto il torneo.

Il 1994 è il mio anno. Sai, quel anno ho fatto di tutto per farmi bocciare. Ho anche bestemmiato anche davanti alla commissione all’esame di maturità, ma, niente, mi hanno fatto i complimenti e mi hanno dato trentottosessantesimi. Alla fine di luglio perdo 19 a 17 la semifinale del torneo per la festa della Madonna di Porto Salvo. Sì, i miei compagni erano tutti ubriachi e io ero l’unico che forse voleva vincere quella partita. Così, quando spengono i riflettori, quello che rimaneva era il mio Porco Dio gridato nel campo davanti la chiesa e gli insulti della gente che si sentiva offesa dalla mia rabbia. è stata la mia ultima partita. In compenso quell’estate ho vinto due tornei di beachvolley prendendo a pallonate tutti quei figli di puttana che avevano avuto tutto dalla vita e stavo con la ragazza più ambita dai ragazzi di tutta la spiaggia. Sì, lo so anch’io che era solo perché aveva le tette più grosse. A ottobre mi ha mollato e io mi sono iscritto al primo anno di giurisprudenza. Ricordi? Quell’estate ci siamo visti per la prima volta. Nel ’95, perdo, in semifinale, il torneo di beachvolley, mi ritiro da giurisprudenza e mi iscrivo a scienze politiche.

Il ’96, il ’96 è l’anno in cui il mio morale tocca il minimo storico. Nessun esame all’università e nessun torneo da giocare. Avevo deciso così. Quell’estate continuavo a prendere a pallonate chi mi capitava davanti. Quell’estate avevi sedici anni ed eri bellissima, eri appena arrivata come facevi ogni estate da Milano e ti eri tinta i capelli di rosso perché sapevi che mi piaceva. Eri sempre lì ai bordi del campo. Applaudivi quando centravo la testa di qualcuno e mi sfottevi e ridevi quando mi incazzavo. Quell’estate sembrava non finire mai, rientravo a casa solo per mangiare e cambiarmi. Ti avevo regalato tutte le foto dei Nirvana che tappezzavano le pareti della mia stanza, tutti gli album e la mia maglietta di Nervermind. Passavano le notti a bere e fumare sulla spiaggia, poi ti addormentavi su di me e mi toccava riportarti a casa. A settembre sono sparito. Lo so, sono uno zoppo bastardo e tu non mi perdonerai mai, ma credimi, avevo paura. No. Non è una scusa del cazzo. Lo so benissimo che tu hai la sclerosi multipla e che quell’anno ti avevano piantato nella schiena una placca d’acciaio per non farti soffocare. Tu sei stata il mio primo vero amore, ma la mia paura era più forte. A settembre mi era bastata una parola per mandare in fumo il mio sogno. Così a vent’anni rinunciavo a diventare l’allenatore in seconda di una delle squadre di pallavolo più forti di tutta la regione. Sabato 2 novembre alle 22:00 circa mi schianto con la mia R4 e io e quelli che erano con me eravamo salvi per miracolo. La macchina era distrutta e ancora mi sembra di vedere il sangue di mio fratello che schizza da tutte le parti. La mattina dopo ero al cimitero e mentre camminavo mi sembrava di sentire un rumore, come se quelli che mi guardavano dal loro oblò stessero applaudendo lentamente tutti insieme. Il ’97 e il ’98 sono anni pieni di niente.

Il 24 maggio 1999 sul mio libretto c’è scritto: storia moderna ventottotrentesimi. È il momento della svolta. Dal 2000 al 2004 è stata una corsa folle contro il tempo: dovevo laurearmi il prima possibile. Cerco di dare un esame al mese. Contemporaneamente, imparo a cucinare, cucire, lavare, stirare e rassettare la casa .Il 6 marzo 2006 mi laureo. Ma quel cento che fa esultare tutti, parenti e amici, a me non basta per niente. Scrivo un piccolo saggio e il 14 di luglio vinco un premio per scritti di storia locale. Ma non serve a niente. Sì, non serve a niente. Avrei voluto che tutto questo potesse essere un’arma per la vendetta di mia madre contro le mie professoresse. Lei è morta il 21 dicembre del 2004. Dopo quattro anni di agonia un Carcinoma ovarico se l’è portata via. Il 17 di agosto alle 9:30 atterro nella tua Milano: a casa ho detto che sarei tornato dopo quindici giorni. Inseguivo un amore fatto di parole scritte e sussurrate al telefono. Venti minuti dopo sono fermo in Corso XXII marzo, sono da solo è aspetto il 12 che mi porterà a casa. Un’ora dopo apro la porta di casa e so già che non tornerò mai più indietro.

Chiara, tu potrai non credermi, ma avevo deciso di cancellare tutto e il dottorato di ricerca che mi aspettava a settembre poteva anche andare a fanculo. Da quel momento ho vissuto come un proiettile sparato ad altezza d’uomo e la mia lamina continua a ricoprirsi di sangue, tessuti, e pensieri.

Oggi è il tuo compleanno? Scusa, ma io parlo tanto e poi dimentico le cose importanti.

Chiara, quanti anni fai?

Decades






 

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

PATRICIA HIGHSMITH

"Non capisco la gente a cui piace far rumore; di conseguenza la temo, e poiché la temo, la odio. é un circolo vizioso emotivo"

 

 

ULTIME VISITE AL BLOG

Frittarellaarcadia73littlewalterLady_Warmariomancino.mcassetta2venere_privata.xbruce_bellozummi0alphabethaamary.dark35OssimoroTossic0FlautoDiVertebraMerube
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963