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SuperPellisier

Post n°223 pubblicato il 06 Aprile 2009 da barblog.paolo

Che non fosse aria di rimonta, lo si era capito già nel pomeriggio. Il pareggio strappato dal Chievo non permette il lamento facile, se non per il regalo sul fotofinish che ha orientato il risultato. Piuttosto, quel primo tempo giocato con poca testa e altrettanto cuore deve far riflettere su una squadra che di ritorno dalle soste perde spesso l’orientamento. Che poi l’Inter abbia allungato a più nove sancisce il verdetto del campionato e regala al testa a testa dell’Olimpico altri connotati: il risultato influirà sugli umori di una giornata, ma non più sull’esito finale del campionato.

Al palo è rimasta una Juve divisa in due. Dalle sue colpe e dai suoi pregi; da novanta e passa minuti giocati a senso alternato. Dal Chievo che non solo ha mai smesso di lottare, ma che mai ha staccato la prolunga del gioco, capace di finalizzare con Pellissier tutto quello che Mimmo Di Carlo ha insegnato. Una sola sconfitta nel 2009, cinque vittorie e, con quello di ieri, quattro pareggi: chapeau.

Le vittorie consecutive bianconere, 5, avevano fatto perdere di vista il problema e probabilmente supportato l’idea di poter avvicinare l’Inter, prima del redde rationem del 18 aprile. E pur con tutta la tara sulla prudenza che Ranieri è solito mettere nelle sue dichiarazioni, se alla vigilia ha puntato i fari sul Chievo e non sull’incontro con Mourinho, aveva i suoi buoni motivi. Puntualmente riscontrati in campo. La Juve gioca un primo tempo da dopolavoristi, con tutto il rispetto per la categoria. Fiacca e sbadata; slegata e rammollita. Non un’idea ma nemmeno un ringhio. L’emblema è Del Piero. Ovviamente il capitano non è il solo imputato, ma gli unici due palloni finiti sui suoi piedi non lasciano una traccia degna della fama. E se in un caso è sveglio Sorrentino, nell’altro il numero dieci bianconero si muove alla moviola. Ma è la catena che non funziona, zero iniziative sulle fasce, poche idee dal centro: anonimo Tiago, vigoroso Marchisio, ma più dedito a spezzare la laboriosità veneta che a cucire le maglie del gioco.

Non è la prima volta che la Juve resta sui blocchi allo sparo di partenza, quello che rende più complicata la gestione della partita sono le amnesie della difesa. Tanto che vien da pensare che questa volta sotto la maschera non ci sia Chiellini, ma un parente lontano. Dell’inedia bianconera, un’altra squadra, magari più riverente, non saprebbe che farsene. Non il Chievo, però. Capace di segnare il territorio con passaggi mai banali, ispirato da Luciano fu Eriberto e calibrato da un centrocampo che ingoia palloni e li ricicla senza perdersi in troppi fronzoli. Sveglio, il Chievo, a capire che il fronte sinistro della Juve è quello più abbordabile. Da lì partono i rifornimenti per Pellissier; da lì colui che qualche anno fa la Rai chiamò «il francese Pellissier» decolla per voli sempre giunti a destinazione.

Serve un passaggio in sala trucco per cambiare i connotati. Ranieri non perde l’occasione. Coraggioso nel togliere Del Piero, trova nella lievitazione di Camoranesi l’x factor per ribaltare la domenica. Di forza e di tecnica, il raptus bianconero scombina l’organizzazione del Chievo, rinculato a presidio di Sorrentino. Meno incursioni al centro, più aria sulle fasce. Soprattutto quella dove l’italo-argentino ha preso la residenza. Per mezz’ora non c’è partita. O meglio, ce n’è un’altra. Che la Juve traduce in una manciata di occasioni (Iaquinta e Trezeguet) e poi nei due gol che invertono la rotta. Un aiutino dalla cooperativa veneta, (servono ben due tocchi, Yepes e Morero, per trasformare in gol un innocuo assist di Camoranesi), una zuccata di Iaquinta rintracciato col radar dal numero 16. Il più è fatto. Male che vada, l’Inter rimane a più sette, col pericolo scampato. Restano, però, le voglie del Chievo. Destinate a rimanere intenzioni, se non trovassero lo straordinario apporto di Mellberg. Un calcione in avanti al pallone e la Juve avrebbe due punti in più: dallo sfrondone invece, arriva il terzo castigo di Pellissier. Fischi. Il cocchio torna zucca. Non è neanche mezzanotte e, soprattutto, l’Inter non ha ancora vinto a Udine.

(Tratto da LaStampa.it)

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