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« Lucia Albani 8 sonettiIn morte di Irene di Spilimbergo »

Lucia Albani 7 sonetti

Post n°181 pubblicato il 19 Ottobre 2013 da livieroamispera
 

Completo con questi ultimi 7 sonetti l'opera di Lucia Albani.

25. (Pag. 69, sonetto XXIII)
A N. S. Giesù Cristo.

Se già (tua gran mercé) per nostro amore
Ti degnasti, Signor, scender dal cielo
In questo inferno pien di cieco horrore,
Coprendoti d'humano, et mortai velo;

Degnati ancor d'ogni passato errore
Sgombrar quest'alma; ci freddo interno gielo,
Che penetrar in lei il tuo divo ardore
Non lassa, accendi d'amoroso zelo:

Talché poi giunta di salute a porto
Per te dal mar de le mie voglie ingrate,
Gratie a te renda, et homai più non tardi:

Ne ti mova da ciò, o mio sol conforto,
Il peccar mio, perché, se ben risguardi,
E' vie di lui magior la tua pietade.



26. (Pag. 52, sonetto VI)

Se satia ancor non sei crudel fortuna
Di contrastar' ogn' hora a' miei desiri,
Et colmarmi di doglia, e di martiri,
Di novo contra me tue forze aduna,

Che non fia però mai d'Amor digiuna
La mente mia; e pria pianti, e sospiri
Saranno in Ciel, né più jaran suoi giri
Le stelle, e fia del sol la luce bruna,

Ch'Amor disciolga la forte catena,
Con cui preso, e legato tiemmi il core,
O ch'in me novo ardor' haggia mai loco:

Perché 'l mio destin vuol ch'ogni mia pena
Termini amando, insiti' a l' ultim' hore,
Chi fu prima cagion del mio gran foco.

"Rime di diversi autori bresciani", pag. 56.



27. (Pag. 47, sonetto I)

Se colmo vive di tormenti il cuore,
Et tanti in lui martir fanno ricetto.
Che dal noglioso affanno egli e constretto
A disfogar in carte il suo dolore,

Si come suol per sovverchie acque fuore
Uscir tal'hor un fiume del suo Ietto;
Et poi ch'ogni rimedio gli è interdetto
Extinguer brama in rime il fiero ardore.

Però se son d'ogni dolcezza in tutto
Priva, di ciò maraviglia non prendo;
Non dà radice amara dolce frullo:

Sappia in vero ciascun ch'io non intendo
Ir procacciando honor, ma il grave lutto
Cerco allentar, ond'ei cresce tacendo.



28. (Pag.68, sonetto XXII)

Si come hor si rallegra, et rasserena
Il ciel, rimossa ogni nube atra, et nera,
Et Zefiro gentile a noi rimena,
Scacciando il verno, grata primavera;

Né men si mostra tutta vaga e amena
Hor l'alma terra, che pur dianci era
D'erbe et fior scossa; et d'allegrezza piena
Per le campagne va ciascuna fiera;

Perché così non lice a me la fronte
Mesta rasserenar, sgombrando 'l cuore
Di pensier tristi? et cangiando i sospiri

In dolci accenti, di novo colore
Coprir le smorte guancie? et longo un fonte
Gir sicura, sfogando i miei martiri?



29. (Pag. 65, sonetto XIX)

Sonno dolce dell'alma ocio e riposo,
Ch'obliar fai a' miseri mortali
L'ingorde cure, et tanti altri suoi mali,
Togliendo al cuor ogni pensier noioso;

Ond'è che di turbar questo penoso
Mio cuor non cessi, et questi spirti frali,
Con dimostrarli vision eguali
Al stato suo, più d'ogn' altro doglioso?

Forsi d' acordo con mia dura sorte
Ti mostri tal, acciò priva di pace
Io viva sempre, et colma d'aspra doglia:

Ma se quest'è, deh per men mal la morte
Spenga homai questa verde, et fragil spoglia,
Ch'a chi mal vive, morte et giova et piace.




30. (Pag. 48, sonetto II)

S'unqua permette 'l Ciel per mia ventura.
Che scoprir possa con dogliosi accenti
L'aspre mie pene, e i miei gravi tormenti,
A chi cagion fu di mia sorte dura;

E ch'io vegga la luce chiara, e pura
Di duo begli occhi più che 'l sol lucenti,
Che furo nel mio cor strali pungenti,
Pietosa farsi di mia gran sciagura;

Di quanto per amor giamai soffersi
Paga terrommi, e sopra ogn'altra Amante
Mi chiamerò felice, et fortunata.

Ma lassa i' temo di vedere inante
L'onde, in che son i pensier nostri immersi,
Che 'l sol' apporti a me luce si grata.

1- "Rime di diversi eccellenti autori bresciani nuovamente raccolte et mandate in luce da G. Ruscelli", In Venetia, per P. Pietrasanta, 1554, pag. 57;
2- Luisa Bergalli Gozzi, "Componimenti poetici ..." pag. 209.



31. (Pag. 49, sonetto III.)

Un sì fiero dolor l'alma m'ingombra,
Et di pensier tal nebbia il miser cuore
Occupa, et cuopre con si grave horrore,
Ch'ogni allegrezza dal mio petto sgombra.

Né vera gioia iniqua il mio viso adombra,
Et l'alma già di questo incarco fuore
Sarebbe uscita, et d'un tanto dolore.
Né sarei altro homai che polve, et ombra,

Se talhor di speranza i vivi rai
Nel cuor non penetrassero, parole
Cotai formando: Lassa, deh non sai

Che doppo il giaccio tornan le viole?
Forse hor il Ciel ti lascia in tanti guai,
Per far magior' il ben che dar ti vuole.

 
 
 
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