Teilhard de Chardin
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Essere fedeli alla terra per scoprire le radici del sacro Dalla mistica di Teilhard de Chardin al pensiero «verde» E' molto strano che in tempi in cui si parla molto di ecologia non si sia mai sentito l'esigenza di rivalutare la figura del gesuita Pierre Teilhard de Chardin, il «cristiano fedele alla terra» che, forse in anticipo sui tempi, propose una visione del mondo che si armonizzava perfettamente con i principi del cristianesimo. Si parlò molto di Teilhard de Chardin negli anni Sessanta, quando le sue idee erano considerate poco ortodosse e chi ha memoria di quei tempi ricorderà la superficiale accusa di "panteismo" con la quale veniva definita laì sua visione del mondo. Pochi mesi dopo la sua scomparsa, e quando ancora non erano state pubblicate tutte sue opere, l'Università cattolica francese di Montreal in Canada aveva organizzato un pubblico incontro sul padre gesuita. Presentato come una «inchiesta obiettiva» sugli aspetti teologici e scientifici del pensiero di Teilhard, l'incontro in realtà era stato preparato con lo scopo di mettere in guardia la gente dal suo pensiero, tant'è che in quell'occasione un non ben definito padre domenicano lanciò questo severo ammonimento: «Le sue paroleì sontuose sono una trappola. State attenti a non cadervi». E probabilmente a causa di questo ostracismo, il pensiero di Teilhard stentò a diffondersi, ma chi lo avvicinò leggendo in originale i suoi testi fondamentali (Le Phénomène Humain e Le Milieu Divin) o qualche studio all'avanguardia comprese subito che ci si trovava di fronte a un personaggio straordinario che in un certo senso portava avanti un discorso che armonizzava scienza e fede. E in tempi in cui la scienza cominciava ad affermarsi il messaggio fu veramente straordinario.Teilhard de Chardin, però, nonostante le sue attenzioni verso la natura, fu anche un profondo mistico e questo saggio di Ursula King dà la misura della sua spiritualità «profondamente radicata in una visione sacramentale del mondo» e alimentata «con la devozione e la pratica eucaristica». Il suo inoltre non fu un misticismo fine a se stesso e chiuso nell'universo della contemplazione, ma un misticismo che non perdeva mai i contatti con la Terra. Secondo Teilhard tutto l'universo era «incendiato» dall'amore di Dio e quando l'uomo, con l'aiuto di Dio, avrà catturato le energie dell'amore, potrà dire di avere scoperto per la seconda volta il fuoco. E a questo proposito sono molto interessanti le pagine dedicate al simbolismo del fuoco, che per il gesuita «significava soprattutto il calore e lo splendore dell'amore e della luce, l'energia per fondere e trasformare ogni cosa». Centrale, nella visione di Teilhard, è il concetto del «Cristo cosmico», al quale rivolge questa significativa preghiera: «Ormai, o Signore, ogni materia è fatta carne, mediante la tua Incarnazione». L'incarnazione di Cristo, dunque, è estesa alle dimensioni del cosmo e si raggiunge Dio attraverso l'universo nel suo processo di sviluppo e di divenire. Le pagine di questo saggio aiutano a ricomporre la personalità di un grande pensatore cristiano che ancora oggi sembra avere molto da dire. Alcuni aspetti della sua spiritualità, infatti, richiamano il confronto con gli «altri» e coi «diversi», secondo una visione veramente ecumenica del messaggio cristiano. Franco GABICI (Recensione al volume di Ursula King: Cristo in tutte la cose, Ed. Messaggero di Padova) Da: Avvenire 9 giugno 2001
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)