« Messaggio #129Messaggio #131 »

Post N° 130

Post n°130 pubblicato il 27 Dicembre 2008 da bioantroponoosfera

Riflessioni sul significato del male in

Teilhard de Chardin                            

Nel discorso di Teilhard non è sempre facile distinguere livelli ed ambiti: questo è il punto che agita la nostra coscienza critica.  Ed è bene: la ricerca del rigore, la qualificazione di un processo in una prospettiva definita - scientifica, filosofica, teologica che sia - sono esigenze inderogabili nell'itinerario veritativo.  Ciò non toglie che anche un'altra disposizione sia legittima e doverosa nella lettura di una grande opera, soprattutto ove la ricchezza e la violenza del pensiero avvertono che nella profondità gli ambiti si sono confrontati e distinti, e che da quella profondità si è tentata, senza per altro volerla concludere, una nuova sintesi ed una nuova armonia.  Andranno, allora, individuati i sostegni impliciti, i centri nascosti d'intelligenza, e di là andranno chiariti i discorsi più ampi, più distesi, più complessi, talora più avventurosi della superficie.

      Tanto valga anche per la riflessione sul male che, con passione ed umiltà, Teilhard conduce ne Le Milieu divin. Ricordiamolo subito, il problema del male resta una spina Indelebile ed eterogenea nel cuore della ragione, giacchè il male è appunto antiragione, caduta della ragione, irrazionalità: ciò per cui la ragione non ha, in definitiva, strumenti di comprensione.  In tal senso diceva Kierkegaard, « l'incomprensibilità del peccato non deriva da una conoscenza limitata, di modo che noi a furia di speculare arriveremmo a comprenderlo. No, l'incomprensibilità costituisce proprio l'essenza del male » (1). L'intelligenza assoluta del male è, dunque, una tentazione da evitare: il suo risultato potrebbe essere solo una contraddittoria riduzione del negativo nel positivo, dell'irrazionale nel razionale, come accade alla teoresi idealistica. Eppure ogni uomo deve misurarsi con questa tentazione, deve toccarne il limite.

     Teilhard de Chardin fece appunto così: sino al limite, ma non oltre il limite. In un punto de Le Milieu divin (2) ci sentiamo vicini alla contraddizione di ogni emanatismo: il parteciparsi di Dio, vi si dice, è graduale, progressivo e perciò deve implicare l'imperfezione, il disordine. Il male va, dunque, inteso come un momento necessario e solo apparentemente negativo nella storia dell'essere? In realtà il discorso di Teilhard è più complesso e più sfumato, nè pretende l'assoluta comprensione di un problema che, « per i nostri spiriti e per i nostri cuori, resterà sempre uno dei misteri più conturbanti dell'Universo ». A ben vedere, ciò che Teilhard intende non è la deduzione del male, ma solo la sua condizione ontologica: condizione necessaria, ma non sufficiente.  In un ambito limitato, parziale, diveniente, qual è quello del mondo, il male non è una necessità, è però una possibilità fondata: riferito all'assoluto ed alla stessa « organizzazione totale del Mondo » il male diventerebbe, in- fatti, impossibile.  Esso va, dunque, inteso solo come « rischio » della finitezza e, se Teilhard considera questo rischio, questa possibilità, come inevitabili, lo fa non in senso ontologico, ma a posteriori, costatando la realtà storica, ponendosi da un « punto di vista statistico ». (3).

Non è, tuttavia, su questo che vogliamo fermare la nostra attenzione: per farlo occorrerebbe più spazio e soprattutto  una più approfondita collocazione del problema nell'intera opera di Teilhard.  Ciò che qui vorrei sottolineare è solo un momento, forse il più profondo, il più metafisica nella meditazione de Le Milieu divin: ed è quel muoversi di Teilhard alla positività futura, che ogni limite può disvelare: anche dove la nostra saggezza più è sconcertata, anche di fronte alla suprema negatività della morte - è scritto ne Le Milieu divin - l'uomo potrà aprirsi ad un « nuovo dominio di possibilità » (4).  Ed è qui che ci corre l'onere di rintracciare il, punto implicito di chiarezza fondativa.

In un passo de La messe sur le monde leggiamo queste parole: « Noi siamo dominati dall'illusione tenace che il Fuoco, questo principio dell'essere, nasca dalla profondità della terra e che la sua fiamma si accenda progressivamente lungo tutta la brillante scia della Vita.  Voi, o Signore, mi avete fatto la grazia di comprendere che questa visione era falsa e che, per scorgervi, dovevo rovesciarla... All'inizio, non v'era il freddo e non v'erano le tenebre; era il Fuoco.  Ecco la Verità » (5).  Mi sembra che qui ritorni un antico, fondamentale presupposto metafisico e che ne nasca una sicura conclusione.  La coscienza del male, il rilievo del limite o la indicazione dell'irrazionale, non sarebbero possibili senza una misura e senza un confronto: il non essere è scoperto con l'essere, il freddo e la tenebra col Fuoco.

La coscienza dell'Essere, dell'assoluto è, dunque, il modo originario, il presupposto di ogni giudizio e di ogni sapere.  Di qui consegue poi che la scoperta del negativo è insieme scoperta di un positivo che assolutamente lo abbraccia, o supera, e lo rapporta oltre di sè: l'altra faccia di ogni male, di ogni sofferenza, di ogni irrazionalità che salga alla coscienza, è per questo un « nuovo dominio di possibilità » o, com'è detto altrove, « un'energia possibile » (6).

Non sempre questa possibilità e questa positività sono determinabili, ma la certezza del loro essere potrà comunque fondare quella singolare pazienza che sta nella fede. « Ad ogni istante, da ogni fessura, la grande Cosa orribile irrompe, quella di cui ci sforziamo di dimenticare che è sempre là, da cui ci separa un semplice assito: fuoco, peste, tempesta, terremoto, scatenarsi di oscure forze morali, in un istante trascinano senza riguardi ciò che noi abbiamo penosamente costruito ed ornato con tutta la nostra intelligenza e il nostro cuore». E, tuttavia, di fronte alla Cosa orribile, non è lecito soccombere impietriti o maledicenti.  La « dignità umana », cioè la forza distintiva, debole e potente, della riflessione, riconosce e giudica e perciò implica o indica l'Essere. « La Cosa enorme ed oscura - dice ancora Teilhard - il fantasma, la tempesta, se vogliamo, sono Voi! « Ego sum, nolite timere ». Tutto ciò che ci spaventa nella nostra vita, tutto quel che voi stesso ha costernato nel Giardino, non sono in fondo che le Specie o le Apparenze, la materia d’uno stesso Sacramento » (7).

Ritroviamo, così, La messe sur le monde cui ci eravamo rivolti per una chiarezza di fondo.  E ritroviamo un altro senso di quella profondità: l'Essere sta all'inizio, come il Fuoco, eppure « l'illusione tenace » della coscienza superficiale sembrava porre all'inizio il freddo e la tenebra, il limite e la parzialità.  Quest'illusione ha una sua verità ed un suo fondamento: il fondamento è la nostra costituzionale parzialità.  Ciò che ci appare non è mai l'Essere, ma l'ente, il limite, il finito.  Connettiamo, ora. le due affermazioni, l'originaria coscienza dell'Essere e l'immediata esperienza del solo ente, e ne deriviamo una conclusione che è anche un metodo: Dio rivela la sua originarietà solo nell'intimo dell'ente, del limite, del finito.  La nostra attenzione, la nostra stessa attenzione religiosa, non potrà allora mai distaccarsi da questa parzialità, anche dove prevarichi in essa il segno del male, della sofferenza, della morte.  Se, dunque, si dovrà parlare di rassegnazione, questa non sarà mai abbandono o passività, ma lotta che affronta il negativo con la certezza di scoprirvi un positivo. « Non raggiungerò mai la Volontà di Dio (nella sua forma subita) se non al termine delle mie forze, là dove la mia attività, tesa all'essere migliore, si trova continuamente bilanciata dalle forze che tendono ad arrestarmi o a rovesciarmi » (8).

Vorrei notare che qui non si stabilisce solo un principio di forza etica, ma un criterio metodico del più alto conoscere.  Del resto, Teilhard vide bene che la distinzione fra teoresi e prassi non è in fondo reale: « per comprendere il Mondo - scrisse già nel 1919 -, non basta sapere: bisogna vedere, toccare, vivere nella presenza, bere l'esistenza tutta calda dal seno stesso della Realtà » (9).  Si pone qui la norma e la responsabilità di ogni ricerca metafisica, che quando si volge al reale è spesso tentata di non guardarlo, ma di spiegarlo frettolosamente nella rarefatta astrazione dei principi: ma, allora, nè il reale è spiegato, nè la sua radice è scoperta.  L'intelligenza metafisica d'ogni realtà, d'ogni regione dell'essere, può invero esercitarsi solo ove tutto il percorso di quella regione sia compiuto, solo ove ogni fenomeno sia stato descritto: quando l'attenzione fenomenologica non ha più parole o le avrebbe in modo contraddittorio, allora soltanto potrà porsi la domanda su Dio, una domanda che d'altra parte non ha mai cessato di guidarci.  Vorrei concludere con un'immagine, che ne Le Milieu divin è evidentemente richiamata dalla grande meditazione nel deserto di Ordos: «io so che la Volontà divina mi sarà sempre rivelata solo al limite del mio sforzo.  Come Giacobbe, toccherò Dio nella Materia solo quando sarò stato vinto da lui ».

Virgilio Melchiorre

 (1) S. KIERKEGAARD, Diario, X2 A 436, tr.  Fabro, Brescia,Morcelliana, 1963, vol. II, p. 38.

(2) Le Milieu divin, Parigi, Ed. du Seuil, 1957, pp. 88-89.

(3) Du cosmos à la cosmogénèse, in L'activation de l'énergie, Parigi, Ed. du Seuil, 1963, p. 271.  Cfr. p. 268, ove si parla di « ragioni statistiche implacabili », di « leggi dei grandi numeri ».

(4) Le Milieu divin, cit., p. 98.

(5) In Hymme de l'Univers, Parigi, Ed. du Seuil, 1961, p. 20.

(6)   Hymne de l'Univers, cit., p. 100.

(7)   Le Milieu divin, cit., pp. 172-173.

(8)   Ibid., pp. 99-100.

(9)   La puissance spirituelle de la matière, in Hymne de l'Univers, cit., p. 67.

 In : Testimonianze 8 (dicembre 1965) n° 80, 756-60

 

 

 

 

 

 

 

Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/bionoogenesi/trackback.php?msg=6190893

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
Nessun Commento
 
 
 
 

Archivio messaggi

 
 << Maggio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31    
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 4
 

Ultime visite al Blog

nosdgl10pinmurafilippotassiamelita3bmgiulia46argentoRmdglOzmago01gerusdueporcellinevitocapanoenzozinifiltrostophermesvskipper470vaccarosambuca
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963