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Antichi fantasmi umani nel DNA moderno

Post n°2057 pubblicato il 28 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte:Le Scienze

11 febbraio 2019

Con l'aiuto di tecniche di apprendimento profondo,

i paleoantropologi hanno trovato prove di rami perduti

da tempo sul nostro albero genealogico, identificando

alcuni eventi potenziali di incroci e di ibridazioni tra

specie umane estinte e lontani antenati della nostra

speciedi Jordana Capelewicz/QuantaMagazine

L'apprendimento profondo potrebbe aiutare paleontologi

e genetisti a cercare fantasmi?

Quando gli esseri umani moderni migrarono per la prima

volta dall'Africa 70.000 anni fa, almeno due specie affini,

ormai estinte, li stavano già aspettando sul continente

eurasiatico. Erano i Neanderthal e i Denisoviani, esseri

umani arcaici che si sono incrociati con quei primi moderni,

lasciando frammenti del loro DNA nei genomi delle persone

di origine non africana.

Ma ci sono sempre più indizi di una storia ancora più contorta

e colorita: la scorsa estate, per esempio, un gruppo di ricercatori

ha riferito su "Nature" che un frammento osseo trovato in una

grotta siberiana apparteneva alla figlia di una donna Neanderthal

e di un uomo Denisoviano. La scoperta è la prima prova fossile

di un ibrido umano di prima generazione.

Neanderthal al Neanderthal Museum di Mettmann, in Germania.

(© Arco Images / AGF)Purtroppo, è molto raro trovare fossili del

genere (la nostra conoscenza dei Denisoviani, per esempio, si basa

sul DNA estratto da un osso di un dito). Molti altri accoppiamenti

ancestrali avrebbero potuto verificarsi facilmente, compresi quelli

che coinvolgono gruppi ibridi provenienti da incroci precedenti, che

però potrebbero essere praticamente invisibili quando se ne cercano

prove fisiche. Gli indizi della loro esistenza possono invece sopravvivere

nel DNA di alcune persone, ma in questo caso potrebbero essere più

sfuggenti delle tracce genetiche lasciate dai Neanderthal e dai Denisoviani.

I modelli statistici hanno aiutato gli scienziati a dedurre

l'esistenza di un paio di queste popolazioni anche in assenza

di dati fossili: secondo una ricerca pubblicata a fine 2013,

per esempio, modelli di variazione genetica negli esseri umani

antichi e moderni indicano che una popolazione umana sconosciuta

si è incrociata con i Denisoviani (o con i loro antenati).

Ma gli esperti ritengono che questi metodi trascurino

inevitabilmente molte cose.

Chi altri ha contribuito ai genomi di oggi? Che aspetto avevano

queste cosiddette popolazioni fantasma, dove vivevano e con

quale frequenza interagivano e si accoppiavano con altre specie

umane?

In un articolo pubblicato il mese scorso su "Nature Communications",

i ricercatori hanno mostrato il potenziale di tecniche di

apprendimento profondo per aiutare a colmare alcune lacune,

di cui gli esperti potrebbero non essere nemmeno a conoscenza.

Hanno usato l'apprendimento profondo per scandagliare le

prove dell'esistenza di un'altra popolazione fantasma: un antenato

umano sconosciuto in Eurasia, probabilmente un ibrido

Neanderthal-Denisoviani o un parente della linea denisoviana.

Il lavoro suggerisce che in futuro l'intelligenza artificiale potrà

servire in paleontologia non solo per identificare fantasmi

imprevisti, ma anche per scoprire le impronte molto sbiadite

dei processi evolutivi che hanno plasmato chi siamo diventati.

Alla ricerca di esili tracce
I metodi statistici attuali prevedono l'esame di quattro genomi

alla volta per individuarne i tratti comuni.

È un test di somiglianza, ma non necessariamente di antenati reali,

perché ci sono molti modi diversi di interpretare le piccole

quantità di miscela genetica che il test trova.

Per esempio, le analisi potrebbero suggerire che un europeo

moderno, ma non un africano moderno, condivide alcune caratteristiche

con il genoma dei Neanderthal.

Ma ciò non significa necessariamente che quei geni provengano

da incroci tra i Neanderthal e gli antenati degli europei.

Questi ultimi, per esempio, avrebbero potuto invece

incrociarsi con una popolazione diversa, strettamente

legata ai Neanderthal, non con i Neanderthal stessi.

Non lo sappiamo. In assenza di prove fisiche che indichino

quando, dove e come sarebbero vissute quelle antiche ipotetiche

fonti di variazione genetica, è difficile dire quale delle tante

possibili ascendenze sia la più probabile.

La tecnica, ha detto John Hawks, paleoantropologo all'Università

del Wisconsin a Madison, "è potente per la sua semplicità,

ma dal punto di vista della comprensione dell'evoluzione lascia

molti punti irrisolti".

Il nuovo metodo di apprendimento profondo è un tentativo

di fare un passo avanti, cercando di spiegare livelli di flusso genico

che sono troppo piccoli per i normali approcci statistici e offrendo

una gamma molto più vasta e complicata di modelli.

Attraverso l'addestramento, la rete neurale può imparare a

classificare vari modelli nei dati genomici, basandosi sulle storie

demografiche che hanno maggiori probabilità di averli originati,

ma senza che chiarire in che modo ha stabilito quelle connessioni.

Questo uso dell'apprendimento profondo può svelare "fantasmi"

di cui non si sospettava neppure l'esistenza.

Intanto, non c'è motivo di pensare che Neanderthal, Denisoviani

ed esseri umani moderni fossero le uniche tre popolazioni

sulla scena. Secondo Hawks, ce ne potevano benissimo essere

decine.

Jason Lewis, antropologo della Stony Brook University

a New York, condivide questa opinione.

"La nostra immaginazione è stata limitata dalla nostra attenzione

alle persone viventi o ai fossili che abbiamo trovato in Europa,

Africa e Asia occidentale", ha detto.

"Quello che le tecniche di apprendimento profondo possono fare,

in un modo peraltro strano, è riorientare le possibilità.

L'approccio non è più limitato dalla nostra immaginazione".

Il valore reale delle storie simulate
L'apprendimento profondo potrebbe sembrare una soluzione

improbabile ai problemi dei paleontologi, perché normalmente

il metodo richiede enormi quantità di dati per l'addestramento.

Prendete una delle sue applicazioni più comuni, la classificazione

di immagini. Quando gli esperti addestrano un modello a identificare,

per esempio, le immagini dei gatti, hanno migliaia di foto con cui

possono addestrarlo e sanno se funziona perché sanno come dovrebbe

essere un gatto.

Ma la scarsità di dati antropologici e paleontologici rilevanti disponibili

ha forzato i ricercatori che volevano usare l'apprendimento profondo

a fare i furbi, creando loro dei dati. "In un certo senso abbiamo giocato

sporco", ha detto Oscar Lao, ricercatore al National Center of Genomic

Analysis di Barcellona e uno degli autori dello studio.

"Potevamo usare una quantità infinita di dati per addestrare il motore di

apprendimento profondo per il semplice fatto che stavamo usando

simulazioni".

I ricercatori hanno generato decine di migliaia di storie evolutive

simulate, basate su diverse combinazioni di dettagli demografici:

numero di popolazioni umane ancestrali, loro dimensioni, quando

differivano l'una dall'altra, loro tassi di mescolanza e così via.

Da queste storie simulate, gli scienziati hanno generato un gran

numero di genomi simulati per le persone di oggi.

Hanno addestrato il loro algoritmo di apprendimento profondo

con questi genomi, in modo che imparasse quali tipi di modelli

evolutivi hanno maggiori probabilità di produrre determinati

modelli genetici.

gine la scritta "Xe" indica dove dovrebbe essere avvenuto l'incrocio

fra umani moderni e una popolazione "fantasma" secondo la

ricostruzione delle antiche migrazioni fatta dal sistema di intelligenza

artificiale. (Cortesia Mayukh Mondal, Jaume Bertranpetit, Oscar Lao)

Il gruppo ha quindi impostato l'intelligenza artificiale in modo che fosse

libera di dedurre le storie che meglio si adattano ai dati genomici reali.

Alla fine, il sistema ha concluso che all'ascendenza delle persone di

origine asiatica aveva contribuito anche un gruppo umano non identificato

in precedenza. Secondo quei modelli genetici, probabilmente quegli esseri

umani erano una popolazione distinta nata dall'incrocio di Denisoviani e

Neanderthal circa 300.000 anni fa oppure un gruppo che discendeva

dal lignaggio dei Denisoviani subito dopo.

Non è la prima volta che l'apprendimento profondo è stato usato

in questo modo. Una manciata di laboratori ha applicato metodi

simili per affrontare altri filoni delle indagini evolutive.

Un gruppo di ricerca, guidato da Andrew Kern dell'Università

dell'Oregon, ha usato un approccio basato sulla simulazione e sulle

tecniche di apprendimento automatico per cogliere le differenze

nei vari modelli evolutivi delle specie, esseri umani compresi. Kern

e colleghi hanno scoperto che la maggior parte degli adattamenti

favoriti dall'evoluzione non hanno bisogno dell'emergere di nuove

mutazioni benefiche nelle popolazioni, ma dell'espansione di varianti

genetiche già esistenti.

L'applicazione dell'apprendimento profondo "a queste nuove domande

- ha detto Kern - sta dando risultati entusiasmanti".

Dubbi e speranze
Naturalmente, ci vuole molta cautela. Innanzitutto, se la storia

evolutiva umana reale non fosse stata simile ai modelli simulati

su cui sono addestrati questi metodi di apprendimento profondo,

allora i risultati sarebbero errati. Questo è un problema che Kern

e altri hanno cercato di affrontare, ma resta ancora molto da fare

per fornire maggiori garanzie di accuratezza.

"Penso che l'intelligenza artificiale sia sopravvalutata nelle

applicazioni alla genomica", ha detto Joshua Akey, ecologo e biologo

evolutivo della Princeton University. L'apprendimento profondo

è uno strumento nuovo e fantastico, ma è solo un altro metodo.

Non risolverà tutti i misteri e le complessità dell'evoluzione umana".

Alcuni esperti sono ancora più scettici.

"Ritengo che la densità e la qualità dei dati non siano molto adatte

ad analisi che non siano ben ponderate e basate su un'intelligenza

non artificiale", ha scritto in una mail David Pilbeam, paleontologo

della Harvard University e del Peabody Museum.

Tuttavia, secondo altri paleontologi e genetisti, è un buon passo

avanti, qualcosa che potrebbe essere usato per fare previsioni su

possibili future scoperte fossili e su variazioni genetiche attese

che dovrebbero essersi verificate tra gli esseri umani migliaia di

anni fa. "Penso che l'apprendimento profondo darà davvero una

spinta alla genetica di popolazioni", ha detto Lao.

E potrebbe essere così anche per altri campi in cui disponiamo

di dati, ma non conosciamo il processo che li ha prodotti.

Nello stesso periodo in cui Kern e altri genetisti di popolazioni e

biologi evolutivi stavano sviluppando tecniche di intelligenza

artificiale basate sulla simulazione per affrontare le loro domande,

i fisici facevano lo stesso per capire come vagliare l'immensa mole

di dati prodotti dal Large Hadron Collider del CERN di Ginevra e

da altri acceleratori di particelle. Anche la ricerca geologica e i

metodi di previsione dei terremoti hanno iniziato a beneficiare

di questo tipo di approcci di apprendimento profondo.

"Dove porti, non lo so davvero. Vedremo", ha detto Nick

Patterson, biologo computazionale al Broad Institute del

Massachusetts Institute of Technology e della Harvard

University. "Ma è sempre bello considerare nuovi metodi.

Useremo tutto quello che possiamo se sembra essere buono

per rispondere alle domande a cui vogliamo rispondere."

---------------------------
(L'originale di questo articolo è stato 

pubblicato il 7 febbraio 2019 da QuantaMagazine.org,

una pubblicazione editoriale indipendente online promossa

dalla Fondazione Simons per migliorare la comprensione

pubblica della scienza. Traduzione ed editing a cura di

Le Scienze.Riproduzione autorizzata,

tutti i diritti riservati)

 
 
 
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