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Post n°47 pubblicato il 12 Novembre 2017 da madam124

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Post n°46 pubblicato il 19 Luglio 2017 da madam124

ITALIA. L’INDUSTRIA MILITARE PILASTRO DEL SISTEMA PAESE

[GRILLOnews.it – 28.06.2017] Il mensile «Nigrizia» di giugno ospita un dossier sulla produzione e commercio internazionale delle armi italiane, e sul coinvolgimento collaborativo e interessato delle banche, che mettono a disposizione dell’industria bellica servizi di intermediazione ben remunerati e conti correnti. 
Come recita l’incipit, «l’industria militare è il pilastro del sistema Paese. È ciò che pensa il governo. E i dati lo confermano. Cresce la spesa e l’export di armamenti conosce un vero boom. Soprattutto verso i regimi della penisola arabica. Cala, invece, la vendita verso l’Africa. Le banche sostengono il business seppellendo ogni tentennamento etico».

 


ITALIA. L’INDUSTRIA MILITARE PILASTRO DEL SISTEMA PAESE

[Gianni Ballarini – Nigrizia n.6, giugno 2017] Il 19 aprile scorso si è assistito a uno scarico di blindati e armi alla cabina tabani, nel porto di Piombino. Ancorata c’era la nave Excellent, una grande imbarcazione noleggiata dal Ministero della difesa italiano, battente bandiera maltese. Dopo aver imbarcato un gran quantitativo di armamenti e aver effettuato uno scalo tecnico ad Augusta, s’è diretta a Gedda, in Arabia Saudita, attraversando il canale di Suez. Secondo l’autorità portuale di Piombino quelle armi e quei blindati erano destinati a un corso di addestramento bellico di militari italiani nella penisola arabica.

 

L’unico ad alzare la mano e a chiedere spiegazioni su questo singolare traffico è stato il parlamentare di Sinistra italiana-Possibile, Giulio Marcon, il quale ha giudicato «gravissima» l’iniziativa: «L’Arabia Saudita è coinvolta in Yemen in una guerra sanguinosa, è sotto il banco d’accusa dall’Onu per la violazione dei diritti umani e ha sostenuto alcune fazioni terroristiche in Medioriente. Chiediamo —ha proseguito Marcon— l’immediato blocco del trasferimento delle armi nella penisola arabica, lo stop alle esercitazioni e a ogni vendita di armi all’Arabia Saudita».

Governo silente. Media in gran parte distratti (tranne il Tirreno, Italia Oggi e Manifesto). Opinione pubblica ignara. Il tema delle spese belliche e della vendita di armi anche a paesi in conflitto è oramai sdoganato e non più avvolto da alcun tabù. Secondo il rapporto del Sipri (l’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma), la spesa militare italiana è salita nel 2016 a 27,9 miliardi di dollari. Calcolata in euro corrisponde a una spesa media giornaliera di circa 70 milioni. Un flusso irrefrenabile. Ma diventato normale. Quasi ovvio.

L’ultima Relazione governativa sugli armamenti rivela come il Belpaese stia conoscendo una crescita esponenziale soprattutto nell’export armato. Il valore è aumentato dell’85% rispetto al 2015 raggiungendo il valore di 14,6 miliardi di euro. Pesa la mega vendita (oltre 7 miliardi di euro) di caccia Eurofighter Typhoon (28) al Kuwait. Si tratta della più grande commessa mai ottenuta da Finmeccanica/Leonardo. Ma nei primi 11 posti della classifica delle nazioni destinatarie troviamo Arabia Saudita (427,5 milioni), Qatar (341 milioni), Turchia (133,4 milioni) e Pakistan (97,2), che fanno parte di coalizioni di guerra o che sono conosciuti come paesi fortemente repressivi.
Nel Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa, la nuova bibbia governativa, si legge come sia «essenziale che l’industria militare sia pilastro del sistema paese, perché contribuisce al riequilibrio della bilancia commerciale». Per cui merita ogni sostegno possibile.

Africa in calo

In questo contesto, si distingue l’Africa. I 136 milioni di euro, valore delle licenze italiane di esportazione nel 2016, rappresentano il secondo dato più basso dal 2008. Peggio dell’anno scorso è stato solo il 2014. Il calo è stato del 43,4% (oltre 240 milioni di euro nel 2015), con un dato particolarmente negativo per il Nordafrica (-56%). Negli ultimi 5 anni il calo di export verso la sponda sud del Mediterraneo è stato importante: si è passati dai 308,4 milioni del 2012 ai 38,5 dell’anno scorso (-87,5%). A colpire, in particolare, è la chiusura dei rubinetti con l’Algeria, uno dei paesi con cui lavoravano maggiormente le aziende belliche italiane. L’anno scorso hanno commerciato armi per 25,2 milioni di euro. Nel 2012 il dato sfiorava i 263 milioni di euro.
Nell’Africa subsahariana spicca il dato dell’Angola, non propriamente la culla della democrazia e della difesa dei diritti civili: si è passati dai pochi spiccioli del 2015 (72mila euro) agli 88,7 milioni di euro nel 2016, posizionando il paese al 13° posto della classifica dei paesi acquirenti.

Conti armati

E accanto a un’industria bellica italiana in piena espansione, il 2016 ha segnato pure l’esplosione dei conti correnti armati. Gli istituti di credito, infatti, hanno definitivamente seppellito ogni tentennamento morale per rituffarsi a corpo morto sul business delle armi. In un solo anno il valore delle transazioni bancarie legate all’export definitivo di armamenti è passato dai 4 miliardi del 2015 ai 7,2 miliardi del 2016 (+80%), frutto di 14.134 segnalazioni, rispetto alle 12.456 dell’anno precedente. Un boom inarrestabilese si osserva la crescita rispetto a soli due anni fa: +179% (2,5 miliardi di euro, nel 2014).

A occupare il primo posto è il gruppo Unicredit con oltre 2,1 miliardi di euro, pari a circa il 30% dell’ammontare complessivo movimentato per le sole esportazioni definitive, e con una crescita del 356% rispetto al 2015 (474 milioni di euro). Dopo Unicredit, compare il gruppo Deutsche bank, con oltre un miliardo di euro e al terzo posto la banca britannica Barclays bank, con oltre 771 milioni di euro e con una crescita del 113,8% rispetto ai dati del 2015 (360,9 milioni).

Sorprendente la “performance” della bresciana Banca Valsabbina. In un anno le sue transazioni armate sono cresciute del 763,8% passando dai 42,7 milioni di euro del 2015, ai 369 milioni circa dell’anno scorso. Questo istituto –che ha la sua sede a Vestone, piccola realtà della Comunità montana della Valle Sabbia, e la direzione generale a Brescia– evidentemente rappresenta un punto di riferimento per tutto il settore armiero della zona.

Sono i paesi mediorientali, in genere, a essere ottimi clienti delle banche, avendo fatto transitare sui conti bancari del Belpaese una massa enorme di denaro: quasi 4,3 miliardi di euro, pari al 59% del totale. Anche i paesi africani fanno un balzo in avanti, passando dai 300 milioni del 2015 ai quasi 320 milioni del 2016. È l’area subsahariana a incidere maggiormente, con una crescita del 153% (dai 42 milioni del 2015 ai 106,4 dell’anno scorso). Le banche armate, evidentemente, generano fiducia anche al di là del Mediterraneo.
[Fonte: Nigrizia n.6 – Giugno 2017]

 
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titolo

Post n°45 pubblicato il 04 Novembre 2016 da madam124

Vladimir Putin ha concesso la cittadinanza russa a Steven Seagal. Lo ha annunciato il Cremlino sul suo sito internet ufficiale. Il feeling ideologico tra l’attore americano e il leader continua da tempo. In passato Seagal aveva difeso la politica del governo russo, compresa l’annessione della penisola di Crimea nel 2014, spendendo lodi su Putin: “E’ uno dei maggiori leader mondiali viventi, lo considero mio amico e vorrei considerarlo mio fratello”.Nel 2014 in una intervista al quotidiano governativo Rossiskaia Gazeta, il campione di arti marziali aveva descritto come “molto ragionevole il desiderio di Putin di proteggere i russofoni di Crimea, i loro beni, e la base russa di Sebastopoli”. Il protagonista di film come “Sfida tra i ghiacci” e “Trappola in alto mare” aveva anche criticato gli Stati Uniti dopo gli avvertimenti verbali rivolti da Obama a Mosca sul rispetto delle norme internazionali. Seagal aveva bollato senza mezzi termini la politica americana in Ucraina come “idiota”, non escludendo già all’epoca di seguire l’esempio del collega francese Gerard Depardieu nella richiesta della cittadinanza russa.

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pashalusta privienie

Post n°44 pubblicato il 06 Agosto 2016 da madam124

https://youtu.be/iMA29L6LAH0

https://www.youtube.com/watch?v=xhtXbnmF5II

https://www.youtube.com/watch?v=YCmSz9JrE_g

https://www.youtube.com/watch?v=YCmSz9JrE_g

https://www.youtube.com/watch?v=YCmSz9JrE_g

 
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ittuna

Post n°43 pubblicato il 04 Agosto 2016 da madam124

La Russia è più pericolosa di Daesh, potrebbe attaccare la Polonia e i Paesi Baltici in ogni momento, una vera minaccia secondo gli amici americani. Proprio per questo in Polonia è in atto "Anaconda", l'esercitazione NATO più massiccia dalla guerra fredda.

Carri armati tedeschi attraversano la Polonia in lungo e in largo, no, non è una scena della II Guerra mondiale, è la realtà di oggi. L'esercitazione dal gioioso nome "Anaconda", come anche le precedenti missioni NATO in Europa, hanno lo scopo di preparare i Paesi membri alla guerra.

L'esercitazione "Anaconda", che vede la partecipazione di 30 mila soldati e si svolge ad un mese dal vertice NATO a Varsavia, sembra più che altro una bella provocazione alla Russia. Perché bisognerebbe prepararsi ad una guerra contro Mosca? Gli Stati Uniti sono stati informati che la guerra fredda è finita?

Sputnik Italia ha raggiunto per una riflessione in merito il giornalista e documentarista Fulvio Grimaldi.

Truppe NATO
© AP PHOTO/ OCTAV GANEA, MEDIAFAX
La NATO incontra in Polonia i primi problemi
- In Polonia la NATO sta svolgendo le esercitazioni "Anaconda", le più grandi dalla fine della guerra fredda. Fulvio, qual è il suo punto di vista in merito?

- Questa esercitazione gigantesca con oltre 30 mila soldati americani segue quella della Trident Juncture dell'ottobre scorso nel Mediterraneo. Queste due esercitazioni indicano apertamente che c'è una strategia di aggressione nei confronti da un lato dei Paesi del Mediterraneo, in particolare la Siria, dall'altro lato nei confronti della Russia.

Sono esercitazioni a carattere provocatorio allucinante, incredibile, perché oltretutto non ci sono i motivi neanche più trascurabili per missioni di questo genere. Questo si aggiunge poi alla collocazione dei missili strategici in Romania e in Polonia, alla costante militarizzazione dei Paesi Baltici. Si sta creando un cerchio, una cintura d'acciaio nei confronti della Russia. Questo non soltanto è pericoloso, ma anche irresponsabile.

- Quale rischio si può correre con queste esercitazioni secondo lei?

- C'è il rischio che a qualcuno sfugga il controllo della situazione, parta una provocazione e ci sia poi una reazione. In quel caso poi chi ferma l'escalation? Abbiamo inoltre in Occidente, soprattutto negli Stati Uniti, una classe dirigente ultra aggressiva, conservatrice e militarizzata, la cui politica economica dipende dal complesso industriale militare. Tutto dipende dalla guerra. Il pericolo è estremo, confidiamo nella capacità dei russi e dei Paesi che non ci stanno con questo tipo di accerchiamento, di mantenere i nervi saldi e di mostrare la volontà di non farsi sottomettere e a non spaventarsi, stare fermi.

Esercitazioni Anaconda-16 in Polonia
© AFP 2016/ MAREK JEZIERSKI
Nato, Polonia chiede spiegazioni alla Georgia per assenza nell'esercitazione Anaconda
- Per gli Stati Uniti ovviamente la Russia è il nemico numero uno, peggio di Daesh. L'Italia che fa parte della NATO come dovrebbe reagire a queste esercitazioni? Quale dovrebbe essere il ruolo dell'Italia in questo scenario di tensione?

- L'Italia e l'Europa tutta stanno perdendo delle occasioni enormi da un punto di vista economico e politico. La loro naturale dimensione è l'Eurasia. Siamo un continente che va dagli Urali all'Atlantico. Il nostro mercato naturale, culturale, commerciale ed economico è verso Est, non è al di là dell'Atlantico.

Obbedendo a questo tipo di mobilitazione, di riarmo e aggressività nei confronti con la Russia ci stiamo martellando i piedi da soli. Stiamo facendo dei danni enormi, c'è un gran numero di categorie produttive in Europa che si lamentano delle sanzioni, tanto più si lamenterebbero di una guerra, che eliminerebbe qualsiasi rapporto produttivo, costruttivo con il nostro partner naturale, che è la Russia.

Il Pentagono sta conducendo il ricondizionamento della bomba atomica B61 per aumentarne la precisione e poterla utilizzare nei conflitti in cui l'uso di tali armi è limitato. Ne ha parlato l'esperto militare russo Mikhail Khodaryonok Bush.

"La B-61 è una bomba a caduta libera e l'obiettivo del suo ricondizionamento è quello di dotarla di una guida di precisione. Cioè dopo il lancio da un aereo la bomba sarà guidata come le altre munizioni equipaggiate con il JDAM. Il sistema di guida JDAM (Joint Direct Attack Munition) è basato sulla tecnologia GPS e serve a convertire le bome a caduta libera (o bombe stupide) in bombe guidate (meglio note come bombe intelligenti)".

L'esperto ritiene che nel corso del ricondizionamento la bomba acquisirà una vasta gamma di potenza a seconda dello scopo della sua applicazione.

"Il risultato che si vuole ottenere è dare alle bombe le caratteristiche delle armi di precisione e smorzarne la potenza dello scoppio, in modo da impiegarle nelle guerre con il cosiddetto uso limitato delle armi nucleari".

Khodaryonok Bush evidenzia che "non è detto che questo tipo di bombe atomiche siano sviluppate per essere usate esclusivamente contro la Russia, perché gli USA hanno altri avversari in Europa contro cui possono usare queste armi".

Parlando del ricondizionamento della bomba B61 nella variante B61-12, l'esperto ha osservato che "tutte le armi nucleari necessitano di un perfezionamento: hanno dei termini di conservazione garantita e dei termini di sostituzione di questo o quell'altro componente, questo vale sia per la carica, che per una serie di altri elementi. Nel corso del tempo, hanno bisogno di essere ricondizionate o sostituite o adoperate".All'inizio del 2018 gli aerei della US Air Force in Europa saranno dotati delle bombe atomiche ricondizionate B61-12. Secondo Konstantin Sivkov, presidente dell'Accademia di geopolitica, la Russia potrebbe rispondere armando i sistemi missilistici Iskander con testate nucleari.

In precedenza lo United States National Nuclear Security Administration aveva ufficialmente sanzionato l'inizio dei lavori per il ricondizionamento delle bombe atomiche B61-12.

"Non rifaranno la stessa bomba, ricondizioneranno le sue componenti, in particolare, la renderanno più aerodinamica. Non ci vuole tanto tempo, al massimo sei mesi e inizierà la fornitura. Per la Russia si tratterà solo di una contromisura creare delle testate nucleari per i sistemi missilistici Iskander, non ci sono alternative", ha dichiarato Sivkov.

Egli ha aggiunto che la bomba B61-12 è un'arma nucleare caratterizzata da un'alta precisione adatta ad attaccare quei punti di comando pesantemente protetti (che si trovano a grandi profondità).

"La produzione di queste bombe sostanzialmente amplierà le possibilità tattiche della US Air Force per la distruzione dei nostri punti di comando più protetti. Queste bombe precedentemente modificate sono state dislocate in Europa e non c'è dubbio che la versione ricondizionata degli USA sarà inviata pure li", ha sottolineato l'esperto.

https://youtu.be/7scg36_Z7AQ

 
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