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BULIMIA DI VIVERE

uscire dalla bulimia per tornare a vivere

 

 

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DIFFERENZE DI VISUALE TRA GENITORI E FIGLI terza parte

Post n°180 pubblicato il 14 Marzo 2010 da StefySelvatica
 

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Mia madre si è scusata con me per il suo comportamento. Ora come ora ritiene che, cercando di superare la paura e provando ad esporsi seguendo il proprio istinto materno, avrebbe comunque potuto offrirmi delle opportunità. Ha capito inoltre che, per evitare di danneggiarmi, contemporaneamente non mi fece sentire la sua presenza in altri modi. Il distacco va bene, ma il suo completo e voluto isolamento venne registrato dalla mia testa come indifferenza.

Oggi sarebbe pronta a fare marcia indietro e si rammarica per non aver nemmeno tentato un gesto di avvicinamento nei miei confronti.

Da parte mia non voglio giudicare o accusare mia madre: come tutti è umana e si è comportata, in un momento delicatissimo, come meglio riteneva e poteva; credo però che sia giusto sottolineare una cosa che potrebbe essere d’aiuto per altre persone che si trovano in una situazione simile.

In definitiva: non posso comunque scrivere che l’atteggiamento di allora dei miei genitori sia servito a qualcosa.

Il punto è: tra l’imporre una cura ad una persona (quasi ritenendola incapace di intendere e di volere) e l’evitare di sfiorare addirittura qualsiasi cenno alla situazione che si è creata, esistono tantissime sfumature possibili.

Allo stesso tempo è importante tenere presente che chi sta male non è insensibile ai gesti di coloro che gli stanno vicino, anzi! Se apparentemente una persona che soffre di bulimia sembra un pezzo di ghiaccio, dentro di lei esiste una quantità di emozioni bloccate che non si riescono ad esprimere e qualsiasi gesto compiuto nei suoi confronti viene debitamente assimilato.

Un esempio? Qualche mese dopo l’episodio del bagno, andai nello studio di mio padre per prendere un oggetto e casualmente trovai in un cassetto dei ritagli di giornale che trattavano di disturbi alimentari.

Posso scrivere con estrema sincerità che mi vennero le lacrime agli occhi quando vidi che, nonostante tutto, esisteva un minimo di interesse nei miei confronti. Fu emozionante, fu commovente. Il problema è che il tutto si chiuse lì. Non avvenne mai il confronto diretto e credo che , almeno un tentativo in questo senso, mi avrebbe fatto bene.

Magari sarebbero volati piatti ed insulti. Magari avrei negato tutto, ma avrei di sicuro apprezzato il gesto. Avrei registrato che non ero trasparente ma che, anzi, il desiderio che io guarissi, si era instaurato anche nelle persone a me più care.

Io non dico che i miei genitori volevano che rimanessi malata ma, non dimostrandomi mai nulla in modo esplicito, non cercarono di ANDARE OLTRE.

E’ un po’ come quando in famiglia ci si vuole bene ma non ci si abbraccia mai, non ci si dice "ti voglio bene" ad alta voce.

Anche se è assodato e si sa che l’affetto esiste, è bello ogni tanto esternarlo e ricordarselo a vicenda: in assenza di questo si percepisce che manca qualcosa.

Il mio consiglio spassionato dunque è quello di esserci, di sottolineare i propri sentimenti, di andare un po’ più in là di quanto non ci sia mai spinti. La paura è inevitabile, l’imbarazzo pure, ma le conseguenze possono ripagare di tutti i dubbi precedenti.

...continua...

con affetto,

Selvatica

 
 
 
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