Creato da aliantelibero il 15/08/2008
ovvero il fratello dello scemo del villaggio

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L'intento di questo blog è di far conoscere da un punto di vista "altro" il mondo della malattia mentale e del disagio psichico. I contenuti del blog, in bilico fra cronaca quotidiana, letteratura scientifica e presunzione letteraria affronteranno con ironia e creatività, ma pur sempre con serietà e correttezza i temi più vari che attengono alla vita delle persone con disagio psichico e i loro familiari.

I contenuti e le immagini non intendono offendere nè stigmatizzare persone con disagio psichico o loro familiari. Termini crudi e forti sono usati, e talvolta abusati, non per connotare le persone in condizione di disagio psichico, ma per sottolineare e stigmatizzare precisi luoghi comuni e stereotipi sociali di cui è spesso intriso il linguaggio e il pensiero corrente

Il blog non pretende di far divulgazione nè scientifica nè di altra natura, ma offre solo le riflessioni e gli sfoghi di una persona che nel mondo della malattia mentale, per professione e per affetti familiari, ci vive ogni giorno.

Il personaggio narrante è frutto di pura fantasia e tutte le vicende narrate, devono intendersi fortemente romanzate, senza alcun riferimento intenzionale a persone reali... in quanto ai fatti, quando sarà necessario i riferimenti saranno seri e circostanziati e sotto stretta responsabilità dell'autore.

 

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« le parole...Urlo senza voce »

Musica e parole

Post n°97 pubblicato il 24 Febbraio 2012 da aliantelibero
 

Amerigo mi guarda, mentre guido, con il suo sguardo stranito.

Lo so cosa sta pensando...

In radio scorre una canzone di Giorgio Canali. Non poteva essere diversamente, visto che ho inserito un cd con una selezione dai suoi album...

La canzone è Mostri sotto il letto, ma non sarebbe stato diverso se fosse stata Swiss Hyde o Savonarola o qualsiasi altra.

Semplicemente non riesce a capacitarsi di come io possa ascoltare quella musica.

Ma non è colpa sua. Purtroppo per lui, papà Antonio l'ha cresciuto a pane, Gigi D'Alessio e tutta un'altra pletora di neomelodici napoletani e non. Sono traumi da cui non si esce indenni, questi.

Mi fa tenerezza quel suo sguardo di insofferenza verso il mio mondo musicale e stacco il cd. Non ho, fra le mie raccolte, qualcosa che possa condividere con lui, ma posso sempre lasciargli il timone della radio.

In segno di affettuosa resa gli cedo la manopola del tuner... gli dico che può provare a trovare qualcosa che possa piacergli, o al limite, che possiamo spegnere e parlare un pò. Ma è troppo stanco per l'intensa giornata trascorsa a far le prove per lo spettacolo teatrale che stanno preparando e opta per la prima soluzione.

L'orario è fuori dalle punte e il traffico scorre pigro. Abbiamo un po' di strada da fare per uscire dalla città e poi, ancora, per arrivare nel nostro paesino di provincia.

Un po' temo quello che potrà propinarmi, ma il suo sorriso non ha mai, per me, un prezzo troppo alto. La sua ricerca dura un po'. Staziona da una frequenza all'altra con gesti lenti. Concede pochi secondi di attenzione e poi scivola via.

D'un tratto inciampa. Non riconosco la canzone, nè la cantante, ma questo è abbastanza scontato. E' una voce femminile, delicata. Scivola via leggera su un motivetto orecchiabile e senza presunzione.

Poi inciampo anch'io. Sulla nenia s'insinua un violino e la voce di Mauro Ermanno Giovanardi, storica anima dei fu La Crus, sempre apprezzabile nonostante la radicale svolta attuale verso sonorità più commerciali.

Non c'è caos intorno e Amerigo è silenzioso. Ascoltare le parole di quella canzone è gioco forza obbligato. Non è un'opera d'arte... Anzi, piuttosto banale e pedissequa dei più radicali clichè della musica leggera italiana. A conferma di questo, Amerigo mi puntualizza che è un brano del recente Sanremo

Parla del dolore della fine di una storia

Ogni percorso di vita, per quanto voglia atteggiarsi ad una certa originalità, ha i suoi deserti di banalità. Ed è sorprendente come sia semplice ritrovarsi poi, nudi ed inermi di fronte a quanto o a chi, senza tanti fronzoli letterari, ci restituisce i contorni nitidi e lineari della nostra fondamentale "umanità".

Ed anche se a raccontarla non è la verve letteraria di un Canali, di un Lindo Ferretti, di un Gaber o di De Andrè, ma una voce sconosciuta (a me, sicuramente) passata da Sanremo, rimane pur sempre vero che...

Non basta un raggio di sole in un cielo blu come il mare 
perché mi porto un dolore che sale...
e... non si vuole fermare...
Prosegue nella sua corsa si prende quello che resta 
Ed in un attimo esplode e mi scoppia la testa 
Vorrebbe una risposta ma in fondo risposta non c’è...
Né vincitori né vinti si esce sconfitti a metà...
La vita può allontanarci l’amore continuerà
L'amore può allontarci la vita continuerà

Dura poco però questo momento di alta introspezione psicanalitica. Un isterico colpo di clacson vibrato da un guidatore impaziente, incrina l'atmosfera e ad Amerigo sgorga, istintivo dalla bocca, un molto prosaico "vaffanculo"

Avrei dovuto rimbrottarlo per questa sua intolleranza. Non mi piace che possa comportarsi come uno scaricatore di porto, ma l'atmosfera di quella canzone rischiava di trascinarmi in un melmoso pantano di sensazioni autocommiseranti e quella sua imprecazione è stato quanto più salvifico e liberatorio potessi aspettarmi in quel momento.

L'ho guardato e sono esploso in una calda e solare risata, subito contagiosa. Ha cominciato a ridere anche lui. Così tanto che abbiamo dovuto fermarci a margine della strada.

E vero, forse...
Non basta un raggio di sole in un cielo blu come il mare...

ma... vi assicuro... qualche volta può esser più che sufficiente un sano e liberatorio

vaffanculo



 
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LA FAMIGLIA BUONOFIGLIO

Amerigo Santacroce… mio fratello.

Uno dei tanti nati verso la fine degli anni 60, quando i parti si facevano in casa e il nascituro doveva affidare la sua sorte nelle mani di qualche buona praticona...

Lui non ebbe culo: una banale complicazione, una levatrice leggermente impreparata, un principio di embolia che blocca l’afflusso d’ossigeno al cervello e… buona notte al secchio…

Ecco dunque a voi, signore e signori l’iperbolica genesi dell’attuale detentore del titolo di “scemo del villaggio” di questo ameno borgo del sud Italia.


Io.. io sono Adalberto.

Adalberto Buonofiglio per la precisione. Figlio di secondo letto di mia madre. Potete tranquillamente risparmiarvi l’ironia a buon mercato sul mio nome: la conosco da quando sono nato. Per l’esattezza 7 anni dopo. In ospedale questa volta, a scanso di equivoci…


PierManfredo Santacroce, padre d’Amerigo era un artista di quelli che la critica colta ama chiamare “eclettico”. La gente comune, più grossolanamente, “svitato”. Di origine geografica ignota, girovago fin dall’adolescenza, la leggenda narra che non abbia soggiornato in un luogo mai più a lungo di 3 anni consecutivi.

Il matrimonio e la convivenza con mamma non contraddissero questa regola. Si racconta infatti che all’alba del mille e dodicesimo giorno di stanzialità nel nostro paese raccolse i suoi vestiti ed i suoi silenzi lasciando come ricordo di se un letto vuoto, un amore interrotto ed un figlio che era il giusto frutto di cotanto genitore.


Di Antonio Buonofiglio, mio padre c’è poca storia da raccontare… Buon uomo senza arte e senza dote. Semplicemente l’unico partito per rimediare alla “bianca vedovanza” di mia madre


Su Maddalena Santacroce Buonofiglio, angelo del focolare di questa nostra laconica famiglia, concedetemidi conservare un devoto silenzio, ché gia troppe son le parole spese su di lei…

 

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