Creato da siupostar il 15/02/2008
I teorici del nazismo sostenevano che piu' fai cose assurde piu' il popolo ti segue. Si trattava solo di avere scorte economiche sufficienti per sopravvivere ai disastri combinati... ...ma hanno fatto la fine che li aspettava. Just because there's a reason It doesn't mean it's understood: se c'e' una ragione non significa che sia sottintesa. "Doesn't Make It Alright" (Jerry Dammers, Dave Goldberg) ...qui sotto puoi vedere le poche idee di Francesco Salzano su attualità politica trasporti sport musica

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Se un voto si compracon cinquanta euro

Post n°16 pubblicato il 14 Aprile 2008 da siupostar


CRONACA









L'autore di "Gomorra" e le elezioni: nessuno vincerà se si ignora la criminalità organizzata
"Le mafie dominano un terzo del Paese e condizionano interi settori dell'economia legale"
Se un voto si compra
con cinquanta euro

di ROBERTO SAVIANO




BSe un voto si comprabrcon cinquanta euro/B

Roberto Saviano




NESSUNO vincerà le elezioni in Italia. Nessuno. Perché finora tutti
sembrano ignorare una questione fondamentale che si chiama
"organizzazioni criminali" e ancor più "economia criminale". Non molto
tempo fa il rapporto di Confesercenti valutò il fatturato delle mafie
intorno a 90 miliardi di euro, pari al 7 per cento del Pil,
l'equivalente di cinque manovre finanziarie. Il titolo "La mafia s. p.
a. è la più grande impresa italiana" fece il giro di tutti i giornali
del mondo, eppure in campagna elettorale nessuno ne ha parlato ancora.





E nessuna parte politica sino a oggi è riuscita a prescindere dalla
relazione con il potere economico dei clan. Mettersi contro di loro
significa non solo perdere consenso e voti, ma anche avere difficoltà a
realizzare opere pubbliche.





Non le vincerà nessuno, queste elezioni. Perché se non si affronta
subito la questione delle mafie le vinceranno sempre loro.
Indipendentemente da quale schieramento governerà il paese. Sono già
pronte, hanno già individuato con quali politici accordarsi, in
entrambi i schieramenti. Non c'è elezione in Italia che non si vinca
attraverso il voto di scambio, un'arma formidabile al sud dove la
disoccupazione è alta e dopo decenni ricompare persino l'emigrazione
verso l'estero. E' cosa risaputa ma che nessuno osa affrontare.





Quando ero ragazzino il voto di scambio era più redditizio. Un voto: un
posto di lavoro. Alle poste, ai ministeri, ma anche a scuola, negli
ospedali, negli uffici comunali. Mentre crescevo il voto è stato
venduto per molto meno. Bollette del telefono e della luce pagate per i
due mesi precedenti alle elezioni e per il mese successivo. Nelle
penultime la novità era il cellulare. Ti regalavano un telefonino
modificato per fotografare la scheda in cabina senza far sentire il
click. Solo i più fortunati ottenevano un lavoro a tempo determinato.





Alle ultime elezioni il valore del voto era sceso a 50 euro. Quasi come
al tempo di Achille Lauro, l'imprenditore sindaco di Napoli che negli
anni cinquanta regalava pacchi di pasta e la scarpa sinistra di un paio
nuovo di zecca, mentre la destra veniva recapitata dopo la vittoria.
Oggi si ottengono voti per poco, per pochissimo. La disperazione del
meridione che arriva a svendere il proprio voto per 50 euro sembra
inversamente proporzionale alla potenza della più grande impresa
italiana che lo domina.








Mai come in questi anni la politica in Italia viene unanimemente
disprezzata. Dagli italiani è percepita come prosecuzione di affari
privati nella sfera pubblica. Ha perso la sua vocazione primaria:
creare progetti, stabilire obiettivi, mettere mano con determinazione
alla risoluzione dei problemi. Nessuno pretende che possa rigenerarsi
nell'arco di una campagna elettorale.





Ma nel vuoto di potere in cui si è fatta serva di maneggi e interessate
miopie prevalgono poteri incompatibili con una democrazia avanzata. E'
una democrazia avanzata quella in cui 172 amministrazioni comunali
negli ultimi anni sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa? O dove
dal '92 a oggi, le organizzazioni hanno ucciso più di 3.100 persone?
Più che a Beirut? Se vuole essere davvero nuovo, il Partito Democratico
di Walter Veltroni non abbia paura di cambiare. Non scenda a
compromessi per paura di perdere.





Il governo Prodi è caduto in terra di camorra. Ha forse sottovalutato
non tanto Clemente Mastella, il leader del piccolo partito Udeur, ma i
rischi che comportava l'inserimento nelle liste di una parte dei suoi
uomini. Personaggi sconosciuti all'opinione pubblica, ma che negli atti
di alcuni magistrati vengono descritti come cerniera tra pubblica
amministrazione e criminalità organizzata. Nel frattempo il governo ha
permesso al governatore della Campania Bassolino di galleggiare
nonostante il suo fallimento nella gestione dell'emergenza rifiuti. E
non ha capito che quella situazione rappresenta solo l'esempio più
clamoroso di quel che può accadere quando il cedimento anche solo
passivo della politica ad interessi criminali porta allo scacco.





Tutto questo mentre il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi
assisteva muto o giustificatorio ai festeggiamenti del governatore
della Sicilia Cuffaro per una condanna che confermava i suoi favori a
vantaggio di un boss, limitandosi a scagionarlo dall'accusa di essere
lui stesso un mafioso vero e proprio.





La questione della trasparenza tocca tutti i partiti e il paese intero.
Inoltre molta militanza antimafiosa si forma nei gruppi di giovani
cattolici i cui voti non sempre vanno al centrosinistra. Anche questi
elettori dovrebbero pretendere che non siano candidate soubrette o
personaggi capaci solo di difendere il proprio interesse. Pretendano
gli elettori di centrodestra che non ci siano solo soubrette e a sud
esponenti di consorterie imprenditoriali. E mi vengono in mente le
parole che Giovanni Paolo II il 9 maggio del 1993 rivolse dalla collina
di Agrigento alla Sicilia e all'Italia ferita dalle stragi di mafia:
"Questo popolo... talmente attaccato alla vita, che ama la vita, che dà
la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà
contraria, civiltà della morte... Mi rivolgo ai responsabili... Un
giorno verrà il giudizio di Dio". Parole che avrebbero dovuto crescere
nelle coscienze.





È tempo di rendersi conto che la richiesta di candidati non compromessi
va ben oltre la questione morale. Strappare la politica al suo connubio
con la criminalità organizzata non è una scelta etica, ma una necessità
di vitale autodifesa.





Io non entrerò in politica. Il mio mestiere è quello di scrittore. E
fin quando riuscirò a scrivere, continuerò a considerare questo lo
strumento di impegno più forte che possiedo. Racconto il potere, ma non
riuscirei a gestirlo. Non si tratta di rinunciare ad assumersi la
propria responsabilità, ma considerarla parte del proprio lavoro.
Tentare di impedire che il chiasso delle polemiche distolga
l'attenzione verso problemi che meno fanno rumore, più fanno danno. O
che le disquisizioni morali coprano le scelte concrete a cui sono
chiamati tutti i partiti. È questo il compito che a mio avviso resta
nelle mani di un intellettuale. Credo sia giunto il momento di non
permettere più che un voto sia comprabile con pochi spiccioli. Che
futuri ministri, assessori, sindaci, consiglieri comunali possano
ottenere consenso promettendo qualche misero favore. Forse è arrivato
il momento di non accontentarci.





Nel 1793 la Costituzione francese aveva previsto il diritto
all'insurrezione: forse è il momento di far valere in Italia il diritto
alla non sopportazione. A non svendere il proprio voto. A dare ancora
un senso alla scelta democratica, scegliendo di non barattare il
proprio destino con un cellulare o la luce pagata per qualche mese.




© 2008 by Roberto Saviano



Published by arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency












(15 marzo 2008)





 
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