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questo continuare a cercarsi

 dove l’altro smette.

Una connessione spontanea

Senza alcuna richiesta

 

 

 

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sono collegate al cuore

Talvolta arrecano lacrime e dolore.

Ma si è vivi nella sofferenza

e morti nell’indifferenza.

Sunny_Poems

 

 
Creato da: fabiana.giallosole il 18/02/2012
COPDUS - Coordinamento Provinciale Docenti Utilizzati di Sassari

Messaggi del 16/11/2015

 

INVALSI

Post n°4160 pubblicato il 16 Novembre 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Invalsi

Da "Micromega"


Invalsi: non tutto è perduto


Tra i critici dell'Invalsi nel merito e nel metodo, sono certamente in molti a ricordarsi della dignità e della convinzione del maestro Flavio Maracchia, insegnante della Crispi di Roma, che il 10 maggio 2013 non somministrò le prove Invalsi di Matematica alla sua classe, la VA, con queste motivazioni.

“Il sistema di valutazione Invalsi non funziona. Nel migliore dei casi è frutto di un nonsense pedagogico, un equivoco, o semplicemente il risultato ultimo di un'ingenuità didattica. Nel peggiore dei casi è invece il maldestro tentativo di un appiattimento formativo, il documento certificato di un decadimento culturale, una blasfemía. Ma non è questa la circostanza opportuna per una sua confutazione. Questo è soltanto il momento per una doverosa obiezione di coscienza. Una opposizione netta. Una forma di resistenza, coerente con il faticoso lavoro quotidiano di docente della scuola primaria, nel carrozzone malconcio della scuola italiana. La nostra memoria storica è ricca di persone qualunque, che si sono contraddistinte per il solo fatto di essere rimaste fedeli a un ideale. Uomini e donne che nel Risorgimento, poi nel periodo delle due guerre mondiali, nelle lotte per i diritti civili condotte fino ai nostri giorni, hanno trovato il coraggio di dire un semplice NO. Capaci di coerenza anche quando la loro professione di fede ha significato scelte scomode e comportato finanche la loro sciagura. A scuola li celebriamo spesso portandoli come esempio ai nostri studenti. Che credibilità avremmo allora come maestri se chinassimo la testa davanti a quanto consideriamo ingiusto e offensivo?”.

Credo che i cantori del Sistema Nazionale di Valutazione e dell'efficacia dell'Invalsi dovrebbero per un attimo abbandonare la loro roboante visione rapida della realtà e fermarsi a riflettere. Qui non è in gioco la semplicistica - e utile alla demagogia e al risveglio delle pulsioni punitive dell'italiano medio - dichiarazione dell'insegnante fannullone, che vedrebbe nel sistema di valutazione o nei test Invalsi, suo strumento, un ostacolo presumibilmente insormontabile al proprio dolce far niente. Ma le parole di un cittadino consapevole e di un uomo coraggioso, che rivendica la costanza e la bontà delle proprie ragioni nella difesa dell'interesse generale, assumendo su di sé una scelta controcorrente e potenzialmente foriera di conseguenze amministrative. Difendendo, al tempo stesso, libertà di apprendimento, libertà di insegnamento e dignità personale.

“Adesso tocca a noi. E non potrebbe essere altrimenti. Guai al popolo la cui scuola smettesse di essere luogo primigenio e culla di princípi e ideali.” Come nelle più tristi profezie, il maestro Flavio fu così oggetto da parte della sua dirigente scolastica, Carmelina Impera – nomen woman - di un provvedimento disciplinare (avvertimento scritto con richiamo ai doveri d’ufficio) per "omissione svolgimento atti dovuti inerenti alla funzione docente (art. 493 Dlgsl 297/94)".

Non per questo si arrese: il 30 aprile 2014 l’Insegnante di Scuola Primaria Flavio Maracchia avviò, mediante il suo legale, un ricorso avverso a tale provvedimento.La Direzione dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio non produsse proprie  deduzioni e delegò la Dirigente Scolastica a rappresentare il MIUR con propria memoria. La sentenza del Giudice designato dal Tribunale di Roma (Sez. Lavoro 4°), è stata pronunciata al termine dell’udienza pubblica del 28 maggio 2014 ed ha respinto l’istanza di Flavio Maracchia, basandosi in modo esclusivo sulla memoria della Dirigente, contenente informazioni false (riferimento ad una delibera del collegio docenti, la cui convocazione non prevedeva come punto all’O.d.G la somministrazione dei test., tanto che nel verbale non appare mai la parola “INVALSI”). Il giudice aggiungeva che l’insussistenza del ricorso era determinata anche dalla lieve entità del provvedimento disciplinare comminato.

Il Maestro Flavio ancora una volta non ha chinato la testa e ha deciso di ricorrere anche contro questa sentenza, ottenendo in questo caso la solidarietà di alcuni membri del gruppo NoINVALSI di Roma, che partecipano alle spese legali. Soprattutto, a maggio del 2015 si è nuovamente negato alla somministrazione dei test INVALSI, non suscitando però questa volta alcuna reazione da parte della Dirigente Scolastica. Anche altri Dirigenti, a fronte di analoghi rifiuti alla somministrazione (Liceo “Mamiani” di Roma, Istituto Comprensivo “Fortuzzi” di Bologna, fra i più noti), non hanno ritenuto di dover infliggere sanzioni, alimentando ulteriormente la già animata discussione sulla – secondo alcuni ampiamente presunta – obbligatorietà dei test medesimi.

I temi dell'Invalsi e del Sistema Nazionale di Valutazione richiedono evidentemente – ed oggi più che mai, davanti alla ventata di autoritarismo feroce e punitivo che la 107 ha gettato sulla scuola - una posizione inequivocabile da parte delle OOSS e delle associazioni professionali che hanno manifestato in più occasioni la loro opposizione. La FLC-CGIL ha presentato, con atto meritorio non abbastanza pubblicizzato, istanza di annullamento al TAR-Lazio del Regolamento DPR 28/03/2013 n. 80 (Sistema Nazionale di Valutazione), viziato per illegittimità costituzionale, eccesso di potere, incompetenza: non vi sono notizie in merito all'iter. Ritenere persa da parte di tutti oggi la mobilitazione e la battaglia legale contro l’imperante presenza dell’INVALSI rappresenterebbe un grave atto di omissione nella difesa del principio della libertà dell'insegnamento, sancito dalla Costituzione.

Il Gruppo NoINVALSI, in una recente lettera aperta a sindacati e associazioni, conduce un ragionamento generale sull'opposizione alla logica INVALSI proprio a partire dalla vicenda del maestro Flavio, che sembra destinata alla sconfitta. Pur essendo d’accordo sul fatto “che le lotte siano una questione essenzialmente politica e non materia di soli provvedimenti legali”, la lettera esprime la propria forte convinzione che atti di “esonero”, di “sospensione” dai propri presunti oneri da parte dei docenti che si rifiutano di aderire agli effetti devastanti di dispositivi di governance, rappresentino una battaglia squisitamente politica. Soprattutto alla luce della crescente opposizione ai test in tutto il mondo, come pratica non solo scolastica, ma legata alla triade merito-competizione-valutazione ispirata da organizzazioni interessate a processi di valorizzazione privatistica dei cosiddetti “capitali umani”.

Il documento afferma infatti che anche le azioni destinate alla sconfitta si situano a pieno titolo “all’interno di più vaste opposizioni alle manovre in atto tese a devastare la scuola pubblica. Le sconfitte  sono sempre servite ai movimenti di lotta per ripartire da una più diffusa coscienza dei lavoratori rispetto ai propri diritti e alle violazioni degli stessi. Soprattutto quando in gioco, come nel caso della scuola, c’è il destino educativo di migliaia di studenti e dunque il futuro dell’intero Paese”. È evidente che queste parole abbiano un senso preciso rispetto alla vicenda del maestro Flavio; a quella – più generale – dell'Invalsi e del Sistema Nazionale di Valutazione; a quella globale rispetto alla sterzata subita del sistema scolastico italiano ad opera della legge 107, imposta con autoritarismo e totale indifferenza nei confronti della volontà e delle elaborazioni del mondo della scuola.

Continuare a pensare che i docenti di questo Paese possano contestare e proporre alternative solo per mantenere i propri privilegi (sic!) è un gioco che, dal punto di vista mediatico, riesce a far leva su un pregiudizio che anni di sforzo convergente di media e cultura neo liberista si sono adoperati per istillare nell'opinione pubblica e produrre quindi risultati immediati di consenso. Ma – in un'ottica dai tempi più distesi – la disattenzione e il disprezzo per quanto una parte sensibile e politicamente consapevole della scuola italiana ha elaborato in termini di dignità di lavoro e di proposte alternative e per quanto si è adoperata per contrastare o ostacolare il cammino del Neoliberismo nelle sue varie pericolosissime attitudini potrebbero suggellare il tramonto di quei principi costituzionali che configurano la scuola italiana come democratica, inclusiva, laica e pluralista. E il problema non sarà solo dei docenti, ma di tutti i cittadini.

Un Paese che accetta compiaciuto imposizioni autoritarie alla sua scuola è pronto a rinunciare alla partecipazione democratica e alla democrazia tout court.

Marina Boscaino

 
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ITALIA

Post n°4159 pubblicato il 16 Novembre 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Italia

Da “La Tecnica della Scuola”


“L’Italia investe solo 8% nell’istruzione. Peggio solo la Grecia” C’è poca da vantarsi della “buona scuola”


Pasquale Almirante

C’è poca da vantarsi della “buona scuola” perché i dati che arrivano dall’annuale rapporto di monitoraggio sull’educazione e la formazione (riferiti al 2013), realizzato dalla Commissione europea, dal titolo Education and training monitor, fotografano un Paese e un governo che non fanno abbastanza per l’istruzione.

Secondo i dati del dossier europeo  solo l’8% della spesa pubblica è dedicato al settore dell’educazione: meno di noi spende solo la Grecia, all’ultimo posto con il 7,6%. Questo capitolo si è persino ridotto: nel 2010, infatti, la percentuale era dell’8,8%. Una cifra comunque nettamente inferiore rispetto al Portogallo (13,5%), alla Finlandia (11,2%) o alla Svezia (12,4%). Chi investe maggiormente nel sistema d’istruzione sono Paesi come la Lituania e la Lettonia (15,7%) o l’Estonia (15,4%). L’investimento in relazione al Pil ammonta invece al 4,1% contro il 4,4% del 2010: in questo caso peggio dell’Italia ci sono solo la Bulgaria, la Spagna e la Romania (4%).

Numeri che vanno, come pubblica Il Fatto Quotidiano,  di pari passo con quelli negativi sugli abbandoni scolastici e sul tasso di laureati: solo un giovane su 4 arriva infatti ad ottenere la laurea ovvero solo il 23,9% degli italiani tra i 30 e i 34 anni, la percentuale più bassa di tutti i Paesi europei. A Bruxelles segnalano un miglioramento negli ultimi tre anni (+3,5%), ma non basta: la media europea è del 37,9% e l’obiettivo fissato entro il 2020 dalla Commissione Ue è “almeno del 40%”. 

I Paesi con più giovani che decidono di frequentare gli atenei completando il loro percorso di studi sono la Lituania, il Lussemburgo e Cipro dove la percentuale arriva al 50%. Nel Bel Paese, invece, c’è persino una forbice tra i sessi: le femmine che si laureano sono il 29,1% mentre i maschi si fermano al 18,8%.

I ragazzi italiani sono anche i quint’ultimi tra i coetanei europei che abbandonano la scuola: peggio di noi (dati 2014) ci sono solo la Spagna (21,9%) Malta (20,4%), Romania (18,1%) e Portogallo (17,4%). Anche in questo caso il nostro Paese ha fatto qualche progresso perché è riuscita ad arrivare al 15% raggiungendo il suo obiettivo 2020 fissato al 16%, ma resta al di sotto del traguardo Europeo che vorrebbe si arrivasse “almeno al 10%” tra cinque anni.

Altra maglia nera, riporta Il Fatto che commenta le tabelle europee: l’ingresso nel mercato del lavoro. Resta difficoltoso, quasi impossibile, per chi ha frequentato l’università o comunque concluso un ciclo d’istruzione: sono appena il 45% quelli che riescono a trovare un’occupazione. La media europea resta molto più alta rispetto al nostro dato (76%). Peggio di noi, ancora una volta è solo la Grecia.

Un dato positivo, comunque, c’è anche per l’Italia che resta tra i Paesi più virtuosi per l’inserimento nell’educazione dei bimbi dai 4 anni in su raggiungendo il 98,7%.

 “L’Italia – si legge nel dossier – ha compiuto progressi nel migliorare il suo sistema di istruzione e formazione nel corso degli ultimi anni. Un sistema di valutazione scolastica è in corso di attuazione, le competenze di base sono migliorate; il tasso di abbandono scolastico ha una tendenza al ribasso e la partecipazione è quasi universale per i bambini 4-6 anni. La recente riforma può contribuire a creare le condizioni per migliorare ulteriormente i risultati scolastici. Tuttavia, il tasso di abbandono scolastico rimane ben al di sopra della media Ue; le differenze regionali competenze di base sono ampie e il tasso di diplomati dell’istruzione terziaria per i giovani è il più basso in Europa”.

 

 
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COMUNICATO STAMPA

Post n°4158 pubblicato il 16 Novembre 2015 da fabiana.giallosole
 

Comunicato-stampa COBAS


Un ottimo sciopero e una bellissima manifestazione: un lavoratore/trice su quattro non è andato a scuola e oltre diecimila hanno manifestano a Roma tra il MIUR e il Parlamento

Impedire l’applicazione dei distruttivi provvedimenti della legge 107, esigere l’assunzione stabile di tutti i precari abilitati o con almeno 36 mesi di servizio, ottenere un consistente recupero salariale per docenti ed Ata di quanto perso negli ultimi anni

Almeno un docente ed un Ata su quattro hanno scioperato oggi nell’unico appuntamento di lotta possibile e fondamentale per impedire l’applicazione almeno delle parti più deleterie della legge 107, per ridicolizzare l’ignobile “offerta” governativa di rinnovo contrattuale con un aumento medio di 8 euro lorde al mese, per richiedere un consistente recupero salariale per docenti ed Ata, nonché la stabilizzazione di tutti i precari abilitati o con 36 mesi di servizio, esclusi dalla 107. E a Roma oltre diecimila manifestanti – docenti, Ata e studenti – hanno sfilato in corteo dal MIUR (ove numerosi interventi hanno criticato aspramente le politiche governative) fino al Parlamento, ove decine e decine di voci hanno rinnovato la loro volontà di continuare la lotta.

Qualche giornalista in piazza ci faceva notare che uno sciopero del 25% è un passo indietro rispetto al 65-70% del 5 maggio scorso. Ma a noi pare comunque un ottimo risultato, tenendo conto che avviene a legge approvata (anche se non ancora messa in opera) e con l’incredibile e inspiegabile defezione dei Cinque sindacati (Cgil-Cisl-Uil, Snals e Gilda) che allora scioperarono con noi e che ci seguirono persino nel blocco degli scrutini, in passato da essi sempre giudicato “estremista”. Dell’importanza di tale unità eravamo così convinti da attendere pazientemente, fin dall’inizio di settembre, che i Cinque si decidessero a convocare lo sciopero, disposti a prendere anche la loro data pur di ripresentare un’alleanza plebiscitaria. Purtroppo, i Cinque non hanno dato alcuna risposta ai nostri ripetuti inviti a lottare e scioperare insieme, ma si sono limitati a convocare una manifestazione del pubblico impiego a fine novembre, senza sciopero, in cui la lotta contro la 107 svanisce, inviando al governo Renzi e a docenti ed Ata un segnale di resa incondizionata.

Lo sciopero di oggi e le manifestazioni (oltre a quella di maggior rilievo di Roma, altre se ne sono svolte, a prevalente presenza studentesca, in varie città) hanno ciò malgrado un grande rilievo perché mandano un segnale chiaro al governo e anche a quei lavoratori/trici che oggi sono andati a scuola: la partita contro la cattiva scuola di Renzi non è terminata, è finito solo il primo tempo, in cui, seppur di misura, Renzi è risultato in vantaggio. Ma ora arriva il secondo tempo, perché il conflitto contro la 107 esploderà nei prossimi mesi quando, dopo il furbesco suggerimento ministeriale che ha indotto i presidi a rinviare la formazione dei Comitati di valutazione e il varo dei PTOF triennali, la “tregua” terminerà e i capi di istituto tenteranno di imporre l’inaccettabile strapotere padronale su assunzioni, licenziamenti, premi e punizioni, oltre alla “alternanza scuola-lavoro” (400 ore per gli studenti dei tecnici e professionali e 200 per i licei in azienda).

Dunque, il 25% della categoria in sciopero ha mandato un forte segnale agli altri docenti ed Ata: possiamo impedire l’applicazione dei deleteri provvedimenti della 107, bocciare l’umiliante “proposta” degli 8 euro, dopo sei anni di blocco contrattuale e una perdita salariale negli ultimi anni tra i 250 e i 300 euro, imporre la stabilizzazione dei precari esclusi dalla 107. Basta non arrendersi e recuperare l’unità e la voglia di lottare dei mesi scorsi!

Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS

 
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PARIGI

Post n°4157 pubblicato il 16 Novembre 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: PARIGI

Da "La Tecnica della Scuola"


Strage di Parigi, prof della scuola ebraica: la prossima volta toccherà a noi


Alessandro Giuliani

 

Le stragi di Parigi hanno lasciato il segno: trapela forte preoccupazione tra gli ebrei.

Il sentimento è nelle parole di Micheal Sebag, docente di storia e geografia alla scuola ebraica 'Ecole de Tavail' di Parigi: "sappiamo che saremo i prossimi: per un ebreo è comune avere questo sentimento. Ma stavolta sentiamo che questi attacchi hanno alzato il livello dello scontro".

Il docente transalpino ha appena cantato la Marsigliese, dopo il minuto di silenzio con tutti i suoi studenti nell'atrio dell'istituto.

"Nessuno della nostra scuola è stato colpito dagli attentati. Vedo che i ragazzi stanno reagendo bene. Noi intendiamo - prosegue il professore - andare avanti con il nostro lavoro. Ma ci rendiamo conto che la prossima volta toccherà a noi". 

 

 
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M5S

Post n°4156 pubblicato il 16 Novembre 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: M5S

Da “OrizzonteScuola”


M5S: regolamento riforma classi di concorso è osceno, va ritirato


di admin

 

Per gli M5S lo schema presentato è grossolano, superficiale e lacunoso. Un testo scritto da dilettanti che lascia perplessa la stessa maggioranza. Alto il rischio di contenziosi

“Un provvedimento atteso e necessario che, alla prova dei fatti,  si è rivelato grossolano, superficiale e lacunoso: un’occasione gettata a mare. Lo schema di regolamento di revisione delle classi di concorso per i docenti della scuola secondaria, attualmente al vaglio della commissione Cultura della Camera,  è un’oscenità che sembra scritta da dilettanti e che, per quante toppe si vogliano mettere, non sarà mai ricevibile. Lo stesso Consiglio di Stato intravede ‘il pericolo di una dequotazione della qualità del nostro sistema di formazione superiore (...) destinata a ripercuotersi in senso negativo sulla complessiva offerta formativa del nostro sistema’. Chiediamo dunque che venga ritirato e si riparta da zero, con un confronto serio sui titoli di accesso e sulle classi di concorso, tenendo conto delle esigenze della scuola e dell’organizzazione dell’offerta formativa universitaria”.

Lo affermano i parlamentari M5S in commissione Cultura di Camera e Senato.

“Di un provvedimento c’era certamente bisogno, anche alla luce dei nuovi corsi di laurea sorti negli ultimi anni, e questa poteva rappresentare anche l’occasione per revisionare i criteri di accesso all’insegnamento. Purtroppo però l’attuale schema di regolamento è un disastro: per fare solo alcuni esempi,  in base al nuovo regolamento potranno insegnare Arte docenti senza aver mai fatto un esame di storia dell'arte, o scienze economico- aziendale docenti senza aver fatto esami di economia. al contrario, per i laureati in giurisprudenza sarà quasi impossibile insegnare diritto.

Quello presentato è un testo talmente discutibile che anche il Consiglio di Stato ha sospeso il suo giudizio, chiedendo al Miur di spiegare l’iter logico seguito, oscuro allo stesso Consiglio di Stato, e di conoscere le conseguenze che potrebbe determinare per docenti precari e di ruolo. Da Viale Trastevere il ministro Giannini cerca di gettare acqua sul fuoco affermando che non ci saranno ricadute per queste categorie ma, vagliando le tabelle, sembrerebbe che i docenti di ruolo in mobilità possano essere bloccati dal nuovo sistema. Inoltre, il regolamento sembrerebbe valido anche per i docenti precari e già abilitati. Usiamo il condizionale perché, di tutto ciò, nel regolamento non vi è traccia di spiegazione.

Forti perplessità vengono manifestate in commissione dalla stessa maggioranza, al punto che stanno predisponendo un parere nel quale vengono poste numerose condizioni  al governo. Resta invariato il nodo della questione: il provvedimento è sbagliato già alla radice. Tutto questo senza dimenticare che, viste le numerose lacune presenti, il rischio che si apra una stagione di contenziosi è altissimo”.

Tutto sulla riforma

 

 
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 CHI SIAMO

Il Coordinamento provinciale dei Docenti Utilizzati di Sassari (COPDUS), si è costituito ufficialmente nel mese di settembre 2011, in seguito alla necessità di fronteggiare il nefasto articolo 19 della Legge 111 del 15 luglio 2011 col quale si dispone la messa in mobilità intercompartimentale dei docenti inidonei o il declassamento a personale ATA con conseguente riduzione stipendiale.

Esserci costituiti in gruppo è stato per tutti noi fondamentale in quanto ci ha dato da subito la forza e la determinazione, entrambe importanti, per intraprendere tutte quelle azioni di lotta civile allo scopo di trovare soluzioni al problema che ci ha visti coinvolti, assieme ad altri quasi 4000, a livello nazionale.

Ritrovarci con cadenza settimanale ci fa sentire, non solo più uniti e aggiornati sull'evolversi della nostra situazione, ma soprattutto più sicuri e positivi nell'affrontarla.

Per questo motivo, e non solo, abbiamo col tempo sentito il bisogno di creare questo BLOG ossia uno spazio per informarci ed informare anche coloro che trovandosi nella nostra situazione pur non facenti parte del coordinamento di Sassari, avranno piacere di visitarci e saranno i benvenuti.

Al tempo stesso vogliamo che questo sia uno spazio oltre che di informazione anche di incoraggiamento al "ce la faremo" e al "non smettere" e quindi non vuole avere e non avrà aspetti e contenuti sterili o "istituzionalizzati".


e-mail: copdus@gmail.com oppure fabianagiallosole@libero.it

 

Felice settimana


 Serena, solare settimana a tutti voi, piena di energia e di voglia di lottare ancora insieme...

FabianaGiallosoleq

 

 

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