I sondaggi danno Lettieri e De Magistris alla pari.

Post n°445 pubblicato il 20 Maggio 2011 da corvo_rosso_1

La partita è sul filo e si concluderà in fotofinish. A determinarne l’esito sarà il numero degli astenuti. Se saranno meno del 50% (al primo turno l’astensione è stata del 40%) Lettieri resta favorito. Se aumentano se ne avvantaggia De Magistris. Meno gente vota più De Magistris vince. Il candidato “populista” e “de sinistra” deve dunque augurarsi che il “popolo” diserti le urne. L’ex pm è un candidato di minoranza rispetto alla platea di elettori. Vince sulla sfiducia, sul disinteresse, sulla disaffezione al voto della maggioranza degli elettori che non crede più alla politica. Lettieri al contrario può farcela solo se riesce a portare alle urne i moderati. Ad occhio e croce, impresa difficile che potrebbe riuscire solo se la campagna elettorale decollasse primo del fischio finale. Ma in una settimana non è facile recuperare il vuoto del primo turno. Anche se bisogna dire che nel faccia a faccia di ieri su Sky lo scontro tra i due è entrato nel vivo e finalmente i candidati hanno detto cose comprensibili e credibili. Lettieri è stato più concreto di De Magistris ed è stato più convincente che in altre occasioni. De Magistris ha moderato i toni sapendo che per vincere deve riuscire ad aggiungere al consenso estremista (che ha già ottenuto) anche una parte di quello moderato. In sostanza si confrontano due visioni della città, una, quella di De Magistris, minimalista e giacobina, tutta centri sociali e giovanilismo alternativo, più egalitaria che solidale, più legalitaria che sicura, severa e punitiva verso i responsabili del degrado (tra i quali però non menziona il suo partito alleato e sodale di Bassolino e di Iervolino). E l’altra, quella di Lettieri, più efficientista, operativa, legata alla realtà (o al mito) “del fare”, in cui contano risorse e procedure veloci (la legge speciale), in cui il “cambiamento” coincide con la lotta al degrado dei luoghi prima ancora che delle persone e la tutela del patrimonio storico e ambientale è visto prevalentemente come risorsa economica da sfruttare. Una città che si rianima dal basso, “senza grandi eventi” per De Magistris che ricorda da vicino il primo Bassolino. Una città che prende coscienza di essere una grande metropoli e che come tale si attrezza per competere ed affermarsi in Europa e nel mondo per Lettieri, inspiegabilmente omissivo sulle responsabilità bassoliniane. Sullo sfondo resta una Napoli disperata devastata dai rifiuti infestata dai clan, con le casse vuote le strade dissestate le periferie da quarto mondo una povertà diffusa e una inciviltà diventata costume. Una città “sporca brutta e cattiva” nella quale anche riesumare una salma diventa un calvario. Per chiunque vincerà sarà una impresa difficilissima rimetterla su un qualche binario.

 
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Adesso l’ok corral è al ballottaggio.

Post n°444 pubblicato il 20 Maggio 2011 da corvo_rosso_1

Lettieri è in vantaggio di undici punti su l’ex pm di Catanzaro. ma la partita è aperta e basta una svista o un eccesso di arroganza per perderla. Ad occhio e croce la distanza tra i due contendenti segnala come favorito l’ex presidente dell’Unione Industriali ma il torquemada del Vomero ha dimostrato di essere un buon cavallo e quindi il pronostico resta incerto. Saranno quattordici giorni di fuoco e conterà molto l’appeal personale dei candidati. Ma non sottovaluterei la portata del sostegno dei partiti che potrebbe rivelarsi decisivo. Toccherà a Lettieri mobilitare tutte le liste che lo hanno sostenuto,  motivare politicamente  l’Udeur di Mastella e ottenere che il terzo polo (Udc, Fli e Api) si schieri anche se è noto che Bocchino e De Mita gli sono dichiaratamente  ostili.  De Magistris, invece, ha deciso di fare da solo e rifiuta l’apparentamento col Pd. Una strada rischiosa che potrebbe rivelarsi vincente. Ma a questo punto molti elettori di Morcone potrebbero restarsene a casa. A Napoli, oltre Lettieri che ha rispettato il pronostico e De Magistris che lo ha superato, il dato politico che emerge è la scomparsa del Pd e del bassolinismo. La sinistra ex comunista nella sua più recente (e peggiore) interpretazione va in archivio sostituita da un grumo giacobino populista –giustizialista-, figlio dell’uso politico della giustizia e della droga  mediatica di Anno zero. Ciò produce danni non solo a Napoli. Perché il sorpasso di De Magistris su Morcone ed il successo a Milano di Pisapia sulla Moratti consegnano la sinistra italiana in mano a Di Pietro ed a Vendola. E se si considera il successo dei grillini a Milano (oltre il 5%) ed a Bologna (addirittura il 9,5%), anche a Beppe Grillo. In queste condizioni, ogni ipotesi di alleanza col “centro” è preclusa. Per la sua “rifondazione” la sinistra sarà costretta ad usare i mattoni grillini vendoliani e dipietreschi, un mix tossico che la condannerà ad un ruolo minoritario e residuale. Il contrario di quello che servirebbe e che, per esempio, ne ha decretato il successo a Torino con  Fassino. Detto questo c’è il disastro di Milano dove il Cavaliere ha ricevuto un pugno in piena faccia. Si capirà meglio al ballottaggio se il vento è cambiato, come sembra. Certo è che ad impensierire Berlusconi c’è il cattivo umore della Lega, convinta di essere stata penalizzata dalla crisi del Pdl e  che potrebbe avere ripercussioni sul Governo. Il centro destra ha bisogno di una revisione se vuole evitare la rottamazione. Ma non basterà un semplice tagliando. Occorrerà correggere errori di valutazione e di comportamento, rivedere gli obiettivi, rinnovare uomini, metodi e programmi. Riuscirà il Cavaliere “dimezzato” (a Milano ha preso la metà delle preferenze di cinque anni fa) a fare il miracolo? Intanto le grandi manovre per un dopo Silvio “senza” Berlusconi ma non “contro”, proseguono alacremente. Infine il terzo polo di Casini, Fini e Rutelli che ha acceso i motori ma non è decollato. Ha fatto un giro ma non si è mosso dalla pista. E sarà necessaria una riflessione per decidere cosa fare dopo il voto di domenica che ha cambiato tantissime cose. Anche di più di quello che si vede.   

 
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La campagna è finita ed è andata come è andata.

Post n°443 pubblicato il 20 Maggio 2011 da corvo_rosso_1

Si poteva parlare di più e più seriamente di problemi concreti ma alla fine la valenza “politica” del voto ha preso il sopravvento. A Milano ed a Napoli si giocano le sorti del governo e della legislatura e quindi le scelte amministrative locali passano in secondo ordine. Ma a ben vedere la vera insidia per il Premier non viene tanto dalle opposizioni, deboli e divise, quanto dalla Lega.  Bossi sa che il suo partito andrà meglio del Pdl ed è pronto ad avvantaggiarsene . Il Senatur che al nord ed in Emilia punta al sorpasso del Pdl, è pronto a rinegoziare l’alleanza. L’obiettivo è Palazzo Chigi, dopo aver “congelato” Berlusconi al Quirinale. Il candidato per la guida del Governo è Tremonti, con la variante tattica Maroni. Il “neo divo” Giulio, potrebbe riunificare il blocco sociale moderato, Pdl, Lega e Polo di centro, dando vita ad un nuovo schieramento di centro - centro destra, forte della maggioranza con cui eleggere Silvio al Colle (perché no?) e formare un governo stabile anche con Casini e Fini. Lasciando la sinistra e Di Pietro nelle mani di Santoro e Travaglio. Il punto è che per come si sono messe le cose, Berlusconi non è più il leader che unisce (chi non ricorda il capolavoro politico del primo Silvio che mise insieme Bossi e Fini e assorbì Casini) ma quello che divide l’area moderata. Le doppie defezioni di Pierferdi e di Fini, anche se non sono risultate vincenti, hanno ridotto di molto il “potere di coalizione” del premier  oggi costretto a ricostituire una maggioranza parlamentare con la esosa pattuglia dei “responsabili”. Ma il Cavaliere è un osso duro anzi durissimo. Fallite le spallate parlamentari (un boomerang per le opposizioni) e la via giudiziaria, (disinnescata da Berlusconi stesso presentandosi alle udienze), escluse sia l’opzione elettorale, (Berlusconi resta di gran lunga il più forte), che quella parlamentaristica, (la via dei governi di emergenza è impraticabile),  per superare l’empasse non resta che, a scadenza debita e con tutto il rispetto per il presidente Napolitano, portare Silvio al Colle. E se questo servisse a sbloccare il sistema politico ed a rilanciare in campo, da una parte e dall’altra, leader ultra cinquantenni che rischiano il prepensionamento, perché non farlo? Per che mai Casini e Fini, ammesso che fossero determinanti, dovrebbero far muro contro una simile ipotesi? Dunque la staffetta Pdl – Lega, Palazzo Chigi – Quirinale potrebbe essere la mossa vincente e aprire nuove prospettive all’area moderata con una maggioranza “senza” Berlusconi ma “non contro” Berlusconi anzi da lui stesso benedetta.Resta il “paradosso meridionale” drammaticamente centrale per lo sviluppo del Paese ma politicamente marginale sulla scena nazionale. Una variabile che, se non considerata, renderebbe monca e quindi debole qualsiasi strategia. Fantapolitica? Lo sapremo a partire da lunedì pomeriggio.

 
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Lo dico senza offesa per nessuno

Post n°442 pubblicato il 10 Maggio 2011 da corvo_rosso_1

Lo dico senza offesa per nessuno ma Napoli ha bisogno di una guida politica. Niente di personale contro i candidati a sindaco della cd società civile, tutte ottime persone, ma oggi nelle condizioni in cui versa la città la questione non è né tecnica né amministrativa. Il “caso Napoli” è un caso politico, deve diventare un caso nazionale ed europeo e per farlo occorrono figure note, autorevoli, con un prestigio personale e politico in grado di dare voce non solo alla città ma all’intero mezzogiorno. E francamente, con una evidente e coraggiosa eccezione, non mi pare che il target medio dei candidati a sindaco sia quello giusto. Insomma non è tempo di giocare con la demagogia dell’antipolitica o della società civile, con la propaganda delle finte tecnocrazie, con il populismo dei padroncini delle preferenze. Occorrono leader politici capaci di porre l’emergenza civile, sociale, economica, della più grande città del mezzogiorno, al centro dell’agenda politica nazionale, di farla diventare una priorità del Paese. Non è accettabile vivere tra montagne di immondizia né che le opere pubbliche durino secoli, né che Bagnoli dopo trent’anni resti ancora una incognita, tantomeno che la ex zona industriale sia ancora un cimitero, che le strade siano una trappola mortale, che il traffico un caos, e non è accettabile quello che ci fanno vedere Le Iene o Striscia, di giornalisti malmenati dai dipendenti della Protezione Civile quando ne denunciano gli sprechi o riprendono la rete camorristica dei parcheggiatori abusivi o la vendita illegale del pane per strada, pane cotto in forni clandestini con il legno delle bare, o i supermarket dello spaccio o il degrado di quartieri off limits come il “terzo mondo” o, ancora, i monumenti deposito di rifiuti o le periferie “terra di nessuno”. E non è tollerabile che si tengano in vita per mero clientelismo società pubbliche ed enti inutili o che non si riesca a spendere il flusso di danari Ue che ci viene assegnato.  Serve che Governo e Parlamento si occupino della città senza banalità luoghi comuni guascone rie che ne approfondiscano i problemi che intervengano anche con mano ferma dove necessario. Serve una legge speciale che semplifichi procedure ed azzeri la burocrazia, occorre che la città venga governata con i parametri di una grande area metropolitana Un imprenditore, un prefetto, un ex pm, un professore, per quanto personalmente autorevoli, possono mai riuscire in una simile impresa? Con i mastini della Lega pronti a criminalizzare (spesso anche a ragione) ed un esecutivo distratto da tutt’altre emergenze? Può l’etichetta contraffatta della “società civile” porre Napoli all’attenzione nazionale mentre a Milano si scontrano due politici di vaglia come Moratti e Pisapia e nella Torino del dopo Chiamparno, scende in campo un dirigente del peso di Fassino, Roma è amministrata da un politico di lungo corso come Alemanno e Firenze da Renzi che è un politico di nuovo corso? Che Dio ce la mandi buona!

 
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Napoli, elezioni comunali, dieci candidati a sindaco, trentuno liste, delle quali dodici

Post n°441 pubblicato il 18 Aprile 2011 da corvo_rosso_1

 dell’aspirante primo cittadino del Pdl. 1488 candidati consiglieri, almeno 31mila firme di sottoscrittori. Senza parlare delle 10 Municipalità in ognuna delle quali dovranno essere eletti 30 consiglieri con quasi 10mila candidati; dei quali, il trenta per cento, donne. Una folla agguerrita di aspiranti per 1 sindaco, 48 seggi a Palazzo San Giacomo, 10 presidenti di Municipalità, 300 mini consiglieri. C’è qualcosa, forse molto di troppo. Troppi candidati, troppi livelli partecipativi, troppa frammentazione, troppa gente in campo. Un elettorato già falcidiato dall’astensione, per disgusto, disaffezione e protesta, sceglierà in gran parte non per capacità, perizia, programmi, ma per appartenenze, comparaggi, convenienze, favori, scambi. E la selezione che ne deriverà sarà viziata dagli “impegni”, non di operare a favore della collettività, ma nei confronti di singoli o di gruppi. Con molti casi di voto di scambio, più o meno legale, per le preferenze, oltre che per i voti di lista. Naturalmente, ci sono le eccezioni, ma anche in questo caso confermano la regola. Il contesto è spaventosamente sgretolato, i partiti sono comitati elettorali, la politica è chiacchiera, lo scontro è duro ma è sul potere, raramente sui contenuti. Pensare che da tutto questo possa scaturire qualcosa di buono per la città è un atto di fede. Che comunque ha la sua importanza perché qualche volta i miracoli avvengono. Siamo obbligati a nutrire l’ottimismo della speranza e a disfarci del pessimismo della ragione. Una classe dirigente degna di questo nome, tuttavia, non può fare finta di niente. E dinanzi a questa deriva dovrebbe fermarsi a riflettere e a trovare rimedi. Ne sarà in grado? Ai posteri l’ardua sentenza.

 
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Visto che a maggio dobbiamo votare

Post n°440 pubblicato il 18 Aprile 2011 da corvo_rosso_1

per il nuovo sindaco vorremmo sapere dai candidati cosa faranno per risolvere il più grave dei problemi che assilla Napoli che è l’immondizia. Vorremmo sapere cosa si propongono concretamente di fare per avviare la raccolta differenziata, come intendono riorganizzare la sgangherata Asia, dove pensano di trovare i soldi necessari per il più volte annunciato “porta a porta”. Vorremmo sapere se sono d’accordo a costruire l’inceneritore a Napoli, se ne confermano l’ubicazione ad est della città o, viceversa, quale è il loro piano alternativo per pulire la città, ora non tra anni del quale dovrebbero farci la cortesia di dimostrare la realizzabilità, quindi tempi, modi, risorse, insomma soluzioni realistiche, efficaci, non voli pindarici, non posizioni ideologiche. Sul tema invece si va ancora sul generico, il candidato, con poche eccezioni, parla ma non dice, si dice d’accordo su tutto, fa slalom verbali fra discariche, inceneritori, raccolta differenziata, rifiuti zero, ecc., ed alla fine resta nel vago perché ritiene che dire ciò che pensa, ammesso che qualcosa pensi, possa danneggiarlo elettoralmente.

Andiamo dunque alle elezioni senza sapere se l’uomo che sceglieremo ha una idea chiara su come pulire la città e, nel caso l’avesse, se ha chiari gli strumenti i tempi i mezzi per realizzarla. La cosa non riguarda solo i rifiuti ma oggi pulire la città renderla presentabile e uscire, dopo vent’anni buttati al vento, dall’emergenza è, o dovrebbe essere, un imperativo categorico per tutti quelli che si candidano a governare la città. Così non è. E questo è molto grave. Speriamo che qualcosa cambi e che questa campagna elettorale ancora molto poco avvincente, viri dai nominalismi e dai personalismi agli interessi della città. Speriamo!

 
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Dal governo Berlusconi ci aspettavamo riforme liberali.

Post n°439 pubblicato il 18 Aprile 2011 da corvo_rosso_1

 In primis la riforma costituzionale con la riduzione dei parlamentari, l´abolizione del bicameralismo e delle Provincie e, col federalismo, anche un presidenzialismo adeguato alla ns tradizione democratica, con annessa nuova legge elettorale. La riforma della giustizia per un "processo giusto e veloce", con la separazione delle carriere, la regolamentazione dell´obbligatorietà dell´azione penale, una vasta depenalizzazione, la semplificazione delle procedure, uomini e risorse adeguate. Ed ancora, la riforma della pubblica amministrazione, nella direzione "burocrazia zero", dell´economia, nel senso della trasparenza ed efficienza, del lavoro, verso lo "statuto dei lavori", la riduzione dei vincoli e l´adeguamento delle tutele, l´abolizione degli ordini professionali e, per ultimo ma non ultimo, la riduzione delle spese per la politica. Magari non tutto e non subito ma l´inizio di un percorso che ci tirasse fuori dalla palude del declino e ci rilanciasse in Europa e nel mondo. Ci eravamo illusi perché Berlusconi, che diceva di voler fare tutto questo, aveva stravinto le elezioni e godeva di una vasta maggioranza in Parlamento. Ed anche perché la sinistra, per sua stessa vocazione, non poteva mancare all´appuntamento. Ed invece? Invece le cose sono andate in tutt´altro modo. Certo, c´è stato il pesante tilt dell´economia finanziaria e speculativa che ha messo in ginocchio il "mondo ricco", sono venuti al pettine i nodi del colossale indebitamento delle economie del dollaro e dell´euro, Al Quaeda, l´Afghanistan, gli aumenti esponenziali del costo del barile, del grano, delriso ecc. e recentemente le rivolte in Egitto, Tunisia, Algeria, Bahrein e la guerra civile in Libia. Certo, tutto questo ha influito. Come hanno pesato le emergenze del terremoto a L´Aquila e l´immondizia a Napoli e l´acuirsi degli attacchi mediatico giudiziari a Berlusconi. Poi il colpo di grazia dello scisma finiano. Il centro destra è imploso azzoppando maggioranza e Governo. In questi casi, in ogni democrazia che si rispetti si torna alle urne. Da noi no. Da noi le opposizioni volevano far dimettere Berlusconi e fare un governo "tecnico" senza andare ad elezioni. Berlusconi ha reagito ed ha vinto. Ma con una maggioranza risicata e legata agli incarichi di governo, con una conflittualità politica, mediatica e giudiziaria pari solo a quella che il "sistema", magistrati e comunisti misero in campo contro il governo Craxi, le riforme (compresa quella "epocale" della giustizia) sono un miraggio e la realtà è la palude. La montagna ha partorito il topo del federalismo che senza un adeguato contesto di riferimento rischia di trasformarsi in flop. Dunque si tira a campare in attesa che, come nel romanzo di Buzzati, accada qualcosa.  Il nodo gordiano della rivoluzione liberale resta intatto. Il punto è che invece di tentare di scioglierlo bisognava tagliarlo. Ma all´orizzonte non si intravede un nuovo Alessandro Magno

 
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Napoli deve diventare il braccio operativo della Nato, come sollecitato dal ministro

Post n°438 pubblicato il 18 Aprile 2011 da corvo_rosso_1

 

Napoli deve diventare il braccio operativo della Nato, come sollecitato dal ministro degli Esteri Frattini, nella speranza di portare la democrazia dove per anni è mancata. La scelta annunciata nei giorni scorsi da Berlusconi in favore della città nominata spesso come “Porta del Mediterraneo”, rappresenta senza dubbio un'arma a doppio taglio perché le da lustro, ma la espone anche a notevoli rischi.

Se questo, tuttavia, serve a militarizzare di più Napoli, bene. Se non hanno funzionato i piani per la sicurezza certo funzionerà con un conflitto, anzi con un'operazione di pace, visto che la nostra Costituzione “Ripudia la guerra”. In città sono state intensificate le misure passive a difesa dei cosiddetti obiettivi strategici, come i consolati Usa, britannico e francese, la base della americana di Capodichino e i comando Nato di Bagnoli e Nisida. Rinforzate anche le misure di controllo attivo ai potenziali obbiettivi di attentati terroristici, come le stazioni ferroviarie e l’aeroporto civile di Capodichino. Forse però, ancora una volta, l'Italia pecca di coraggio, visto che è salita su di una sorta d'Aventino. Forniamo appoggio logistico con le basi, ma non apriamo il fuoco contro gli obiettivi libici.

Di certo pesano i rapporti d'amicizia che c'erano con il Colonnello Gheddafi fino a pochi mesi fa, ovvero prima che venissero spazzati via dalla pioggia di missili lanciati da Sarkozy, in primis e poi da Cameron e Obama che hanno dato la 'green light' all'intervento della coalizione. Del resto, lascia perplessi l'ipotesi di un coordinamento anglo-francese alle operazioni militari. Sarebbe certamente meglio mettersi sotto la bandiera dall'Alleanza Atlantica, con l'Italia pronta a fornire non solo la sua schiera di Topgun, ma anche l'ottimo personale di terra e mare che ha grande tradizione. Basti ricordare che nel 1911 il nostro Paese riuscì ad unire Cirenaica e Tripolitania: non lo dimentichiamo.

Napoli, un secolo dopo, torna in trincea. O meglio coordina la trincea. È bene sottolineare, tuttavia, che la coalizione al momento è impegnata in soli raid aerei e missilistici in territorio libico e che agisce non come Nato, ma sotto l'egida dell'Onu. Con la conseguenza formale che, almeno per il momento, il comando congiunto di Bagnoli non ricopre alcun ruolo attivo nelle operazioni. La struttura partenopea, tuttavia, ricopre comunque una funzione di primissimo piano, poiché oltre ad essere direttamente dipendente dal comando alleato di Bagnoli, guidato dal comandante in campo delle operazioni, l'Ammiraglio Usa Locklear, ha il compito di monitorare 24 ore su 24 tutto lo specchio del Mediterraneo. La prima “ritorsione” dei libici si è fatta sentire sull'equipaggio di “Asso 22”, il rimorchiatore dell'Augusta Off Shore. società che fa capo all'armatore Mario Mattioli, con a bordo 8 italiani di cui 5 siciliani, 2 campani e un laziale, oltre che 2 indiani e un ucraino. Da due giorni sono in navigazione senza una meta precisa. Un segnale dai libici. Ostaggi presi nel bel mezzo di una crisi internazionale, in balia di delicati e precari equilibri. Speriamo nell'intervento dell'Italia. Al di là di chi coordinerà gli interventi e il ruolo che Napoli potrà svolgere, l'unico elemento determinante è la velocità. Prima si chiude e meglio è. La guerra, per quanto nascosta dietro la dicitura “Operazione di pace”, costa sangue. E questo non è mai un bene.

 
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La Iervolino se ne va ma non sappiamo chi verrà e forse ci vorrà un fotofinish.

Post n°437 pubblicato il 18 Aprile 2011 da corvo_rosso_1

 Il quadro è frammentato, molti i candidati in lizza, la gara aperta e per il sindaco del dopo Iervolino ci vorrà il ballottaggio. Dunque, due corse, una per spannocchiare il campo l’altra per scegliere l’eletto. E chi vincerà la prima potrebbe ritrovarsi secondo in replica. Non sarà infatti come alle regionali dove per il dopo Bassolino erano il lizza due coalizioni e due candidati, centro destra contro centro sinistra e due politici di lungo corso. O Stefano Caldoro o Enzo De Luca, programmi simili ma personalità diverse, storie politiche chiare per entrambe, ex socialista il primo ex comunista il secondo, sotto l’egida berlusconiana il primo, sotto quella dalemiana il secondo, entrambi in discontinuità bassoliniana, con maggior credibilità il primo, tenace combattente il secondo. Fu un bel match, Caldoro vinse e convinse tranne che a Napoli dove il pugnace salernitano De Luca gli si avvicinò pericolosamente fermandosi in percentuale a un significativo -2. Dopo un anno tutto è cambiato. La coalizione di centro destra è un ricordo sbiadito ed uno strumento inservibile. Quella di centro sinistra in frantumi. Il Pdl ha sciupato un potenziale imbattibile riuscendo a perdere Casini e Mastella per imperizia politica più che per difficoltà negoziali, ed oggi appare stremata e divisa al suo interno, priva di allure e contestata da settori importanti del suo tradizionale blocco sociale di riferimento. Il Pd, se possibile, ha fatto anche peggio, sprecando risorse umane ed elettorali e scoraggiando un vasto potenziale consenso. Oggi il centro sinistra è spaccato in due pezzi, forse tre, diviso al suo interno e con parte del suo storico elettorato alla ricerca di vie di fuga, tra astensionismo ed estremismo. Due capolavori, non c’è che dire, in una città tendenzialmente anarchica in cui la prima condizione della governabilità è la coesione degli schieramenti politici. Il rischio infatti è che la frammentazione sopravviva al risultato elettorale creando al vincitore le stesse difficoltà che ha incontrato la Iervolino in questi ultimi anni. E Napoli certo non se ne avvantaggerà. E siccome la città è già ridotta in condizioni pietose, il rischio è che continui a scivolare, e ciò a prescindere dagli unanimi e sinceri buoni propositi dei candidati. Il problema è che, come è già stato rilevato, manca la politica che è stata sostituita dall’elettoralismo, con gli inevitabili contorni di demagogia, populismo, giustizialismo, voti di scambio, infiltrazioni camorristiche e quant’altro, senza uno straccio di visione del futuro della città, di cosa fare e soprattutto di come fare, neppure la consapevolezza dello stato reale in cui essa si trova sul piano economico, sociale, culturale, delle condizioni strumentali e finanziarie del Comune. Ed allora resta un mistero se il nuovo inceneritore effettivamente si farà, essendoci più contrari che favorevoli, se mai si riuscirà a fare la differenziata, pur essendo a parole tutti d’accordo, se si riuscirà a far lavorare di più i dipendenti dell’Asia (l’azienda per la raccolta dell’immondizia), se si cambierà e come il piano regolatore, se ci sarà una variante per l’area industriale e le necessarie correzioni per Bagnoli, se ed in che modo si eviterà nuovo abusivismo e se si sanerà quello da abbattere. Se e quando finirà il calvario degli eterni cantieri nei quali spesso non si vede anima viva, se si riuscirà a far rispettare le aree pedonali o impedire che i motorini falcino i passanti sui marciapiedi, se i Vigili Urbani usciranno dal loro letargo, se si deciderà di far presidiare le periferie della droga dall’Esercito, se ci sarà la bonifica delle aree a rischio clan, con operazioni mirate. Non sapremo nulla su tutto ciò. Ma risentiremo i refrain di Napoli capitale, del suo ruolo nel Mediterraneo, delle sue infinite potenzialità, della necessità nazionale di rilanciarla, delle sue bellezze e del suo patrimonio sprecato e bla bla vari. Per chi la ama veramente non resta che rivederla, com’è e come resterà, nello splendido film di Turturro, “Passione”.

 
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La città avrebbe bisogno di un radicale cambiamento.

Post n°436 pubblicato il 18 Aprile 2011 da corvo_rosso_1

 Avrebbe bisogno di una amministrazione coesa, di una maggioranza compatta e di idee chiare sul da farsi. Le casse di San Giacomo sono vuote, i creditori premono, i debiti fuori bilancio sono una enormità, il disavanzo delle partecipate da capogiro, lo stato della macchina comunale penoso, la sua produttività bassissima, le periferie in degrado progressivo e così il centro storico, il traffico caotico, le strade in condizioni inagibili, gli alberghi vuoti, i commercianti a rischio usura/chiusura, l’economia in ristagno. Insomma chi vincerà troverà una città che se ne cade a pezzi e neppure un euro per fermare la frana. La politica, eccezion fatta per Mastella, nasconde la faccia e manda in campo “maschere” della società civile, nel senso che, tranne appunto Mastella, politico (coraggioso e generoso) in servizio permanente effettivo, gli altri sono “comparse” di una politica sbiadita e impotente che non ha neppure il coraggio di presentarsi agli elettori col suo volto ufficiale. Imprenditori, ex magistrati, professori universitari, prefetti, i quali non sono “politici” nel senso che non sono uomini di partito, ma non sono neppure della cd “società civile”, avendo avuto strettissime (e non sempre virtuose) contiguità con il potere e con la politica. Dall’ex pm De Magistris, il nostro torquemada da cortile che razzola a pieno titolo nel parterre politico nazionale ed europeo, all’ex presidente degli industriali campani Gianni Lettieri, che indossa il costume dell’”uomo del fare”, misconosciuto come tale dai suoi stessi colleghi, al prefetto Morcone, benedetto da D’Alema ma ignoto al popolo della sinistra, al rettore dell’Università di Salerno, candidato demitiano per il terzo polo, già bocciato dal finiano Urso che al ballottaggio (lui stesso lo ha detto) sceglierà per il berlusconiano in lizza. Non si parte nel modo migliore. A maggior ragione se si considera che il Pdl  su Lettieri conta morti e feriti, il Pd ha dovuto annullare le primarie per brogli, cestinando insieme fior di candidati e il voto di 44 mila simpatizzanti, Di Pietro vuole ridimensionare il Pd ma anche il “suo” De Magistris, i vendoliani sono spaccati e De Mita, con Pasquino, punta ad  assicurarsi, (con i voti del finiano Rivellini), il controllo del terzo polo in Campania. E Napoli? che c’entra Napoli? allo stato nulla. Ma non è detto. Può sempre nascere un fiore. 

 
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In un Paese serio sulla riforma della giustizia che è una necessità assoluta si dovrebbero evitare scene pulp .

Post n°435 pubblicato il 18 Aprile 2011 da corvo_rosso_1

Che invece già si annunciano con le (solite) grida sull’indipendenza dei giudici e la minaccia dello sciopero delle toghe. E la sinistra invece di chiudersi a riccio dovrebbe vedere le carte e magari presentare delle correzioni e comunque aprirsi al dialogo, come si dice, magari per migliorarla, ampliarla, non bocciarla a priori, la riforma, senza neppure averla letta. Si sa, il pregiudizio allontana dalla verità ed in politica condanna alla marginalità ed alla sconfitta. Il pensiero critico la avvicina. Fare le barricate contro la separazione delle carriere o l’obbligatorietà dell’azione penale significa ricacciarsi in un anfratto. La magistratura da “ordine” si è fatta “potere”, difende i suoi privilegi, la sua a-responsabilità, la sua impunità. Si è politicizzata ed ha assimilato gli stessi difetti del sistema politico che ha combattuto diventando una potente burocrazia, una temibile corporazione, una invadente élite, in qualche caso una casta intoccabile. Perché fare le barricate contro una riforma che attua il principio costituzionale del “giusto processo” e recita “i giudici sono soggetti soltanto alla legge” e “direttamente responsabili dei loro atti”?

Dopo la caduta del muro, alla ricerca di una sua ragion d’essere, la sinistra ha scelto di trasformarsi da comunista in giustizialista. Ha ispirato e sostenuto la falsa rivoluzione politica condotta per via giudiziaria, convinta che ciò le spianasse la strada per la conquista del potere. Ma così non è stato e quella guerra civile che si doveva chiudere nel ’94 con le insegne trionfali di Occhetto su palazzo Chigi, è diventata la “guerra dei vent’anni” che ha piagato e piegato il Paese alterandone la vita democratica e rallentandone la modernizzazione. Oggi c’è la speranza (flebile) di una via di uscita. Fare muro contro la riforma senza vedere le carte, senza aprirsi al dialogo, senza tentare di migliorarla, significa chiudersi in un oltranzismo impotente e conservatore. Spero ed auspico che Casini superi le perplessità tattiche e decida di giocare la partita sui contenuti, senza pregiudiziali. Mi auguro che lo stesso faccia Fini, mettendo da parte il rancore antiberlusconiano e aprendosi al confronto. E che la sinistra si stenda sul lettino di Freud, faccia autoanalisi, si convinca che Berlusconi non cade per mano dei giudici, che non vi sono scorciatoie, che bisogna smettere di inseguire Silvio ed invece sfidarlo proprio sulle riforme. Non per ostacolarle ma per farle. E visto che siamo arrivati alla giustizia e che siamo già passati per il federalismo, perché non rilanciare la grande riforma costituzionale della politica, la riduzione dei parlamentari, il superamento del bicameralismo, il Senato delle Regioni, l’eliminazione delle province, l’accorpamento dei Comuni, la semplificazione delle procedure, l’ informatizzazione dello Stato e tutto quello che serve sul piano istituzionale per competere al meglio. So che è un sogno destinato a restare tale, ma se si realizzasse cambierebbero molte cose, la politica riprenderebbe quota e con essa anche il Paese.

 
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Napoli, il Pd ed il possibile scacco al re

Post n°434 pubblicato il 08 Marzo 2011 da corvo_rosso_1

 Se il Pd avesse ancora qualche goccia di sangue politico nelle vene sosterrebbe la candidatura a sindaco di Pasquino, rettore dell’Università di Salerno, candidato dell’Udc. In questo modo Napoli che, come ha scritto domenica Paolo Macry su Corr Mezz, allo stato è politicamente inesistente, potrebbe diventare un banco di prova per futuri equilibri politici anche nazionali. Le condizioni ci sarebbero tutte. Infatti, dopo aver annullato le primarie per brogli ed irregolarità, il Pd non ha candidati propri e l’Idv di Di Pietro lo sfida con De Magistris. Convergendo su Pasquino, che ha pure un passato margheritino e pdiino, sniderebbe l’Udc, costringendolo a chiudere i due forni ed a scegliere tra il centro destra, con cui sta in giunta in Regione ed in quasi tutte le Provincie, e un centro sinistra, depurato da giustizialismi ed estremismi vari, in grado di competere col Pdl per eleggere il sindaco di Napoli, atteso che la candidatura di Mastella obbligherà al ballottaggio nel quale la sinistra è sempre favorita. Insomma con un po’ di coraggio e di decisione il Pd potrebbe dare scacco al re ribaltando una prospettiva che allo stato lo vede soccombente. Certo, dovrebbe regolare definitivamente i conti con Di Pietro, la federazione della sinistra, i grillini, Vendola. Ma Parigi val bene una messa. Il Pd creerebbe le premesse per uno schieramento che, partendo da Napoli, gli consentirebbe di sfidare Berlusconi. Se poi ci fosse anche un programma moderato e riformista...la partita sarebbe tutta da giocare.

 
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In vista delle amministrative, dinanzi a quello che sta accadendo,

Post n°433 pubblicato il 07 Marzo 2011 da corvo_rosso_1

 

......è legittimo il dubbio che stiano girando nuove puntate della prossima serie di “Scherzi a Parte”

Primo. Il Pd indice le primarie che si svolgono con una cospicua partecipazione e gravi irregolarità. Invece di venire a capo dei brogli e correggere il risultato, il commissario nominato da Bersani decide di annullarle. Nel cestino, dunque, candidati ed elettori, che tra l’altro hanno anche versato 1 euro nella casse del partito. E le primarie? Ma no, era uno scherzo, perché siamo su “Scherzi a Parte”. Appunto. Intanto dal cilindro spunta un nome nuovo e poco noto, il prefetto Mario Morcone. È lui il candidato? Forse. Il gioco continua.

Secondo. Le opposizioni di centro destra mettono insieme 31 consiglieri che decidono di dimettersi per mandare a casa, in articulo mortis, la Iervolino e chiedere a Tremonti di verificare l’eventuale dissesto del bilancio comunale. Si doveva fare tre, due, un, anno fa ma, come si dice, non è mai troppo tardi. Bene. La notizia fa il giro di talk e tg, Rosetta è arrabbiata e attapirata. Chiede di far luce sui traditori. Ed in Procura, secondo Il Mattino, aprono un indagine. Sta per uscire dal portone di San Giacomo. C’è chi piange e chi esulta. È finita un era! Macchè. Alcuni consiglieri hanno sbagliano a firmare. Il Prefetto resta con la penna per aria, niente decreto, tutto annullato. La Iervolino esulta, è ancora in sella. Tutto come prima. Siamo su “Scherzi a Parte”. Appunto. Poi i dimissionari si rivedono. Sono ancora 31? Si, no, forse. Qualcuno manca, arriverà, chissà. Il gioco continua . . .

Terzo. Nel Pdl sono almeno cinque i candidati a sindaco del partito del Cavaliere. E tutti meritevoli e autorevoli. Marcello Taglialatela, segretario cittadino, ex parlamentare, ex componente dell’Antimafia, in passato assessore alla formazione con Rastrelli, oggi alla guida dell’urbanistica nella Giunta Caldoro, tra i primi a candidarsi per la poltrona di piazza Municipio e nella rosa dei più titolati, a detta del segretario regionale Nicola Cosentino. Fulvio Martusciello, veterano del Consiglio Regionale, capo del gruppo Pdl al Centro direzionale, da sempre tra i più votati in città, plenipotenziario nei rapporti con i partiti della coalizione, trait d’union tra la segreteria regionale ed il Governatore Caldoro, indicato, sempre da Cosentino, come tra i più adatti a ricoprire la carica di sindaco. Paolo Russo, parlamentare, presidente della Commissione Agricoltura, in passato alla guida della bicamerale sui rifiuti, persona esperta e affidabile a sua volta in lizza. Come il prof. Raffaele Calabrò, indiscussa autorità nel campo della Sanità, senatore, consigliere speciale di Caldoro (un assessore “esterno”) per il riordino del settore più in crisi. Ed infine, last but not least, Mara Carfagna, ministro delle pari opportunità da sempre candidata in pectore anche per lo straordinario successo elettorale alle regionali e per l’indiscusso fascino personale e politico, l’ ”unica in grado di stravincere al primo turno”. Tutti, dunque, in attesa, tra questi, del prescelto/a. Ed invece no, tutto annullato. Ancora una volta, siamo su “Scherzi a parte”. Il “prescelto”è Gianni Lettieri, imprenditore di rango, già presidente degli industriali campani, indicato senza fortuna alla presidenza della Regione, amico dell’ex potente assessore Cozzolino (vincitore escluso delle primarie del Pd) ma anche molto amico di Gianni Letta , in odore di bassolinismo ma inviso alla Iervolino, appoggiato da Cosentino ma indigesto a gran parte del vertice locale del Pdl e in simpatia con il leader Fli Italo Bocchino. È’ lui il candidato azzurro per San Giacomo? Il gioco continua . . .

Ah, dimenticavo, c’è anche il moralizzatore dipietrista De Magistris che, in costose pubblicità sui quotidiani, ha già lanciato il suo (originalissimo) slogan “Napoli è tua”. Ma, domani sarà ancora candidato? Il gioco continua . . .

 

 
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Il “divario” nord- sud colpisce anche i partiti.

Post n°432 pubblicato il 07 Marzo 2011 da corvo_rosso_1

... A Torino le primarie del Pd si sono svolte regolarmente ed hanno incoronato Piero Fassino candidato a sindaco con oltre il 55% dei voti. A Napoli le primarie sono state annullate per varie e gravi irregolarità. Sotto la Mole la sinistra si presenta, almeno formalmente, con le carte in regola e per il dopo Chiamparino candida un esponente politico di rango. All’ombra del Vesuvio la sinistra del dopo Bassolino e del dopo Iervolino naviga in altissimo mare tra divisioni, scontri e denunce e, ad oggi, non ha un candidato. La crisi del Pd è generale ed estesa in modo uniforme sul territorio nazionale. Ma mentre nel centro nord resiste un minimo di forma-partito e si rispettano le regole interne, nel sud vige l’anarchia ed il “partito” (non solo il Pd) è stato surrogato dai clan. Qui da noi il Pd (ma anche altri) è diventato un arcipelago di correnti senza partito. In tempi di annunciato federalismo non è cosa da poco. Perché, se i parametri principali della sfida federalista sono la competenza e l’efficienza, la qualità dell’offerta politica conta, anzi fa la differenza. E nelle condizioni in cui ci troviamo l’offerta politica del mezzogiorno è scadente. E se cresce il divario politico nord- sud crescerà anche quello economico, sociale, culturale, già ora molto ampio. La crisi della politica, che si può considerare un dato nazionale e trasversale, mentre nel nord è mitigata da apporti qualificati di società civile, nel mezzogiorno è aggravata da componenti sociali di natura assistenziale, clientelare, affaristica e criminale. In altri termini, la fine dei partiti e la inconsistenza della politica, mentre al nord ha creato spazio per il motore di una società civile prevalentemente sana, in passato compressa o emarginata, nel sud ha aperto varchi ampi ad interessi di gruppi, associazioni, clan. Se la buona politica non riprende quota, il mezzogiorno è perduto. Occorrono idee, capacità di governo, credibilità, peso politico. Allo stato la prospettiva non incoraggia. Ma potrebbe cambiare. Ed in questo senso, la partita per il nuovo sindaco di Napoli, atteso che quello che succede a Napoli influenza nel bene e nel male tutto il mezzogiorno, è decisiva. Ed è una partita che si vince o si perde sulla squadra che si mette insieme, non solo per vincere, ma per governare. Dopo il disastro della sinistra, il centro destra parte in vantaggio, ma nulla è scontato.

 
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Al Comune di Napoli la maggioranza di centrosinistra ormai si è sciolta.

Post n°431 pubblicato il 07 Marzo 2011 da corvo_rosso_1

Con i recenti riposizionamenti in Consiglio, i consiglieri d'opposizione sono diventati 31, più della metà. Ciro Varriale, consigliere comunale Udeur- Popolari per il Sud, ha giustamente proposto ai colleghi di dimettersi in massa e far cadere l'Amministrazione cittadina. Lunedì se ne parlerà in una riunione convocata sul tema. Se i trentuno decidessero di rassegnare le dimissioni nelle mani di  notaio, ciò porterebbe alla nomina di un commissario. Il quale resterebbe a san Giacomo per un periodo brevissimo ma utile a fare prima delle elezioni quella  'due diligence' necessaria per accertare l'esatto stato delle casse comunali. Una cosa non da poco, anzi determinante per evitare di trovarsi nelle stesse condizioni, forse anche peggio, del governatore Stefano Caldoro. Sarebbe una cosa molto utile nell’interesse della città e di chi sarà chiamato a governarla, di destra, di centro o di sinistra, dopo il nefasto quindicennio di Bassolino e della Iervolino. “Il Consiglio Comunale di Napoli non viene convocato ormai dal dicembre scorso, con la conseguente paralisi amministrativa” ha ricordato Ciro Varriale. Di fatto la città è priva di guida  e sarebbe un delitto restare inattivi dinanzi allo spettacolo di una città che giorno dopo giorno scivola nel degrado. Inoltre la disamministrazione, che si è ulteriormente accentuata in questi mesi, condizionerà l’Amministrazione che uscirà dalle prossime elezioni. Per questo è utile e necessario che i “trentuno”consiglieri dell’opposizione, e magari anche altri della fu maggioranza, presentino le dimissioni e che la Giunta Iervolino vada a casa immediatamente. Sarebbe un servizio prezioso reso “in articulo mortis” alla città. Intanto si va delineando il quadro delle candidature a sindaco. I partiti del centrosinistra, accantonate almeno apparentemente le polemiche del dopo primarie, convergerebbero su Raffaele Cantone, un magistrato noto per il suo impegno contro i clan,  esterno alla politica, di certo un ottimo candidato.. Il Terzo Polo di Casini e di Fini, proprio in queste ore ha ribadito che presenterà un suo candidato, confermando il suo ruolo di opposizione al centro destra, col quale per altri versi collabora con propri assessori in Regione ed in quattro provincie. Clemente Mastella ha  a sua volta confermato che sarà in campo per Palazzo S.Giacomo, e la neonata Forza sud di Miccichè ed il ministro Mara Carfagna ha lanciato la candidatura del past president degli industriali campani Gianni Lettieri. Spetta ora al Pdl, che ha molti candidati autorevoli ai nastri di partenza, decidere che fare. Per il centro destra sarebbe utile una iniziativa politica. Anche perché, scelti i nomi, urge passare alle cose da fare per Napoli. Il che, con tutto il rispetto, non è secondario..

 

 
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Sono in molti a chiedersi come si comporrà il puzzle dei candidati a sindaco ed in effetti la

Post n°430 pubblicato il 07 Marzo 2011 da corvo_rosso_1

....situazione è molto complicata. Per ora ci sono tre dati certi. Il primo è lo sfarinamento dei grandi partiti, il Pd dilaniato dalla vicenda primarie, il Pdl animato da almeno quattro candidature di vaglia. Il secondo è che sembra ormai scontato che lUdc ed Fli avranno un candidato proprio e decideranno poi con chi schierarsi in un eventuale ballottaggio. Il terzo è che Mastella resta candidato a sindaco ma in caso di ballottaggio appoggerebbe i centro destra. In queste condizioni, fare delle previsioni sulle squadre che scenderanno in campo è come giocare al super enalotto. Ma un uccellino stamane ce ne ha suggerita una, un vero colpo di scena destinato, nel caso in cui si realizzasse, ad avere interessanti ripercussioni locali e nazionali. Intanto due outsider avanzerebbero al galoppo da destra e da sinistra. Si tratta di Gianni Lettieri, già in passato indicato da Silvio come sindaco ideale (ed anche come presidente della Regione), e del magistrato Paolo Mancuso, Procuratore Capo a Nola, fratello di Libero bocciato alle primarie Pd. Il primo metterebbe ordine nell’affollato pollaio Pdl e segnerebbe la svolta pro società civile. Il secondo chiuderebbe lo “sperpetuo” primarie confermando la leadership bassoliniana, destinata peraltro, dopo il ritiro di Cozzolino dalla corsa a sindaco, a riprendere il controllo del partito. A questo punto il centro di Fini e Casini convergerebbe su Ranieri (alle primarie del Pd è giunto ad una incollatura da Cozzolino) che manterrebbe la sua candidatura con una lista civica ed il sostegno appunto di Udc e Fli. Ed infine Mastella a sua volta deciso a rimanere in campo.

A d avvalorare l’ipotesi, la “civica” annunciata da Ranieri, le parole di Casini “avrei votato per Ranieri”, le “prove generali” di uno smottamento verso il centro dell’area riformista e cattolica del Pd e di una possibile alleanza centro trattino sinistra, da giocare in caso di elezioni politiche anticipate; la candidatura di Paolo Mancuso, magistrato da sempre organico al Pd (uno dei massimi teorici del passaggio dal berlinguerismo al giustizialismo), data in gran crescita ed infine ladiscesa in campo del past president di Confindustria campana Gianni Lettieri, società civile ed imprenditoria, fortemente voluta dal Cavaliere anche in vista di un abbraccio con Italia futura di Montezemolo. Fantapolitica? Non proprio. Comunque, chi vivrà vedrà.

 
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Non spetta a noi, Dio ce ne guardi, dare consigli a chicchessia, tantomeno al Cavaliere ...

Post n°429 pubblicato il 07 Marzo 2011 da corvo_rosso_1

....Berlusconi o al suo partito, il Popolo delle Libertà. Ma vedendo quello che succede da ormai oltre quindici anni, vien da chiedersi perché, all’indomani della vittoria elettorale del 2008, il centro destra non abbia pensato a ripristinare dell’art 68 della Costituzione sulla immunità parlamentare ed a ripresentare in Parlamento il ddl Mastella sulle intercettazioni telefoniche. L’art 68 Cost., voluto dai padri costituenti per tutelare l’autonomia degli eletti dal popolo e del Parlamento al pari di quella della Magistratura, stabiliva, tra l’altro, che senza autorizzazione della Camera di appartenenza, nessun membro del Parlamento poteva essere sottoposto a procedimento penale, nè arrestato, o privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo i casi di flagranza. La norma fu modificata nel novembre del ’93, durante il “terrore” di mani pulite, e fu il prezzo che una politica debole e stremata pagò al peggiore giacobinismo politico- mediatico- giudiziario, complici il Capo dello Stato dell’epoca, Oscar Luigi Scalfaro, la sinistra post comunista e la destra post fascista. Chi nella speranza di salvarsi, chi di agganciare il nuovo corso, chi convinto di imboccare la scorciatoia per il potere. Naturalmente non fu così. La “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto fu sconfitta, cominciò la seconda Repubblica, dopo Amato ci furono Ciampi, Berlusconi. Dini, Prodi, D’Alema, Berlusconi, ancora Prodi, ed infine Berlusconi, ma intanto le cose erano divenute più chiare, anche la “sinistra” si era scontrata con le unghiate indagatorie via intercettazioni, perfino Luciano Violante, regista indimenticabile del passaggio dal berliguerismo al giustizialismo, si era ricreduto al punto di denunciare il rovesciamento dei rapporti di potere e l’egemonia della magistratura sulla politica, insomma i tempi erano maturi per un ripristino nella stesura integrale di un testo varato all’unanimità alla Costituente. Sarebbe bastato riapprovarlo per evitare tutte le successive, inutili, spesso dannose, leggi ad personam e, soprattutto, per riportare lo scontro giustizia politica entro l’alveo costituzionale. Nell’interesse di tutti e del Paese. Idem per le intercettazioni, sulle quali l’allora Guardasigilli Clemente Mastella, siamo alla fine del 2006, aveva fatto un ottimo lavoro. Il ddl infatti era stato approvato alla Camera all’unanimità (447 voti favorevoli) e sarebbe bastato ripresentarlo all’inizio di questa legislatura per ottenerne una riapprovazione ampia. Il ddl Mastella vietava la pubblicazione di telefonate, sms, mail, informazioni sul traffico telefonico “anche se non più coperti da segreto istruttorio”, fino al termine delle indagini o dell’udienza preliminare, istituiva presso ogni Procura un archivio riservato in cui custodire per non più di cinque anni le intercettazioni “rilevanti”, la distruzione di quelle “irrilevanti” o acquisite in modo illecito, fissava sanzioni severe per i trasgressori, vietava la trascrizione delle intercettazioni che riguardavano persone estranee alle indagini, fissava una durata massima di 15 gg, prorogabili con successivi decreti motivati per un max di tre mesi. Pensate un po’: se tutto ciò fosse stato fatto, e si poteva fare, non saremmo al punto in cui ci troviamo oggi, sull’orlo di una crisi politica, istituzionale, morale, con gravi violazioni della privacy ed un uso politico, o comunque improprio, della giustizia. Bastava un po’ di esperienza e di buon senso.

 
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Neocentrismo antiberlusconiano la peggiore insidia

Post n°428 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da corvo_rosso_1

Se ci poteva essere ancora qualche dubbio domenica scorsa a Todi è stato eliminato: Casini che ha costituito uil nuovo polo dell’Italia con Fini e Rutelli, è alternativo a Berlusconi. Lo è a Roma ed è evidente che non può non esserlo, insieme ai suoi alleati anche nel resto del paese a cominciare dalla Campania. Continuare a rincorrerlo oltre ad essere una perdita di tempo è anche u errore perché in questo modo il cosiddetto terzo polo si rafforza. E sarebbe un inspiegabile paradosso che a fornire armi e munizioni fossero proprio i berlusconiani. La dinamica neocentrista che domenica ha preso forma a Todi col battesimo del “Nuovo Polo per l’Italia” con le tre punte, Casini Fini Rutelli, può piegare a destra o puntare a sinistra, ma non può mai convergere su Berlusconi. La sua ragion d’essere, la prima, quella costitutiva, infatti, è liquidare Berlusconi. Pronti a fare un governo con la Lega e magari anche con un Pdl ma senza il leader carismatico, pronti perfino alla “santa alleanza” di D’Alema (sia pure con forti timori elettorali), il neo centrismo tende a farsi schieramento alternativo a Silvio. E se domani l’area cattolica del Pd, per intenderci Fioroni ed altri, ma anche lo stesso Veltroni, decidessero di uscire da un pd diepietrizzato e vendolizzato, il “terzo” polo potrebbe anche ritrovarsi “secondo” e sfidare dal centro l’egemonia berlusconiana, che, al netto dell e straordinarie capacità di recupero del capo, è oggettivamente declinante. Allora, venendo a Napoli ed alla Campania, ci si chiede perché, stando così le cose, il Pdl continua ad elargire potere all’Udc, perché continua a far finta che tutto va bene mentre è evidente che a Roma ci si prepara alla battaglia finale. Che senso ha tenere in piedi e foraggiare con generose elargizioni di potere forze in aperto conflitto con le linee politiche nazionali dei rispettivi partiti? Questo per il Pdl. Ma anche per Casini, Fini e Rutelli è accettabile, per la credibilità del progetto politico, un simile doppio binario? Se poi è solo una questione di bottega e di potere, allora vabbè, come non detto.

 
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Con le primarie a Napoli il Pd perde se stesso

Post n°427 pubblicato il 04 Febbraio 2011 da corvo_rosso_1

Sulle primarie e sulla crisi del Pd mi permetto di fare qualche osservazione. Annullare il voto di domenica scorsa, commissariare il partito e puntare su un “esterno” come il magistrato Cantone o lo scrittore Saviano, significa accentuare conflittualità e divisioni, favorire ulteriori frammentazioni e azzerare le possibilità di una svolta. Di fatto sciogliere il Pd e la sinistra. Alle primarie è accaduto che il continuismo bassoliniano ha avuto la meglio sulla discontinuità riformista interpretata da Ranieri. Il che ha confermato che il rinnovamento non è garantito dal sistema di selezione che si adotta, appunto le primarie, ma richiede una capacità di analisi e di autocritica che sono del tutto mancate. Un partito che si rispetti non può non interrogarsi sulle ragioni del fallimento di una esperienza di governo nata sull’onda di tangentopoli e durata per oltre quindici anni, forte di una straordinario consenso locale e nazionale e del sostegno di media, sindacati, magistratura, insomma dell’intero establishment, perfino della simpatia berlusconiana, senza condizionamenti partitici e ricco di una notevole quantità di risorse economiche. Se delega tutto alle primarie è perché ritiene persa la battaglia delle idee, rischioso ricercare la verità, inutile e perdente rinnovare. Attua quindi una autodepistaggio, elude il problema, col risultato di accelerare la disintegrazione del partito. A ben vedere infatti le primarie, in se un modo democraticamente evoluto di selezione della classe dirigente, senza un contesto e regole adeguate, non producono un partito senza correnti ma, al contrario, correnti senza un partito. Il che impedisce la discussione sui contenuti e favorisce lo scontro personale e dei gruppi di potere che, in una realtà come quella di alcuni quartieri della città, porta ineluttabilmente alle degenerazioni denunciate. Al punto in cui siamo, tuttavia, calare dall’alto una candidatura mediatica , il magistrato Cantone o lo scrittore Saviano, persone rispettabilissime ma appunto, fuori luogo, (gli stessi interessati hanno più volte declinato), significa dichiarare il proprio irreversibile fallimento. La cosa più assennata era affrontare la questione sul piano politico, magari con un colpo d’ala, con una ventata di rinnovamento radicale, approfondendo ciò che la sinistra è stata e per molti versi è a Napoli, brogli compresi. Magari l’Assemblea convocata a Napoli sarebbe stato meglio tenerla ed affrontare in quella sede tutte le questioni, anche quelle più spinose, con una analisi coraggiosa dello stato della sinistra e di quello in cui ha ridotto la città. Per il Pd poteva essere l’ occasione di un formidabile outing sulla propria identità politica, se in continuità col passato o in rottura con esso. Rinviare tutto, nominare un commissario,cercare scorciatoie con candidature mediatiche, come ha fatto Bersani, sa tanto di tattiche dilatorie e di compromessi a tavolino. Ma non servono al Pd, tantomeno alla città.

 
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Pd, primarie a Napoli, accuse di brogli, sinistra in tilt

Post n°426 pubblicato il 25 Gennaio 2011 da corvo_rosso_1

La vittoria del bassoliniano Cozzolino alle primarie del Pd rischia di diventare un boomerang per tutta la sinistra napoletana. La proclamazione dei risultati è stata sospesa in attesa dell’arrivo di Bersani che venerdì sarà a Napoli. Il segretario provinciale Tremante ha denunciato brogli ed irregolarità con nomi, cognomi, testimonianze e addirittura fotografie. Tra l’altro sarebbe emerso anche un giro di danari distribuiti a vari attivisti, alcuni appartenenti ad altri partiti, per favorire il reclutamento di”elettori”a favore della candidatura Cozzolino e appurate gravi anomalie nella partecipazione al voto. Si parla inoltre di un accordo preliminare sottobanco tra alcuni esponenti di Sinistra e libertà ed i bassoliniani, per un ticket Cozzolino-Migliore , in barba al loro candidato, il vendoliano Mancuso. Insomma il clima è pesante e toccherà a Bersani sciogliere i nodi. Se fosse proclamato Cozzolino, secondo molti, Tremante sarebbe costretto alle dimissioni e si aprirebbe una grave crisi nel Partito. Viceversa un annullamento delle primarie sancirebbe una rottura insanabile con Cozzolino e tutta la corrente bassolinina. Ma che le primarie si siano svolte in un contesto torbido è ormai un dato certo e questo avvelena ulteriormente i rapporti interni al Pd ed alla sinistra acuendone le divisioni. Per il dopo Iervolino, a sinistra, si preannuncia una stagione di scontri senza esclusione di colpi. Ed una uscita di scena delle peggiori, per chi voleva “rinnovare e cambiare”ed ha portato invece la città e la “sinistra” al disastro.
 

 
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