Creato da Nekrophiliac il 21/02/2005

DARK REALMS V2

So, I've decided to take my work back underground. To stop it falling into the wrong hands.

 

 

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Post N° 35

Post n°35 pubblicato il 29 Marzo 2005 da Nekrophiliac
 
Foto di Nekrophiliac

RAMMSTEIN: MUTTER (2001)

In tedesco si direbbe così: “Verdammt Noch Mal!”. Tradotto per chi non conoscesse un’acca della lingua germanica: “porca puttana!”. Bell’inizio eh? Ad effetto. Perché la bestemmia gratuita? Puro apprezzamento al pugno sonoro inflittomi allo stomaco da questo mastodontico disco quando lo ascoltai per la primissima volta. I Rammstein al terzo studio album hanno fatto le cose in grande. Mutter è tutto giocato su un equilibrio, a priori improbabile da ottenere, tra la duttile potenza e l'attitudine sfrenata del metal di razza, le atmosfere di un placido gothic, e intuizioni psichedeliche accompagnate da inserimenti elettronici "malati", affilati e incredibilmente incisivi. Il risultato? Scontato. Una miscela sonora maestosa, espressiva, assolutamente imperdibile. Provare per credere. Impossibile non scuotere la testa, impossibile non farsi catturare da una voce così "forte", impossibile non lasciarsi ammaliare dal cantato in lingua madre, una scelta coraggiosa che paga, dunque, è impossibile non adorare i Rammstein, così come è praticamente impossibile trascurare questo lavoro. Qualcuno dei miei “fidati” lettori… ora si aspetterebbe tutto un profilo storico-artistico. Mi dispiace, ma non è la recensione giusta per tracciare passo dopo passo la storia del gruppo. Piuttosto, alcuni sono già a conoscenza della mia totale passione per il tedesco. Scrivere questa recensione è un piacere, anzi, vuole essere anche uno sfogo. Uno sfogo contro chi, titolare di un negozio di dischi, non appena gli chiesi se era disponibile il suddetto titolo dei Rammstein, mi vomitò addosso un ammasso di volgarità e di ingiurie contro questa band, sostenendo che era un manipolo di sporchi nazisti e che all’interno del suo negozio trattava “musica” e non “merda”. Se fossi rimasto lì un minuto in più avrebbe offeso me e chissà la mia famiglia o quant’altro. Che possa perire nella imperitura fiamma infernale un microcefalo del genere. Non conosce la lingua. Non conosce la cultura. Figuriamoci se ha un minimo di comprendonio verso una forma artistica quale la musica dei Rammstein. Poverino! Non sa che si perde. In fondo in fondo, il puro tedesco è per pochi beneficiari. Eletti. È per questo che la mia recensione sarà più “grammaticale” che tecnica, più incentrata sulla sfera Rammstein che non su altro.

Ora, cari bambini, fate attenzione, io sono la voce del cuscino. Vi ho portato qualcosa, l’ho strappata dal mio petto. Con questo cuore io ho il potere di ricattare le palpebre. Canto fino al risveglio del giorno, una luce chiara nei cieli e il mio cuore brucia. Ecco la prima strofa dell’epica opener Mein Herz Brennt (il mio cuore brucia), a dir poco inquietante. La prima traccia è scenografica dal punto di vista propriamente sonoro perché taglienti chitarre elettriche e acustiche si alternano così come la voce di Till Lindemann e i cori femminili creando passaggi a tratti commoventi, sincronizzati alla perfezione con tali possenti ritmiche. Il "Tanz Metal" dei Rammstein marcia proiettato verso il futuro con la militaresca Links 2 3 4 (sinistra 2 3 4), il cui attacco è marziale per poi stupire l’ascoltatore con una poderosa batteria elettronica, pesante come un’incudine ma orecchiabile al 100%. Secondo singolo estratto in ordine di tempo, lanciato in orbita da un video realizzato al computer davvero molto particolare. Vale la pena raccontarlo. Un enorme formicaio è attaccato da tre scarafaggi che seminano il panico finché un esercito di nere formiche sbuca fuori a tempo di Rammstein si dispone a “quadrato” e parte all’attacco azzerando il nemico.

Spettacolare. Il testo inizia così: possono i cuori cantare? Può un cuore bruciare? Possono i cuori essere puri? Può un cuore essere fatto di pietra? Vogliono il mio cuore sul lato destro, ma poi guardo sotto batte a sinistra. Sinistra due tre quattro. Certo non che sia un testo ricco di validi contenuti, qui l’ambiguità regna sovrana. Dopo di che arriva il Sole, la stella più brillante di tutte. Tutti stanno aspettando la luce. Abbi paura, non essere spaventato, il sole sta splendendo fuori dai miei occhi, ma non tramonterà stanotte. Struggente. Il primo singolo estratto fu proprio Sonne (Sole), pubblicato quasi un mese prima dell’uscita di Mutter stesso il 4 aprile 2001. Il suo convincente inizio è pieno di tensione, tempestato da un riff pesantissimo, che lascia spazio ad un atmosferico mid-tempo calibrato e cadenzato, imponente ed incessante, concluso da un gotico seppur trascinante ritornello. Monumentale. Consiglio anche in questo caso di procurarsi in qualche modo il video: un remake industrial di “Biancaneve e i sette nani”.

Il brano seguente, Ich Will (io voglio), terzo singolo estratto, è la perfetta dimostrazione di come il cantato in tedesco sia stata una scelta molto rischiosa agli esordi, ma alla fine si è rivelata azzeccata, dimostrando di essere di grande musicalità nelle parti più melodiche e ancora più grezza nelle intense parti più rabbiose proprio di questa canzone, il cui refrain è superbo: potete ascoltarmi? Potete vedermi? Provate i miei stessi sentimenti? Non vi capisco.

Ich will è diretta, secca, potente, perciò è divenuta negli anni un classico eseguito dal vivo ai pirotecnici e opulenti live shows del quintetto teutonico. Chiunque conosca il dolore viene criticato dal fuoco che brucia sulla pelle. Getto una luce sulla mia faccia. Un urlo caldo. Fate fuoco! Un testo del genere è superlativo ed agghiacciante al contempo. Giusta colonna sonora del film d’azione Triple X. Il quinto singolo estratto, nonché quinta traccia, Feuer Frei! (fuoco a volontà), sinonimo di distruzione totale, una vera e propria carica atomica filtrata attraverso la sontuosa atmosfera high-tech, a dimostrazione della levatura artistica dei Rammstein. È una canzone esplosiva che non concede all’ascoltatore neanche un attimo di tregua, che dopo una breve introduzione con la tastiera detona le orecchie di chiunque, pur tralasciando la banalità, devo ammetterlo, del ritornello.

Si passa poi alla title-track, Mutter (madre): tra i migliori pezzi in assoluto della band e quarto singolo estratto. Canzoni melodiche come questa, mettono in luce anche un'insperata vena romantica, ovviamente alla maniera dei Rammstein: è rara la dolcezza, c'è tristezza, sì, ma anche poesia: un anguilla vive nei suoi polmoni. Una voglia sulla mia fronte, la rimuovo con il bacio di un coltello e anche se causerà la mia morte e sanguinerò fino alla morte, Madre dammi la forza.

Settima traccia: Spieluhr (carillon) è da applausi. In apertura la voce di Till Lindemann racconta di come un piccolo umano pretende solo di morire e dopo che rimase immobile per ore, sostenendo che era morto, fu sepolto nella sabbia bagnata con un carillon mano, voleva essere completamente solo, il tutto cadenzato da una soffice melodia che poi fa spazio a suoni più duri prima di giungere a un semplice ritornello cantato a doppia voce in maniera efficacissima. Malinconica nel testo, ma fantastica come esecuzione. Riffs assordanti e magniloquenti danno vita a Zwitter (ermafrodito), una delle canzoni più belle di sempre del combo tedesco, che rimanda a sonorità che fanno molto 80’s. Due sono le anime sotto il mio petto, due i sessi, uno il piacere. Proprio come il finale d’impatto dove le chitarre di Richard Kruspe-Bernstein e di Paul Landers si fondono in un tutt’uno con la batteria di Christoph "Doom" Schneider. Che piacere!. Unica nel suo genere è Rein Raus (dentro fuori), veloce e senza troppi compromessi. Una bordata imparabile. I riferimenti sessuali sono esplicitati alla massima potenza. Io sono il cavaliere, tu sei il cavallo. Io salgo e cavalchiamo, tu gemi io ti sussurro un elefante nella cruna dell'ago. Dentro fuori. Io sono il cavaliere, tu sei il cavallo. Io ho la chiave, tu hai la serratura. La porta si apre ed io entro. La vita può essere meravigliosa. Dentro fuori. Mastodontica. Riuscitissima anche la penultima traccia, Adios (addio), furia impazzita e sfrenata, ormai incontrollabile. Adios, in effetti, suona un pò atipica, e se non fosse per gli intermezzi più lenti potrebbe appartenere perfettamente all’album precedente, ed è proprio in brani come questi che si nota la maturazione dei Rammstein alla continua ricerca di sottigliezze, inserimenti melodici inaspettati e non di primo piano. Niente è per te. Niente era per te. Niente resta per te per sempre. Fortemente evocativa nelle parole del ritornello. Spetta a Nebel (nebbia) chiudere il disco. Una romantica ballata che unisce, in un improbo tentativo, la fredda elettronica al dolce sentimento, la violenza di riffs massicci ad oscure melodie. L’ultima traccia narra le sfortunate vicende di una coppia di innamorati e si conclude con le seguenti parole: l'ultimo bacio fu tanto tempo fa, l'ultimo bacio lui non se lo ricorda più. Splendida. Cos'altro aggiungere… ottima è sicuramente la produzione affidata a validissimi professionisti (il disco è stato registrato in Francia, mixato in Svezia e infine masterizzato a New York) che è riuscita a coniugare tutti gli elementi che contraddistinguono il suond tipico dei Rammstein e la straordinaria prova di tutti i musicisti, ottima l’inquietante e visionaria copertina, ottime, in questo caso, le undici canzoni che compongono Mutter, per 46 minuti pieni zeppi di adrenalina, potenza martellante, rocciosa elettronica, scenari gothic ed intense ed emotive melodie al punto giusto. Il cliché vuole che il terzo studio-album sia la conferma, la caduta o la consacrazione, la vera prova che ogni artista deve superare se vuole sopravvivere e i Rammstein non solo hanno superato la prova, ma lo hanno fatto con scelte coraggiose e stupefacenti. Hanno fatto centro.

 
 
 
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