Creato da tanksgodisfriday il 26/03/2006
Cose varie al PC, sul Web e nella mente. Puoi scrivermi a: tanksgodisfriday@libero.it
 

 

La schiuma perfetta, anche senza girls

Post n°1829 pubblicato il 24 Maggio 2016 da tanksgodisfriday
 

Una buona birra deve avere la giusta temperatura e la giusta quantità di schiuma: che il labbro si immerga nel candido e impalpabile strato, prima di essere lambito dalla sensazione di fresco e di malto che va poi a diffondersi fino alla gola.
Peccato, però, che queste sensazioni siano legate alla birra spillata, e alla bravura dello spillatore; più di rado ci si arriva con la birra in lattina: per la temperatura si può lavorare, ma per la schiuma la faccenda è un po' più complicata.

D'altra parte c'è chi della schiuma fa un vero e proprio culto. Qualche anno fa, in compagnia di mia figlia in una nota birreria milanese di ispirazione bavarese, mi permisi di sollecitare la mia birra che aspettavo da una decina di minuti abbondanti.
«La schiuma prende i suoi tempi - mi redarguì l'accigliata cameriera provvista di regolamentari trecce bionde - la birra arriverà al momento giusto, non un attimo prima, né uno dopo».

Non arrivo a questo livello di perfezionismo, ma è indubbio che la schiuma deve esserci, e con le giuste caratteristiche. Come ottenere il risultato perfetto, anche a casa e con una normale lattina?

A risolvere il problema, arriva l'ingegnosità giapponese.
L'ispirazione è offerta dalle baseball beer girls, graziose fanciulle che vendono birra alla spina girando sugli spalti degli stadi di baseball giapponesi. Il contenitore della birra è in un capace zaino che portano in spalla, e da cui esce la pistola distributrice. Al fianco un dispenser di bicchieri di plastica.
Il produttore giapponese di put... sorry, di gadget Takara-Tomy, ha ideato una pistola da birra che si può installare su qualunque lattina di birra, e che consente di erogare birra e, al momento giusto, schiuma. Il costo? meno di 20 € su Amazon.

Lo spot del gadget, al secolo Beer Hour Stadium Foamy Head Dispenser, chiarisce come funziona.


Attenzione, la ragazza è inclusa nello spot a SOLO scopo dimostrativo. Con i vostri 20 € scarsi dovrete spillarvi da soli, o cercare un'anima pia che supplisca. Difficile pretendere che si abbigli come la ragazza dello spot, però, se non altro per la difficoltà di reperire qui da noi la divisa da baseball beer girl.

 
 
 

Password, cioccolato e social engineering

Post n°1827 pubblicato il 14 Maggio 2016 da tanksgodisfriday
 
Foto di tanksgodisfriday

«Posso farle qualche domanda su come utilizza Internet?»
Vi fermate. Le prime domande sono generiche: usa Internet a casa, in ufficio, quali siti visita, e così via. Facebook? Instagram? Si, certo. E poi la posta elettronica, va da sé.

Che tipo di password utilizza? Ah ecco. Quindi sul sito xyz che password ha?
Sembrerà incredibile ma, arrivati a questo punto, il 28% degli intervistati rivela senza esitazione la password richiesta.
A raccontarlo è uno studio della Université du Luxembourg, effettuato intervistando 1208 persone. Il particolare più inquietante deve ancora arrivare, però.

L'intervista prevedeva che l'intervistato ricevesse un piccolo omaggio. Ad alcuni intervistati arrivava alla fine, ad altri invece era proposto appena prima della domanda sulla password.
Bene: l'aver ricevuto il piccolo omaggio aumentava sensibilmente la propensione dell'intervistato a rivelare la propria password, raggiungendo il massimo quando il regalo era un pezzetto di cioccolato: il 48%, vale a dire una persona su due.
When someone does something nice for us, we automatically feel obliged to return the favour. This principle is universal and important for the way we function as a society.
Siamo fatti così, il ricevere un favore, un'attenzione, un piccolo regalo, ci induce a ricambiare.
È uno dei principi su cui si basa il Social Engineering: come sottrarre con l'inganno informazioni utili a frodare il prossimo.
Il Phishing si basa esattamente su forme più o meno elaborate di Social Engineering. Riceviamo un messaggio che promette un fortissimo sconto d'acquisto, oppure ci sollecita ad aggiornare le nostre informazioni di profilo. Il sito su cui atterriamo, però, anche se sembra quello vero, non lo è.

Come difendersi?
Tre regole di base:
  • leggere attentamente il messaggio prima di cliccare su qualunque link, per verificare se è credibile; se il messaggio sembra arrivare dalla nostra banca, non serve cliccare sul link, basta digitare in una nuova finestra l'url della banca, accedere, e verificare se l'avviso ricevuto via email era autentico
  • digitare la propria password solo dopo aver verificato che l'url della pagina sia quella giusta e non contraffatta
  • utilizzare una password robusta e non condividerla con nessuno
Come si costruisce una password sicura? Anche qui tre quattro regole semplici:
  • che sia lunga, non meno di 12 caratteri (es.: ilsolesplendealto)
  • inserire qualche movimento: un po' di maiuscole, sostituire qualche lettera con un numero, inserire uno o più caratteri speciali e qualche errore di ortografia (es.: 1lSolo#splendealto)
  • evitare come la peste informazioni personali: nomi, luoghi, date; sono tutti dettagli che sono reperibili dal nostro profilo Facebook
  • non ri-utilizzare una stessa password su siti diversi; rubata una, rubate tutte
Utilizzare, infine, la 2FA (two factor authentication), se il sito lo consente. In questo caso l'autenticazione avviene inserendo la password e un pin che ci viene inviato sul cellulare. Rubarci la password a questo punto non basta più, occorre anche avere accesso al nostro cellulare.
La 2FA oggi è supportata dai principali sistemi di mail.

Tornando allo studio della Université du Luxembourg, se intendete cominciare una carriera di hacker con il metodo dell'intervista con cioccolato, tenete conto di due dettagli.
Spesso digitiamo in modo automatico la password (e la sbagliamo pure), ma abbiamo difficoltà a ripeterla a voce. Quindi dall'intervista avreste una buona probabilità (stima: almeno il 25%) di raccogliere una password sbagliata.
E poi l'intervistato potrebbe fare il furbo: prendere il cioccolato e darci intenzionalmente una password inventata sul momento.

Vatti a fidare.

[Immagine da maddmaths.simai.eu]

 
 
 

La Cina adesso censura anche le banane

Post n°1826 pubblicato il 09 Maggio 2016 da tanksgodisfriday
 
Foto di tanksgodisfriday

Non so da che parte cominciare, quindi meglio andare dritti alla notizia: la Cina ha detto basta, mai più streaming di fanciulle che con grande sensualità e studiata lentezza mangiano una banana, per la gioia di chi sta dall'altra parte della connessione.
Oddio, visti un paio di video di esempio, come questo, oppure quest'altro, si capisce che mangiare non descrive esattamente, o quanto meno completamente, l'azione delle fanciulle in questione.

Le nuove regole dettate dalla censura sono molto stringenti: le piattaforme video cinesi (Douyu, Panda.tv, YY, Zhanqi TV, Huya) dovranno sorvegliare 24 ore al giorno, tutti i santi giorni dell'anno, che nessun utente carichi o trasmetta contenuti volgari, violenti o troppo sensuali. Bannate quindi le scollature, ad esempio, e, appunto, il mangiare banane con troppa sensualità.
Sarebbe interessante sapere qual è il confine da non oltrepassare, quando la sensualità dell'atto sarà ritenuta accettabile, e quando invece eccessiva. Basterà un'esitazione, un'apparente indecisione, al momento di staccare il boccone? Conterà anche l'espressione della fanciulla?

Questa censura, come peraltro tante altre, non mi trova d'accordo; in questo modo si criminalizzano un gesto altruistico e un frutto che è una grande risorsa per l'umanità.
Cito dal sito greenme.it: "Le banane possono essere utili per ritrovare il buonumore e ridurre lo stress, grazie al loro importante contenuto di triptofano". Senza tacere il fatto che "la vitamina B6 presente nelle banane aiuta a dormire meglio e il magnesio contribuisce a rilassare i muscoli."
Non so cosa sia il triptofano, ma vi posso assicurare che le fanciulle dei video mi hanno donato un ottimo umore. Ora sono rilassato e posso andare a dormire con grande serenità.

Abbasso le censure.

 
 
 

Per me è arabo

Post n°1825 pubblicato il 08 Maggio 2016 da tanksgodisfriday
 
Foto di tanksgodisfriday

Se sentite qualcuno esclamare «Per me è arabo!» mentre guarda un'espressione matematica, sappiate che, di questi tempi, il senso della frase potrebbe andare al di là del semplice «Non ci capisco una fava!», e rivelare invece diffidenza o addirittura timore, paura.

Qualche giorno fa, volo interno negli U.S., da Philadelphia a Syracuse, 45 minuti in tutto. Una ragazza sui 30 guarda con perplessità il suo vicino di posto che continua a tracciare misteriosi tratti sul suo tablet. Prova ad attaccare discorso: «Abita a Syracuse?» La risposta è laconica: «No», e il tizio ritorna rapidamente al suo tablet.
La ragazza si agita, annota qualcosa su un foglietto di carta, chiama l'hostess e le chiede di consegnare il suo messaggio al comandante.

Ancora qualche minuto e l'aereo spegne i motori. Subito dopo i passeggeri vengono invitati a scendere dall'aereo.
A terra il tizio del tablet, capelli ricci, carnagione mediterranea, viene avvicinato da un agente FBI che comincia a fargli qualche domanda. Alla fine arriva quella cruciale: «Abbiamo ragione di sospettare che lei sia un terrorista. Può spiegarci cosa stava scrivendo sul tablet?»
«Un'equazione differenziale».

Già, perché il tizio misterioso è Guido Menzio, laurea con lode in Economia a Torino, insegnante alla University of Pennsylvania, in mezzo diversi premi: Kravis Award for Outstanding Undergraduate Teaching nel 2007, Carlo Alberto Medal for Best Italian Economist Under 40 nel 2015.
E sul tablet stava rivedendo il modello di price-setting che avrebbe presentato nel suo intervento alla Queen’s University di Ontario, non il modo per far saltare in aria l'aereo.

I passeggeri risalgono sull'aereo. Solo la ragazza, non ancora convinta, chiede di salire sul volo successivo. Alla fine, con quasi due ore di ritardo, l'aereo decolla.
Trump’s America is already here. It’s not yet in power though. Personally, I will fight back, ha scritto Menzio sulla sua pagina Facebook.
L'America di Trump, mix di ignoranza e razzismo è già qui.

Tranquillo, è in buona compagnia. Vogliamo parlare dei muri austriaci? o rimanere in casa nostra e parlare delle esternazioni salviniane?

Immagine da economics.sas.upenn.edu
Notizia da marginalrevolution.com

 
 
 

Rinnovare la patente ora è più facile, farsela consegnare un po' meno

Post n°1819 pubblicato il 02 Febbraio 2016 da tanksgodisfriday
 
Foto di tanksgodisfriday

Da qualche anno rinnovare la patente è molto più comodo, grazie a un po’ di modernizzazioni introdotte.
Primo: la data di scadenza è allineata al proprio compleanno; cosa ottima per memorizzarla. Secondo: il rinnovo è possibile nei quattro mesi precedenti la scadenza. Quindi ci si può attivare con congruo anticipo.

Ai primi di gennaio, ancora in ferie e con patente “vecchio metodo” in scadenza a marzo e compleanno al 27 giugno, ho approfittato per rinnovarla. Il 5 gennaio sera, passata la visita medica, la fanciulla dell’ACI mi informa che la patente arriverà per posta: «Un paio di giorni, forse qualcuno in più perché domani è la Befana.»

Martedì 12, a una settimana esatta dalla visita, mi trovo nella buca delle lettere l’avviso di mancata consegna. 
Ci sono abituato. Sarei curioso di sapere quanti si trovino in casa al momento della consegna di una raccomandata. Comunque, troppo felice per la felice conclusione del rinnovo, aspetto il sabato per ritirare.

Peccato, non ho letto bene l’avviso: non si tratta di una normale raccomandata, mi informano sabato 16 allo sportello postale, ma di una PostaPatente. Devo chiamare il numero verde segnato sull’avviso e concordare un secondo tentativo di consegna. 
Dalla voce gentile al telefono apprendo che, niente, la consegna può avvenire solo dal lunedì al venerdì. Rinunciare al secondo tentativo e ritirare in posta? No, non si può. 
Quindi: si attende 10 giorni per il secondo tentativo (fallito) e poi che la patente giaccia finalmente all’ufficio postale.

Sabato 30, finalmente, l’impiegata dello sportello postale mi agita la busta davanti agli occhi: «Eccola!». Piccolo dettaglio: occorre pagare 6 € per il ritiro.

Domanda: già che hanno sveltito la procedura, non potevano farmi pagare i 6 € assieme agli altri 50 e rotti al momento della prenotazione del rinnovo? e poi spedire la patente con una normale raccomandata, evitando il balletto dei due tentativi?

Misteri dell’Apparato. Al prossimo giro forse ne terranno conto.

 

 
 
 
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