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DEGLI ATA E ITP EX ENTI LOCALI

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IMPORTANTISSSSSSSSSIMO

Post n°831 pubblicato il 16 Dicembre 2011 da exentilocali

IMPORTANTISSIMO  LEGGETE QUI SOTTO E POI COMPILATE E SPEDITE ENTRO IL 31 DICEMBRE LA DOMANDA PUBBLICATA DI SEGUITO NELLA QUALE SI RICHIEDE LA NUOVA RICOSTRUZIONE DI CARRIERA

 


Serve a tutti gli ATA ex EE.LL., che abbiano un vantaggio dal riconoscimento dell'anzianità effettiva: sia quelli che non hanno fatto causa; sia quelli che hanno tuttora la causa pendente; sia quelli che hanno avuto una sentenza definitiva negativa.
Non serve agli ATA (pochi) che sono stati favoriti dalla "temporizzazione" e a quelli (pochi) che hanno avuto una sentenza FAVOREVOLE passata in giudicato.

La lettera va spedita per raccomandata con ricevuta di ritorno al MIUR e alla presidenza del Consiglio dei Ministri AL PIU' PRESTO e comunque non oltre il 31/12/2011.

LA DEVE SPEDIRE ANCHE IL PERSONALE CHE E' ANDATO IN PENSIONE, ai fini della futura rivalutazione dell'assegno pensionistico sulla base dell'anzianità effettiva.

Ciò detto, Le comunico altresì quanto segue:

a) il fatto che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo abbia rigettato il reclamo dello Stato Italiano avverso la Sentenza Agrati e che questa sia divenuta definitiva è senz'altro importante e positivo; ma la strada da fare è ancora molto lunga per gli ATA che hanno ancora cause in corso avanti i Tribunali. le Corti d'Appello o la Cassazione. Infatti saranno i giudici italiani, in particolare la Cassazione, a dover decidere come applicare i principi di diritto stabiliti dalla sentenza Agrati e vi è la possibilità che la questione venga rinviata per la terza volta alla Corte Costituzionale. Dobbiamo aspettarci delle non gradite sorprese.

b) per gli ATA che hanno subito una sentenza negativa passata in giudicato, dovrà essere studiata una eventuale azione di risarcimento dei danni per omessa applicazione della normativa comunitaria. La questione non è semplice, per diverse ragioni non esclusa quella del lungo tempo trascorso;

c) paradossalmente il personale ATA che non ha proposto alcun ricorso o non ha avuto sentenza di primo grado, per abbandono ed estinzione della causa, si trova nella possibilità di agire in giudizio grazie alle due sentenze favorevoli
delle Corti europee.

Come Le avevo detto, ho conferito anche con l'avv. Nicola Zampieri di Schio, il valoroso collega che ha sostenuto la causa Scattolon, e siamo entrambi disponibili a studiare come tutelare i diritti degli ATA che hanno "perso" le cause  a seguito del "famigerato" comma 218.

In ogni caso, rimango sempre convinto del fatto che gli ATA debbano organizzarsi collettivamente, perché l'azione diretta dei lavoratori è decisiva.


Cordiali saluti, avv. Isacco Sullam

 
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MODELLO DOMANDA DI RICOSTRUZIONE

Post n°830 pubblicato il 16 Dicembre 2011 da exentilocali

 

Al DIRIGENTE SCOLASTICO - SEDE

AL MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA – ROMA  - Racc. r.r.

 

ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – ROMA – Racc. r.r.



Il/La sottoscritto/a ..................................................,

nato/a ............................... il .............................

in servizio presso codesta Istituzione Scolastica con la qualifica di .................................., transitato/a dai ruoli del personale del/della Provincia/Comune di .............................. ai ruoli del personale del Ministero dell’Istruzione con decorrenza giuridica ed economica dall’1/1/2000, ai sensi dell’art. 8 della L. 124/99,

VISTI i decreti individuali con i quali è stato disposto l’inquadramento economico e giuridico del/della sottoscritta, in base all’Accordo sindacale del 20/7/2000, recepito dal D.M. 5/4/2001 e dell’art. 1, c. 218, Legge 266/2005,

VISTE le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (AGRATI e altri/ITALIA, del 7 giugno 2011, definitiva dal 28 novembre 2011) e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (SCATTOLON/MIUR del 6 settembre 2011),


C H I E D E

a codesta Dirigenza e alle Autorità in epigrafe che venga emesso il provvedimento di ricostruzione della carriera, secondo le disposizioni di legge e contrattuali e le posizioni stipendiali del CCNL Comparto Scuola, con decorrenza 01/01/2000, con il riconoscimento ai fini giuridici ed economici di tutti i servizi prestati di ruolo e non di ruolo presso l’Ente Locale di provenienza  fino al 31/12/99 e presso il MIUR dall’1/1/2000 in avanti, durante tutto il proprio rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A.

C H I E D E

 

il pagamento di tutte le differenze retributive maturate dall’1/1/2000 in avanti.

 

S I   R I S E R V A

 

ogni più opportuna azione di tutela dei propri diritti economici e giuridici nonché per il risarcimento dei danni patiti a causa della violazione, da parte dello Stato Italiano, delle norme stabilite dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla normativa comunitaria, come stabilito dalle due sentenze sopra citate.

Senza recesso dalle eventuali controversie in corso in punto: esatta applicazione della legge 124/1999.

Data_____________________


 
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DOMENICO CHIEDE

Post n°829 pubblicato il 16 Dicembre 2011 da exentilocali

Alla cortese attenzione dei blog ATA-ITP EX ENTI LOCALI E AL GRUPPO DI FACEBOOK e ALL'UNICOBAS

mi chiamo Proietti Dante Domenico, sono un
ex dipendente della Provincia di Roma, attualmente in pensione, in servizio presso l’ITCG FERMI di Tivoli con la qualifica di DSGA fino al
31/08/2006.
Ho voluto segnalarle (per conoscenza) che il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, in ordine ai ricorsi in
Cassazione avverso alcune sentenze della Corte d’Appello di Roma relative ai dipendenti della scuola, ha violato i principi della
Costituzione Italiana, precisamente l’articolo 3 (uguaglianza), e l’articolo 97 (imparzialità della Pubblica Amministrazione).
Questi i
fatti.
17 ex dipendenti della Provincia di Roma (tra cui io) in servizio presso scuole diverse di Roma e Provincia, transitati allo Stato
in data 01/01/2000 per effetto della Legge 124/99, hanno presentato, tutti insieme, in stretto rapporto di colleganza e per il tramite
dello stesso Studio Legale di Roma (Avv. Angelo Tuzza), ricorso contro il MIUR nel gennaio 2002 per il riconoscimento dell’anzianità
giuridica ed economica prevista dalla L.124/99 ma negata (dal MIUR) all’atto del passaggio allo Stato. Con sentenze di I° grado emesse
tutte in data 10/02/2003 dal giudice G.Michelini (Tribunale di Roma) è stato  riconosciuto a tutti i “diciassette” ricorrenti diritto ad
essere inquadrati dal 01/01/2000 con l’anzianità giuridica ed economica maturata al 31/12/1999 presso l’ente di provenienza. Il MIUR ha
inoltrato controricorso (nel segno della parità di trattamento) avverso tutte le sentenze di I° grado relative ai “diciassette”. Ma il
giudice della Corte d’Appello di Roma, in data 01/04/2005, con sentenze singole, nel respingere i 17 ricorsi del MIUR confermava la
decisione in primo grado secondo cui il Ministero aveva violato l'articolo 8 della legge n. 124 del 1999. Il MIUR, che nel rispetto del
principio d’imparzialità contenuto nella Carta Costituzionale avrebbe dovuto o non presentare alcun ricorso oppure presentare ricorso
avverso tutte indistintamente le 17 sentenze dei giudici di II° grado, come (giustamente) aveva fatto al I° grado di giudizio, questa volta
ha presentato controricorso soltanto contro sei di esse, sottraendo così le altre undici sentenze, all’applicazione della legge 266/05.
La
Cassazione, in applicazione della legge L.23 dicembre 2005 n.266, ha cassato (naturalmente), nel 2008, le predette sei sentenze (tra cui la
mia n. 2594) comprovando in pratica che alla Suprema Corte sono pervenuti, da parte del MIUR, solo sei controricorsi sulle diciassette
sentenze della Corte d’Appello relative ai “diciassette”. Emerge con evidenza, da tutto quanto detto, che il MIUR per sei dipendenti ha
permesso (con il ricorso) che la legge 265/05 venisse applicata, mentre per undici dipendenti (omettendo il ricorso) lo ha di fatto
impedito generando discriminazione e disparità di trattamento in violazione della Costituzione.
Ho contestato questa disparità di
trattamento cercando di dimostrare che da parte del MIUR c’era stata l’omessa impugnazione di 11 sentenze pronunciate dalla corte d’Appello
di Roma nel mese di aprile 2005. Questo convincimento nasceva dalla prova che se il MIUR avesse impugnato tutte le sentenze della Corte d’
Appello, la Cassazione avrebbe dovuto cassarle tutte per uniformità, nel rispetto dei principi costituzionali e della L.266/05 art.1  comma
218 che così  conclude: “….E' fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge”. Ma
poiché di quelle 17 sentenze ne sono state cancellate solo 6 ne consegue, in tutta evidenza, stando ai fatti concreti e alla tempistica,
che le altre 11 sentenze erano passate in giudicato non per scadenza del termine (poiché tutte le 17 sentenze erano del 01/04/2005, quindi
anche la mia) ma per omessa impugnazione.
Al mio primo tentativo del 18/02/2009 di stigmatizzare l’operato del MIUR e contestare i nuovi
decreti di ricostruzione di carriera emessi nei miei confronti il MIUR, con una nota a firma del DG M.M.Novelli, rispondeva così: “…a
fronte di un identico legittimo operare di questa Amministrazione in conformità della normativa vigente si è verificato un diverso
orientamento giurisprudenziale in ordine a identica pretesa avanzata dagli ex dipendenti degli EE.LL. transitati allo Stato” e poi
continuava “...sia l’Amministrazione che l’Avvocatura hanno provveduto a intraprendere le identiche rispettive azioni di competenza nei
confronti di tutti i ricorrenti”
Secondo la dott.ssa M.M.Novelli, il MIUR aveva regolarmente impugnato tutte le 17 sentenze ma la Corte di
Cassazione si è orientata in modo diverso e cioè 6 le ha cassate e 11 no. Praticamente il DG Novelli ha negato qualsiasi responsabilità
dell’USR Lazio  e dell’Avvocatura.
In data 10/06/2009 ho tentato, con lettera scritta (inviata anche ai ministri Gelmini-Brunetta-Alfano),
di contro-dedurre e meglio chiarire, con argomentazioni procedurali precise e puntuali e  con riferimenti a fatti e ad atti documentati,
evidenziando che la Suprema Corte, in applicazione  del comma 218 art.1 della L.266/05, nel giudicare i ricorsi del MIUR relativi ai
“diciassette” (ammesso che erano stati tutti fatti), non poteva emettere sentenze di “diverso orientamento giurisprudenziale” in virtù del
fatto che tra le principali funzioni che sono attribuite alla Corte Suprema di Cassazione dalla legge fondamentale sull'ordinamento
giudiziario del 30 gennaio 1941 n. 12 (art. 65) vi è quella di assicurare “l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge e
l'unità del diritto oggettivo nazionale”. Facevo notare, tra l’altro,  che quanto scritto dal DG M.M.Novelli era privo di fondamento e
dimostravo che il MIUR, violando il principio di pari dignità sociale e di eguaglianza davanti alla legge (art.3 Cost) e il principio di
imparzialità (art.97 Cost), ne aveva impugnate solo 6 omettendo di impugnare le altre 11 e che così operando aveva favorito gli “undici”
dipendenti.
A questa mia seconda lettera non ho avuto alcuna risposta né di conferma né di smentita.
Ho scritto anche a “Linea Amica”
(quella di Brunetta). Nessuna risposta.
La discriminazione (ancora in atto) e la violazione del principio di imparzialità della Pubblica
Amministrazione sancito dall’art. 97 Cost., che implica innanzitutto il divieto di disparità di trattamento, sono state da me denunciate
con lettera-esposto una terza volta in data 18/11/2009 (inviata anche ai ministri Gelmini, Brunetta e Alfano) con la quale, fra l’altro,
chiedevo ai sensi della Legge 241/90 quale procedimento amministrativo il MIUR ha inteso o intendeva seguire rispetto alle mie richieste di
annullamento dei decreti emessi a seguito della sentenza della Cassazione.
Anche a questa mia terza lettera non c’è stata alcuna risposta.

In data 06/07/2011 di fronte al silenzio del MIUR ho chiesto di conoscere, per la quarta volta, nel rispetto delle norme sulla trasparenza,
i motivi che hanno indotto il MIUR a trattare con disparità i “diciassette” dipendenti quali soggetti portatori di uguali interessi
tutelabili.
Anche a questa mia quarta lettera/esposto, inviata anche ai ministri Gelmini – Brunetta - Alfano e Sacconi, non ho ricevuto
alcuna risposta.
L’art. 1 comma 218 della Legge 23.12.2005 n. 266, ancorché discutibile sul piano procedurale (Cf atto n. 4-01064
pubblicato il 29 gennaio 2009 Seduta n. 137 Senato della Repubblica: “La parità delle parti dinanzi al giudice implica la necessità che il
potere legislativo non si intrometta nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influire sulla risoluzione della controversia o di
una determinata categoria di controversie”), era ed è in contrasto con l’art. 6 comma 1 della Convenzione Europea e con l’art.1 del
Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
La Legge
266/05, pertanto, stando alle pronunce della CEDU, non doveva essere applicata a nessuno degli ex dipendenti ex EE.LL. transitati allo
Stato che erano ricorsi al giudice nazionale per il mancato riconoscimento integrale dell’anzianità maturata presso l’ente cedente.
Nella
realtà invece non solo è stata fatta e applicata una legge profondamente ingiusta sotto tutti i profili ma si è assistito addirittura a
comportamenti discriminatori che hanno evidenziato una disparità di trattamento tra i dipendenti.
In questi giorni Il MIUR sta procedendo,
nei miei confronti, al recupero delle somme (non capisco perché viste le pronunce della CEDU che pone l’accento sulle violazioni della
Convenzione e viste le ultime sentenze della Corte Suprema di Cassazione) per effetto della sentenza della Cassazione n. 6859/08 che in
applicazione della Legge 266/05 ha annullato l’anzianità giuridica ed economica prevista dalla Legge 124/99 e riconosciuta sia in primo che
secondo grado di giudizio, mentre invece (il MIUR) non effettuerà alcun recupero (per la mancata applicazione della Legge 266/05) nei
confronti degli “undici” “beneficati” e “miracolati” i quali, di fatto, continuano a percepire lo stipendio in base all’anzianità giuridica
ed economica loro riconosciuta dalle sentenze di II grado di giudizio.
Mi domando e Le domando se è questa la (im)pari dignità che si
applica in Italia.
Se le cose stanno così, se cioè il MIUR ha violato (come io penso) la Costituzione nel trattare con parzialità le 17
sentenze del 01/04/05 della Corte d’Appello di Roma relative ai “diciassette”, ci troviamo davanti ad un fatto gravissimo. Io certamente
non posso sapere cosa c’è dietro questo comportamento del MIUR. Non so se ci sono inadempienze, inettitudini, imperizie, omissioni,
ritardi, sottrazioni di atti e di documenti, discriminazione, abusi d’ufficio con l’intento di procurare agli “undici” un ingiusto
vantaggio giuridico/economico o altri motivi che evidentemente sfuggono alla mia comprensione. Ma le mancate risposte all’incalzare delle
mie richieste, perfino insistenti, non fanno certamente pensare ad un corretto ed imparziale comportamento del MIUR. Ho perfino minacciato
di denunciare alla Procura della Repubblica l’abuso d’ufficio, ma niente, nessun cenno di risposta e nessuna spiegazione in spregio alla
legge 241/90 sulla trasparenza.
Il fatto che il MIUR, che appartiene alla Pubblica Amministrazione, che è un Organo dello Stato e che in
quanto tale dovrebbe agire in modo uniforme ed imparziale nel pieno rispetto della Costituzione, abbia seguito (così sembrerebbe) la
procedura del “doppio peso” nei confronti di un unico insieme omogeneo formato da “diciassette” dipendenti tutti appartenenti allo stesso
comparto (nota n. 55069 del 19/12/2003 del MIUR), tutti ex dipendenti della Provincia di Roma, tutti in stretto rapporto di colleganza
(stessa motivazione), tutti difesi dallo stesso avvocato (Angelo Tuzza di Roma), tutti vincitori di ricorso in I° grado con sentenze tutte
del 10/02/2003 (stesso giudice) e confermate in Corte d’Appello in data 01/04/2005, appare indubbiamente sconcertante.
Basterebbe che sull’
accaduto il MIUR ammettesse le sue responsabilità per suoi errori e vi ponesse rimedio, rimettendo tutti i “diciassette” dipendenti sullo
stesso piano.
Mi sento ancor più indignato se penso: 1) alla pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo che nell’
accogliere i ricorsi depositati nell’interesse di dipendenti ATA ex EE.LL. trasferiti allo Stato dall’1/1/2000, senza il riconoscimento
dell’anzianità maturata fino al 31/12/1999, ha emesso la sentenza (CASO DI AGRATI E ALTRI c. ITALIA Ricorsi n. 43549/08, 5087/09 e 6107/09)
pubblicata il 7/6/2011 la quale stabilisce che lo Stato italiano ha violato ” l’art.6 comma 1 della Convenzione e l’art.1 del Protocollo n.
1 della Convenzione”; 2) alla pronuncia della Corte di Giustizia Europea Grande Sezione che con sentenza 108/10 del 6/9/2011 ribadisce l’
illegittimità di un inquadramento comportante “un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell’anzianità da
loro maturata presso il cedente, equivalente a quella maturata da altri lavoratori alle dipendenze del cessionario”; 3) alle sentenze della
Cassazione n.20980 del 12/10/2011, n.21441 del 17/10/2011 e n. 23344 del 9.11.2011  con le quali i giudici della Suprema Corte hanno tenuto
conto dell’orientamento assunto dalla massima magistratura europea.
Come vede sono fortemente sdegnato per questa assurda e inaccettabile
vicenda che ormai si trascina da 12 anni (dall’applicazione della L.124/99). Non vorrei convincermi che nel nostro Stato Repubblicano la
Carta Costituzionale possa essere violata impunemente e soprattutto, questo è l’aspetto più inquietante, possa essere violata dagli Organi
dello Stato che invece dovrebbero rispettarla prima di tutto e prima di tutti.
Ho scritto anche al Presidente della Repubblica a cui ho
chiesto – rispettosamente, ma con fermezza – di intervenire per far cessare tale ingiusta discriminazione operata dalla Pubblica
Amministrazione Statale (MIUR) nel trattare le 17 sentenze della Corte d’Appello di Roma affinché possa essere ristabilita equità tra i
“diciassette” dipendenti lavoratori statali ex dipendenti della Provincia di Roma che essendo uguali davanti alla legge vanno posti tutti,
senza distinzione alcuna, sullo stesso piano e con pari dignità come prevede la Costituzione.
Intendo inoltre presentare una petizione al
Parlamento Europeo. Ma il mio dubbio è che a questa vicenda non ci sia soluzione.
Vorrei conoscere il suo parere.
Vicovaro 12/12/2011


Con stima


Domenico Proietti Dante

 
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BENE BENE

Post n°828 pubblicato il 13 Dicembre 2011 da exentilocali

E' stato rigettato il ricorso dello stato nei confronti della sentenza  Agrati.

La sentenza e' definitiva

 

per ora non si sa altro

 
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COSI' SENTENZIO'

Post n°827 pubblicato il 13 Dicembre 2011 da exentilocali

Sentenza 12 ottobre 2011, n. 20980

Corte suprema di Cassazione, sezione lavoro

Fatto e diritto

1. Anna Maria Mistretta fa parte del personale non docente della scuola, indicato con l'acronimo ATA (amministrativo, tecnico ed ausiliario). Come moltissimi altri suoi colleghi venne trasferita dagli enti locali allo Stato a decorrere dal l° gennaio 2000.

2. Convenne in giudizio il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, suo nuovo datore di lavoro, chiedendo il riconoscimento integrale dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza. Il Tribunale di Taranto accolse la sua domanda.

3. Il Ministero impugnò la sentenza. La Corte d'appello di Lecce riformò la decisione di primo grado, applicando una disposizione contenuta nella legge finanziaria del 2006, emanata nel corso del processo.

4. La signora Mistretta ha proposto ricorso per cassazione, impugnando la sentenza della Corte d'appello per violazione delle norme che regolano la materia e cioè l'art. 8 della legge 124 del 1999 e l'art. 1, comma 218, della legge 266 del 2005 (finanziaria del 2006). Ella sostiene, in particolare, che la previsione di quest'ultima legge applicata dalla Corte non ha natura retroattiva e quindi non incide sui giudizi in corso al momento della sua emanazione. Sostiene poi che, qualora la si considerasse dotata di efficacia retroattiva, sarebbe incostituzionale sotto molteplici profili.

5. Il Ministero si è difeso con controricorso.

6. La questione oggetto della controversia concerne il trattamento giuridico ed economico del personale ATA trasferito dagli enti locali al Ministero in base all'art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124.

7. Tale norma, dopo aver premesso, al primo comma, che il personale ATA degli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado passa a carico dello Stato, prevede, nel secondo comma, che "Il personale di ruolo di cui al comma 1, dipendente degli enti locali, in servizio nelle istituzioni scolastiche statali alla data di entrata in vigore della presente legge, è trasferito nei ruoli del personale ATA statale ed è inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti per lo svolgimento dei compiti propri dei predetti profili. Relativamente a qualifiche e profili che non trovino corrispondenza nei ruoli del personale ATA statale è consentita l'opzione per l'ente di appartenenza, da esercitare comunque entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. A detto personale vengono riconosciuti ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza nonché il mantenimento della sede in fase di prima applicazione in presenza della relativa disponibilità del posto".

8. La disposizione fu oggetto di un vasto contenzioso concernente, specificamente, l'applicazione che della stessa venne data dal decreto del Ministro della pubblica istruzione 5 aprile 2001, che 'recepì' l'accordo stipulato tra l'ARAN e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali in data 20 luglio 2000.

9. Con tale accordo l'ARAN e le associazioni sindacali avevano dato applicazione all'art. 8 della legge 124. stabilendo, quanto al regime contrattuale, che, pur nella prosecuzione ininterrotta del relativo rapporto di lavoro, cessava di applicarsi a decorrere dal 1° gennaio 2000 il ccnl 1° aprile 1999 di Regioni-Autonomie locali e dalla stessa data si applicava il ccnl 26 maggio 1999 della scuola. L'art. 3 dell'accordo disciplinò l'inquadramento professionale e retributivo, nei seguenti termini: i dipendenti trasferiti sono inquadrati nella progressione economica per posizioni stipendiali delle corrispondenti qualifiche professionali del comparto scuola, indicate nell'allegata tabella B. Ai suddetti dipendenti viene attribuita la posizione stipendiale, tra quelle indicate nell'allegata tabella B, d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito da stipendio e retribuzione individuale di anzianità (....). L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale d'inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999, come sopra indicato, è corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale. Al personale destinatario del presente accordo è corrisposta l'indennità integrativa speciale nell'importo in godimento al 31 dicembre 1999, se più elevato di quella della corrispondente qualifica del comparto scuola.

10 Le controversie giudiziarie riguardarono in particolare la possibilità di incidere, su di una norma di rango legislativo, da parte di un accordo sindacale poi recepito in decreto ministeriale. La giurisprudenza si orientò in senso negativo, sebbene con percorsi argomentativi diversi (ex plurimis, Cfr. Cass., 17 febbraio 2005, n. 3224; 4 marzo 2005, n. 4722, nonché 27 settembre 2005, n. 18829).

11. Intervenne il legislatore, dettando una disposizione, il comma 218 dell'art. 1 della legge finanziaria del 2006 sopra citata, che recepì, a sua volta, i contenuti dell'accordo sindacale e del decreto ministeriale, stabilendo che il secondo comma dell'art. 8 della legge 124/1999 `si interpreta nel senso che' il personale ATA degli enti locali trasferito nei ruoli dello stato "è inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all'atto del trasferimento, con l'attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo stipendio, dalla retribuzione individuale di anzianità, nonché da eventuali indennità, ove spettanti, previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali, vigenti alla data dell'inquadramento. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999, come sopra indicato, viene corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale. E fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge".

12. Come è evidente, il comma 218 della finanziaria ha riprodotto, quanto all'inquadramento ed al relativo trattamento retributivo, le clausole dell'accordo sindacale del luglio 2000 già riprese dal decreto ministeriale dell'aprile 2001.

13. La tesi, riproposta dalla ricorrente, che nega l'efficacia retroattiva della disposizione introdotta dalla finanziaria 2006, e sostiene, quindi, la sua inapplicabilità ai processi già in corso, non è fondata. Il legislatore, come si è visto, usa l'espressione: <il secondo comma dell'art. 8 della legge 124/1999 'si interpreta nel senso che'>. Espressione che indica la volontà di far retroagire la norma. Corte di cassazione e Corte costituzionale si sono espresse in modo concorde sul punto. Da ultimo, le Sezioni unite, hanno qualificato la disposizione tra le 'norme di sanatoria con efficacia retroattiva' perché il legislatore, emanandola, ha elevato a dato normativo primario il contenuto di un atto regolamentare o amministrativo a carattere generale (il decreto ministeriale che aveva a sua volta recepito l'accordo collettivo ARAN-Sindacati) giudicato dalla giurisprudenza inidoneo a derogare una norma di legge. Elevato il livello del contenuto normativo del decreto ministeriale trascrivendolo in una norma di rango primario, è venuto meno con efficacia retroattiva il vizio dell'atto. "Si è trattato –precisano le Sezioni unite- di una sanatoria ex lege del contenuto precettato del decreto ministeriale 5 aprile 2001, ciò che in linea di principio era consentito fare al legislatore avendo la giurisprudenza costituzionale da tempo ammesso le leggi di sanatoria pur assoggettandone la sostanziale retroattività a scrutinio di legittimità sulla base del parametro della ragionevolezza" (Così: Cass. S.U., 8 agosto 2011, n. 17076, richiamando Corte cast. n. 234 del 2007).

14. Quanto al motivo di ricorso riguardante la legittimità costituzionale, esso ripropone alcune delle molteplici eccezioni sollevate da vari giudici, compresa questa Corte di cassazione, che, con ordinanza n. 22260 del 2008, ritenne non manifestamente infondata la questione del contrasto con gli artt. 117, primo comma, Cost. in relazione all'art. 6 CEDU con riferimento al problema dell'ingerenza legislativa in controversie giudiziarie in corso. Le eccezioni di legittimità costituzionale sono state tutte respinte dalla Corte costituzionale con una pluralità di pronunzie: la n. 234 e la n. 400 del 2007; la n. 212 del 2008; la n. 311 del 2009.

15 Per tali motivi, ricorsi di contenuto analogo a quello qui considerato sono stati respinti da questa Corte (cfr. per tutte, Cass., 9 novembre 2010, n. 22751).

16.Tuttavia, l'ampio spettro dell'impugnazione che, più a monte, pone un generale problema di violazione della disciplina dettata dall'art. 8, secondo comma, della legge 124/1999 e dall'art. 1. comma 218 della legge 266/2005, impone di tener conto dei successivi sviluppi della vicenda sul piano della giurisprudenza europea.

17. Sono, infatti, intervenute sul tema, tanto la Corte europea dei diritti dell'uomo, che la Corte di giustizia dell'Unione europea. La Corte europea dei diritti dell'uomo si è espressa con una decisione (sentenza 7 giugno 2011, Agrati ed altri c. Italia) non definitiva, perché oggetto di richiesta di rinvio dinanzi alla Grande camera.

18.La Corte di giustizia dell'Unione europea (Grande sezione) si è espressa con la sentenza 6 settembre 2011 (procedimento C-108/10), sulla domanda di pronuncia pregiudiziale – proposta ai sensi dell'art. 267 TFUE, dal Tribunale di Venezia, nella controversia instaurata nei confronti del Ministero dalla signora Ivana Scattolon. – in merito all'interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti.

19. Quest'ultima decisione è definitiva.

20. La Corte ha risposto a quattro questioni poste dal Tribunale di Venezia.

21. La prima questione consisteva nello stabilire se il fenomeno successorio disciplinato dall'art. 8 della legge 124 del 1999, costituisca un `trasferimento d'impresa' ai sensi della normativa dell'Unione relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori. La soluzione è affermativa ("La riassunzione, da parte di una pubblica autorità di uno Stato membro, del personale dipendente di un'altra pubblica autorità, addetto alla fornitura, presso le scuole, di servizi ausiliari comprendenti, in particolare, compiti di custodia e assistenza amministrativa, costituisce un trasferimento di impresa ai sensi della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, quando detto personale è costituito da un complesso strutturato di impiegati tutelati in qualità di lavoratori in forza dell'ordinamento giuridico nazionale di detto Stato membro").

22. Con la seconda e la terza questione si chiedeva alla Corte di stabilire: -se la continuità del rapporto di cui all'art. 3, n. 1 della 77/187 deve essere interpretata nel senso di una quantificazione dei trattamenti economici collegati presso il cessionario all'anzianità di servizio che tenga conto di tutti gli anni effettuati dal personale trasferito, anche di quelli svolti alle dipendenze del cedente (seconda questione); se tra i diritti del lavoratore che si trasferiscono al concessionario rientrano anche posizioni di vantaggio conseguite dal lavoratore presso il cedente quale l'anzianità di servizio se a questa risultano collegati nella contrattazione collettiva vigente presso il cessionario, diritti di carattere economico (terza questione).

23. Il dispositivo della decisione è: "quando un trasferimento ai sensi della direttiva 77/187 porta all'applicazione immediata, aí lavoratori trasferiti, del contratto collettivo vigente presso il cessionario e inoltre le condizioni retributive previste da questo contratto sono collegate segnatamente all'anzianità lavorativa, l'art. 3 di detta direttiva osta a che i lavoratori trasferiti subiscano, rispetto alla loro posizione immediatamente precedente al trasferimento, un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell'anzianità da loro maturata presso il cedente, equivalente a quella maturata da altri lavoratori alle dipendenze del cessionario, all'atto della determinazione della loro posizione retributiva di partenza presso quest'ultimo. È compito del giudice del rinvio esaminare se, all'atto del trasferimento in questione nella causa principale, si sia verificato un siffatto peggioramento retributivo".

24. Il giudice nazionale è quindi chiamato dalla Corte di giustizia ad accertare se, a causa del mancato riconoscimento integrale della anzianità maturata presso l'ente cedente, il lavoratore trasferito abbia subito un 'peggioramento retributivo'.

25. In motivazione la Corte rileva che, una volta inquadrato nel concetto di trasferimento d'azienda e quindi assoggettato alla direttiva 77/187, al trasferimento degli ATA si applica non solo il n. 1 dell'art. 3 della direttiva, ma anche il n. 2, disposizione che riguarda segnatamente l'ipotesi in cui l'applicazione del contratto in vigore presso il cedente venga abbandonata a favore di quello in vigore presso il cessionario (come nel caso in esame, v. supra, accordo del 20 luglio 2000). Il cessionario ha diritto di applicare sin dalla data del trasferimento le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo per lui vigente, ivi comprese quelle concernenti la retribuzione (punto n. 74 della sentenza). Ciò premesso, la Corte sottolinea che gli stati dell'Unione, pur con un margine di elasticità, devono attenersi allo 'scopo della direttiva', consistente "nell'impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento" (n. 75, il concetto è ribadito al n. 77 in cui si precisa che la direttiva "ha il solo scopo di evitare che determinati lavoratori siano collocati, per il solo fatto del trasferimento verso un altro datore di lavoro, in una posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano precedentemente").

26. Quindi, nella definizione delle singole controversie, è necessario stabilire se si è in presenza di condizioni meno favorevoli. A tal fine, il giudice del rinvio deve osservare i seguenti criteri: I) Quanto ai soggetti la cui posizione va comparata, il confronto è con le condizioni immediatamente antecedenti al trasferimento dello stesso lavoratore trasferito (così il n. 75. e al n. 77 si precisa "posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano prima del trasferimento". Idem nn. 82 e 83). Al contrario, non ostano eventuali disparità con i lavoratori che all'atto del trasferimento erano già in servizio presso il cessionario (n. 77). II) Quanto alle modalità, si deve trattare di 'peggioramento retributivo sostanziale' (così il dispositivo) ed il confronto tra le condizioni deve essere 'globale' (n. 76: "condizioni globalmente meno favorevoli"; n. 82: "posizione globalmente sfavorevole"), quindi non limitato allo specifico istituto, ma considerando anche eventuali trattamenti più favorevoli su altri profili, nonché eventuali effetti negativi sul trattamento di fine rapporto e sulla posizione previdenziale. III) Quanto al momento da prendere in considerazione, il confronto deve essere fatto 'all'atto del trasferimento' (nn. 82 e 84, oltre che nel dispositivo: "all'atto della determinazione della loro posizione retributiva di partenza").

27. La quarta ed ultima questione posta dal Tribunale di Venezia atteneva alla conformità della disciplina italiana e specificamente del comma 218 dell'art. 1 della finanziaria 2006, agli artt. 6 CEDU e 46, 47 e 52 n. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, come recepiti nel Trattato di Lisbona. La Corte, dando atto della pronunzia emessa il 7 giugno 2011 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, ha statuito che "vista la risposta data alla seconda ed alla terza questione, non c'è più bisogno di esaminare se la normativa nazionale in

oggetto, quale applicata alla ricorrente nella causa principale, violi i principi" di cui alle norme su indicate.

 

28. La sentenza della Corte di giustizia incide sul presente giudizio. In base agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, il giudice nazionale e, prima ancora, l'amministrazione, hanno il potere-dovere di dare immediata applicazione alle norme della Unione europea provviste di effetto diretto, con i soli limiti derivanti dai principi fondamentali dell'assetto costituzionale dello Stato ovvero dei diritti inalienabili della persona, nel cui ambito resta ferma la possibilità del controllo di costituzionalità (cfr, per tutte, Corte cost. sentenze n. 183 del 1973 e n. 170 del 1984; ordinanza n. 536 del 1995 nonché, da ultimo, sentenze n. 284 del 2007, n. 227 del 2010, n. 288 del 2010, n. 80 del 2011). L'obbligo di applicazione é stato riconosciuto anche nei confronti delle sentenze interpretative della Corte di giustizia (emanate in via pregiudiziale o a seguito di procedura di infrazione) ove riguardino norme europee direttamente applicabili (cfr. Corte cost. sentenze n. 113 del 1985, n. 389 del 1989 e n. 168 del 1991, nonché, sull'onere di interpretazione conforme al diritto dell'Unione, sentenze n. 28 del 2010 e n. 190 del 2000).

 

29. Il caso in esame deve quindi essere deciso, in consonanza con la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Ciò comporta che il ricorso deve essere accolto perché la violazione del complesso normativo costituito dagli artt. 8 legge 124/1999 e 1, comma 218, legge 266/2005, denunziata dalla ricorrente, deve essere verificata in concreto sulla base dei principi enunciati dalla Corte di giustizia europea.

 

30.La decisione impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio ad altra Corte d'appello che, applicando i su indicati criteri di comparazione, dovrà decidere la controversia nel merito, verificando la sussistenza, o meno, di un peggioramento retributivo sostanziale all'atto del trasferimento. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio.

 

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Bari, anche per le spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 ottobre 2011.

 

 


 
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