Creato da LauraCamilla il 21/01/2009

C'era una volta...

Favole della buonanotte per Alice e Camilla.

 

Lo sciopero del mare.

Post n°11 pubblicato il 12 Aprile 2010 da LauraCamilla
 
Foto di LauraCamilla

C’era una volta un bambino che si chiamava Corrado ed abitava in una casa di fronte al mare. Dalla finestra della sua camera, al primo piano,  ogni mattina poteva ammirare le dolci onde che  accarezzavano la sabbia. Poi scendeva a fare colazione al tavolino della cucina, accanto ad un’altra finestra. E mentre riempiva il pancino con latte e biscotti, nutriva anche lo sguardo con il verde del mare.

Corrado amava moltissimo il mare. Lo amava a tal punto che ogni mattina, prima di andare a scuola, usciva a fare una breve passeggiata sulla spiaggia a piedi nudi, anche in inverno. Gli piaceva sentire la sabbia solleticargli la pianta dei piedi. Arrivava fino al bagnasciuga e per qualche minuto fissava l’orizzonte mentre le onde a poco a poco gli facevano sprofondare i piedi nella sabbia.

Un brutto giorno però, quando Corrado si svegliò e, come al solito, aprì le persiane… non vide il mare! Al suo posto c’era solo una distesa di sabbia e alghe. Sembrava quasi un deserto.

Corrado corse dalla mamma gridando “Mamma, mamma, è sparito il mare!”.

“Non dire sciocchezze, Corrado. Il mare non può sparire.” rispose la mamma.

“Ma è vero mamma! Vieni a vedere!” insistette Corrado.

La mamma lo seguì di malavoglia, ancora assonnata. Quando guardò fuori dalla finestra restò a bocca aperta! Si stropicciò gli occhi incredula. Si diede un pizzicotto sulla guancia, per essere sicura di non essere nel bel mezzo di uno strano sogno. Poi guardò Corrado e gli prese la mano.

Insieme scesero silenziosamente al piano di sotto ed uscirono di casa. Sulla spiaggia si stava radunando una piccola folla silenziosa. Tutti erano allibiti. Sembrava esserci una linea invisibile, che nessuno oltrepassava, laddove il giorno prima si fermava l’acqua.

Ad un certo punto Corrado ruppe il silenzio gridando “Vado a vedere dov’è”.

Si mise a correre verso l’orizzonte. Tutti lo guardarono immobili. La sagoma di Corrado diventava sempre più piccola, allontanandosi. Poi divenne un puntino. Infine non si vide più.

Passarono le ore, ma Corrado non tornava. Tutti lo aspettavano ancora sulla spiaggia.

Passò un giorno, ma Corrado non tornava. Qualcuno cominciò a tornare a casa, scuotendo la testa e facendosi il segno della croce.

Passarono due giorni, ma Corrado non tornava. Sulla spiaggia erano rimasti in pochi ormai, perlopiù amici e parenti.

Passarono tre giorni, ma Corrado non tornava. La mamma rimase da sola ad aspettarlo speranzosa e con gli occhi asciutti.

Finché ad un tratto in lontananza non vide un puntino. La mamma si alzò in piedi.

Il puntino diventò una piccola sagoma scura.

Poi la mamma riconobbe il suo bambino e  gli corse incontro gridando “E’ tornato Corrado! E’ tornato Corrado!”

La gente uscì dalle case e tornò a radunarsi in spiaggia per sapere cosa aveva visto Corrado.

“Il mare è arrabbiato con noi. Ha deciso di scioperare. Dice che se non la smetteremo di buttarci dentro rifiuti di ogni tipo se andrà per sempre su un altro pianeta.” spiegò il bambino.

La gente cominciò a discutere sul da farsi: avrebbero dovuto informare tutti i popoli del mondo, mettersi d’accordo, firmare un impegno comune… Così il sindaco del paese si rivolse al Prefetto, che interpellò il Capo dello Stato che convocò un’assemblea dell’ONU. Tutti gli stati del mondo firmarono un accordo in cui s’impegnavano a rispettare il mare e i suoi abitanti, consapevoli che un altro errore sarebbe stato fatale all’intera umanità. Il documento fu dato a Corrado affinché lo portasse dal mare.

Il bambino s’incamminò verso l’orizzonte.

La sua sagoma diventò piccola, sempre più piccola, solo un puntino. Infine non si vide più.

Passò un giorno, ma Corrado non tornava. Stavolta nessuno se ne andò.

Passarono due giorni, ma Corrado non tornava. Tutti restavano ad attenderlo.

Il terzo giorno si vide un puntino sopra una sottilissima linea verde.

Mentre il puntino s’ingrandiva, la linea s’ispessiva.

Finché si vide Corrado in piedi sopra una zattera trasportata dal mare.

Era tornato: per sempre? Quello dipende da noi…

 
 
 

Sua bassezza reale.

Post n°10 pubblicato il 21 Gennaio 2010 da LauraCamilla
 
Foto di LauraCamilla

C'era una volta un re che era basso, proprio basso, così basso che si vergognava tantissimo della sua bassezza e quindi non scendeva mai da cavallo.

Solo che, così facendo, non andava mai a trovare nessuno, perchè non poteva certo entrare col cavallo in casa di qualcuno! E siccome casa sua era l'unico luogo in cui scendeva da cavallo, non vi invitava mai nessuno.

Un pomeriggio, mentre cavalcava nella verdeggiante brughiera, incontrò una principessa. Cominciarono a chiacchierare, a ridere e a scherzare e si trovarono molto simpatici. Così si diedero appuntamento per il giorno dopo e per quello dopo ancora, finchè si fidanzarono.

Allora la principessa invitò il giovane re a conoscere i suoi genitori nel suo castello. Ma lui rifiutò.

"Perchè non puoi venire?" chiese la principessa delusa dalla risposta.

"Non posso" rispose il re un po' triste.

La principessa insistette finchè lui cedette e le spiegò qual era il vero motivo.

"Se venissi a casa tua, dovrei scendere da cavallo e tu vedresti che sono bassissimo... e non mi vorresti più" ammise infine il re.

"Ma lo vedo anche così che sei basso!" rispose lei sorridendo.

"E ti piaccio lo stesso???" chiese incredulo il re.

"Ma certo!"

Così in un attimo tutte le insicurezze del re crollarono e da quel giorno non si vergognò più della sua bassezza.

Scese da cavallo e cominciò ad invitare gli amici nel suo castello e a ricambiare le visite, si sposò con la principessa e vissero per sempre felici e contenti.

 
 
 

Piero, bambino biricchino.

Post n°9 pubblicato il 28 Gennaio 2009 da LauraCamilla
 
Foto di LauraCamilla

C’era una volta Piero, un bambino di 7 anni che amava fare scherzi a tutti.
Un giorno la mamma lo portò a casa della zia, perché giocasse con le sue due cuginette Alice e Camilla. Lui prese il suo zainetto e ci mise dentro la sua palla rossa, talmente logora che ormai di rosso aveva ben poco.
Quando arrivò le sue cuginette gli dissero: “Giochiamo con la nostra palla nuova? Guarda che bella: rossa e tutta piena di brillantini!”.
I tre bambini giocarono per un po’ a lanciarsi la palla. Poi Camilla si mise a saltare la corda, Alice prese il suo monopattino rosa e Piero continuò a giocare con la palla.
Fu così che gli venne l’idea per un bello scherzetto: scambiò la nuova palla rossa scintillante con la sua logora, e continuò a giocare come se niente fosse…
Quando le cugine videro in che condizioni fosse la palla, incominciarono a piangere e a chiamare la mamma.
“Mammaaa!!! Guarda cos’ha fatto Piero alla nostra palla nuova!”
La zia constatò con disappunto che la palla era tutta rovinata e disse “E io cosa ci posso fare? Dai, non piangete, ne compreremo una nuova”, guardando Piero corrucciata.
Passata la bufera, Piero e le cugine continuarono a giocare insieme.
Poi Piero disse loro “Sapete che io sono un mago? Volete che vi faccia una magia?”
“Un mago? Davvero? E che tipo di magie sai fare?” chiese Alice.
“Tutte quelle che volete. Per esempio, potrei… mmm… farvi tornare la palla com’era prima!”
“Si! Si!” gridò Camilla tutta felice, battendo le mani.
“Allora portatemi una coperta” disse Piero sedendosi sul suo zainetto con la palla sciupata in mano.
Mise la coperta sopra le gambe, coprendo la palla, e incominciò a recitare:
“Abracadabra, simsalabì, magia del cielo vieni giù qui!” guardando in aria.
Le cugine seguirono il suo sguardo e, mentre scrutavano il cielo a naso in su, Piero scambiò le due palle sotto la coperta.
“Voilà!” gridò infine, togliendo la coperta.
“Ooooooh!” si stupirono Alice e Camilla “La palla è come nuova! Mamma, vieni a vedere! Piero è un mago!”
La zia vide la palla rossa fiammante e guardò Piero divertita.
Poi si misero a giocare con le bambole. Piero stava cambiando il pannolino alla sua e volle fare un altro scherzo alle sue ingenue cuginette. Prese del fango e lo mise nel pannolino, poi disse “guardate, la mia bambola ha fatto la cacca!”
“La cacca? Ma … non l’aveva mai fatta! Piero, sei proprio un mago” disse Camilla.
“Mamma, vieni!” gridò Alice stupefatta.
La zia, ancora una volta, sorrise comprendendo lo scherzo e disse “Piero, Piero, sei proprio un birichino…”
Quando poi la mamma venne a riprenderlo, la zia raccontò i suoi scherzi e risero entrambe.
Ma per le cugine ormai lui era Piero il mago, checchè ne dicesse la mamma. Avevano visto con i propri occhi le sue magie, e nulla avrebbe fatto loro cambiare idea!

 
 
 

Annibale, il mulo che non si voleva muovere.

Post n°8 pubblicato il 27 Gennaio 2009 da LauraCamilla
 
Foto di LauraCamilla

C’era una volta un mulo di nome Annibale che viveva in montagna con i suoi padroni, due vecchietti di nome Gioachino e Maria.
Ogni giorno Gioachino lo portava con sé quando andava nel bosco a far legna.
Anche quel pomeriggio aveva raccolto due belle fascine di legna e le caricò sulla soma di Annibale.
Dopodiché s’incamminarono lungo la mulattiera verso casa.
Ad un certo punto Annibale si fermò. E non si volle più muovere.
Gioachino cercò di tirarlo, di spingerlo, provò a ingolosirlo con una carota, ad impaurirlo con un bastone… ma non ci fu modo di farlo ripartire. Provò anche a togliere le fascine, “forse son troppo pesanti?” pensava tra sé. Ma niente.
Gioachino non sapeva più cosa fare: non poteva certo lasciare il suo amato mulo lì nel bosco da solo! Allora corse a casa a chiamare sua moglie, che magari avrebbe avuto qualche idea.
Dopo pochi minuti tornarono indietro entrambi e Maria aveva portato un bello zuccherino. “Con questo funziona sempre” disse. Ma stavolta non funzionò neanche quello.
Allora Maria disse “forse c’è qualcosa che ci vuol far vedere qui” e cominciò a cercare lì intorno.
Finchè ad un tratto, dietro un cespuglio… trovò un leprottino. Era solo soletto, la mamma o l’aveva abbandonato o era stata uccisa.
Maria lo raccolse e disse a Gioachino “Che volesse mostrarci questo?”.
Annibale cominciò a ragliare e a muovere il capo su e giù (i muli sono animali molto intelligenti, eh).
Rimisero le fascine di legna sulla soma del mulo e tornarono a casa.
Il leprotto era così piccino che per un po’ di tempo dovettero dargli il latte con il biberon. Poi alla sera lo mettevano a dormire nella stalla insieme ad Annibale e i due si rannicchiavano vicini, tenendosi caldo e compagnia.
Fu così che divennero amici inseparabili per tutta la vita.

 
 
 

Favola inventata da Alice!

Post n°7 pubblicato il 26 Gennaio 2009 da LauraCamilla

Questa me l'ha raccontata Alice la sera del 15 novembre 2008:

"C'era una volta un re
seduto sul vasino
diceva alla sua serva
raccontami una storia
e la serva incominciò...
a fare la cacca!"

ah ah ah!! Ha doti da scrittrice, eh?

 
 
 
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