Creato da LauraCamilla il 21/01/2009

C'era una volta...

Favole della buonanotte per Alice e Camilla.

 

Anna dai capelli rossi.

Post n°6 pubblicato il 23 Gennaio 2009 da LauraCamilla
 
Foto di LauraCamilla

C’era una volta una bambina che si chiamava Anna ed aveva i capelli rossi.
Quando andava a scuola i suoi compagni la scherzavano dicendole:
“Sei una carota! Sei una carota!” per via del colore dei suoi capelli.
Lei piangeva ma non raccontava mai nulla alla mamma.

Un giorno però, tornata da scuola, le disse:
“Mamma, voglio tingere i capelli di nero”.
“Cosa? E perché mai? Hai dei capelli di un così bel colore!”
“No, sono brutti. Sembro una carota.”
“E chi lo dice?”
“I miei compagni di classe”
“Ma non è vero! I tuoi compagni sono ignoranti. Non sanno che i capelli rossi sono i più preziosi che ci siano? Il mondo è peno di gente con i capelli neri, ce ne sono altrettanti con i capelli castani, un po’ meno con i capelli biondi ma con i capelli rossi naturali siamo pochissimi. Molte donne se li tingono di rosso per differenziarsi ed essere più belle!”
Così Anna si convinse che la mamma aveva ragione.

Il giorno dopo, quando i suoi compagni la presero nuovamente in giro, lei non pianse più, pensando alle parole della mamma.
Allora un compagno le si avvicinò gridando “Sei una carota!”.
E lei, calma, gli chiese:
“Perché mi chiami così?”
“Perché hai i capelli arancioni come una carota!”
“Ah. Va bene, allora io d’ora in poi ti chiamerò CACCA, perché tu li hai marroni come la cacca.”
Il bambino ci rimase così male, ma così male che da quel giorno non osò più chiamarla carota.
E non lo fecero più neanche gli altri, perché avevano tutti i capelli marroni…

 
 
 

Il pigiama del Re.

Post n°5 pubblicato il 22 Gennaio 2009 da LauraCamilla
 
Foto di LauraCamilla

C’era una volta un re, che ogni sera voleva indossare un pigiama nuovo altrimenti non riusciva a dormire.
Così aveva un servo, di nome Paolino, che era “addetto al pigiama”.

Ogni mattina Paolino andava a comprare una delle migliori stoffe: che fossero di seta, di raso, damascate o con ricami d’oro, erano sempre stoffe molto preziose, adatte ad un re. Poi portava la stoffa ai sarti più abili del regno e ritirava il pigiama che avevano già preparato. Infine egli andava nella camera del re e appoggiava delicatamente il pigiama accanto all’enorme letto del re (King Size, off course!), portandosi via quello indossato la notte precedente, che veniva regalato ai poveri. Infatti in quel regno ai poveri non mancavano certo dei lussuosi pigiami…

Ma una mattina Paolino si svegliò con un febbrone da cavalli. Era talmente malato che non riuscì neppure ad alzarsi dal letto.
Al castello qualcun altro avrebbe dovuto sostituirlo, eseguendo il suo compito, ma nessuno si accorse della sua assenza.

Quella sera, quando il re andò in camera da letto per coricarsi… “Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhh!!” urlò “DOV’E’ IL MIO PIGIAMAAAAAAAA?????”.
I servi, allarmati, cominciarono a correre qua e là, scontrandosi, chiedendosi dove fosse Paolino, impauriti da quello che sarebbe probabilmente accaduto… Qualcuno disse che Paolino era ammalato, qualcun altro chiese chi l’avesse sostituito, nessuno rispose.

Il re quella notte non riuscì a dormire, ma la servitù gli tenne compagnia suo malgrado.
Egli convocò tutti nel salone ed incominciò ad interrogarli rabbiosamente:
- Tu, cosa avevi di così importante da fare oggi??”
- Ho preparato il tacchino ripieno.
- Faceva schifo! Sei licenziato! E tu? Cosa hai fatto oggi?
- Ho pulito le vetrate…
- Sono lerce! Sei licenziato!
E così via, finché licenziò tutta la servitù. Al castello non rimase più nessuno.

Sicché la mattina dopo, c’era la coda di gente che voleva essere assunta come nuova servitù.

Paolino quella mattina aveva ancora la febbre ma riuscì ad alzarsi dal letto ed andò subito al lavoro Quando arrivò dai sarti a prendere il pigiama, seppe che nessuno l’aveva sostituito il giorno prima e cominciò a preoccuparsi. Sapeva che il re sarebbe stato furioso e temeva di essere licenziato, così corse al castello con il pigiama.
Ma mentre saliva la scalinata per andare alla camera reale… il re lo chiamò.
“Dove stai andando?” gli chiese.
“Sto portando il pigiama… ieri ero ammalato…” rispose Paolino.
Silenzio. Paolino con gli occhi bassi si aspettava la sfuriata, non sapendo che il re si era già sfogato nella notte con tutti i suoi colleghi.
Invece il re gli disse “Bravo, vai pure. Tu si che sai fare il tuo dovere”.
Ormai la rabbia era già stata scaricata e Paolino poté fare un bel sospiro di sollievo. Se fosse stato licenziato come avrebbe potuto sfamare i suoi tre bambini? Ma fortunatamente il re era stato buono con lui.

E fu così che Paolino restò per sempre “l’addetto al pigiama del re”.

 
 
 

Michele e il passerotto.

Post n°4 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da LauraCamilla
 
Foto di LauraCamilla

C’era una volta un passerotto.
Come i suoi simili, quando arrivava l’inverno rimaneva in città, anziché migrare nei Paesi caldi come fanno i gabbiani o le rondini. Ma con il freddo e la neve, trovare del cibo diventava difficile.
Allora sai come fanno i passeri? In inverno frequentano i luoghi dove ci sono tanti bambini, perché si sa che i bambini quando mangiano fanno tante briciole… E poi loro passano a beccarle.
Così faceva anche il nostro passerotto una fresca mattina di ottobre, appollaiato sul muretto della scuola.

Quando arrivò Michele, lo vide e gli lanciò un pezzetto della brioche che stava mangiando per colazione. Il passerotto felicissimo la beccò avidamente e da quel momento non abbandonò più Michele.
Lo aspettò fuori dalla scuola e lo seguì fino a casa svolazzando da un albero all’altro.
Michele se ne accorse, così dopo pranzo gli mise delle briciole di pane sul davanzale. Ormai erano amici.
La mattina dopo Michele ritrovò il passero in giardino, che lo aspettava. Gli lanciò un biscotto, che aveva nascosto in tasca apposta per lui, e andarono a scuola insieme. E così continuò per molto tempo.


Finché una mattina di primavera, Michele uscì di casa per andare a scuola, come al solito, ma non trovò il passerotto ad aspettarlo. Lo cercò dappertutto, ma niente.
Michele era molto triste. Pensava di non rivederlo mai più. Chissà cosa gli era capitato?


Ma un bel pomeriggio d’estate, mentre faceva i suoi compiti seduto alla scrivania nella sua cameretta, sentì un ticchettio sul vetro della finestra. Scostò la tenda e… cosa vide? Il suo amico passerotto in compagnia di una passerotta e quattro passerottini che stavano imparando a volare. Ecco dov’era stato! Aveva costruito il suo nido sotto le tegole del tetto di casa sua e aveva covato le uova con la sua compagna.
Michele corse a prendere un pezzo di pane e lo sbriciolò sul davanzale. I passeri lo beccarono felici.Così da allora gli amici pennuti di Michele si moltiplicarono!

 
 
 

La strega Stracchina.

Post n°3 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da LauraCamilla
 
Foto di LauraCamilla

C’era una volta una strega che si chiamava Stracchina perché puzzava come lo stracchino.
Puzzava così tanto, che non riusciva mai a compiere nessuna stregoneria, perché prima che arrivasse lei, arrivava l’olezzo e tutti scappavano tappandosi il naso.

Stanca di questa situazione, un giorno andò dalla sua amica strega Profumina e le disse:
“Senti Profumina, dovresti aiutarmi. Non riesco a fare le mie stregonerie perché puzzo troppo e faccio scappare tutti… Come posso fare?”
E Profumina rispose: “Hai mai provato a lavarti?”
“Lavarmi? E cosa significa?”
“Come cosa significa?? Non dirmi che non ti sei mai lavata in vita tua?!” esclamò Profumina stupita.
“Non so… Se tu mi dicessi cosa significa, potrei sapere se l’ho mai fatto…”
“Ma se l’avessi fatto, sapresti bene cosa significa! Va be’, ho capito che ti devo spiegare tutto da capo. Devi prendere una vasca e riempirla d’acqua. Poi ti spogli nuda ed entri dentro. Ti passi il sapone su tutto il corpo e lo shampoo sui capelli. Poi ti risciacqui, ti asciughi e ti metti dei vestiti. Mi raccomando, che siano puliti anche quelli, eh?”

Così dopo qualche giorno la strega Stracchina decise di mettere in pratica il consiglio dell’amica.
Prese la vasca, la riempì d’acqua e cominciò a lavarsi. Ed ecco che la sua pelle incominciò a cambiare colore…
“Ma come” pensò Stracchina “ credevo di avere la pelle marrone… e invece è rosa!”
E poi lavando i capelli “Ma non erano neri i miei capelli? Stanno diventando viola…”
Alla fine anche l’acqua aveva cambiato colore, tanto era sporca!

Stracchina si mise degli abiti puliti e decise di provare a fare una stregoneria, per vedere se il consiglio di Profumina avrebbe funzionato.
E funzionò! Nessuno scappò via!
Anzi, da quel giorno le cambiarono anche il nome: non si chiamò più Stracchina ma Gelsomina, perché il sapone che aveva usato profumava di gelsomino!

 
 
 

La Principessa dai capelli rosa

Post n°2 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da LauraCamilla
 
Foto di LauraCamilla

Tanto tempo fa, in un regno lontano, nacque una principessa con i capelli rosa.
Quando i sudditi udirono questa stranezza, provarono ribrezzo nell’immaginare come fosse brutta la piccola neonata.
Ma la principessina, nonostante l’insolito colore dei capelli, era di una rara bellezza.

Al compimento del terzo anno, la piccola principessa uscì dal castello e visitò tutto il regno in carrozza, salutando gioiosa tutti i sudditi che incontrava.
Alla vista di una bimba tanto incantevole e festosa, i sudditi dovettero ricredersi e sussurravano tra loro “Però, mica male i capelli rosa…”.


Poi la principessa crebbe, acquistando sempre maggior fascino e grazia.
Al compimento del suo diciottesimo anno, il re diede una grandiosa festa aperta a tutti. C’erano giostre, saltimbanchi, fuochi d’artificio e tutte le migliori delizie per il palato in grande quantità. All’arrivo della festeggiata rimasero tutti a bocca aperta: la bellezza della principessa era indiscutibilmente ineguagliabile. E tra i sudditi si incominciò a sussurrare “Ma quanto son belli i capelli rosa!”.


E fu così che tutte le ragazze del regno si tinsero i capelli di quel colore, per cercare di assomigliare all’ineguagliabile principessa.
Mentre tutti i ragazzi del regno si presentarono a corte per chiedere la mano della principessa.
Ognuno di loro portava un dono al re per strappargli l’agognato assenso.


Il primo ragazzo disse “Sire, son qui per chiederle la mano di sua figlia”.
E il re rispose “Cosa mi portate in cambio?”
“Le darò il mio castello di 1000 stanze”
Ma il re borbottò “Ma ce l’ho già un castello… che me ne faccio di un altro?” e lo mandò via.
Il secondo ragazzo disse “Sire, son qui per chiederle la mano di sua figlia”.
E il re rispose “Cosa mi portate in cambio?”
“Le darò il diamante più grosso e sfavillante del mondo”
Ma il re bofonchiò “Ma non mi interessa! A che mi serve?” e lo mandò via.
Il terzo ragazzo disse “Sire, son qui per chiederle la mano di sua figlia”.
E il re rispose “Cosa mi portate in cambio?”
“Le darò la mia mandria di 100 cavalli bianchi purosangue, i più belli ed agili del mondo”
Ma il re mugugnò “A me basta il mio cavallo, ne cavalco uno alla volta.” e mandò via anche lui.
Dopo molti pretendenti arrivò un ragazzo che disse “Sire, son qui per chiederle la mano di sua figlia. Le dico subito che non ho alcun dono ma le prometto che l’amerò per tutta la vita con tutto me stesso”.


Il re lo guardò in silenzio per qualche minuto. Gli astanti erano in trepidazione.
Finalmente il re disse “Va bene, puoi sposare mia figlia. Perché tu hai capito qual’è la cosa più importante della vita: l’amore dei nostri cari. Senza di quello anche l’uomo più ricco del mondo sarebbe totalmente infelice.”

 
 
 

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