Creato da coco1953 il 02/11/2010

Classe '53

Diario ondivago

 

 

« Dono di NataleLuna »

Bellissima

Post n°9 pubblicato il 09 Gennaio 2011 da coco1953
 
Foto di coco1953

Silvia era entrata in pubblicità molto presto.

      Aveva appena sei mesi e già il suo volto roseo, gli occhi tondi azzurri  e smaltati ammiccavano dai manifesti incollati ai muri o dalle pagine di giornali e riviste femminili a reclamizzare pappe, omogeneizzati e affini.

      Alla nascita non era un gran che, un bebé come tanti altri, gracilina per giunta, poiché pesava poco più di due chili e per un pelo non era finita nell'incubatrice: le membra lunghe e contorte con poca carne addosso, e una pelle secca e sottile a rivestirle, rugosa, come un foglio sgualcito, gli occhi liquidi e velati nel visetto avvizzito.

      Sua madre l'aveva guardata appena quando, a poche ore dalla nascita, gliel'avevano posata accanto nel letto d'ospedale: ripulita, profumata, avvolta nei panni; l'aveva guardata appena e con risentimento, tanto l'aveva fatta penare la bambina per venire alla luce: un parto lungo, difficile, dolorosissimo.

      Gli altri due figli, Silvia era la terzogenita, erano nati senz'alcuno sforzo, scivolati via dal suo grembo, come ospiti d'albergo, che dopo lungo soggiorno e regolare preavviso, prendono finalmente congedo.

      Silvia invece pareva non voler abbandonare la protezione liquida e calda di quell'involucro, come avvinghiata all'ultimo relitto che l'avrebbe consegnata alla vita e ai suoi affanni teneva duro, non voleva nascere e caparbiamente riuscì a posticipare di alcune settimane la data presunta del parto.

      Sua madre era un pallone di acque e di nervi, quando infine giunsero le prime doglie, che invece di risolversi in un parto rapido e indolore si protrassero in una lunga, estenuante fatica; l'ostetrica, che come frutto di un parto post-termine si aspettava un neonato in sovrappeso, estrasse invece, dopo tanto penare, quell'esserino macilento.

      La madre aveva deciso di non allattarla, per quanto di latte fosse fornita e in abbondanza, perché troppo spossata, nervosa, e Silvia venne alimentata artificialmente fin dal primo giorno di vita.

      Verso i tre quattro mesi, da poco svezzata ai cibi solidi, perse gradatamente l'impressionante magrezza, si arrotondò, la pelle rosea e levigata, strabordante di morbida carne intorno ai polsi, ai piedi minuscoli, alle manine piene di fossette; il viso rotondo, perfetto, illuminato dagli occhi azzurrissimi, privi adesso di quel velo opaco che alla nascita li aveva velati.

      La madre cominciò a curarla, a vezzeggiarla, prese gusto nel vestirla e a ostentarla fuori, per strada, ben esposta e sorretta dai cuscini, Silvia sembrava una bambola e suscitava l'invidia di mamme, nonne, balie e conoscenti.

      La madre lesse per caso sul giornale l'annuncio di una nota casa di prodotti alimentari per l'infanzia che cercava neonati fino a sei mesi, per l'avvio di una nuova campagna pubblicitaria.

      Silvia superò le selezioni e il contratto fu presto firmato. Il volto di Silvia che accettava sorridente il cucchiaino di omogeneizzato di vitello con aggiunta di verdure o impiastricciato ad arte di liofilizzato di pera e banana riempì i cartelloni di mezzo paese.

      Dall'omogeneizzato passò a reclamizzare il biscotto, dal biscotto alla merendina fatta con le antiche ricette della nonna, in una escalation di successo che la portò ad essere contesa fra più ditte che in qualche modo si occupavano di prodotti per l'infanzia e più tardi per l'adolescen­za.

      Suo il sederino abbronzato per la crema solare, ancora suo lo slip accattivante e malizioso, suo il viso per il trucco che c'è ma non si vede, ancora suo per il trattamento anti-rughe quando le rughe sono ancora lontane.

      Silvia passava frenetica da uno studio all'altro, posava per ore davanti al fotografo che fermava la sua espressione in mille istantanee, tutte uguali all'apparenza, eppure diverse nel riflesso appena annoiato dello sguardo, nella piega antiestetica vicino alla bocca, in un dilatarsi di narici, nella postura troppo rigida del capo: il lampo dei flash, la luce dei riflettori, la goccia di sudore che rovina ore di trucco, l'estetista che va viene tocca ritocca sfuma, accende i colori smorti, spegne quelli troppo vivi, esagera i contorni delle labbra, allunga quelli degli occhi, e sua madre sempre lì, nell'an­golo, lo sguardo invadente, che tutto controlla valuta indaga, il sorriso esasperante, sempre fisso, immutabile.

      Sua madre che le strappava il biscotto di mano appena finito il provino e che adesso ogni sera la pesa sulla bilancia segnando ogni minima variazione, che impone diete ferree e impietose, via i grassi, i fritti, solo insalata scondita e frutta fresca con moderazione, sì alla fettina ai ferri secca e insipida, via la cioccolata, i dolci, il vino, guai a fumare perchè‚ il fumo rovina la pelle (lei che fuma quaranta sigarette al giorno e a cinquant'anni ha la pelle di pesca), nuoto, ginnastica giornaliera col trillo della sveglia che segna l'inizio e la fine degli esercizi, a letto alle nove di sera, in piedi presto al mattino perchè‚ il sonno fa bene ma non troppo. Silvia non ricorda un momento della sua vita che non sia legato alla sua professione di modella.

      Scuole regolari non ne ha mai fatte, anche se alla fine, non sa come, si ritrova in mano un diploma di ragioniera.

      Amicizie poche, e sempre dell'ambiente, occasionali, superficiali, passeggere e spesso inquinate da invidie, rivalità, umori contrastanti; unico punto fermo, sua madre, che la blandisce quando avverte nella ragazza segni di rilassamento o di stanchezza o di depressione per ridiventare dura, intransigente, imperiosa proprio quando Silvia dà il massimo di sé.

      Sua madre sta per firmare un nuovo contratto, il più importante, che la ripagherà, questa la sua versione, di tutti i suoi sacrifici, di tutte le forze, i soldi, i sogni che ha investito nella ragazza, un favoloso contratto con una prestigiosa ditta americana di cosmetici.

      Dovranno trasferirsi negli Stati Uniti per qualche tempo, forse qualche disagio, ma l'occasione è irrinunciabile, Silvia diventerà famosa in tutto il mondo.

      Nel periodo che le separa dalla firma del contratto, Silvia dovrà risparmiare le forze, riposare, dormire, svagarsi anche, perché no? e soprattutto nutrirsi a sufficienza, la madre introdurrà un po' di grassi nella dieta, da qualche tempo le modelle le preferiscono più in carne, il tipo grissino è out: devono avere un aspetto sano, rigoglio­so, sportivo. Silvia dovrà acquistare qualche chilo, nei punti giusti, s'intende.

      Silvia ha sempre mangiucchiato di nascosto, la sensazione di essere affamata è da sempre sua compagna di vita, e l'occasione di riempirsi lo stomaco furtivamente, con l'inganno le rare volte che sua madre allenta la sorveglian­za, ha dato un senso alla vita stessa.

      Da qualche tempo, da quando sua madre pretende che lei mangi, Silvia non ha più fame.

      Il cibo le fa schifo, mentre ingolla quel tanto che basta a salvare le apparenze, è ossessionata da come il cibo si trasforma nell'organismo, dai processi di triturazione, assorbimento, eliminazione.

      Per ogni pezzetto di cibo che porta disgustata alla bocca, Silvia riesce a vedere ogni fase di quel processo, rivoltante odioso processo.

      Non può permettere che il cibo sosti dentro di lei, che insudici l'interno del suo corpo. Liberarsene, al più presto, in tutti i modi: purghe, diuretici o due dita in gola, in mancanza d'altro.

      Silvia ha diciotto anni, pesa trenta chili, ha membra lunghe e scheletriche, e una pelle secca e sottile a rive­stirle, rugosa, come un foglio sgualcito, gli occhi liquidi e velati nel volto avvizzito.

      Sua madre è disperata, non sa più cosa fare per indurla a mangiare, a nulla sono valse le carezze, le minacce, le promesse, le suppliche, a nulla è servito l'intervento del medico, degli amici, dello psicologo, non è restato che ricoverarla in ospedale e nutrirla con le flebo.

      Silvia è nel suo letto d'ospedale, l'ago infilato nel braccio, il liquido che scende piano, goccia a goccia, nel tubicino trasparente, e le entra piano, goccia a goccia, nel sangue. La cosa non la disturba, quel liquido è asettico, pulito, non vi si oppone e anche se lo volesse, ormai, le mancano le forze.

      Riposa tranquilla Silvia, in pace con se stessa, avvolta in una bolla liquida e calda, rassicurante, in cui galleggia senz'ansia e senza peso finché una forza irresistibile la spinge con violenza verso fuori, verso l'ignoto, che intravvede appena, abbagliante chiassoso doloroso, e in quell'istante le è già noto.

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 4
 

ULTIME VISITE AL BLOG

ilio_2009selene696rosbattaexcapefreeWIDE_REDodio_via_col_ventoArnold.Swmpt2003glancesdinolorenzoVirginia_Clemmzahir10Wonderwifequeen.of.the.moonmia.euridice
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963