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8 - Il Sogno

Post n°55 pubblicato il 23 Ottobre 2007 da Franzhi
 

12 agosto 2007. Scendo dalla macchina, c’è vento stamattina, il signor Franco mi viene incontro con il suo solito occhio torvo. Porta addosso un maglioncino rosso, sopra la camicia bianca. Mentre mi osserva da sotto le sue lenti oscurate, penso che le ferie non fanno bene a tutti. Buongiorno, mi dice, porgendomi la mano, moscia come sempre. Buongiorno dico io, come va? Tutto bene grazie. Passate bene le vacanze? Sì, grazie, sono stato in Sicilia e lei? Anch’io, dove di preciso? La parte Sud dell’Isola, Noto, Ragusa, Siracusa, Pachino…anch’io, dice lui e io penso, che culo che non ci siamo incontrati! Ha meno capelli dell’ultima volta, mi sembra, e la pelle della testa che si sta tutta screpolando, regalo dell’Etna, mi dice lui. E tu, cosa hai visto? Continua. Dove sei stato? Incalza. A Pachino, a Capo Passero…Anch’io. Mi interrompe lui. E ad Avola, a Marzameni? No, lì non siamo riusciti… Ah, avreste dovuto. Mi sembra di essere ritornato all’asilo, quando dicevo a Matteo che se continuava a rompermi chiamavo mio cugino che aveva 18 anni e lui mi rispondeva che allora lui chiamava suo zio, che di anni ne aveva 28 e guidava il trattore. E poi finiva sempre che, se ero di luna buona, lo salutavo e lo lasciavo lì impiantato, se invece mi giravano le palle gli mollavo uno scopelotto e lui, di risposta si aggrappava ai miei capelli e tirava. Allora io urlavo e scalciavo, lui si metteva a piangere e arrivava la suora. A me, una volta, per colpa di queste nostre dispute mi hanno legato le scarpe l’una con l’altra e sono stato tutta le ricreazione appoggiato a un palo perché mi vergognavo. A lui, l’hanno fatto stare in classe con il grembiule addosso, ma senza pantaloni, perché nel tentativo di spingermi dentro una pozzanghera si era inciampato ed era ruzzolato dentro, bagnandosi tutto.
Mi guardo intorno, ma non c’è l’ombra di nessuna suora. Il signor Franco, invece, orgoglioso proprietario di un’azienda di mobili che va a gonfie vele, continua a muovere la bocca guardandomi di tanto in tanto con il suo occhio guercio, ma io continuo a sentire solo i rumori di quando andavo all’asilo, vedo le pareti dell’aula con tutti i nostri piccoli lavoretti attaccati, le composizioni con la pasta, i disegni, i cartelloni e poi, chissà perché, mi rimane fissa l’immagine del cancello zincato, grigio, lungo e pesante.
Dev’essere lo choc da ripresa, ma qui le cose si mettono male, penso, se già al rientro dalle vacanze sono assalito dal desiderio di sputare in faccia a questo simpatico signore. Sento la voce del capo che mi dice, ricordati questo è un cliente, il cliente ha sempre ragione, lui è un imprenditore di successo, tu un consulente sbarbatello. Lui può darti del tu e parlarti come se fossi un poppante ma tu no, anche se è un vero stronzo. Bene signor Franco, che dice, ci avviamo? E mentre lo dico, lo prendo sotto braccio, affabilmente, indirizzandolo verso l’ingresso della sua gloriosa azienda.
E a Siracusa l’hai vista la Palude? Mi dice il signor Franco una volta seduti, l’uno di fronte all’altro, al tavolo di uno dei suoi collaboratori. La Palude?! dico io. Sì, insomma, lo stagno sull’Isola, sull’Isola… cerca di correggersi lui. Sull’Isola di Ortigia? Chiedo io. Intravedo, riflessa nelle lenti dei suoi occhiali, la mia espressione di meraviglia. Forse si rende conto di averla detta grossa perché balbetta qualcosa con poca convinzione. Ma in fondo, che cazzo gliene frega a lui? È così, tanto per dire. Lui è Franco Credenza, a fine mese 15.000€ finiscono di diritto nel suo conto in banca, ha una AudiQ7, solo perché la famiglia è numerosa, dice, la barca, una casa al mare, una in montagna.
Lo vuoi o no questo caffè? mi chiede. Mi scuoto. Grazie, un caffè freddo se possibile, che poi iniziamo, faccio io, guardandolo dritto in faccia. Dev’essere il ricordo delle ferie, l’assuefazione a quest’uomo pedante, qualche cosa che le dà pensiero in famiglia, pensiero ma a Grazia, la segretaria tutto fare, succede una cosa incredibile, arriva lunga, alle mie spalle, incespica e scivola rovesciando i caffè in parte sul tavolo, in parte addosso a me. Sento le gocce fredde della bevanda scivolarmi lungo la schiena, per istinto, mi alzo di scatto, vedo un bagliore accecante e poi, a poco a poco, una fisionomia nota iniziare a prendere forma. Giò mi osserva con un sorriso furbo e una bottiglietta d’acqua aperta in mano.
Il collo mi fa un po’ male, e sono tutto intontito, lei se la ride sotto i baffi. Allora, hai finito di imprimere la tua forma su quell’asciugamano? Mi dice lei come se niente fosse, cercando di contenere la sua aria soddisfatta. Domani andiamo a Siracusa? Certo, dico io ci dev’essere anche una palude da vedere, là non chiedermi come lo so, l’ho sognato. Qui la guida parla solo di una fonte, dice lei, la Fonte Aretusa, ma, da come ne scrivono non credo che si tratti proprio di una palude, devi aver mangiato pesante a pranzo, scherza. Qua c’è scritto testualmente “Questa mitica fonte fu cantata da molti poeti, affascinati dalla leggenda di Aretusa e dal luogo incantevole: Virgilio, Pindaro, Ovidio, Silio Italico, Milton, André Gide, Gabriele D'Annunzio, solo per citarne alcuni”. Già, manca il signor Franco, penso. Mi viene da ridere. Che c’è? Mi chiede Giò. Niente, niente, peccato che i soldi e il buonsenso non vanno sempre d’accordo, dico soddisfatto, non per la massima, ma perché guardo avanti e so che mi aspetta ancora una settimana di vacanza e il signor Franco, non lo vedrò prima del 15 settembre. Va bene, domani, Siracusa.


(Continua)

 
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