Ci son giorni in cui si ha voglia di scrivere, a prescindere dal contenuto. Oh, beh, in verità uno sguardo attento intravede subito il garbuglio di pensieri fermi negli occhi. Se ne avvertono i filamenti scuri, che saltellano tra pancia, mente e cuore, senza arrestarsi mai. L'effetto immediato è il caos, un'incapacità palpabile di formulare un pensiero.
In questi casi ci si presentano solo due soluzioni: o ci si dedica a qualcos'altro o si apre un foglio bianco e si lascia che le dita seguano i loro strani percorsi.
Mi viene in mente il mio professore di italiano, al liceo. Tra le varie frasi, citazioni e non, che amava dire, ce n'era una sull'immortalità. Diceva che noi tutti ci crediamo immortali, che nonostante tutti i nostri più o meno velati scongiuri, questo è il nostro pensiero di fondo. E davanti alle nostre chiacchiere di adolescenti pulsanti, ci zittiva chiedendoci quali progetti avessimo a breve tempo. Ricordo di aver capito, e sorriso.
Non possiamo vivere senza una progettualità, qualunque essa sia. Per quanto vicina al nostro presente essa è e rimane un futuro: stasera usciro' con gli amici, domani andrò ad allentarmi in palestra, domenica andrò al cinema.
Ci crediamo immortali e viviamo serenamente come avessimo una membrana protettiva..
Questo fino a quando un'ombra nera si impadronisce dei nostri pensieri rendendo viva la nostra precarietà su questa terra. Ogni cosa attorno a noi trema come sotto l'effetto di un'allucinazione. E' sgomento, paura, smarrimento.
Ognuno reagisce in questi momenti in modo diverso. Per uno strano gioco di nervi la bocca a volte ha un irrigidimento simile al sorriso. Ci dicono le cose più dure e la mascella si raggrinza di riflesso, a preservare la vita contro la nostra volontà. Poi la mente connette e ci ritroviamo inermi, pietrificati.
Capita anche di sentire il viso bagnato, tante lente e silenziose lacrime che corrono sulla pelle. Ma non è dolore. Non c'è disperazione dove manca un rapporto a monte. Non puoi piangere di una morte che non ti riguarda, che non ti schiaccia il cuore. E allora cos'è? Paura? Sto piangendo per paura? Penso al compagno, alla madre, agli amici vicini, a chi faceva parte della sua vita... e piango.
Ripeto... e allora cos'è?
No, non è la brutalità della morte a togliermi il respiro, ma la sua imprevedibilità.
Non ho il coraggio di pregare che non mi succeda, ma patisco l'idea che succeda a chi amo.
Tengo gli occhi bassi mentre vedo nitidamente la mia debolezza, la mia fragilità. La verità è che, io che amo la vita, preferirei morire al veder morire. Devo scappare dall'idea di poter perdere chi amo, perché il mero pensiero mi soffoca.
Ritorno nella mia codarda illusione d'immortalità.
Stasera andro' al cinema? Si, un'amica alle 21 mi aspetta.
(a K. viva solo nei Ricordi a 30 anni)
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