Gruppo di Lettura

RECENSIONE DI FEDERICO NEGRO: L’autore, Giovanni Smeriglio, con il suo primo romanzo “I canti di Belefiaht”, dimostra di essere una penna fantasiosa e al tempo stesso anche sconvolgente, toccando un tema di particolare sensibilità, in cui il protagonista Andreas, attraverso la sua morte, diventa testimone di fatti, che, nella umana consapevolezza, scioccherebbero chiunque. Un elettrizzante racconto degno delle più lugubri situazioni, che, pagina dopo pagina, arriva ad essere un agghiacciante percorso. Complimenti e ne invito la lettura.

RECENSIONE DI PIERO GIACOMO FERRARIS: Orrorifico, mistico, religioso, cimiteriale, gotico… i Canti di Belefiath, forse più che un romanzo, è una sorta di poema onirico-magico in prosa, prossimo ai visionari mondi di William Blake o del Golem di Menrik, ma anche vicino agli inferni stagionali d’Artur Rimbaud, teso a spiritualizzare la carne attraverso il massimo peccare. Metafora celata del monaco Rasputin, il romanzo è un pretesto per trasformare l’estro della ricerca poetica in una prosa densa di materia scura e sanguinolenta, che fra vecchi lemmi e nuove gerusa-lemmi, dovrebbe condurre Andreas, il protagonista, alla connaturazione con il mondo altro, al tanto atteso transito di là dal Giordano, alla risurrezione della carne, alla fine del trasmigrare animico, alla certezza di poter compiere miracoli, anche stilistici. Questo è di là da venire, ma siamo sulla buona strada. Ci dice però Smeriglio, cosa non ovvia e spesso blasfema ed eretica, che bene e male esistono e non esistono; ci parla d’illusioni e di realtà soprasensibili, e di conquista della coscienza di se. Angeli e demoni si combattono perché devono farlo, essi tendono alla perfezione. Tutte le battaglie concorrono alla salvezza dell’essere umano. Lucifero, porta luce inferiore: la morte, la paura, l’angoscia e la crocifissione dell’Io nel punto cosmico che è pura poesia e musica ancestrale delle sfere. E’ questa certezza interiore, ancora velata in Andreas, la sua assoluta visione dell’”ego sum quid sum” a bloccare l’ennesima battaglia fra spiriti della luce e delle tenebre. L’ispirazione del giovane poeta contiene veramente il grimaldello per portar su dagli inferi l’essere adamitico originario purificato, che si è nutrito sia dell’Albero della Vita, sia di quello della Conoscenza. Lo Spirito che discerne il suono della parola, le vibrazioni dei nomi e dei significati e con questi tutto può creare. I Canti di Belefiaht, dunque, è un ottimo breviario di viaggio vero la mistica più alta, e potrà suscitare nel lettore un prepotente interesse d’inoltrarsi nei regni incantanti dell’Angeologia e della Cabala.

RECENSIONE DI ETTORE LEANDRI: Sicuramente buona la fantasia di questo scrittore che riesce a realizzare un libro misto tra narrativa e poesia; il viaggio in mondi sconosciuti viene sviluppato con stile e abilità apprezzabili. Mi aspettavo qualcosa di più nella parte conclusiva.