A quei tempi meravigliosi in cui la Teologia fiorì con più linfa e vigore,
si racconta che un giorno uno dei più grandi fra i dottori, - dopo avere
scosso i cuori indifferenti e averli rimescolati nelle loro nere
profondità, dopo essersi aperto verso le glorie celesti strane vie a lui
stesso ignote, cui erano giunti soltanto puri spiriti - come fosse salito
troppo in alto e il panico l'avesse preso, gridò trasportato da un
orgoglio satanico: "Gesù, piccolo Gesù, io t'ho innalzato troppo! Ma
se t'avessi voluto attaccare dove ti mostri più debole, la tua vergogna
uguaglierebbe la tua gloria, tu non saresti più che un risibile feto."
Subito perdette la ragione, d'un nero velo si coprì lo splendore di quel
sole, il caos s'impadronì di quell'intelligenza, tempio una volta pieno
di vita, d'ordine e di ricchezza, sotto i cui soffitti aveva scintillato tanta
pompa. S'istallarono in lui notte e silenzio, come in un antro di cui si
fosse perduta la chiave. Da allora egli fu in tutto simile alle bestie
vagabonde; e quando andava, senza nulla vedere, attraverso i
campi, non riconoscendo più le estati e gli inverni, sudicia, inutile,
laida cosa inutile, diventava la gioia e lo zimbello dei ragazzi.
Charles Baudelaire, I fiori del male