Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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« L’ELEMENTO ARIALA RAZZA ROSSA – PARTE 2 »

LA RAZZA ROSSA – PARTE 1

 

L’elemento Aria, la figura di Lilith (in un’accezione più ampia) e la casta Kshatriya (in una più ristretta) alludono quindi al materializzarsi della prima razza umana unitaria, evento che si verifica durante il “sonno di Adamo”; la nostra interpretazione è che questo primo gruppo, dal quale poi sarebbero nati tutti gli altri, possa corrispondere alla Razza Rossa, e ciò per una serie di elementi che esporremo di seguito, iniziando da alcune considerazioni generali legate proprio al colore rosso.

Il nesso più noto è tradizionalmente quello costituito dallo stesso nome di Adamo (la radice “adam” significa infatti essere rosso, per analogia con il colore della terra con la cui polvere venne plasmato), collegamento che peraltro non risulta limitato al solo ambito biblico in quanto, ad esempio, secondo i Maidu della California il dio supremo creò la prima coppia di esseri umani usando sempre terra rossa, o anche nei Quichè, il cui libro, il Popol Vuh, parla più genericamente della creazione dell’uomo dal colore rosso. Al rosso si collega, come ci ricordano Julius Evola e Titus Burckhardt, il guna Rajas (mentre il nero è in relazione a Tamas ed il bianco a Sattwa), guna che abbiamo già visto essere di importanza centrale per la corporeizzazione umana; un altro rimando non molto esplicito, ma comunque interessante, ci arriva dallo Zohar, che segnala come sia il colore del fuoco (il rosso ?) a scendere nel mondo e a dividersi in molte direzioni, notazione forse interpretabile su diversi piani tra i quali, magari, anche quello antropologico. Ancora Evola stabilisce pure una connessione del colore rosso non solamente con il Raja guna ma, più specificamente, proprio con l’elemento Aria.  

Il tema del collegamento tra le quattro razze tradizionali ed i quattro elementi è piuttosto controverso, in quanto diversi autori hanno proposto corrispondenze discordanti tra loro, in alcuni casi evidenziando differenze persino sul numero dei gruppi umani da prendere a riferimento; eviteremo quindi di entrare ora in un argomento così malfermo e ci limiteremo solamente a citare la nota di Frithjof Schuon, che ci sembra la più condivisibile, con la corrispondenza da lui ipotizzata tra le razze, bianca, gialla e nera rispettivamente agli elementi fuoco, acqua e terra. Emerge quindi il fatto, piuttosto significativo, che Schuon non citi né la razza rossa né l’elemento aria, per cui, se non esplicitamente almeno per deduzione, riteniamo che questi due elementi potrebbero effettivamente essere tra loro accostati.    

Da un’ottica di taglio più poligenista, inoltre, ricordiamo che Evola ebbe modo di accennare ad “aborigeni rosso-bruni” come di una delle razze originarie della terra, analogamente a quelle negroidi e mongoloidi, che, assieme, avrebbero popolato il pianeta fin dai primordi; nei post precedenti, però, portavamo alcuni dati a sostegno di una antichità piuttosto relativa delle razze nera e gialla (per gli orientali, comunque, ci ripromettiamo di tornare più estesamente sull’argomento) e quindi ne conseguirebbe che, nella fase aurorale, il campo dovrebbe esser stato occupato unicamente da questi “rosso-bruni”, modificando quindi il quadro globale in senso nettamente più monogenista. In effetti diversi autori, considerando l’attuale differenziazione mondiale tra popolazioni di pelle chiara e popolazioni di pelle scura (in termini antropologici “leucodermi” e “melanodermi”) hanno ritenuto ragionevole ipotizzare, in termini generali, un gruppo ancestrale ed unitario che presentasse caratteristiche di pigmentazione intermedia tra i due estremi. Caratteristiche che, a ben vedere, non appaiono incongrue in un clima da “eterna primavera”, tradizionalmente tramandatoci per l’Età dell’Oro, mentre invece mal si abbinano alla formazione di un tipo nordico come lo intendiamo oggi (biondo-occhi azzurri); questo, infatti, sembrerebbe piuttosto un prodotto fortemente depigmentato specializzatosi in climi freddi – quindi, ormai, chiaramente post-edenici – ed originato in tempi relativamente recenti (come avremo modo di approfondire più avanti), per cui non ci sembra azzardata l’ipotesi che, in un ambiente temperato come dev’essere stato quello del Paradiso Terrestre, vede decisamente più probabile la formazione di un tipo umano meno “chiaro” del nordico “classico”.    

Secondo Julius Evola, che riprese parte delle sue concezioni da Herman Wirth, la razza originaria di inizio ciclo viene definita “prenordica”. Lasciando da parte le considerazioni, già espresse, sulla prospettiva di carattere tendenzialmente più poligenista che sembra prediligere e sul relativo quadro temporale che appare più basso rispetto a quello guenoniano, ora ci interessa piuttosto soffermarci sulle caratteristiche di questa razza prenordica che secondo Evola, dovrebbe rappresentare la radice di base almeno del ramo boreale dell’umanità.

Intanto possiamo notare come il termine “prenordica”, a rigore, dovrebbe proprio esprimere il concetto di “precedente a quella nordica”, e quindi in quest’ottica tale denominazione avrebbe effettivamente un senso, perché il “classico” tipo nordico odierno sarebbe venuto, come dicevamo, solo in un momento successivo. E poi Evola, quando porta esempi fotografici di “resti della razza prenordica”, significativamente propone individui per nulla biondi o dall’aspetto generale particolarmente “chiaro”, oltretutto rinvenendoli in gran parte tra indigeni nord-americani; sottolinea inoltre come il sangue del gruppo “0”, che dovrebbe corrispondere a quello originario di origine artica, si trovi espresso in massima parte proprio tra questi (solo successivamente vengono Islanda e Svezia), cosa che a ben vedere dovrebbe ulteriormente confermare la primordialità della razza rossa, se consideriamo questa tradizionalmente avvicinabile agli odierni nativi americani (il cui fenotipo attuale, comunque, non è assolutamente detto sia identico a quello originario). Nella visione evoliana ed in quella di Herman Wirth, è inoltre significativo che il cosiddetto “cuneo della razza prenordica”, venga situato soprattutto nella parte nord-occidentale dell’emisfero boreale, coprendo l’area settentrionale del nord-America, quella occidentale dell’Europa ed arrivando fino alla latitudine della penisola iberica. Quindi, a maggior ragione, tale gruppo primordiale potrebbe proprio corrispondere alla razza rossa, che spesso viene collegata all’Ovest, ed occupare la zona tipica di quelle che, successivamente, saranno le popolazioni Cro-Magnon (le quali potrebbero esserne considerate delle più tarde forme di gigantismo e di rimeticciamento interno, come avremo modo di approfondire). Questa ipotesi sarebbe peraltro compatibile anche con le ricostruzioni evoliane delle arcaiche migrazioni boreali, quando accenna al primissimo movimento partito dall’Artide verso meridione, seguito da una successiva migrazione che si sarebbe spinta ancora più a sud, in America centrale e, contestualmente, in Atlantide: quindi lo stesso ceppo razziale avrebbe presumibilmente popolato sia la terra atlantica (per la prima volta, sembrerebbe) che il continente nord-americano fino al suo istmo centrale, e quindi non sembrerebbe incongruo ritenere che tale stirpe dovette corrispondere proprio alla razza rossa. Più tardi ancora si sarebbero verificate le migrazioni partite da Atlantide – e solo a questo punto si tratterebbe dei veri e propri Cro-Magnon – sia verso l’America (mito di Quetzalcoatl) che verso l’Europa (mito dei Tuatha de Danann). Siccome per Evola tale civiltà, che in una fase posteriore a quella autenticamente primordiale viene definita “nordico-atlantica”, avrebbe costituito un centro ad immagine di quello artico originario, ci sembra del tutto logico ipotizzare che il suo ceppo umano (secondo noi, appunto, “rosso”) sia da porre in continuità con quello iperboreo nato nel 50.000 a.c. 

 

 
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