Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Ultime visite al Blog

nictilopegattamelatinofilicefrancesco.fgiancasetteMICHELEALESSANDROlibriefilmTerpetrusmaria.sarzisartorijenainsubricaclipper1965ivan.lanzillosimone2204giovannivassobillduke82
 
 

Ultimi commenti

Sulla Beringia come antica culla umana andrebbero...
Inviato da: Fabio
il 27/10/2012 alle 11:43
 
Grazie mille, ho in programma di scrivere ancora un bel...
Inviato da: MICHELEALESSANDRO
il 27/08/2012 alle 18:14
 
Complimenti per la serietà delle tematiche trattate. Buona...
Inviato da: boscia.mara
il 27/08/2012 alle 10:49
 
Premessa interessante
Inviato da: Luisella
il 16/08/2012 alle 15:22
 
Prova
Inviato da: Francesco
il 28/07/2012 alle 15:29
 
 

 

 
« I PIGMEI AFRICANILA DOPPIA CORPOREITA’ DELL’UOMO »

UN’IMPRONTA DECISIVA

Tutti i summenzionati elementi raccolti sulle popolazioni pigmoidi potrebbero sostenere, a nostro avviso, un’ulteriore ipotesi finale: pur appartenendo indubbiamente alla medesima specie Homo Sapiens, come tutti noi, la particolare posizione filetica di queste genti in rapporto alle altre – conseguenza del precoce allontanamento dal nucleo centrale dell’umanità – potrebbe aver ridotto notevolmente i margini di consolidamento delle caratteristiche biologico-culturali raggiunte, facendone un gruppo particolarmente esposto a pericoli involutivi di ogni tipo.

E’ infatti significativo come, pur da un’ottica evoluzionista, sia stata avanzata l’ipotesi che i pigmoidi attuali possano essere i discendenti di quegli uomini che, appena giunti alla stazione eretta, decisero poi di “ritornare nella foresta” per riadattarvisi (mentre invece i Boscimani rappresenterebbero quei pigmoidi poi nuovamente usciti dalla boscaglia per habitat più aperti); significativa ci sembra anche l’osservazione che, nei pochi gruppi umani che ancora oggi non possiedono le tecniche di accensione e di controllo del fuoco (per esempio, i pigmoidi Andamanesi ed alcune popolazioni africane), tale carenza possa essere dovuta non tanto a delle metodiche mai possedute, ma piuttosto ad una sopravvenuta rinuncia ad utilizzarle, o alla perdita accidentale di tali conoscenze che un tempo erano invece normalmente padroneggiate.    

Una regressione, quindi, verificatasi in alcuni casi al solo livello culturale, e qui al momento arrestatasi, ma che in certi altri – forse più gravi o prolungati – non si può escludere abbia interessato anche il piano biologico.

Non si tratterebbe di un’idea inconsueta o antiscientifica, se è vero che, ad esempio, per i controversi reperti rumeni di Pestera Cu Oase (datati circa 35.000 anni fa, ed il cui cranio stranamente presenterebbe sia tratti morfologici di Homo Sapiens che di Homo Neanderthalensis) la stessa equipe di ricerca avrebbe significativamente avanzato, tra le varie ipotesi, anche quella di un’involuzione biologica con la riemersione di caratteri ritenuti più arcaici; ovviamente, seguendo noi una prospettiva “non evoluzionistica”, il caso in questione, più che rimanifestare elementi di maggior antichità (quasi fossero dovuti ad una sorta di “cammino all’indietro” con la riproposizione di inesistenti tappe morfologico-evolutive precedenti), a nostro avviso denoterebbe piuttosto lo sviluppo di incipienti caratteristiche “subumane” avviate in particolare verso quella specifica forma “di nicchia” che fu Homo Neanderthalensis e che, ben prima dei reperti rumeni, avevano già da tempo completamete travolto molti altri gruppi dell’Eurasia occidentale, cristallizzandosi come razza a sé stante in un arco di almeno 100-150.000 anni (quindi in gran parte provenendo, in forma già decaduta, addirittura da Manvantara precedenti al nostro).     

Sotto un’analoga ottica involutiva si potrebbero interpretare, sebbene in una direzione geno-fenotipicamente molto diversa rispetto ai Neandertal, anche i reperti rinvenuti nell’isola di Flores in Indonesia (ribattezzati “Hobbit” per la piccola statura evidenziata ed antropologicamente denominati Homo Floresiensis), saliti alla ribalta da qualche anno, ma di età così “sorprendentemente” recente in relazione alle caratteristiche mostrate – solo qualche decina di migliaia di anni – da mettere in seria crisi il quadro evoluzionistico consolidato (¼per così dire). In tali casi, l’ipotetica involuzione degli “Hobbit” potrebbe, paradossalmente, essere intervenuta al solo livello biologico e non culturale, perché ad essi sembrerebbero essere associati manufatti il cui livello, altrove, è attribuito solamente a Homo Sapiens.

Tutti questi reperti probabilmente possono essere collegati a quelli già citati dallo stesso Coon che riferisce del ritrovamento in Indonesia di due scheletri di piccola statura, forse “negriti” e risalenti a circa 30-40.000 anni fa. Coon, inoltre, ipotizza in questa sede possibili migrazioni pigmoidi dall’Africa all’Asia sudorientale o viceversa: alla luce degli ultimi elementi sopra esposti, potrebbe forse risultare maggiormente verosimile una direttrice di avanzamento diretta piuttosto verso l’Africa, che avrebbe “lasciato indietro” i pigmoidi o culturalmente o biologicamente meno dinamici (con i reperti asiatici di Flores a testimonianza della regressione intervenuta) e portato nel continente nero soltanto gli elementi più vitali: elementi che così avrebbero avuto la forza di improntare le attuali popolazioni africane – o anche qualcun’altra dell’emisfero australe – di quelle peculiari caratteristiche, geneticamene eterogenee e statisticamente “aberranti”, che oggi vengono invece interpretate in un’ottica del tutto opposta, cioè il più delle volte in chiave afrocentrica secondo le linee della già accennata teoria “Out of Africa”.

Va comunque segnalato che, anche nell’ambito di quest’ultima visuale, sempre più spesso viene ammessa l’ipotesi non soltando di migrazioni in uscita, ma anche di consistenti “riflussi” in direzione dell’Africa; in coerenza con tale possibilità sembrano essere gli svariati accenni, già precedentemente evidenziati, nel folklore di diverse popolazioni sub-sahariane che segnalano l’arrivo di antichi antenati dalla direzione di nord-est, come anche le deduzioni di alcuni antropologi che ipotizzano il ceppo originario delle popolazioni di razza nera essersi enucleato in aree iraniche ed indiane per poi migrare sia verso l’Africa sia verso verso l’Insulindia e l’Oceania. Secondo una linea simile pare muoversi il già incontrato glottologo Alfredo Trombetti, per il quale i progenitori dei negroidi africani (si riferisce sopratutto ai Bantu, ma non solo) sarebbero anticamente giunti dalle regioni indiane abitate dai Munda, che nel post precedente sono state ricordate anche da Alain Daniélou per le sorprendenti somiglianze culturali evidenziate proprio nei confronti dei Pigmei africani.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Commenta il Post:
* Tuo nome
Utente Libero? Effettua il Login
* Tua e-mail
La tua mail non verrà pubblicata
Tuo sito
Es. http://www.tuosito.it
 
* Testo
 
Sono consentiti i tag html: <a href="">, <b>, <i>, <p>, <br>
Il testo del messaggio non può superare i 30000 caratteri.
Ricorda che puoi inviare i commenti ai messaggi anche via SMS.
Invia al numero 3202023203 scrivendo prima del messaggio:
#numero_messaggio#nome_moblog

*campo obbligatorio

Copia qui:
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963