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Ancora sulla crisi greca (e l'Italia)

Foto di single_sound

Credo che sia importante tornare a parlare del significato del referendum di domenica scorsa in Grecia.

Tuttavia, prima di ritornarvi sopra, penso che sia egualmente importante affrontare un ulteriore punto rispetto ai miei ultimi post in argomento. Punto che riguarda in particolar modo l'Italia.

Il meccanismo che ha condotto al passaggio dai creditori privati a quelli pubblici è stato descritto. E più o meno allo stesso modo Massimo D'Alema l'ha spiegato in un video divenuto poi virale su internet (a questo riguardo, è strano osservare come alcuni commenti letti qui e là sostengano che D'Alema ha finalmente detto qualcosa di sinistra dopo quasi 20 anni; chissà perché descrivere un meccanismo nel modo più oggettivo possibile viene definito di "sinistra": ma la verità può essere di destra o di sinistra?).

Ciò che D'Alema però non ha detto lo vorrei ora scrivere qui.

I principali creditori privati della Grecia erano le banche tedesche e francesi, molto meno le banche italiane. E' chiaro che un default della Grecia nei confronti delle banche private avrebbe avuto un effetto sistemico, comportando difatti il fallimento delle banche, il che a propria volta avrebbe messo in crisi il sistema della moneta unica (oltre a impoverire i risparmiatori).

Tuttavia, col meccanismo dei prestiti pubblici alla Grecia, i sistemi che non erano esposti con la Grecia lo sono diventati. E' il caso ad esempio dell'Italia, coi governi Berlusconi e Monti che accettarono questa politica di salvataggio ponendola a carico dei contribuenti italiani.

Ora, è vero che, così facendo, siamo diventati creditori della Grecia e dunque potenzialmente non ci abbiamo rimesso. Ma tutti noi sappiamo, con la dovuta onestà intellettuale, che quei soldi non li riavremo mai. Stando così le cose, l'Italia avrebbe qualche titolo a parlare del caso greco e a non lasciare che la questione sia gestita unicamente a Bruxelles e Berlino.

Ciò che non avviene perché Renzi, per accreditarsi ulteriormente con la Merkel, ha finito per dire che il referendum di Atene era una stupidaggine. I greci ieri sera gli hanno dato la risposta che si merita (lui, beninteso, non certamente noi).

In pratica, noi abbiamo dato una valanga di soldi alla Grecia affinché quest'ultima ripagasse, e quindi salvasse, le banche tedesche e francesi (coi risparmiatori di quei due paesi). Ciò nonostante, non contiamo pressoché niente in questo negoziato, quando invece avremmo potuto ben proporre noi stessi la cancellazione del debito greco atteso che quel denaro tanto non lo rivedremo mai.

Ricordando magari alla Sig.ra Merkel che non è coerente richiedere, per salvare l'Euro, alla Grecia misure fiscali impossibili perché ogni Stato in questo senso ha una responsabilità (nella costruzione germanocentrica dell'Euro), per poi richiedere, per salvare le banche tedesche e perciò l'Euro, uno sforzo collettivo a tutti. 

A futura memoria: se si tratta di salvare la Germania tutti devono fare uno sforzo, se si tratta di salvare la Grecia ci devono pensare i greci.

Igor

 

p.s. mi si potrebbe obiettare: ma si trattava nel caso della Germania del settore privato che non è chiamato a rispettare le regole di disciplina di bilancio di Maastricht; nel caso della Grecia si tratta del settore pubblico che per contro quelle regole è chiamato a rispettare; assolutamente vero risponderei io, se non fosse però che in entrambi i casi l'obiettivo era di salvare la stessa cosa: l'euro.

Su Twitter: @verso_il_fronte

 
 
 
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