il Pasquino ... blog
Giornalino della Scuola secondaria di 1° grado "G. Pascoli" di Cicciano (Na)
COS'È IL PASQUINO
Il Pasquino è un giornale scolastico ideato e realizzato dagli alunni dell'Istituto Comprensivo "Bovio-Pontillo-Pascoli" di Cicciano (Na)
Trovi "il Pasquino" anche sul sito www.gpascolicicciano.it e su facebook.com. L'email è: ilpasquino.cicciano@libero.it
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Post n°15 pubblicato il 04 Marzo 2016 da ilpasquino.cicciano
Abbiamo scelto di intitolare il nostro giornale Pasquino – Per una partecipazione attiva e consapevole, in omaggio della nostra storia locale e per il valore “ giornalistico “ del Pasquino romano. Riteniamo, infatti, che il giornale della scuola intesa come comunità educante, debba dar voce alla verità e alle reali esigenze degli alunni così come loro sentono e vedono. Sono sicura che i ragazzi saranno in grado di raccontare quel che accade intorno a loro, a scuola, nel paese e nel mondo, sapranno esprimere le loro idee, i sogni, i desideri, le aspirazioni e richiedere quanto è dovuto ai giovani, non per grazia o concessione paternalistiche, ma per diritto, come è sancito dalla Carta costituzionale e dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo. |
Post n°14 pubblicato il 04 Marzo 2016 da ilpasquino.cicciano
Abbiamo un po' trascurato il BLOG de "Il Pasquino" ma ora proviamo a ripartire tutti assieme. Giovedì 3 marzo 2016, riprende il progetto del giornalino dei ragazzi dell'I. C. "Bovio-Pontillo-Pascoli" di Cicciano Prossimi incontri: Venerdì 4 marzo Giovedì 10 marzo Venerdì 18 marzo. Se vuoi leggere i vecchi numeri del giornalino, vai sul sito della scuola, all'URL: http://www.istitutocomprensivodicicciano.gov.it/progetti/item/216-il-pasquino.html |
Post n°13 pubblicato il 04 Novembre 2011 da ilpasquino.cicciano
All'indirizzo: http://www.gpascolicicciano.it/Pasquino%2050%20anni%20di%20noi.pdf puoi visionare il numero speciale de "il Pasquino": 50 di NOI ... 150 di TUTTI |
Post n°12 pubblicato il 04 Novembre 2011 da ilpasquino.cicciano
L’anno scolastico 2010-11 ha visto la nostra scuola impegnata nella celebrazione di due importanti ricorrenze: il 150° anniversario dell’Unità d’Italia ed il 1° Giubileo della nostra Scuola media “Giovanni Pascoli”.“50 di NOI – 150 di TUTTI” perché, sebbene adolescenti, con orgoglio ci sentiamo parte integrante di due comunità: la Patria e la Scuola del nostro paese. “noi siamo, e sempre saremo, ciò che eravamo”. Senza retorica, ma con la giusta solennità, abbiamo voluto ricordare questi due eventi anche attraverso articoli, foto e servizi vari sul nostro “Pasquino”, perché pensiamo che “ricordare” un evento abbia un significato costruttivo: significa rimarcare la continuità nei cambiamenti e ricondurre la diversità delle generazioni ad un’origine comune, alla storia del nostro territorio, in modo da rafforzare e talvolta creare un’ identità di appartenenza. Abbiamo intitolato queste pagine monografiche Con la nostra consueta semplicità abbiamo scritto queste pagine di “amarcord”, consapevoli dello stretto legame esistente fra futuro e passato, perché il futuro si costruisce sulle memorie del passato, perché |
Post n°11 pubblicato il 04 Novembre 2011 da ilpasquino.cicciano
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Post n°10 pubblicato il 04 Novembre 2011 da ilpasquino.cicciano
Gentile professoressa Forino (nella foto risalente proprio all’anno scolastico 1960-61)) stiamo festeggiando il 50° compleanno della nostra scuola ed abbiamo pensato a lei come “memoria storica” della nascita della Scuola Media (oggi secondaria di 1° grado) “Giovanni Pascoli”. - Qual è il suo primo ricordo di quei tempi? Durante i suoi anni d’insegnamento nella nostra scuola media quanti presidi si sono succeduti, ne ricorda il nome? - Si trattava di una piccola scuola, formata da due sole sezioni distinte per sesso. Le classi erano poco numerose. - Dove era situata la Scuola Media in quel periodo? - La scuola era nello stesso caseggiato in cui oggi ha sede il Comune, in piazzetta San Barbato. Era un edificio fatiscente, provvisorio. - Ricorda quando è stata spostata in Piazzale Italia? - A metà degli anni ’70 abbiamo finalmente avuto la nuova sede. - Lei ha insegnato anche in quella sede? - Sì, ho insegnato anche lì. - Come mai è stata intitolata a Giovanni Pascoli? - Se non ricordo male, già la scuola media privata che aveva sede in via Concezione, esistente prima dell’istituzione di quella statale, era intitolata a Giovanni Pascoli. Comunque non ricordo una particolare motivazione, penso sia sta una scelta d’elezione. - Lei quale disciplina insegnava, qual è stato il suo percorso e quando ha poi smesso di insegnare? - Arrivai a Cicciano dopo aver insegnato Lettere ad Ariano Irpino, in provincia di Avellino. Pur di avvicinarmi a casa accettai di insegnare Francese. Potei farlo perché in gioventù ho vissuto per alcuni anni a Bruxelles, dunque ero in possesso dei titoli per farlo. Successivamente ho sempre insegnato Lettere, sia alle scuole medie che al Liceo Scientifico “Enrico Medi “ dove, in seguito, ottenni il passaggio di ruolo. - Che ricordo ha del primo preside, il professor Antonio Alderisio? - Era una persona esigente ma comprensiva. Pretendeva molto ma sapeva anche quando fermarsi. Era particolarmente attento al contatto con le famiglie. Era una bella persona! - Quanti colleghi di allora ha ancora modo di incontrare? - Di quei primi anni non incontro più nessuno, perché erano in maggioranza provenienti da Napoli. Tuttavia li ricordo con piacere perché ci fu un piacevole scambio di esperienze che allargò le vedute di tutti. - Ci sono alunni della nostra Scuola diventati “famosi” che lei ricordi? - Famosi proprio no, ma molti sono diventati professori, un’alunna oggi è farmacista e poi ci sono due presidi, la vostra preside, la professoressa Ciccone e il professor De Lucia, preside a Baiano. - Quindi lei si ricorda della nostra preside? - Certo, era una ragazza seria ed impegnata. - - Io ho conosciuto solo il preside Alderisio ed il preside Fontana, una persona un po’ timida e triste, forse per le vicende personali. - Gli alunni di quei tempi erano diligenti, educati, studiosi o, come accade oggi, ve ne erano di tutti i tipi? - Gli alunni erano più tranquilli rispetto ai ragazzi di oggi. Almeno per quanto ne sento dire, oggi sono un po’ meno diligenti. Molti ragazzi provenivano da una scuola elementare che li preparava bene, qualunque fosse la loro provenienza sociale, tutti uscivano con una preparazione adeguata. - Scuola a parte, quanto è cambiata Cicciano in questi 50 anni? - Moltissimo, anche dal punto di vista urbanistico. Ci sono molte nuove costruzioni, ad esempio prima via Marconi era del tutto inesistente, era un terreno privato. A Cicciano non c’erano neanche le fognature, quando pioveva molto era drammatico. C’erano dei ponticelli di ferro che venivano tirati fuori per oltrepassare quello che chiamavamo “o’ lav”. Allora i Regi Lagni in caso di pioggia straripavano invadendo le strade del paese. A ben pensarci tutte queste innovazioni hanno reso Cicciano più caotica. - L’arrivo delle famiglie che hanno abitato la GESCAL come ha cambiato il paese? - Certamente c’è stato un c ambiamento. Bisogna dire che le abitazioni della GESCAL sono state assegnate a famiglie disagiate, a volte “particolari”, ma non dobbiamo lasciarci trascinare dal pregiudizio, si tratta di un quartiere popolare, non di un ghetto. Anzi mi sento di dire che ci vivono anche molte persone perbene. - Ma torniamo al mondo della scuola. Oggi, come negli anni ’60, a scuola si utilizzano di nuovo i voti. Secondo lei è stato un passo avanti o un ritorno al passato? - Penso che il passaggio intermedio al giudizio sia stata una conquista, in quanto il giudizio dà un quadro più completo dell’allievo, ma col tempo ci si è formalizzati su alcuni termini, trasformando il giudizio in quello che era il voto. Per intenderci il sufficiente è diventato 6 e l’ottimo 10. Se il voto fosse trattato per quello che è sarebbe utile anche per indicare i ragazzi negli studi futuri, invece spesso i genitori scelgono per i figli la scuola più vicina e non quella verso cui il figlio ha una naturale predisposizione. - In quei tempi era costoso frequentare la scuola? - Agli inizi lo Stato distribuiva qualche libro di testo gratuitamente, poi niente altro. - In definitiva la scuola, secondo lei, ha fatto dei passi avanti con le diverse riforme che si sono susseguite nel corso degli anni? - Io sono convinta che la scuola di oggi è meglio di quella di prima. Oggi è più democratica e, se fatta bene, è veramente formativa. Le grandi conquiste sono state l’eliminazione della classista scuola di avviamento e l’istituzione dei Decreti Delegati, perché la partecipazione delle famiglie è importantissima. - Poiché lei da sempre è stata una persona impegnata nel campo del sapere, non posso pensare che oggi abbia abbandonato i suoi interessi. Di cosa si occupa ora? - Io dirigo l’UNITRE di Cicciano, un’associazione molto bella nata come Università della Terza Età e con il passare degli anni divenuta Università delle Tre Età, data l’elevata partecipazione di giovani. Si tratta di un’associazione altamente democratica in cui predichiamo e pratichiamo l’uguaglianza, il rispetto reciproco, la solidarietà. Diamo la possibilità a tutti di aprirsi ad ambienti che altrimenti gli sarebbero stati preclusi. Il bello è che anche le donne di una certa età, poco abituate a questo tipo di associazione, si sono adattate. Non faremmo giustizia all’UNITRE, però, se non mettessimo in risalto un altro aspetto. I soci di qualunque provenienza culturale siano, partecipano molto volentieri alle gite ed ai viaggi, viaggi che hanno sempre una destinazione di interesse culturale. Non solo, ma il venerdì precedente ad ogni gita il nostro incontro culturale è dedicato alla presentazione dei luoghi che saranno visitati il giorno dopo, presentazione sempre di grande spessore in quanto tenuta dal professor Raffaele D’Avanzo, appassionato studioso di Storia dell’Arte e, questo del venerdì, è veramente un’occasione di crescita culturale per tutti, anche per soci che, vuoi per ragioni economiche, vuoi per ragione di mentalità ancora provinciale, non hanno avuto la fortuna di frequentare la scuola oltre, al massimo, la quinta elementare. - Professoressa, nel salutarla le chiedo solo se le va di concludere questa intervista con un saluto o un augurio alla nostra scuola “Pascoli”. - Certo che mi va, e quale migliore augurio i quello tipico delle nostre parti: “auguri, scuola Pascoli, pe’ cient’ ann!”
Intervista a cura di Angelo Rainone (III F) |
Post n°9 pubblicato il 04 Novembre 2011 da ilpasquino.cicciano
L’anniversario dell’Unita d’Italia rappresenta una buona occasione per ragionare sul valore e il significato di un insieme di principi che hanno da sempre caratterizzato la nostra identità nazionale nella proposta formativa della scuola pubblica. Evidentemente questo insieme di valori si è venuto modificando nei 150 anni di storia del nostro Paese, fino a trovare un riferimento fondate nella Costituzione repubblicana del 1948 e nell’insieme di principi di convivenza democratica ad essa connessi. L’area di insegnamento “Cittadinanza e Costituzione” ha inteso recuperare tale patrimonio valoriale assumendolo come ferimento per qualificare la formazione scolastica: con il primo termine si voleva indicare “la capacita di sentirsi cittadini attivi che esercitano diritti inviolabile e rispettano i doveri inderogabili della società di cui fanno parte” e con il secondo riferirsi al “documento fondamento della nostra democrazia da cui trarre una mappa di valori utile per esercitare la cittadinanza in tutti i livelli”. Da qui l’analogia con l’anniversario dell’Unità d’Italia, il quale, dietro la retorica di facciata e il profluvio di iniziative e celebrazione di cui siamo inondati in queste settimane, è stato teatro di aspri scontri politici ed ideologici, culminati nel deprimente balletto su “festività si/ festività no” a cui abbiamo assistito nei mesi scorsi. Balletto che ha rappresentato la cartina di tornasole, più chiara di tante parole, dell’ambivalenza con cui il nostro paese ha vissuto questo anniversario e delle forti tensioni che indeboliscono l’identità nazionale e il comune riconoscimento in valori condivisi. C’è evoluto Benigni, ovvero un comico, per fare commuovere gli italiani di fronte al proprio inno nazionale. Cittadinanza e Costituzione rischia di fare la fine del centocinquantesimo anniversario, ovvero diventare una espressione vuota di significato e riempita solo di affermazioni retoriche? Il dubbio deriva dal constatare la distanza siderale che separa lo spazio semantico evocato da Cittadinanza e costituzione e il triste spettacolo a cui assistiamo giornalmente di scempio delle nostre istituzioni democratiche e dei valori della convivenza civile: violazioni dei principi costituzionali di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e di rispetto delle regole democratiche, lotta aperta tra magistratura e governo o tra governo e Parlamento, spinte secessioniste e prevalere di interessi localistici tra loro contrapposti. E la scuola, come può predicare valori costituzionali e di cittadinanza in un contesto sociale e politico di questo genere? E’ questa la contraddizione fondamentale che si vuole mettere in evidenza: la scuola pubblica non ha la forza di rappresentare un insieme di valori diversi ed antagonisti rispetto a quelli espressi da contesto politico e sociale che l’ha istituita. Con quale faccia un insegnante può parlare di convivenza democratica e principi costituzionali? Quali esempi può richiamare della nostra attualità politica? Come possono le sue parole non suonare retoriche e “vecchie” di fronte al nuovo che avanza? Chiunque si occupi di formazione conosce il valore educativo della testimonianza soprattutto quando sono in gioco valori e comportamenti morali o sociali: non sono le parole, ma i comportamenti che parlano in questo campo. Ansi, se ci troviamo di fronte a messaggi contraddetti delle azioni concrete l’effetto boomerang è assicurata, oltre alla perdita di qualsiasi credibilità. In che modo un insegnante può richiamare un principio di uguaglianza e di responsabilità personale nei confronti dei propri allievi, colpevoli di aver infranto delle regole scolastiche, o di cittadini che passano col il rosso al semaforo o non pagano le tasse? In questo contesto credo sia necessario restituire al mittente la parabola sulla Cittadinanza e Costituzione giustificando nei registri e nei documenti ufficiali la propria omissione in questi termini: “Non ci sono attualmente nel nostro Paese le condizioni per dare seguito a questo insegnamento!”. Da “Scuola e Didattica” del 01-04-2011. CONTRADDIZIONI di Mario Castoldi) |
Post n°8 pubblicato il 28 Marzo 2011 da ilpasquino.cicciano
All’inizio dell’anno nuovo, noi tre, insieme ad altri nostri coetanei dell’istituto, abbiamo intrapreso un viaggio all’interno dei Pon 2011 chiamato “I CARE”. Sin dall’inizio ciò che più ci ha incuriosito è stato il titolo del corso e ci siamo chiesti perché un titolo in un’altra lingua? E cosa significava? Perché un titolo del genere per un corso di Cittadinanza e Costituzione? Con il tempo e con la partecipazione agli incontri settimanali il “mistero” sul titolo si è via via chiarito. Abbiamo discusso e approfondito tematiche quali: i diritti e i doveri del cittadino, le differenti cariche istituzionali del nostro paese, letto alcuni articoli della Costituzione Italiana e della carta dei diritti dei bambini; inoltre abbiamo affrontato anche temi sociali come il bullismo e la tutela dell’ambiente. Alla fine delle lezioni quindi, siamo riusciti a capire “cosa avevamo a cuore “ e di “cosa ci stavamo prendendo cura”,…….. di noi stessi e più precisamente della nostra formazione come individui e cittadini. Vogliamo ringraziare l’avvocato Sepe Ornella, esperto del corso e la professoressa Addeo, tutor d’aula, che hanno condiviso con noi questa esperienza; tuttavia il nostro più sentito ringraziamento è rivolto al Dirigente Scolastico del nostro istituto, professoressa Eva Ciccone, che tanto si adopera affinché noi ragazzi possiamo partecipare ai progetti Pon, dandoci la possibilità di vivere già da adolescenti in una dimensione e in un’ ottica Europea. |
Post n°7 pubblicato il 27 Marzo 2011 da ilpasquino.cicciano
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Post n°6 pubblicato il 27 Marzo 2011 da ilpasquino.cicciano
Riprende il progetto "il Pasquino". Ogni lunedì alle ore 15.30 fino alle 18.00 ed ogni martedì dalle ore 15.00 alle ore 18.00
Tutto il calendario su: http://www.facebook.com/home.php#!/?sk=lf |
Post n°5 pubblicato il 14 Dicembre 2010 da ilpasquino.cicciano
I più piccoli già guardano, sognanti, le vetrine in cui sono esposti i tanto bramati balocchi. Alcuni hanno già addobbato l’ albero e costruito il presepe tranquillamente rinchiusi in casa, al sicuro dalla tempesta. Noi più grandi già pregustiamo le due settimane di scuole chiuse. C’è aria di festa nelle città e nei piccoli paesini. Poi tutto passerà e si ritorna al solito tran tran, all’ aria di tempesta. Una tempesta metaforica, ovviamente non legata al maltempo che ci sta perseguitando negli ultimi giorni. Per accorgersi della veridicità, e della drammaticità, delle mie parole basta prendere un quotidiano qualsiasi per rendersi conto di quanto sia lunga la lista degli “eventi spiacevoli”. Siamo in una grave crisi e non solo di valori. In primo piano c’ è la crisi economica, che non molla la presa su di noi neanche a Natale e ci costringe a risparmiare sui doni ai figli, se si è adulti, o a desiderare qualcosa di più economico, se si è più piccoli. Alcuni penseranno: “E’ vero!”. Ma adesso viene il bello! Quello che ho scritto sulla crisi economica dovrebbe essere ininfluente nei confronti del Santo Natale perché questo non prevede ipocriti addobbi e fronzoli ridicoli. Invece oserei dire che noi dissacriamo la festività religiosa, ci lasciamo prendere dall’ ipocrisia che orbita intorno a questa festività. Non condivido e non sopporto lo sfrenato consumismo che prende tutti, uno schiaffo alla miseria, a quanti vivono oggi una condizione di disagio e difficoltà …. Ormai la società, in ogni latitudine, sembra essere fatta da uomini che dispensano sorrisi, i cosiddetti “yesman”. Stiamo dimenticando che il Natale non è un bel regalo, carino e luccicante, wonderful, come amiamo dire noi giovani. E’ la celebrazione della Natività del Signore. Magari fosse finita qui! Il problema è sociale: da un lato gli adulti sono quasi tutti occupati a seguire morbosamente casi di povere ragazze scomparse o partite di calcio o a pensare ai 100000000 modi per risparmiare, dall’ altro i giovani, che anziché pregare in attesa dell’ Avvento giocano a calcio, ai videogame o chattano. E la notte di Natale diamo sfoggio di noncuranza nei confronti di una festività che dovrebbe essere prettamente religiosa! Almeno dovremmo fare un gesto simbolico, come un segno della croce, coscienti del suo valore religioso e non solo simbolico. Ma noi, invece, no! Noi mangiamo fino a scoppiare, pesce, dolci e fichi secchi, aspettiamo trepidanti di aprire i regali, e, ciliegina sulla torta, a mezzanotte tutti a giocare! Per fortuna alcuni preti tentano di risvegliare le nostre coscienze radunando attorno a loro i giovani più sensibili alla Fede. Invece di conformarsi con gli altri, ci ricordano che Natale non è fatto di spumante e caviale, ma di preghiera e rispetto per Gesù, per la religione, per il prossimo, Natale è sentirsi fratelli. Peccato che quei giovani siano pochi e, devo ammetterlo, io non sono fra quelli. Dovremmo ricordarci che nonostante tutto è Natale in Abruzzo, alle Hawaii, in Afghanistan, fra i piccoli africani. Soprattutto dovremmo ricordarci di pregare per una nuova giustizia, una nuova società, dove contino il merito, le capacità, l’onestà, la disponibilità, non più la furbizia e l’abilità di fregare gli altri... Dovremmo fare tutti un esame di coscienza e non pensare più che debbano essere solo gli altri a darsi una regolata. Cominciamo, ognuno di noi, a fare il nostro lavoro onestamente e con serietà! a cura di Angelo Rainone |
Post n°4 pubblicato il 14 Dicembre 2010 da ilpasquino.cicciano
Il termine “doping” significa sostanza stimolante. Nell’ambito sportivo questo termine venne introdotto alla fine dell’Ottocento; il primo caso di somministrazione di queste sostanze avvenne nei cavalli da corsa. Il doping ha una storia molto antica nello sport, poiché già nelle olimpiadi greche venivano usate erbe e funghi che miglioravano le prestazioni agonistiche. Indipendentemente dal tipo di sostanza utilizzata e dall’esito finale, il doping rappresenta prima di tutto un fatto di coscienza alla cui diffusione hanno contribuito alcuni fattori “sociali” e motivazioni individuali più profonde e inconsce. Oggi queste sostanze sono molto frequenti nell’ambito sportivo poiché si fa un uso sproporzionato soprattutto da parte di chi tenta di fare di tutto per vincere una competizione. Gli sport in cui si fa uso di queste sostanze sono molti, ma i più frequenti sono: Ciclismo e Calcio. Queste sostanze vengono a far parte dell’ambito sportivo clandestinamente poiché vengono spacciati per farmaci normali, che invece poi si rivelano sostanze che comprometteranno l’esito di una gara. La mancanza di una seria documentazione scientifica sui farmaci impiegati illegalmente nello sport ha favorito la diffusione di informazioni false o ambigue che si sono trasformate in una forma di pubblicità indiretta. De Luca Fabio, Vitale Michele e Balzano Francesco |
Post n°3 pubblicato il 14 Dicembre 2010 da ilpasquino.cicciano
Il tennis da tavolo è stato inventato in Inghilterra nel XIX secolo, al tempo chiamato PING-PONG, acquistò una popolarità mondiale come gioco per ragazzi e passatempo serale per gli adulti. |
Post n°2 pubblicato il 23 Novembre 2010 da ilpasquino.cicciano
Giovedì 27 Maggio il magistrato milanese Gherardo Colombo del pull “Mani Pulite”, ha tenuto presso il Seminario di Nola una conferenza, promossa e organizzata dall’Ufficio Scuola della Diocesi di Nola in collaborazione con l’ Onlus Irene 95, a conclusione del progetto “Persone società regole”. “Mani Pulite” è stata un’ inchiesta svolta dal Tribunale di Milano che ha accertato un intricato, complesso sistema di corruzione che coinvolgeva politica, finanza, industria e malavita. Il dott. Gherardo Colombo, magistrato della procura presso il tribunale di Milano e della Corte di Cassazione nonché scrittore, attualmente si occupa dell’educazione e sensibilizzazione della società al rispetto delle regole. Questa attività è svolta attraverso conferenze- incontri con organizzazioni, gruppi di varia natura soprattutto con i giovani. Prima dell’ inizio dell’ incontro il dott. Virgilio Marone, responsabile dell’Ufficio Scuola della Diocesi di Nola, ha aperto la conferenza ed alcuni ragazzi si sono prodigati in canti e scene in omaggio al prete Giuseppe Diana che venne ucciso il 19 marzo 1994 dalla Camorra solo perché si era ribellato ed aveva tentato di salvare i giovani. La conferenza si è svolta in un clima molto amichevole, il dott. Colombo, allo stare dietro una cattedra su un palco, ha preferito passeggiare tra i presenti “parlando chiaro”, come diceva don Pepino Diana, e con un linguaggio semplice, accessibile a tutti, alleggerendo l’argomento con alcune battute di spirito. La parte principale della conferenza ha riguardato due aspetti: l’approfondimento di alcuni argomenti trattati nel suo libro “Sulle regole”, e il motivo per cui svolge questa attività divulgativa. Il magistrato, spinto dalle domande poste dal moderatore Fedele Salvatore di Irene 95, ha spiegato il significato di società orizzontale e verticale, l’argomento principale del libro chiarendo che per società verticale si intende una società con schema piramidale, dove più si è potenti più si sta in alto e più aumentano i diritti e diminuiscono i doveri. Di conseguenza per quelli che stanno più in basso aumentano sempre di più i doveri e diminuiscono i diritti. Società orizzontale significa società sullo stesso piano, senza individualismi, dove uno è al pari dell’altro, stessi diritti e doveri, a prescindere dal ruolo che occupa. Ha concluso questo argomento spiegandoci che la società orizzontale non è un’ utopia, problematiche ancora più gravi, come il fenomeno della schiavitù per il passato, sono state risolte. In queste riflessioni sull’ utopia Gherardo Colombo non ha dimenticato di ricordare il filosofo nolano Giordano Bruno, condannato al rogo dalla Chiesa con l’ accusa di eresia. Gherardo Colombo, passando al secondo tema, ha parlato del motivo per cui ha lasciato la magistratura. Ha affermato che solo dopo essersi occupato per anni del crimine ha capito l’inutilità di combatterlo in quel modo. Il problema non stava nei singoli criminali ma nella massa: le persone erano, e sono, lontane dalle regole. Per questo il dott. Colombo ha deciso di dedicarsi alla scrittura e alla divulgazione: per combattere il crimine a modo suo, attaccandolo alle radici, creando una coscienza fra la gente. |