Creato da indignati_2011 il 25/06/2011
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Ma la democrazia quanto ci costa ? non lo sa nessuno , e' il segreto meglio custodito in Italia .

Post n°28 pubblicato il 22 Luglio 2011 da indignati_2011

 

Ai papponi di stato piace dire , da almeno venti anni , che  " la democrazia ha un costo "Con questa affermazione giustificano non solo il fiume di denaro pubblico che assorbono ma anche quello che rubano . Ma poi nessuno ci sa dire o ci vuole dire " quanto " costa la democrazia . Agli altri cittadini europei basta un clic su una pagina web per sapere quanto costa il parlamento e quanto le isituzioni locali . Da noi ci prtovano duramente gli sudiosi e i curiosi , i centri di statistica e i giornalisti . Ovviamente le loro conclusioni non sono mai omogenee perche e' difficilissimo penetrare nelle segrete cose delle casta . Che confonde la democrazia e con la partitocrazia , la trasparenza con i metodi truffaldini . Per i papponi di stato la liberta e la democrazia ci debbono costare tanto quanto piace a loro e non quanto e' logico .

In politica la libertà d'opinione è d'oro. Lo dimostra per esempio la proliferazione dei Gruppi parlamentari che, alla Camera, costano tre milioni di euro ciascuno ogni anno. Una corsa senza freni imposta dai cambi di maggioranza, da formazioni nate, morte e risorte a distanza di neanche due anni dall'inizio della legislatura.

Il tutto in stridente contraddizione con gli obiettivi dichiarati del meccanismo elettorale, che con le soglie di sbarramento (4 per cento nazionale alla Camera, 8 per cento su base regionale al Senato) ha provato a mettere un freno alla frammentazione di stampo "polacco" della politica italiana. Questa era una delle idee di fondo del Porcellum, e infatti nel 2008 dalle elezioni nazionali era uscito un Parlamento con solo 5 gruppi a Montecitorio: Pdl, Lega, Udc, Pd e Idv. Neanche due anni dopo, sono diventati tredici.

Prima l'esodo di singoli nel Gruppo Misto, poi la diaspora dei finiani in Futuro e libertà e la nascita dei Responsabili, rispettivamente causa ed effetto del voto pro Berlusconi del 14 dicembre. A questi però vanno aggiunti i sottogruppi del misto (all'interno ci sono, per esempio, i Repubblicani azionisti e Liberaldemocratici) che comprendono anche l'Api di Francesco Rutelli, fuoriusciti dal Pd. Ogni gruppo ha un suo personale, sue spese di segreteria che incidono complessivamente per il 69,5% sui costi per il funzionamento. In pratica la Camera spende ogni anno 35,7 milioni di euro per il funzionamento dei gruppi: si tratta di 57mila euro a deputato, aggiuntivi rispetto alle indennità e ai rimborsi vari.

Una cifra importante, pari al costo di due neo-ricercatori per le università (dove i concorsi sono bloccati in attesa dell'attuazione dei nuovi meccanismi di selezione) o di altrettanti operai specializzati (proprio ora che la revisione delle agevolazioni contenuta in manovra promette di rivedere anche le somme stanziate per il cuneo fiscale che contribuisce a rendere meno pesante il costo del lavoro). Senza contare le mini-faide che la nascita di ogni nuovo gruppo parlamentare comporta. Le frizioni tra Idv e Fli, con la prima costretta a "emigrare" dai vecchi uffici di Palazzo San Macuto, sono storia recente. Storia di costi ulteriori, perché per ospitare un nuovo gruppo bisogna trovare nuovi uffici o adibire i vecchi a nuovi "ospiti": sposta di qua, trova nuovi spazi di là, non è stupefacente il fatto che solo per l'affitto di uffici al centro di Roma Montecitorio spenda 35,3 milioni di euro all'anno.

Il meccanismo della moltiplicazione dei costi grazie alla nascita di gruppi politici, però, non funziona solo a Roma, ma mostra ottime performance anche nelle assemblee delle Regioni. Lì, anzi, l'impatto è ancora più diretto, perché ogni gruppo ha bisogno di un capogruppo, che ovviamente non può accontentarsi dell'indennità riservata a un consigliere "semplice" qualsiasi.

La frammentazione, allora, si fa bizantina, come in Basilicata: vista la popolazione (600mila abitanti, pari a 3-4 Zone di Milano) , in consiglio regionale sono solo in 30, sparpagliati però in 11 Gruppi. I «Popolari Uniti», per esempio, sono uniti davvero, anche perché il loro gruppo è composto da un solo consigliere, ovviamente capogruppo, e lo stesso accade a «Io amo la Lucania», a «Per la Basilicata» (già dal nome è evidente la distanza fra i due programmi politici), oltre a Sel, Idv, Psi, Api ed Mpa. Buon per gli 11 capigruppo, che ai 6.529,49 euro al mese che compongono l'indennità e i rimborsi del consigliere senza stellette possono aggiungere 667 euro al mese per il grado di capogruppo. Più generoso l'extra dei capigruppo nel Lazio (813 euro), e in Piemonte e Veneto (mille euro).

La moltiplicazione dei gruppi, però, non si spiega solo banalmente con le indennità, ma anche con più raffinati meccanismi di potere: la prova del nove? Il Molise, dove non sono previsti extra per i capi-gruppo. Con 320mila abitanti, conta anche lui 30 consiglieri, e la geografia dei gruppi disegna un commuovente amarcord della politica: ricordate Forza Italia, Alleanza Nazionale, i Ds, la Margherita, lo Sdi e l'Udeur? Nel consiglio regionale molisano ci sono ancora tutti, e convivono serenamente con le ultime novità in fatto di partiti (c'è il Fli, oltre all'Mpa) e con le sigle locali (Per il Molise, Progetto Molise e Molise Civile).

 

 

 

 
 
 

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